Red Ribbon.
Uscii di casa presto, come tutte le mattine stringendomi nel cappotto di lana blu, avanzando a grandi passi verso il pub in cui lavoravo.
Faceva così freddo che faticavo a tenere gli occhi aperti e coprii anche il naso con la sciarpa.
A quell’ora la città era semi deserta, quasi tutti se ne stavano ancora nelle loro case sotto le coperte a dormire tranquilli, solo pochi lavoratori e qualche studente universitario erano già in strada.
Studente universitario..
Quanto mi sarebbe piaciuto poter essere come loro, coltivare la mia passione della fotografia, poter possedere una vera macchina fotografica e vedere il mio nome sulle foto dei giornali più importanti.
Ah sì, era il mio sogno!
Ma infondo era proprio per quello che lavoravo, ancora un po' e poi avrei potuto permettermi tutto. Ma avrei aspettato, anche una vita intera pur di ottenerlo onestamente.
Volevo fare le cose con le mie mani, essere riconosciuta per la mia bravura, guadagnandomi il rispetto delle persone, senza scorciatoie.
Ed ecco di nuovo quel nodo alla gola.
Arrivata al lavoro posai il cappotto e indossai la divisa: quell'orribile grembiule verde ammazza forme e un cappello col berretto che avrebbe fatto sembrare Brigitte Bardot una vacca informe.
Pensate me.
Raccolsi i capelli ramati in uno chignon e cominciai a preparare il banco, con la stessa voglia di un uomo che va a fare shopping nel periodo dei saldi.
- Signor Mallard - Salutai il capo che era arrivato appena due minuti prima di me.
- Sempre puntuale eh Jud? - Sorrise l'uomo sulla cinquantina con la sua solita giacca grigia, prese gli occhiali dal cappotto e sparì nel suo ufficio.
”Sempre puntuale, ma lavoro sempre per quattro soldi” Pensai mentre accendevo le macchine del caffé. Erano vecchie e rotte ma, fino a quando non sarebbero esplose, per il mio capo andavano ancora "a meraviglia"
Verso le 9 il locale cominciava a riempirsi di gente che prendeva qualcosa di rapido e poi andava via, come tutti, no, tranne uno.
In altre occasioni non lo avrei notato ma negli ultimi giorni ero diventata paranoica.
Il signore se ne stava con un cappello nero in pelle con la visiera e degli occhiali scuri nell'angolo del locale, fingeva palesemente di leggere il giornale e continuava a guardarmi.
Sbrigai i vari ordini della mattina ma il mio sguardo si posava sempre su di lui.
- Annabeth ma il signore lì in fondo sta qui da troppo o sbaglio? - Chiesi senza farmene accorgere alla ragazza intenta ad asciugare i piatti.
- Non saprei, io sto qui dietro, sei tu quella che va tra i tavoli. Ma perché, che ha? - Chiese mentre riempivo il vassoio.
- Non lo so. Boh meglio non pensarci, forse mi sarò sbagliata. Mi servono due caffé e un latte macchiato comunque.
Continuai a lavorare e dimenticai il "signore in nero". Probabilmente era un pervertito o un nullafacente e quando mi voltai verso il suo tavolo notai che se n'era andato. Senza lasciare nemmeno un minimo di mancia.
A fine giornata io e Annabeth, che si rivelò molto più simpatica del previsto, approfittammo di quel po' di bel tempo, per quanto Londra a Novembre potesse concederne e andammo in centro a fare un giro.
Passammo davanti a tanti negozi e ci fermavamo di tanto in tanto a commentare i prodotti esposti.
Non ero di molte parole, spesso lasciavo che parlasse a ruota libera, ero totalmente immersa nei miei pensieri che sembravano susseguirsi aruota libera nella mia testa.
- Guarda lì! Quella chitarra è come quella che ha John Lennon! - Annabeth saltellava davanti una vetrina - È una, aspetta come si legge – Strizzò gli occhi vicino al vetro
- Rickenbacker - suggerii alla ragazza guardando da un’altra parte, non volevo guardarla.
- Come fai a saperlo? Sei lontana dalla vetrina e non l'hai nemmeno vista.
Certo che l'avevo vista.
"- Il primo regalo che scarti è il mio, John! - Trascinavo l'enorme pacco rivestito di carta multicolore con un fiocco rosso sproporzionato.
- Porca miseria è mio? - Chiese con le mani tra i capelli.
- No, è per Stuart che dici. Apri che voglio vedere la tua faccia! – Dissi emozionata quanto lui, mordendomi il labbro per non ridere.
Dopo aver armeggiato tra carta e scatola eccola lì, una chitarra nera, perfettamente lucida e con tutte le corde nuove che brillavano.
- Non è possibile. Dimmi che è vera! - Scattò in piedi come una cavalletta guardando la chitarra sotto ogni angolazione possibile con un sorriso che si estendeva da un orecchio all'altro.
- Certo che è vera è la tua prima vera chitarra! Così quando sarai famoso e la suonerai, ti ricorderai di me - Abbassai lo sguardo per l'imbarazzo, rigirando tra le mani il fiocco.
- Ma vieni qui Judy - posò la chitarra e mi strinse forte tra le sue braccia, appoggiando il mento sulla mia testa e accarezzandomi i capelli."
- Judith ma mi senti?! - Tornai bruscamente alla realtà. Sbattei più volte le palpebre e sorrisi alla ragazza che mi guardava preoccupata.
Non me n’ero accorta ma ero vicino la vetrina, toccando il vetro, mimandone il movimento di una carezza.
- Ti sei imbambolata a fissare la vetrina. Ti piacciono le chitarre, vero? - chiese innocentemente.
- Le adoro - Repressi un signhiozzo, posando un ultimo sguardo alla Rickenbacker nera e ci incamminammo verso casa.
John...
Angolo autrice:
Ed eccomi qui con il secondo capitolo! Spero che vi piaccia
Ringrazio davvero tanto tutte quelle che hanno letto il primo capitolo e soprattutto AlexaZoso_Lennon per la simpaticissima recensione!
Come sempre accetto qualsiasi commento e critica =)