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Autore: MotaCarota    30/09/2012    8 recensioni
Louis fissò la punta della penna, dalla quale sgusciava fuori una scrittura fitta e arrotondata, non era possibile capire cosa vi fosse scritto.
-Che scrivi?- domandò avvicinandosi come un bimbo curioso.
Meanow chiuse immediatamente il taccuino e lo nascose sotto la tovaglia. Louis sorrise –oh un diario segreto, capisco, scusami-
-Non è un diario segreto- ribatté mettendo il broncio. Piano riaprì il libretto e riprese a scrivere.
Il ragazzo tese un poco la testa e decifrò il titolo, scritto all’inizio della pagina con una calligrafia più grossa.
-15 cose da fare prima di morire?-
Lei alzò lo sguardo di scatto, terribilmente preoccupata che Louis avesse capito.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Prologue.

 




 

Polpettone con contorno di verdure e patate.
Sua madre adorava cucinare il polpettone, e la domenica sera era una consuetudine in casa Bolt.
Meadow continuava a fissare le bollicine che venivano in superficie dal suo bicchiere di acqua, colmo fino all’orlo. Si sistemò il tovagliolo sulle cosce, attenta a evitare che rimanessero delle pieghe. Guardandosi le gambe, notò che all’altezza del ginocchio le era possibile vedere l’osso sotto la magra pelle che lo ricopriva. Le piaceva poter sentire la sua durezza, le piaceva che fosse ridotto in quello stato.
Quando sua madre le versò nel piatto un’abbondante porzione di carne, si sentì nauseata, il massimo che avrebbe potuto tollerare erano quelle tre verdure, sistemate sul lato. Prese a giocherellare con la forchetta. Doveva giocare sul tempo, e approfittare di quando fossero tutti distratti. All’inizio era stato difficile, ma col passare dei mesi quel giochetto era diventato di routine.
-Ti piace il polpettone, tesoro?- domandò sua madre con tono dolce.
Meanow annuì distrattamente, anche se non ne aveva nemmeno assaggiato nemmeno un pezzetto. Nella sua mente vorticavano innumerevoli pensieri, che potevano essere di fondamentale importanza quanto inutili e insulsi.
Doveva tirare fuori un argomento su cui discutere. Scuola, troppo noioso. Stato d’animo, vuoto. Tempo, bingo.
-Oggi non ha smesso di piovere un attimo- disse guardando verso la finestra.
Sua madre si voltò un istante e tirò le tende per poter scorgere il paesaggio attraverso i vetri umidi. Istante che bastò a Meanow per rovesciare nel tovagliolo una buona parte del polpettone.
-Hai ragione, odio le giornate come questa- rispose sua madre rimettendosi a sedere.
La ragazza finse di tagliare la rimanente porzione di carne, distribuendo poi i piccoli bocconi nel piatto. Buttò giù un pezzo di patata al forno, seguita da una carota. Doveva dare l’impressione di avere fame, doveva fingere per illudere tutti.
-Sicura di non aver lasciato nulla steso sul balcone?- domandò, di modo che la madre potesse lasciarla sola di nuovo.
-Vado a controllare- rispose –ho un brutto presentimento..-
Non appena Meanow si accertò che la donna fosse uscita, aprì il tovagliolo e vi rovesciò un altro po’ di carne, fino a lasciare vuoto il piatto. Si alzò di fretta, sistemò il fagotto nelle tasche della felpa, stando attenta a contenerlo nella mano per non sporcare il tessuto.
Sua madre fece ritorno in cucina con un lenzuolo zuppo in braccio –come sospettavo- sospirò esasperata –tu hai già finito?- domandò poi, accennando al piatto vuoto.
-Sì, era talmente buono che l’ho finito subito- mentì lei, stringendo tra le dita quel fagotto unto.
-Sono contenta- le sorrise la donna. Meanow ricambiò e camminò fino al bagno.
Chiuse la porta a chiave, aprì il rubinetto del lavandino e gettò il fazzoletto pieno di cibo nel water. Aspettò qualche secondo, osservandolo mentre galleggiava, il tovagliolo lasciava scappare i piccoli pezzi di carne. Pensò a quanto odiasse il cibo, a quanto fosse inutile e cattivo.
Tutto a un tratto le prese paura, paura che potesse ingrassare anche solo osservandolo. Stava dando di matto, era chiaro. Si tirò su la maglietta, accertandosi che le sue costole fossero ancora visibili anche se non tratteneva il respiro o gonfiava il petto. Erano ancora tutte lì al loro posto. Era quasi possibile contarle. Le sfiorò con le dita, sentendosi appagata da quanto fosse sottile la pelle che intercorreva tra i suoi polpastrelli e le ossa.
Abbassò lo sguardo sulle gambe esili, scheletriche. Erano proprio come piacevano a lei. Ogni tanto si chiedeva se fosse possibile diventare così sottili da scomparire. Scomparire per sempre. Sarebbe stato bello, pensò, avrebbe potuto andare a scuola senza essere vista da nessuno e senza sentire che nessuno la chiamasse ‘quella rachitica’. Avrebbe potuto continuare a nascondere il cibo nel fazzoletto, ma senza curarsi se sua madre la stesse vedendo o no.
Premette sul tasto dello sciacquone e il cibo venne spazzato via, risucchiato nel water in pochi secondi. Sorrise soddisfatta e andò in camera sua.
 
 
-Meanow- si sentì toccare il braccio, qualcuno la stava chiamando –Meanow, svegliati- ripeté più forte la voce.
La ragazza si stropicciò gli occhi, si stirò un poco e solo allora capì di essersi addormentata.
-E’ il tuo turno, vieni, avanti- la avvertì una donna, indossava un’uniforme azzurra. Sembrava una sorta di infermiera. Ma non si trovava in ospedale.
Si alzò in piedi, ancora traballante. Non era la prima volta che si addormentava in sala d’attesa, ma quando accadeva si sentiva sempre strana al risveglio. Odiava sognare di quando stava ancora a casa sua, dove poteva continuare a non mangiare senza che nessuno la pesasse una volta a settimana per vedere se era ingrassata. Sapeva bene che ormai non avrebbe più potuto farlo,  quella maledetta clinica le stava rovinando la vita.
Pian piano riconobbe le pareti della stanza e chi le stava attorno. Riconobbe la clinica. Riconobbe la cartella che stringeva tra le dita affusolate.
Una porta davanti a lei si aprì e qualcuno la invitò all’interno.
-Meanow, come stai oggi?- domandò un uomo sulla quarantina d’anni con tono dolce.
Quasi mi conoscesse, pensò lei, tutta questa cortesia quando in realtà non gliene importa nulla di come sto. Impercettibilmente strinse i pugni, fino a sentire le unghie pungerle il palmo della mano. Il suo solo scopo è farmi ingrassare, farmi del male, e io non lo voglio. Non lo voglio affatto, si trattenne quasi dall’urlargli contro. Si sedette alla scrivania, di fronte all’uomo, in attesa.
Ad un tratto sentì un rumore di tazze traballanti, provenire dalla porta e farsi sempre più vicino. Non si voltò, continuando a fissare la calligrafia che l’uomo davanti a lei lasciava scivolare su un foglio bianco.
Un ragazzo posò un piattino seguito da una tazza di caffè bollente sul tavolo. Solo a quel punto Meanow alzò lo sguardo e lo guardò. La prima cosa che notò furono le righe della maglietta che probabilmente indossava sotto l’uniforme sottile. Due occhi azzurri si incastrarono nei suoi per un momento. Vibravano. Meanow abbassò subito lo sguardo, mentre l’uomo ringraziò con un cenno della testa. Quella doveva essere la sua colazione, pensò lei.
Il ragazzo accennò un sorriso e sparì poco dopo, chiudendosi la porta alle spalle.
 

                                                                                 

    ***
 

 
 








If I’m louder would you see me?

Pensavate che avessi finito le idee per altre ff? Vi sbagliavate di grosso, care mie. Anzi, ne ho fin troppe e sto andando in tilt perche ne scriverei 3 contemporaneamente, ma evitiamo perché so che poi non saprei come gestirle çç
Questa è l’ultima che la mia mente perversa ha tirato fuori(?) ed è un po’ diversa dalle altre. Volevo fare qualcosa che si distaccasse un po’ dalla solita fan fiction felice e romantica. Non ho mai scritto, ne letto nulla sull’anoressia quindi sarà una prova.
Mi sono affezionata subito a questa storia, quindi gradirei se piacesse anche a voi. Il banner è ovviamente della splendida anns, che io adoro :3
Come avete potuto notare Meanow non è una ragazza molto normale, anche caratterialmente. La prima parte, se non si fosse capito, è un suo sogno di quando ancora la madre non conosceva le sue condizioni e lei ancora viveva a casa sua.
Potete immaginarla come volete, io la vedo come Cassie di Skins :3
Il ragazzo del caffè penso sia chiaro chi sia :)
Non ho altro da aggiungere, al prossimo aggiornamento.
Mota :)

 



 

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