Falling Sun, Fading Moon
[Falling Apart]
A volte,
durante il periodo d’ospedale, vedeva Naruto sorriderle. E
quel sorriso, caldo, apparentemente rassicurante, le scaldava il cuore.
Anche
se lei sapeva benissimo che in realtà, la sedia davanti a lei era sempre stata
vuota.
Come
spiegare gli sguardi preoccupati di Ino, rivolti alla
sedia spoglia, o la cartella clinica che scandiva senza pietà quel verdetto?
Sakura lo
sapeva benissimo, che Naruto era solo frutto della sua fantasia, frutto di una codardia di quello che era stato per molto
tempo il suo vero, primo amore.
A volte
però, al posto che parlare con una sedia vuota, improvvisamente su di essa si dipingeva l’immagine un po’ fluttuante del suo
compagno. Sempre sorridente, suo malgrado.
Sakura
credeva che le sue preghiere, quando fissava la stanza spoglia, prendessero
forma solo in determinati momenti della giornata.
Verso il
tramonto, lui compariva. E la mente di Sakura,
annebbiata dall’incantesimo, lo faceva sorridere.
Naruto
sorrideva, si.
Piccoli
fili a deformargli il volto, invisibili alla ragazza.
Il
tramonto era stato l’ultimo grado di luce che aveva fissato, prima che Sasuke
la colpisse.
Vigliacco.
V i g l i a c c o
Così,
l’incubo tornava al tramonto.
« Sei qui.
»
« Sono
qui. » risposte appena sussurrate, perché Naruto non poteva e non doveva farsi
sentire.
Il loro
piccolo segreto, intesa fra di loro, che cresceva
all’ombra della notte che cadeva.
« Temevo
che non saresti tornato. Perché scompari, di giorno? »
« Tu lo
sai, che lei non mi permette di stare qui sempre. »
« Ah,
Tsunade-sama è sempre così precisa, non è vero,
Naruto? »
« Certo. »
Quando
Sakura si svegliava, la mattina, riprendeva a parlare con la sedia vuota.
Convinta di averla sempre vista così.
In realtà,
c’era un motivo per cui Sakura continuava a parlare
con il suo compagno morto. La mattina, quando sapeva che Naruto fosse morto,
ovviamente.
Di sera,
lo vedeva. Credeva di vederlo.
Aveva
visto il dolore sul volto di Kakashi, quando era venuta a trovarla, una mattina
dopo l’accaduto.
Aveva il
viso deformato. Per quanto non potesse vederlo, perché sepolto sotto la
maschera, bastava sfiorarne lo sguardo per trovarlo spento. Reso sensibile dal
dolore della perdita.
Le mani,
da sempre forti e sicure della loro presa, esitavano sul bordo del suo
materasso, incerte se farle una carezza, o limitare l’affetto, forse per
evitare di soffrire ancora di più.
Gli occhi
di Tsunade, da lontano, avevano osservato quel comico quadretto di pazzi, che
intrappolati in una fase di immonda tristezza, non
sapevano più uscirne.
La ragazza
aveva osservato a lungo l’espressione desolata del suo sensei.
Così,
aveva deciso di salvarlo.
Sacrificio.
Un dolce
sorriso le si era dipinto sul volto. Con un elegante
gesto della mano aveva spianato l’aria.
« Ha visto
come sta bene Naruto, oggi? Ne, Kakashi-sensei? »
Avrebbe dovuto preoccuparsi per lei. E non avrebbe avuto il
tempo per piangere Naruto.
Non era
mai stata utile, Sakura. Non aveva mai potuto difendere nessuno.
Avrebbe
voluto farlo, ora. Ancora non sapeva che non sarebbe
servito a nulla.
« E’ grave, non è così? »
La voce di
Tsunade, in risposta, appariva poco più di un mormorìo
indistinto.
« Gli
effetti del Magenkyou Sharingan a noi sono ancora ignoti, non si può mai dire:
studieremo il caso di
Sakura,
sicuramente riusciremo a trovare qualche soluzione, Kakashi. »
Non dirlo. Ti prego, non dirlo.
« Abbi
fiducia in noi. »
Fiducia? Ne ho avuta
fin troppa, di fiducia. E non ha salvato nessuno.
« Va bene,
Hokage-sama. »
Non si riprenderà.
« Puoi
andare. »
Dove?
Dove?
Dove?
« Yo. »
Il
monumento ai caduti di Konoha, era sempre lo stesso.
I raggi
del sole morente illuminavano la pietra di un riverbero quasi gentile. La
brezza serale dava al luogo un’apparenza serena, di pacifico riposo.
Proprio
là, dove erano sepolti vivi coloro che avevano dovuto rinunciare, coloro che aveva sempre combattuto. Ed
così, erano periti.
Obito era
sempre là.
Eppure,
era come mancasse qualcosa.
Non
ricordava di essere mai andato in quel luogo durante le ore del crepuscolo, ma
adesso Kakashi aveva la chiara sensazione che qualcosa mancasse.
E che fosse sbagliato. Dannatamente sbagliato.
« Naruto… », mormorò appena, facendo una
fatica immensa a muovere le labbra spaccate.
Nessuna
risposta.
« Naruto…
» la voce di Sakura era rotta, spezzata. Non riusciva a trovarlo, quel
pomeriggio. « Naruto…! »
Il bisogno
di sentire la sua voce, la certezza di non poter continuare da
sola quel piccolo trucco d’illusioni che magicamente tesseva per il suo
sensei.
« Naruto…
»
« Sakura…?
»
« Naruto!
»
Era di
nuovo lì, appollaiato sulla sedia. « Scusami, ero
impegnato. Un investimento a lungo termine. » disse solo.
« Naruto…
» la ragazza lo fissò, suo prezioso dono. « Grazie. Perché mi
tieni vicino alla luce. »
Il
tramonto cessò, e con esso venne la sera.
Sakura
rimase di nuovo sola.
Kakashi
ricordava fin troppo bene quel giorno. Troppo.
La foresta era rossa. Anche gli alberi, il terreno fangoso, le rocce, erano rosse,
rosse. Tutto colava di un denso rosso scuro davanti ai suoi occhi. Le foglie
sanguinavano. I kunai sanguinavano.
Lo sharingan sanguinava.
« Dove
diamine sono…? », mormorò Kakashi un soffio, seguendo Pakkun fra i rami
spezzati della foresta vicino ad Otoagure.
«
Vicini. »
Sì, erano vicini. Adesso poteva
vederli chiaramente.
Lo sharingan bruciava.
Sakura era terra: sembrava sotto shock, tremante e ferita. Ma
era viva. Era viva.
Il terreno era rosso. Di Sasuke,
nessuna traccia. Rosso. Rocce frantumate. Rosso. Acqua. Rosso. Naruto.
Rosso.
« Sensei… »
Troppo, troppo rosso. Kakashi si
coprì il volto con una mano. Troppo, troppo…
« S…Sensei… »
« Sakura, non devi muoverti. »
« Sto… Bene. »
Se non ci fosse stato tutto quel rosso, avrebbe visto il suo sorriso,
forse.
Il sorriso di un folle.
Sakura chiuse gli occhi.
Di fianco a lei, Naruto sorrideva.
Avrebbe continuato a sorridere,
anche quando la terra si chiuse su di lui, sotto il monumento ai caduti.
* * *
Al
tramonto, come sempre, Sakura si trovò a fissare la sedia, in
attesa.
« Sakura »,
ma la voce che la chiamò era diversa da quella che aspettava. Lei l’accolse comunque con un debole sorriso.
« Kakashi
sensei »
Il
jounin non rispose, limitandosi a guardarsi intorno, fermando più spesso
l’occhio visibile sulla sedia o sul letto, quasi s’aspettasse di veder
comparire qualcosa… O qualcuno.
« Come
stai… », il ninja mosse le labbra per rispondere,
quando s’accorse dello sguardo di Sakura. Proiettato esattamente dietro di lui.
« …Naruto? »
Portò gli
occhi sulla sedia, quasi aspettandosi di trovarlo lì, davanti ai suoi occhi. Ma non vide niente. Sakura continuava a parlare, l’ombra di
un sorriso sempre presente sulle sue labbra.
« E cosa fai tutti i giorni, fino al tramonto? »
Kakashi
quasi s’aspettava – o forse, lo sperava – di udire la risposta.
Silenzio.
« Oh. Capisco », arrivò invece la voce della ragazza « Io posso
stare solo qui, chiusa qua dentro. E’ parecchio noioso… », Kakashi distolse lo
sguardo, turbato. Nemmeno il suo sharingan poteva sostenere il peso di ciò che
un paio di identici occhi rossi avevano fatto.
« Devi capire, Sakura. Lei non mi
permette di fare altrimenti. »
Ancora una volta, Kakashi non udì alcuna risposta.
« Lei,
lei, sempre lei! », sbottò Sakura, innervosendosi: « E io, chi sono io? », le
mani si strinsero convulsamente alla coperta, mentre gli occhi si spalancarono
sul viso scavato, irrequieti.
Fu troppo,
persino per lui: il fantasma della sua allieva avrebbe dovuto trovare riposo, e
pace. Ciò che aveva generato quel delirio… Forse avrebbe potuto porvi fine. Con
un unico gesto della mani si scoprì l’occhio rosso,
attivando lo sharingan.
« Sakura »,
la chiamò. Lei spostò lo sguardo verso di lui, sorpresa. Anche Naruto si voltò a guardarlo.
Bastò il
semplice contatto visivo per far fluire i ricordi della ragazza nella sua mente.
Al principio, vi furono solo immagini sfocate, irriconoscibili, prive di senso.
Poi, giunsero ricordi più nitidi e recenti, chiari:
loro
quattro seduti, durante la loro prima presentazione, appena formato il team.
Erano poco più che bambini, ma credevano di poter far qualsiasi cosa. Poi,
ciocche di capelli rosa al suolo, recise con violenza, Sasuke in preda al
delirio del sigillo. E poi, quegli stessi occhi neri che con un
grazie dicevano addio, una notte, poco prima di sparire. Lo stesso
sguardo, due anni dopo, era privo di emozione o
rabbia, vacuo.
Infine, la
sfumatura rosata del cielo che si rifletteva nel loro occhi
sbarrati, appena prima di quell’ultima missione. I soliti schiamazzi di Naruto. Il breve sorriso di Sakura.
E poi…
…poi…
Lui era su
quella sedia, reale.
Kakashi sforzò ulteriormente lo sharingan, cercando di cancellare quei
ricordi, quell’immagine, che subdoli nutrivano quella
follia.
« No! »,
Sakura gridò, e quell’urlo interruppe il contatto. Il
jounin dovette distogliere lo sguardo, stordito, la vista sfocata. Serrò le
palpebre, per poi riaprirle e chiuderle nuovamente. Lentamente, riuscì di nuovo
a scorgere gli oggetti nel particolare. Guardò Sakura, un’espressione colpevole
sul viso. La ragazza era riversa sul letto, ansante, il volto nascosto dai
capelli.
« La sua
mente è salda, lo sa…? »
Quella
voce, risuonò nella stanza. Quella voce che nessuno avrebbe
mai più dovuto udire, quella che pareva venire direttamente dal sottosuolo.
Kakashi rimase con lo sguardo inchiodato al suolo, un sordo sconvolgimento che
prendeva lentamente possesso del suo corpo. Finalmente, alzò il volto, e vide:
« Buon
giorno, Kakashi-sensei. »
I contorni
del viso erano sfumati, evanescenti. Il sorriso appena
percepibile e i segni sulle guance difficili da scorgere. Ma gli occhi, di un azzurro cristallino spiccavano chiari,
definiti. Reali.
Il
jounin fece qualche passo indietro, stravolto.
Sakura
alzò volutamente lo sguardo. « Riesce a vedere ora, Kakashi sensei? »
Il
silenzio che precedette la risposta fu teso e sofferto.
« Sì. »
Man mano
che lo fissava, poteva vedere i suoi contorni farsi nitidi, i colori più caldi,
vivi. Sentiva quel sorriso sulla pelle, assurdo, irreale.
« Potremmo
essere di nuovo una famiglia. Non è bellissimo, sensei? »
L’orrore
di quella prospettiva scosse la mente dell’uomo, risvegliandolo da quello stato
di trance.
Il volto trasfigurato di Sakura. Il sorriso enigmatico di Naruto, sempre più
simile a un ghigno. Lo fissò intensamente: la sua
figura non aveva ombra.
« N-No… »,
l’incubo perdeva consistenza, si sfaldava davanti ai suoi occhi.
« Io
volevo solo salvarla, Kakashi-sensei. »
Il breve silenziò che seguì quella disperata confessione fu interrotto
dall’improvviso chiudersi della porta, che produsse un tonfo secco, cancellando
l’ultima sillaba di quel folle discorso.
« Alla
fine, si rimane sempre soli… », mormorò lei, lo sguardo perso oltre la
finestra. Il sole illuminava la giornata coi suoi
ultimi bagliori.
« Ci sarò
sempre io con te, Sakura-chan. »
Si
sorrisero. Ma quei sorrisi, dipinti sul volto, si
sgretolarono alla realizzazione della sera.
« Devo
andare via, adesso. »
« Vedi? Anche tu te ne vai sempre, alla fine. », la sua voce era
flebile e delusa.
« Vieni
con me. », quel sussurro fece tornare la luce, all’improvviso. La finestra si
spalancò.
E
quella mano, sempre poggiata sulla gamba, che mai si era mossa per toccarla,
finalmente si tese davanti a lei, aperta. La ragazza tentennò. « E staremo sempre insieme, vero? »
« Per
sempre. »
Allora
strinse la sua mano, tremante, e si lasciò condurre fuori. La brezza fresca
della sera le accarezzava il volto. L’ultima cosa che vide furono i raggi di
una luna semicoperta.
Fuori, la
nuova notte nacque sul cadavere del sole.
Ed ecco a voi
Comunque, come avrete vagamente intuito questa
fanfiction era strettamente collegata a Falling Apart di Helen. Quindi, se non l’avete
letta, fatelo assolutamente.
Comunque, preparatevi, perché non è detto che questo
sia l’ultimo sklero generato da due mente assolutamente fuorvianti. Beware.
saluti,
Suzako
Metto una noticina
anche io, giacchè sono stata la causa involontaria di
“questo”. Avevo chiesto il permesso a Helen Lance *saluta anche lei* per scrivere la spin
off, poi ho scoperto che anche la mia cara Héra ne
stava meditando una. Alla fine ci siam risolte per
farla in due.
Conclusa in treno, scritta con la
mia santa manina *saluta la mano*. Non dimenticherò
mai le facce sconvolte dei due passeggeri che avevamo
di fronte. È stato… illuminante?
Sì, credo di sì.
Ja ne!
RoSs