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Autore: xdreamscometrue    30/09/2012    1 recensioni
'-Me lo avevi promesso, ricordi?- sussurrai di colpo. -Me lo avevi promesso..- sussurrai ancora più piano, riuscendo a stendo a sentire le mie stesse parole.'
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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You promised it. 

-Come la chiamiamo?- chiesi in un sussurro continuando ad accarezzare delicatamente il pancione di Alison, con entrambe le mani. 
-Non saprei..- sussurrò anche lei, appoggiando le mani sulle mie e seguendo i movimenti. Il silenzio regnava nella casa e solo il ticchettio regolare dell'orologio impediva la presenza del silenzio assoluto. Ci pensai un'attimo, cercando di ricordare tutti i nomi che conoscessi ed uno mi attirò particolarmente.
-Hayley. La Chiameremo Hayley, H di Harry, mentre il suo secondo nome inizierà con la A di Alison.- dissi serio, continuando a guardare il pancione, come se guardandolo riuscissi a concentrarmi meglio. 
-Hayley..mi piace.- sorrise radiosa per poi continuare.- Per il secondo nome Abigail. Hayley Abigail Barlow. Che dici?- sorrise e passò una mano tra i miei ricci aspettando una risposta.
-Lo amo.- sussurrai ancora, mentre qualche brivido di eccitazione mi percorreva il corpo. 
Hayley Abigail Barlow, mia figlia.
 
Un mese e mezzo dopo..
-Dai amore, spingi. Ancora un pò. So che ce la fai. Tu sei forte, capisci?- le sussurrai mentre lei continuava a fare di no con la testa, inondata di lacrime. -Si invece, tu sei forte. Tu sei Alison Vivian Barlow, mia moglie. La donna più ingamba che io abbia mai conosciuto. Tu sei la donna che amo. Capisci?- cercai di rassicurarla, mentre le sue grida di dolore invadevano la stanza. 
-Un'ultimo sforzo, bellissima. Ci siamo quasi.- disse la dottoressa dolcemente. Strinsi la mano ad Alison, capendo che non ci volevano altre parole. Qualche secondo dopo, tra le braccia di Alison, vi si trovava uno scricciolo di colore violaceo, che immediatamente incominciò a piangere, tenendo gli occhietti chiusi. 
- Oh mio dio.- sussurrai non riuscendo a distogliere gli occhi dalla bambina. Incrociai quelli di mia moglie e dolcemente la baciai guardandola negli occhi per un tempo illimitato.
-Ce l'hai fatta piccola, te l'avevo detto. Sei una tigre!- sorrisi e la baciai ancora e lei ridacchiò debolmente, non avendo più forze. Subito dopo, l'infermiera mi chiese di lasciare la stanza, per poterla lasciare dormire e riprendere le forze necessarie. Sorrisi ed uscì dirigendomi verso l'uscita dell'ospedale, sorridente alla vita. 
 
Sei anni dopo..
-Papà, io ho paura.- mi disse assonnata Hayley, rivolgendo lo sguardo in alto, verso di me. Feci lo stesso e mi bloccai abbassandomi alla sua altezza. Le presi anche l'altra mano e me le avvicinai alla faccia, guardandola dritta negli occhioni verdi. 
Li ha presi da me.
Ripensai per l'ennesima volta. Le lasciai un piccolo bacio sul naso ed incominciai a parlare.
-Senti piccola, di cosa dovresti avere paura, scusa?- alzò le spalle e contemporaneamente tirò fuori il labro inferiore, fissando gli occhi sulle scarpe. Non vedendo risposta, continuai.
-Guarda che non ti mangia nessuno all'asilo, eh.- Alzò gli occhi e li puntò nei miei, troppo simili per non essere della stessa persona. Sorrisi ed istintivamente lo fece anche lei, facendo apparire così due piccole fossette ai lati della bocca, proprio come le mie. 
-Dai andiamo, o facciamo tardi.- mi alzai e ripresi la sua piccola manina, intrappolandola nella mia, molto più grande. Annuì convinta e prese a camminare, incominciando subito dopo ad imitare la lunghezza dei miei passi, cercando di mantenerli tali, ma senza successo. Sorrisi divertito e guardai la strada, pensando a quanto la mia vita, fosse finalmente completa. 
 
Quattro anni dopo..
-Alison, muoviti. Facciamo tardi, porca tro...ttola!- mi fulminò con lo sguardo e riprese a mettersi il mascara, con una lentezza inaudita. 
-Senti Harold, se non ti tappi questa bocca ti sbatto una padella sui denti. Sai benissimo che raramente ho usato trucchi in vita mia e oggi c'è ne bisogno. E' una cena importante, ci tengo.- mi rispose calma. Sospirai e mi appoggiai allo stipide della porta. Cominciando ad osservarla. Tacchi, abito di un rosa pelle fin sopra le ginocchia. Dopo la parte aderente fino a metà pancia, scende delicatamente la gonna dell'abito, che cade naturalmente con del pizzo all'esterno. Capelli lasciati sciolti, che ricadono dolci fin sotto la schiena, con dei ben evidenti ricci neri come la pece. Viso rilassato, trucco leggero e rossetto rosato sulle labbra carnose. 
Questa è Alison, mia moglie. Bellissima nella sua semplicità. 
Mi dispersi nei miei pensieri non accorgendomi della sua presenza proprio davanti a me, che mi guardava sorridendo divertita, con le mani incrociate dietro la schiena.
-A che pensavi?- allargò ancora di più il sorriso e mi prese delicatamente una mano. Appoggiai una mano dietro la sua schiena e l'avvicinai dolcemente a me. 
-A quanto mia moglie sia bellissima.- le sussurrai prima di lasciarle un piccolo bacio sul naso. Chiuse gli occhi a quel contatto e sorrise ancora.
Dio, quanto amo quel sorriso. 
Intrecciai le dita della mia mano con le sue e la seguì, che si diresse verso il salotto. 
-Hayley, vieni a salutare!- non riuscì a finire la frase che era già arrivata in salotto con una faccia imbronciata. Alison si abbassò e le prese il viso tra le mani.
-Hei amore, che hai?- chiese dolcemente.
-Non voglio rimanere con zia.- rispose scocciata. -Non voglio che ve ne andate via. - abbassò lo sguardo e cominciò a giocare con le sue stesse dita. 
-Piccola, torniamo sta notte molto tardi. Domattina mi vedrai di nuovo qui in cucina a cucinarti i pancake.- sorrise ma la bambina parve pensarci sù. 
-Promesso?- chiese seria, riducendo gli occhi a due fessure.
-Promesso.- 
 
04:32 del mattino, Prince Street.
 
La frazione di pochi secondi, e tutto successe.
La macchina.
L'alta velocità.
L'impatto.
La morte.
E' successo troppo presto. Troppo velocemente e sopratutto, è durato troppo poco. 
Eravamo sulla Prince Street e stavamo uscendo da una delle traverse, quando all'angolo, sfrecciò verso di noi una macchina ad alta velocità, entrando così nel fianco della macchina, nella parte del passeggero vicino all'autista. 
Un'impatto fatale, dissero i dottori. 
Il passeggero che si trovava vicino all'autista, era mia moglie. 
Alison
Piangevo come mai avevo fatto, concedendomi la possibilità di mostrarmi debole, almeno per una volta in tutta la mia vita. Lacrime che sembravano lame affilate, continuavano ad inondarmi il viso, mentre le mani ormai piene di sangue continuavano a stringere la camicietta che quella sera Alison aveva indossato come copri spalle. Urlavo il suo nome ormai per un tempo che a me parve un'infinità, chinato sul suo corpo immobile, che giaceva inerme sull'asfalto. Un corpo ormai senza vita ne anima. Un'anima che mai più, sarebbe tornata indietro. 
 
Hayley
Sei anni dopo..
-Papà, sono tornata!- urlai entrando in casa, prima di chiudere la porta con un colpo secco. Aspettai risposta, ma non arrivò. 
-Papà?- ripetei alzando la voce, incamminandomi verso la cucina ed affacciandomi con la testa nelle stanze di passaggio. 
Niente.
Buttai con slancio lo zaino sul divano e salii di fretta le scale dirigendomi subito verso la camera di mio padre. Vedendola socchiusa, decisi prima di bussare molto delicatamente con le nocche delle dita e poi l'aprii lentamente, sbirciando con la testa all'interno della stanza. Lo vidi sul letto, con uno scatolone vicino a lui ed un sacco di foto sparse sulle sue ginocchia. Entrai completamente nella camera e socchiusi nuovamente la porta. 
-Hei, papà..- sussurrai andando lentamente verso di lui, ma non mosse nessun muscolo. 
-Papà?- chiesi piano prima di sedermi delicatamente accanto a lui, ma niente. Continuava a non battere ciglio, tenendo gli occhi fissi sulla foto che teneva in mano. Ci buttai l'occhio e tutti i conti mi tornarono in mente.
Mamma.
Oggi, è il così detto, 'anniversario' di mamma, se così si può chiamare ovviamente. Il giorno in cui mia madre è morta. Una morte che per troppo tempo, non sono riuscita ad oltrepassare e mai credo ci riuscirò, ma ora riesco almeno a vivere o per lo meno, continuare a vivere. Bè, mio padre...no. Lo capisco e di certo non gli do torto, ma addirittura arrivare al livello di rovinare i rapporti con sua figlia? Forse non se ne accorge, ma quello che fa, ferisce me. Comunichiamo pochissimo e man mano io cresco, più lui si allontana. Sembra quasi mi stia...evitando. Fino ad oggi, mi ha sempre impedito di andare a visitare la mamma al cimitero. Dice che 'non sopporterei una cosa del genere', secondo lui. Lo trovo ingiusto. Ho il diritto di 'vedere' mia madre.
Ne ho il bisogno. 
Scacciai via questi pensieri, e mi concentrai sullo stato di mio padre. Posai delicatamente una mano sulla sua spalla, ma a questo contatto sussultò e si allontanò leggermente, come se fosse schifato che io l'abbia toccato. Strabuzzai gli occhi, sopresa da questa sua reazione. Mi allontanai leggermente da lui, scioccata da ciò che era appena successo. 
Mio padre, che si allontana da me? Mio padre, che sussulta al contatto con sua figlia? 
Come risposta a tutte le mie domande, alzò lo sguardo verso di me ed incrociai dei occhi tanto simili ai miei, che esprimevano un misto di tristezza, disgusto e disprezzo. Un disprezzo mai letto nei suoi occhi. Un disprezzo che mi spezzò il cuore e a peggiorare la situazione arrivò lui con le sue parole, pesanti come macigni e doloranti come pugnalate. 
-Quando tua madre è morta, ho pensato che tu, saresti stata quella persona che mi avrebbe aiutato ad andare avanti, ma a quanto pare no.-  sospirò. -tu sei quella che ogni giorno uccide un pezzo del mio cuore, a quanto pare.-
Quelle poche parole, riuscirono a farmi crollare l'intero mondo addosso. Un mondo troppo crudele. Non risposi, mentre il fiato pian piano spariva e il cuore si fermava. 
-Ogni giorno guardarti mi fa male. Ogni giorno sentire la tua voce, mi uccide. Vedere i tuoi capelli, il tuo viso, le tue labbra, il tuo corpo. Tutto questo pian piano mi sta uccidendo. E sai perchè?- fece una piccola pausa e continuò subito. -Perchè tu mi ricordi costantemente che la donna che ho amato e che amo ancora, è morta e che non tornerà mai più. Pensavo che ci sarei passato sopra. Pensavo che primo poi sarei riuscito a vivere normalmente, ma a quanto pare, più tu cresci, più tutte le mie convinzioni svaniscono. - concluse, per poi distogliere gli occhi diventati lucidi. 
Lottavo per non scoppiare a piangere davanti alla persona che ho più amato e che in cambio mi ha ucciso dentro. Lui ha ucciso me, non io a lui. Corsi via dalla stanza il più veloce che potevo dirigendomi verso l'uscita correndo il più potevo, nonostante le scale. Finì addosso alla porta con un tonfo secco, cercai velocemente la maniglia con la mano ed uscì correndo, sbattendo la porta alle mie spalle. C'era solo un posto in cui volevo andare, in quel momento. Solo uno. 
Mi diressi spedita verso quel posto che da anni, mi era stato proibito andarci. 
Harry
Sono un coglione.
Un'emerito coglione, che non merita di avere persone così, intorno. Persone troppo belle, per stare con me. Dovrei stare solo, anzi, oramai lo sono. Questo è ciò che mi merito, dopo quello che ho fatto.
Come ho potuto dire delle cose del genere, alla persona più importante di tutta la mia fottuta vita? Come ho potuto dirle il contrario? Come? 
Ho appena lasciato andare, l'unica persona che mi teneva in vita. Per paura. Paura di fare qualcosa di sbagliato. Paura di uscire di testa. Vedere Hayley ogni volta, è come rivedere Alison e questo, fa male. E' come vedere un fantasma. Un'anima senza corpo, la vedi, ma non riesci a toccarla. Non riesci a raggiungerla. Per me Hayley è così. Qualcosa di astratto e irragiungibile, ma che in fondo non è. Il fatto che magari io possa toccarla in modo sbagliato e ferirla, mi allontana sempre di più da lei. La paura di perderla, mi ha allontanato fino ad oggi, ma oramai, è troppo tardi.
E' andata.
Qualche lacrima solitaria rigò il viso, mentre pian piano raccoglievo tutte le forze presenti nel mio corpo. Io non potevo lasciarla andare. Così, raccolsi le forze, asciugai velocemente le lacrime con la manicha della felpa e mi alzai con uno scatto dirigendomi verso l'uscita della porta.
Prima, dovevo passare in un posto. 
Presi la macchina e partì velocemente verso la mia meta, impaziente ed ansioso di qualcosa di inesistente. Uscì fuori città e quando notai l'entrata, cominciai a rallentare e ad accostare, mentre pian piano cercavo parcheggio. Scesi dalla macchina e mi fermai davanti a quell'immensa entrata, trasmettente paura e tristezza. Alzai leggermente lo sguardo verso il cielo nuvoloso di novembre, incrociando l'insegna di pietra con su scritto il nome del cimitero. 
Deciso, varcai lentamente la soglia, dirigendomi alla lapide di mia moglie, mentre qualche piccola goccia cominciò a cadere giù da quelle nuvole. Mi guardai intorno, mentre miliaia di lapidi mi circondavano. Lapidi di persone che hanno perso la vita. Lapidi in cui giaciono corpi appartenenti a delle anime, in passato. Anime che mai più, torneranno su questo mondo. 
Camminavo rigido in quell'immenso terreno, sorpassando lapide per lapide, mentre l'ansia e l'angoscia continuava a salire. Mancava poco, fino a quando non sentì una flebile voce provenire a qualche metro più avanti. Rallentando, feci qualche altro passo più avanti e quando notai chi c'era appoggiato a quel pezzo di pietra con sopra inciso il nome di mia moglie, il cuore perse un battito e non riuscì a spiegarmene il motivo. Mi fermai silenziosamente ed arrestai il respiro, cercando di ascoltare ciò che Hayley le sussurrava, mentre lacrime amare cominciavano a rigare il mio viso arrossato dall'umidità. 
Hayley
-Hei mamma..- sussurrai alla lapide su cui avevo delicatamente appoggiato le mani. 
-Come stai?- feci una piccola pausa, cercando di mandare giù quel nodo che mi si era formato in gola. 
-Sono scappata di casa. Perchè? Bè, perchè la persona più importante che ho, rimasta in vita mi ha letteralmente distrutto il cuore. Sono un'errore, giusto? Uno stupido errore, che non sarebbe mai dovuto esistere. - sussurrai ancora, mentre le mie parole cominciavano ad essere spezzate dai singhiozzi che si facevano sempre più forti. Inspirai profondamente l'aria e l'espirai lentamente, distogliendo un'attimo lo sguardo dal nome di mia madre, inciso sulla lapide.
-Manchi, sai? Perchè te ne sei andata ma? Perchè?- alzai la voce, entrando in un pianto liberatorio, mentre lacrime e lacrime innondavano il mio viso ed appannavano la vista.
-Perchè?- ripetei più forte, piangendo istericamente ed appoggiando la fronte sulla lapide. Cercai di riprendere fiato, calmando il cuore che oramai rischiava di esplodere.
-Me lo avevi promesso, ricordi?- sussurrai di colpo. -Me lo avevi promesso..- sussurrai ancora più piano, riuscendo a stendo a sentire le mie stesse parole. 
Improvvisamente mi sentì stringere da dietro, mentre un calore inconfondibile mi inondava il corpo. Un corpo che da troppo tempo, non avevo sentito stretto al mio. Un profumo che oramai aveva cominciato a mancarmi. Mi strinse a se, appoggiando la sua testa sulla mia schiena, mentre io portai le mie mani sulle sue. Intrecciò le sue dite alle mie, stringendo forte le mie mani, piccole in confronto alle sue. Lo sentì singhiozzare, mentre un senso di colpa inappropriato mi pervase. Come ho potuto lasciarlo solo, in un momento così difficile per lui? Come? 
Venni distratta dalle mie paranoie, quando mi sentì girare e mi ritrovai a fissare quei due smeraldi, tanto simili ai miei, che mi osservavano inondati di lacrime, tristi e stanchi. 
-Scusa.- sussurrò. -scusa se non sono stato un buon padre. Scusa se ti ho trattato in questo modo. Scusa se non ti sono stato vicino. Scusa se oggi ti ho detto parole che mai in vita mia, ho pensato veramente. Scusa di tutto. -concluse, mentre altre lacrime rigavano le sue guance. Appoggiai delicatamente le mie mani sul suo viso, togliendo qualche lacrima. 
-Ricominciamo da capo, insieme.- dissi, per poi buttarmi tra le sue braccia, lasciandomi andare alle lacrime, trattenute per troppo tempo.
-Grazie mamma.- sussurrai piano, guardando davanti a me. 

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SPAZIO AGLI AVOCADI, GENTE!
Allora, non so cosa sia, questa cossssssssssssa che ho appena pubblicato, ma l'idea mi ha assalito (?)
e così l'ho pubblicata. E' una OS abbastanza deprimente e lo scopo era proprio di farne una malinconica come questa, ma non sono sicura di esserci riuscita.
Anyway, l'ho pubblicata per farmi perdonare dall'enorme ritardo che ho fatto con queste due mie Fan Fiction che sto scrivendo. 
- She is Jewish, he is Pakistan. Ya, and now?
- Killer? No, lover.
Mi farebbe molto piacere sapere se sono riuscita a commuovervi (?) e se vi è piaciuta l'idea di questa One Shot. ): 
            Quindi, lasciate una piccola recensione? Anche piccina piccina ):
ok, mi levo dalle palle.
HASTA LA VISTAAAAAAAAAAAAA. B|







 
  
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