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Autore: aki_penn    01/10/2012    4 recensioni
“Stai qui ‘sta notte, e vedrai” disse increspando le labbra e stringendo i pugni. Soul poté vedere i tendini sui polsi tirarsi al massimo. Fece una smorfia “E’ una proposta sconcia?” commentò, con un sorrisetto.
“Non dire idiozie” sputò lei, rannicchiandosi più che poteva, finalmente lo guardò di nuovo “Non sto scherzando” sussurrò “Vieni a vedere che non sono pazza”
Soul Eater alzò entrambe le sopracciglia “E sia”
Genere: Angst, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Death the Kid, Maka Albarn, Soul Eater Evans, Tsubaki, Un po' tutti | Coppie: Black*Star/Tsubaki, Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Lullaby

 

Capitolo secondo

Preludio d’estate

 

 

Soul se ne stava sdraiato placidamente sul suo letto con le cuffie nelle orecchie a volume massimo, fissando il poster dell’ultimo concerto del suo gruppo preferito. Faceva caldo e lui proprio non trovava un motivo valido per muoversi dal letto. Avrebbe dovuto studiare per gli esami della sessione estiva, ma non ne aveva alcuna intenzione. Il cuscino stava diventando caldo e l’unica cosa che gli dava un po’ sollievo era la mano penzolante, che toccava il pavimento in ceramica dello studentato.

Sobbalzò quando un sasso atterrò, con un botto, a pochi centimetri dal suo letto, dove stava sdraiato a pancia in giù, prossimo al sonno.

“Ma che…?!” esclamò, mettendosi seduto e correndo alla finestra, mentre le cuffie gli cadevano e rimanevano appese al suo collo.

“Ehi!” esclamò, svariati metri più in basso stava Liz, con il suo solito cappello da cowboy che lo guardava con aria di rimprovero.

“Che cacchio lanci i sassi? Potevi beccarmi in faccia!” sbraitò.

“Pensavo che il vetro fosse chiuso” commentò lei per nulla preoccupata.

“Avresti rotto il vetro e poi la mia testa!” ribatté lui. “Smettila di lamentarti e vieni giù, che cosa ci fai in casa…!?”

Soul sbuffò, ma dopo cinque minuti era seduto sul bordo della piscina vuota del campus. Erano anni che era in quelle condizioni, ma nessuno ci badava, qualcuno la usava per fare  skate e pattinaggio.

Liz aprì la sua birra calda, nonostante fossero le sei del pomeriggio e tutti quanti avrebbero dovuto studiare. Black*Star insultava la squadra maschile dei cheer leader “Io sono più bravo di voi a fare le capriole!”

Liz lo ignorò prendendo un sorso di birra  dalla lattina che aveva nella borsa, e Soul si chiese come facesse a non morire di caldo con tutti quei braccialetti, tutte le volte che muoveva il braccio tintinnavano. Una volta gli aveva detto che non se li toglieva mai, probabilmente a dividere il letto, o simili, con una tipa del genere, sarebbe diventato pazzo. Fortunatamente Soul non era tra gli uomini tipo di Liz e Liz non era tra le donne tipo di Soul. “Non hai abbastanza tette” aveva commentato una volta, e si era preso una sberla voltafaccia.

“Hai studiato ‘sta mattina?” domandò la ragazza, a Soul, ovviamente, Black*Star viveva nel suo mondo. Soul si mordicchiò l’interno delle guance “Mi sono svegliato all’una” commentò, e il resto della giornata era stato sdraiato a pancia in giù in bilico tra il sonno e la veglia. “Tu?” domandò poi, immaginando che la risposta sarebbe stata no, ma con qualche scusa più approfondita della sua, e infatti.

“Sono stata all’ospedale con Patty fino ad adesso” fece con fare pratico, dopo mesi che Patty viveva in ospedale, quella routine era ormai divenuta normale, per Liz. Ingollò un altro sorso di birra calda, desiderando ardentemente dei nachos.

“Credo che dovresti fare il volontario in ospedale, la dottoressa Nygus dice che ce ne sarebbe bisogno, tirano su di morale gli ammalati. A Patty non serve, lei è sempre contenta, ma stare tanto tempo in un posto del genere deprimerebbe chiunque” disse poi, apparentemente senza un filo logico. Soul inarcò le sopracciglia e la guardò perplesso “E perché mai dovrei farlo io, scusa? Non ne ho alcun interesse, ho da studiare all’università e per il conservatorio, perché non lo fai tu, dato che hai l’animo della crocerossina?!”

Liz sbuffò, come chi ha assolutamente ragione ed è costretto a dire ovvietà “Io non posso, cacchio, mi pare ovvio! Devo studiare e lavoro anche per mantenermi gli studi, le cure di Patty, l’affitto della mia stanza, il corso di aerobica e la ricostruzione delle unghie. E poi devo stare con Patty quando vado all’ospedale, mica mi posso vestire da pagliaccio ed andare a stare coi bambini di pediatria” esclamò.

Soul avrebbe voluto dire che si stupiva che Patty non fosse stata messa nel reparto pediatria, dove sarebbe stata da re, ma fece solo eco “Ricostruzione delle unghie?”

“Beh, dovrò pure essere carina!” brontolò l’amica, colpita sul vivo, bevendo un altro poco della sua birra, non era nemmeno abbastanza per sentirsi brilla.

Soul avrebbe voluto dire che i ragazzi non si preoccupavano molto delle unghie finte delle ragazze, ma sarebbe suonato strano, quindi se ne stette zitto.

“Mi ci vedi, comunque, a fare il pagliaccio?” continuò lui retorico, rubando la birra a Liz, ormai era finita.

“Beh, tu sai suonare il piano, puoi fare quello” sbottò Liz, come se fosse logico.

“Sì, portare un pianoforte in spalla è sempre un piacere, chiedilo a Black*Star che mi ha aiutato a fare il trasloco. E ringrazia che questo era a parete e non a coda come quello che ho a casa dei miei!” ribatté Soul, mentre l’amico si strappava la maglia in stile Hulk e si lanciava nella mischia coi giocatori di rugby, anche se il pro della baruffa non era chiarissimo.

“Al conservatorio ti hanno insegnato a suonare anche qualche altro strumento, no? Guarda che Patty, ai tempi, suonava la cornamusa, lo so questo!” lo rimbeccò puntando il dito.

Soul alzò gli occhi al cielo “Non ne ho voglia di andare a fare il volontario in un ospedale, ti basta come risposta, Liz!?” borbottò alla fine, sbattendo la lattina ormai vuota, sul pavimento di piastrelle della piscina, senza troppa enfasi “Ho un sacco di cose alle quali pensare e gli ospedali sono deprimenti”  concluse, alzandosi in piedi e dirigendosi verso casa, con tutta l’intenzione di mettersi a giocare a qualche videogame.

“Insensibile!” esclamò Liz, con voce più stridula del solito.

 

*

 

Maka, senza scendere dal letto, ripiegò un fazzoletto e lo infilò nel cassetto del suo comodino. Dentro c’erano le sue posate, una forchetta, un coltello e un cucchiaio.

Si grattò il naso, prima di afferrare il quotidiano, che le stava sul letto accanto a lei, e sistemarsi i cuscini dietro la schiena con tutta l’intenzione di leggerlo, quando si accorse di suo padre, seduto su uno sgabello, ai piedi del letto, che la guardava con l’aria un po’ persa.

Maka, dimmi la verità, è un terribile tentativo di suicidio?”piagnucolò. Maka strinse i denti e stropicciò il giornale, Spirit la faceva sempre arrabbiare.

“Ti sembro una che sta cercando di morire?” domandò, come una domanda retorica, stringendo il giornale con stizza, il signor Albarn poté notare il suo polso magro contrarsi, mostrando i tendini.

Spirit la guardò, non era mai stato un buon padre, ma era preoccupato per lei, davvero, soprattutto in quel momento, lei era finita in ospedale e lui non aveva notato nulla fino a che non l’avevano chiamato dal pronto soccorso, eppure vivevano insieme.

“Ho videochiamato la mamma, prima, ha detto che la conferenza in Austria è andata bene e che non potrà venire a trovarmi presto, se è fortunata riuscirà ad avere un paio di giorni di ferie per Natale” disse lei, cambiando discorso e cercando di togliere l’aria sgualcita al giornale.

“Spero che per Natale tua sia tornata a casa, tesoro” commentò Spirit, voltandosi a guardare la porta d’entrata. La stanza dove Maka era stata portata era doppia, ma non aveva ancora nessuna compagna di stanza, il condizionatore funzionava, ma Maka si era ingegnata per spegnerlo appena arrivata e aveva aperto la finestra, faceva caldo, ma entrava un po’ d’aria fresca.

“Per Natale spero di essere in Canada, per il master che ti dicevo” fece lei, passandosi la lingua sui denti e nascondendosi nuovamente dietro al quotidiano che stava leggendo, pareva che ci fossero dei grossi cambiamenti in borsa.

“Ancora studiare! Non ti permetto di studiare ancora! E’ sempre stato un problema per te!” piagnucolò. La ragazza si sbatté il giornale sulle ginocchia “Non dire queste cose! Quando mai sarebbe stato un problema? Mi sono fatta un po’ troppo prendere e…”

“Ti sei fatta un po’ prendere? Maka, ti ricordi di quando hai detto che ti saresti buttata dal balcone perché avevi preso un E nel compito in classe perché non ti eri accorta della seconda pagina?” esclamò il signor Albarn con enfasi, alzandosi di poco dallo sgabello.

Maka fece lo stesso, cercando di avvicinarsi il più possibile a suo padre, rimanendo seduta sul letto, alzando un ditino magro e sentenzioso “Avevo sette anni e l’ho solo detto! E poi chi è che mi faceva guardare film giapponesi dove tutti facevano Harakiri per trovare l’onore perduto?

Il signor Albarn deglutì e mandò giù il colpo, faticosamente, in effetti era colpa sua “Beh, lo facevo perché dicevi che ti sarebbe piaciuto conoscere qualche cosa di più sul paese della mamma – ah, me l’hai salutata?- non è poi per questo che ti sei laureata in economia in lingua giapponese?” cercò di giustificarsi l’uomo, che nonostante il caldo estivo, vestiva in giacca e cravatta.

Quello, invece, fu un colpo al cuore per Maka, invece, che si nascose nuovamente dietro al suo quotidiano.

“Quasi laureata” corresse stringendo con fin troppa forza il giornale, non lo stava leggendo, voleva solo nascondere e nascondersi da suo padre. “E comunque sì, te l’ho salutata e lei ha detto che sei un porco e che devi andare al diavolo

Il signor Albarn appoggiò la testa sul letto d’ospedale della figlia, di solito faceva scenate, strillava e si strappava i capelli urlando “Amore mio, lo sai che ti amo come se fossi l’unica” e altre rivoltanti idiozie. Quella volta, però, non fece nulla, solo gli si arrossarono gli occhi e strinse la mano attorno alla caviglia della figlia, da sopra il lenzuolo, poteva sentirle le  ossa, aveva l’impressione di poterla rompere solo stringendo troppo. Non aveva mai avuto quella certezza, che Maka si potesse rompere, era sempre stata magrolina, ma aveva la grinta di sua madre.

“C’è qualche cosa che vuoi che ti porti? Hai già tutto? Lo spazzolino da denti, le mutande, il cellulare…”

Snocciolò tenendo il tono di voce così basso che se ci fosse stato qualcun altro nella stanza solo sua figlia avrebbe comunque potuto sentirlo.

“Il saggio di economia di Richard Kent, dovrebbe essere sulla mensola del salotto, è quello che hai macchiato col vino” rispose lei pratica, dopo essersi incantata a guardarlo per un attimo, solo per un attimo. Per un secondo le era parso vecchio.

“Ti ho detto che non voglio che studi ancora! Ti devi riposare” sbottò il signor Albarn, ritrovando tutta la grinta perduta.

“Papà, mi voglio laureare il prima possibile, non se ne parla che stia lontana dai libri per più di tre giorni!” esclamò lei, tornando arrabbiata.

“Invece di studiare potresti, per esempio, fare due chiacchiere con un’esperta, il dottor Stein, che è più o meno mio amico, mi ha detto che c’è una dottoressa che potrebbe aiutarti e…”

“Se mi aiuta a laurearmi più in fretta, questo dottor Stein è il benvenuto, se no, che mi lasci in pace e che si sbrighi a farmi uscire di qui!” lo rimbeccò Maka, mettendosi a leggere il giornale, questa volta sul serio e ignorando tutti i seguenti tentativi di approccio di suo padre.

Fu così che il signor Albarn si appoggiò nuovamente con la testa al materasso, lasciando che il vento gli scompigliasse i capelli, tenendo stretta la caviglia di sua figlia, come per essere sicuro che non sarebbe volata via.

Maka non oppose resistenza, le sembrava di essere sicura di non poter volare via. Entrambi speravano che l’ora di cena non arrivasse mai.

 

 

 

Aki_Penn parla a vanvera:

Alla fine sono arrivata col secondo capitolo, ci ho messo un po’ ed è comunque corto, spero che vada bene lo stesso.

E’ la prima volta che mi metto a parlare di argomenti un pochino più seri, ovviamente le stupidaggini ci saranno, è risaputo che non possa farne a meno, ma diciamo che dovrò andare a toccare argomenti un po’ più complessi, spero quindi di non scivolare nel banale e nel piagnisteo.

Tra le altre cose, dato i commenti che mi avete fatto, vorrei precisare che non credo che si parlerà molto di sesso, sì, un po’, ma niente di speciale, ve lo dico in anticipo, per non deludere nessuno, mi piace scrivere lemon, eccetera, ma mi sembra di essere un po’ monotematica e questa storia si basa su ben altri argomenti. (E’ una SoMa, comunque, non temete, di loro si parlerà.)

Il primo capitolo era in realtà un prologo e nella linea temporale si posiziona alcuni mesi dopo questo secondo capitolo.

In ogni modo, ringrazio tutti per aver letto, recensito e preferito la mia storia, mi riempite di gioia, spero che il capitolo sia valso l’attesa, grazie mille!!

 

   
 
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