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Autore: Andy Grim    14/04/2007    4 recensioni
E se i personaggi di Candy Candy fossero vissuti 30 anni più tardi? E se la guerra che incombeva sullo sfondo non fosse stata la Prima ma la Seconda Guerra Mondiale?
E se la collega di Candy - Flanny Hamilton - avesse incontrato una persona speciale mentre faceva la crocerossina?
E se questo capitolo incontrasse il vostro favore e ne seguissero altri, cronologicamente successivi?
Genere: Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 5: Il ritorno

Capitolo 7: Gli sposi di guerra

 

UCPFH 07

 

 

L

a piccola jeep con a bordo metà organico della 3a Squadriglia del 18th Pursuit[1] Group, in forza all’Aviazione dell’Esercito di stanza nelle Hawaii, filava a tutta birra lungo la strada che univa Honolulu a Pearl City, la cittadella formata dagli alloggiamenti per gli ufficiali e le caserme della truppa per le Forze Armate a presidio dell’isola di Oahu. Qui giunti, il capitano Greason, che aveva preso la guida del veicolo, svoltò bruscamente a destra per imboccare la strada che conduceva verso l’interno dell’isola, dov’era situato l’aeroporto militare di Wheeler Field.

“Ehi, vacci piano, Andy” protestò James, aggrappandosi all’orlo del parabrezza per reggersi in equilibrio, dopo che la vettura si era sollevata sulle ruote di sinistra “per poco non capottavamo…!”

“Scusami, Jim” rispose il comandante, riprendendo il controllo “sono un po’ nervoso, questa mattina!”

“Era meglio se lasciava guidare me, signore” osservò il sottotenente Sanders “non è indicato mettersi al volante, dopo certe nottate…!”

“Piantala, Victor….!!” lo riprese quel galantuomo del tenente Stone.

“Articolo 14 comma 3: mancanza di rispetto verso i superiori. Sei consegnato per una settimana dal termine dell’emergenza!” sentenziò il capitano, dopo aver superato con destrezza una scampanellante autocisterna dei pompieri.

“Oh, no, signore… la prego” protestò il reprobo, gesticolando “ritiro tutto! E le prometto che non si ripeterà…!”

“Troppo tardi, dannato piantagrane” rispose, inesorabile, il superiore “grazie al tuo scherzetto di ieri, oltre a 950 dollari, ci ho rimesso pure la libertà! Perciò tieni chiusa quella tua maledetta boccaccia, prima che mi procuri altri guai…!”[2]

“Sissignore!” rispose, secco, il sottotenente. Ma poi si rivolse verso il suo compare, seduto accanto a lui sul sediletto posteriore: “Che ingrato, però: invece di ringraziarmi…!” gli sussurrò all’orecchio. Roy Master si limitò a sorridere, scuotendo sconcertato la testa davanti alla proverbiale arroganza dei superiori.

Nel frattempo la jeep cogli aviatori aveva bruciato le miglia restanti che ancora mancavano alla base aerea. Nell’ultima parte del tragitto un paio di ambulanze militari li avevano incrociati ed Andy le aveva osservate cupamente, pensando alla difficile giornata che anche la sua promessa si sarebbe trovata davanti. Poi aveva stretto i denti ed era tornato a fissare la strada. Non era quello il momento di pensarci…!

Il caporale di guardia al cancello fece loro velocemente cenno di passare, non curandosi nemmeno di controllare il tesserino che Greason gli tendeva: una violazione da Corte Marziale, ad eccezione di quella particolare mattina. Varcata la recinzione, lo spettacolo che si presentò loro aveva un che di apocalittico: decine di caccia distrutti al suolo, dei quali la maggior parte ardevano come torce. Tutto intorno una miriade di piloti e di meccanici tentavano d’individuare gli apparecchi recuperabili per metterli al riparo, cercando anche di spostare le carcasse di quelli perduti, in modo da garantire ai pochi rimasti incolumi uno straccio di pista per decollare via da quell’inferno. L’aria era ovviamente ammorbata dall’acre fumo degli incendi, mentre l’etere risultava saturo del frastuono che producevano il crepitare delle fiamme, il fruscio delle manichette per l’acqua e le raffiche della contraerea in azione contro i caccia giapponesi, che ronzavano tuttora sopra quel povero campo.

Orientandosi a fatica in tutto quel trambusto, i quattro piloti raggiunsero il dispersal[3] della loro unità, dove trovarono ad attenderli gli altri compagni.

“Che ci fate, ancora qui…?!” gridò loro il comandante, scandalizzato “Agli aerei, presto: muovete quelle chiappe…!!”

“Calma, capo” gli rispose il sottotenente John Maxim, alzando una mano “ci eravamo arrivati da soli… purtroppo i musi gialli ci hanno già fregato!”

“Che diavolo vuoi dire…?”

“Questa parte del campo è stata la più arata da quei bastardi” spiegò Roger Williams, il suo “fratellino” minore “e tutti i nostri apparecchi sono fottuti..!”

“Maledizione” sbottò il capitano, facendo un gesto di dispetto col pugno chiuso “proprio tutti…?”

“Beh, ci sarebbe rimasta un mezza dozzina di P-35, là in fondo… e anche un paio di P-36!” rispose Vincent Hames.[4]

Andy rifletté solo un attimo, prima d’imprecare di nuovo: “Alla malora…!! Affrontare gli Zero con quei bidoni sarebbe puro suicidio… non ho intenzione di crepare proprio l’ultimo giorno che passo da scapolo…! Aspettate qua!” detto ciò, si precipitò all’interno della baracca.

“Cos’è che ha detto?” chiese il sottotenente Harris, sbalordito dalle ultime parole del capo-squadriglia “L’ultimo giorno da che…??”

“E fatti i cavoli tuoi…!” lo zittì subito il tenente Stone.

***

Dopo essere precipitosamente scese in strada, Flanny Hamilton e Natalie Venc avevano cercato disperatamente un mezzo di trasporto che le portasse nel quartiere situato nella riva sud della baia, dove c’era l’ospedale della Marina. Ma tutto il traffico cittadino si dirigeva invariabilmente verso i docks[5] di Honolulu. A un certo punto le due donne notarono un vetusto tassì fermo al lato opposto della strada, di fronte a una villetta residenziale. Senza porre altro tempo in mezzo, si precipitarono verso la vettura.

“Presto, lei…” gridò Flanny all’indirizzo del conducente, che stava leggendo il giornale appoggiato a un lampione “…ci porti a Pearl Harbour, svelto!”

Il tizio abbassò la copia dell’Honolulu Star Bulletin e la guardò con fare scettico, portandosi due dita alla visiera del cappello di paglia: “Dolente, miss… ma devo accompagnare dei civili al porto. Non li vede i bagagli sul tetto?”

“La prego” intervenne allora Natalie “siamo due infermiere: dobbiamo raggiungere subito l’ospedale della Marina!”

“Molto spiacente” ribadì l’uomo, scuotendo la testa “ma il mio servizio ha la precedenza. E poi a Pearl s’è scatenato l’inferno e io non ci torno per nulla al mondo…!”

“E invece ci tornerà” gli rimpallò Flanny, acida, dopo aver respirato profondo “è un suo preciso dovere. E adesso si sbrighi…!”

L’hawaiano gettò a terra il giornale e si avvicinò: “Senta, li vede quei buchi…?” indicò veemente il lunotto della macchina “Prima venivo proprio da là, quando un aereo mi ha mitragliato. Sono vivo per miracolo, se vuol saperlo…!!”

Il solito minaccioso brillio comparve sugli occhiali della fidanzata di Andy Greason: “Preferisce che la denunci alle autorità militari per omissione di soccorso?”

L’uomo alzò le spalle: “Faccia come crede! Ci tengo alla mia pellaccia e ho una famiglia sul groppone. E ora filate, che arrivano i miei clienti…!”

Senza aggiungere altro lo sgradevole individuo raggiunse il didietro della vettura per spalancare il portabagagli, avendo notato che la famiglia che lasciava quella casa per tornarsene sul continente stava portando con sé diversi altri colli. Con un guizzo risoluto, Flanny si appressò alla collega, sconsolatamente ferma sul marciapiede, accanto al lato sinistro del tassì, che aveva la portiera anteriore aperta…

“Natalie” sussurrò “tu sai guidare, vero...?”

L’amica ebbe un sussulto e spalancò gli occhi: “Sì, ma…”

“Allora andiamo!” ciò detto si fiondò nella vettura scivolando sul divanetto verso il posto del passeggero, mentre trascinava col braccio sinistro l’amica a quello di guida. Subito dopo si allungò quel tanto che bastava per afferrare e richiudere lo sportello.

Schermato dal portabagagli aperto, il tassista non si era accorto di nulla, finchè non udì il tonfo della chiusura: “Ehi, voi due: che diavolo fate…??!” gridò.

“Solo il nostro lavoro” gli rispose semplicemente Flanny “avanti, parti…!!” ordinò poi a Natalie. Costei, privata d’ogni remora residua dalla voce e dallo sguardo della sua sempiterna “mentrice”, non ebbe più alcuna esitazione. Mise in moto, ingranò la marcia e schizzò via, lasciandosi dietro quegli sfortunati civili nel vedere la metà delle loro masserizie andarsene con la macchina, mentre il poco collaborativo tassista rimaneva nel bel mezzo della strada, reggendo due valige per mano e sciorinando una tale sfilza di bestemmie da far fischiare sicuramente le orecchie alle lontanissime Miss Pony e Suor Maria…!

 

***

Raggiunto il piccolo ufficio situato all’interno del dispersal, Andy si attaccò subito al telefono: “Pronto… pronto… controllo…?!”

“Sì, pronto… qui controllo di Hickam: sergente Rodriguez all’apparecchio.”

“Parla il capitano Greason, della 3a Squadriglia.”

“Dica, signore…!”

“Deve mettermi subito in contatto col comandante del 18° Gruppo… è urgente!”

“Ah…! Sì, capitano… il maggiore Carson è riuscito a decollare con due piloti della sua unità. Ha lasciato un messaggio per lei.”

“L’ascolto…”

“Ha detto di raggiungere l’aeroporto sussidiario di Haleiwa, nel caso non trovaste più caccia operativi a Wheeler. Quel campo non ha subito attacchi, finora e potrete decollare da laggiù, per intercettare gli incursori.”

“Ricevuto. Partiamo immediatamente: lo riferisca al maggiore Carson, se ci riesce.”

“Sarà fatto, signore. Buona fortuna…!”

Andy Greason si precipitò di nuovo all’esterno.

“Ebbene…?” gli chiese Stone.

“Corriamo ad Haleiwa. Decolleremo da là.”

“Ma la jeep non può portarci tutti e otto…!” obiettò Sanders.

“Questo lo dici tu. Forza, partiamo!”

Pochi secondi più tardi lo sbalordito personale di Wheeler Field assistette alla sgassante partenza di una Willys montata da ben otto persone: Andy e James ai posti anteriori, Vic e Roy sul divanetto posteriore, Johnny e Jerry sui copriruota laterali e infine Vinny Hames e Sammy Harris sul cofano del motore, disperatamente aggrappati al parabrezza, opportunamente abbassato.

“Io e Sam contiamo su di lei, comandante” si raccomandò il sottotenente Hames “ci avverta, se sta per inchiodare…!”

“È abbastanza improbabile che lo faccia, Vinc” lo rassicurò il capitano “attenti a non cadere all’indietro, piuttosto: tenetevi coi piedi al paraurti.”

Detto questo, il capo-squadriglia accelerò decisamente la marcia, puntando in direzione del piccolo campo ausiliario, situato a circa 10 miglia verso nord-ovest.

 

***

Quando le due giovani infermiere arrivarono finalmente all’ospedale della Marina, situato nei pressi della zona dei cantieri, vi regnava già un’atmosfera da tregenda! L’attacco alla base navale era in corso da meno di mezz’ora e già le corsie erano gremite di feriti… i più gravi erano naturalmente gli ustionati, ma c’erano anche parecchi marinai crivellati di schegge. Diversi avevano perduto un arto e le loro urla  mettevano a dura prova i nervi del personale medico, specialmente le giovani infermiere che mai si sarebbero aspettate che in quell’isola di paradiso si sarebbe potuto scatenare un simile inferno!

Con rapidità fulminea Natalie e Flanny raggiunsero il loro reparto, si cambiarono e si presentarono subito in corsia, dove la prima rimase per gestire la medesima, mentre l’altra, più esperta delle due, fu naturalmente destinata alla sala operatoria. Nell’attimo in cui le due amiche si separarono, Natalie strinse forte la mano della collega, guardandola profondamente: “Coraggio, cara… e non temere: se la caverà…!”

Un umido velo di commozione passò davanti agli occhi di Flanny. Fino a quel giorno era sempre stata lei a sostenere la compagna più giovane con la sua affettuosa severità. Ora Natalie la ricambiava con tutto il cuore, nel momento certamente più difficile della sua vita.

“Grazie…! A più tardi… e in bocca al lupo anche a te!”

Si voltò di scatto tergendosi svelta una lacrima per raggiungere il suo “posto di combattimento”… non appena si trovò davanti al tavolo operatorio, la vista di tutti quei bisturi, le forbici e le pinze - da sempre così consueta per lei - le provocò stavolta un discreto fremito, pensando che anche il suo uomo avrebbe potuto ritrovarsi al posto di quei poveretti che avrebbero fra breve dovuto operare.

“Diagnosi…?” chiese subito il chirurgo, appena arrivato, porgendo le mani all’altra assistente.

“Ferite multiple da pallottola con sospetta perforazione al polmone destro.” rispose lei, infilandogli i guanti sterilizzati.

A quei richiami, Flanny Hamilton ebbe un guizzo… fece però un respiro profondo e s’impose di non pensare più a nulla che non fosse il suo compito principale. La cosa non era per niente facile, nelle circostanze che sappiamo, ma la valorosa giovane trovò quasi subito il sistema migliore per riuscirci…  

“Avete applicato una totale?” chiese ancora l’ufficiale medico.

“Purtroppo, solo una locale: ci è stato ordinato di risparmiare le scorte.”

“Naturale…!” commentò l’altro, contrariato. Poi si voltò verso Flanny “Bene, procediamo: è pronta?”

“Pronta dottore!” gli rispose la promessa di Andy con uno sguardo che mostrava di nuovo la più fredda solerzia.

“Bisturi…!” ribatté allora l’uomo, stendendo il braccio verso di lei…

***

Premendo sempre l’acceleratore a tavoletta Andy Greason faticava a tenere in strada la vettura. Ad ogni curva i poveri Sammy Harris e Vinny Hames rischiavano di spiccare superbamente il volo, prima ancora di poter montare sopra un aereo e anche I Fratelli del Sud, John Maxim e Roger Williams, non se la passavano granché meglio!

“C’è ancora molto, capo?” domandò il texano “Ancora un po’ di questa giostra e credo che darò di stomaco senza ritegno…!”

“Purché tu lo faccia verso l’esterno” rispose il capo-squadriglia “non c’è nessun problema, Johnny…!”

“Il problema, signore” intervenne Harris “è che, se prende la prossima curva come quella di prima, i japs non dovranno consumare munizioni, per toglierci di mezzo…!”

“Per non parlare delle mie povere ossa” si lamentò anche Williams “nemmeno i nostri posti sono molto confortevoli…!”

“Basta coi piagnistei” li riprese il comandante “so di non essere un granché come pilota di automobili… ma ogni secondo è prezioso. E poi, vista l’aria che tira, le cose potrebbero andare anche peggio…!”

“Ad esempio…?” domandò James Stone, ironico.

“Ad esempio così…!!” rispose all’istante il capitano, puntando l’indice verso l’alto. I suoi compagni, seguendo la direzione del suo dito, trasalirono nella scorgere la sagoma di un aereo, il cui rombo del motore era stato finora coperto da quello della jeep e dalle loro voci in quegli scambi di battute. La speranza che fosse amico ebbe poi vita breve, dal momento che il nuovo arrivato iniziò subito a scendere in picchiata verso di loro, emettendo un agghiacciante stridio. Disgraziatamente, proprio in quel tratto, la strada era perfettamente rettilinea e l’incursore avrebbe potuto colpire il suo bersaglio con una difficoltà non superiore a quella necessaria per compiere uno strike al bowling…!

“Misericordia…!!!” esclamò Andy  “Sarà meglio uscire di strada. Tenetevi saldi…!!”

Senza ulteriori esitazioni, il capitano sterzò bruscamente a sinistra e la jeep, abbandonata la carreggiata, iniziò a scendere sobbalzando lungo il pendio, per l’immensa gioia delle natiche appartenenti ai passeggeri sprovvisti di sedili…!

La mossa del capo si rivelò per fortuna abbastanza repentina da non consentire al pilota nipponico di correggere la rotta per tirare esattamente sul bersaglio! Probabilmente il simpatico Figlio del Sole li sentiva già così in pugno da volersi avvicinare quel tanto da innaffiarli anche con le pallottole delle due mitragliatrici leggere, oltre a quelle dei quattro cannoncini.[6]

Purtroppo, l’abbrivio dovuto alla pendenza della collina, unito forse all’agitazione di quel particolare momento (non era divertente venire attaccati senza poter rispondere…!) fece perdere parzialmente a Greason il controllo della macchina, facendola finire dritta filata contro una specie di conca…

Grazie alla sua congenita prontezza di riflessi, Andy fece in tempo a gridare: “Ci capovolgeremo… buttatevi giù…!!!”

Senza farselo ripetere, gli altri obbedirono con la massima solerzia: John e Roger si lasciarono semplicemente cadere all’indietro, seguiti da Victor e Roy che scavalcarono i bordi della jeep. Vincent e Sammy si diedero una spinta con le braccia per saltare giù dal cofano e James si limitò infine a rannicchiarsi, non volendo abbandonare il suo fedele amico sul veicolo.

Fortunatamente la previsione di Andy non si rivelò del tutto azzeccata: dopo avere affondato le ruote in quello che era forse un antico sfiato vulcanico, la piccola vettura sollevò il didietro quasi a 45 gradi, ma poi si limitò a piantare il paraurti anteriore nel terreno, rimanendo in quella posizione abbastanza precaria.

“Però… credevo che queste jeeps tenessero un po’ meglio la strada…!”

“Mi spiace dirtelo, comandante, ma la è colpa è tua: hai scordato d’innestare la trazione integrale!”

“Che ne sapevo io? Ho l’abilitazione ai caccia, non ai fuoristrada! E comunque, se me lo dicevi prima…”

“Hai ragione… fessi tutti e due!”

“Riparatevi: sta tornando…!!!”

In pochi attimi i compagni, leggermente sparpagliati per il pendio, corsero a raggiungere quella buca provvidenziale, mentre lo Zero stava eseguendo una strettissima virata consentitagli dal suo favorevolissimo carico alare.[7] Più presto di quanto fosse auspicabile, gli aviatori sentirono di nuovo l’inquietante sgranare delle raffiche e tutti si rannicchiarono alla bell’e meglio nel fondo di quel piccolo cratere, sperando che la sua profondità fosse sufficiente a ripararli.

Per buona sorte, lo fu: i proiettili rimbalzarono totalmente fuori dai bordi, ma sussisteva anche il pericolo che colpissero la jeep, facendo esplodere il serbatoio! Gli aviatori speravano che il nemico si “accontentasse” di questo secondo passaggio, ma poi lo videro virare di nuovo alla fine della sua cabrata…

“Lurido figlio d’una baldracca gialla” imprecò Victor Sanders “ce l’ha proprio con noi…!!”

“Pare di sì” gli fece eco Roy Master “come se non dovesse risparmiare carburante per tornarsene sulla sua fottuta portaerei…!”

“Purtroppo quegli Zeke[8] sono talmente leggeri da poter caricare benzina fino all’inverosimile. Se solo avessimo un’arma per difenderci…!”

Roger Williams, che si era messo per conto suo a frugare nella vettura, alzò trionfalmente una cosa che aveva trovato sotto il divanetto posteriore: “Come questa…?!” gridò.

Alla vista del mitragliatore M3 Grease Gun che il loro compagno teneva fra le mani, John Maxim urlò dalla gioia: “Bravo il mio fratellino dell’Alabama…!!! Presto, dammi qua…!”

Gli strappò letteralmente l’arma dalle mani e lo spinse bruscamente a ripararsi dietro la macchina. Poi, dicendo agli altri di fare altrettanto, si stese lungo il fianco della buca, stringendo con freddezza il grilletto e l’impugnatura dell’arma.

“Non fare pazzie, John” tentò Andy di farlo recedere “il gioco non vale la candela…!”

“So quel che faccio, capo” rispose l’altro, deciso “si metta al riparo, piuttosto!”

Greason obbedì a malincuore e il suo subalterno si sistemò con la testa appena dietro il bordo del piccolo ex-cratere. Il giapponese stava facendo la sua seconda picchiata sul bersaglio, sempre certamente la jeep, che poteva vedere molto meglio dei singoli uomini. Il coraggioso Maxim attese freddamente che il caccia si avvicinasse quel tanto da dover tirar su il muso… la pioggia di colpi continuava ad infrangersi appena dietro il bordo della conca e diversi proiettili piombarono roventi sulla giacca di pelle del sottotenente, che, come sentì cambiare il rumore nella richiamata, si sporse risoluto e fece partire la scarica contro lo Zero, muovendo anche il corpo per accompagnare il movimento del bersaglio e continuare a tirargli sulla coda…!

Si parla spesso del “talento dei matti”… i colleghi di John Maxim, dopo essersi rialzati, si sbalordirono a vedere una scura scia di fumo che contrastava spiccatamente con la livrea candida del caccia. Il motore cominciò a perdere colpi, poi l’aereo iniziò inesorabilmente ad impennarsi e infine si vide sparire dietro la cresta della vicina montagna, sempre fischiando nell’ineluttabile picchiata. Non fu udito nessun tonfo, ma a tutti piacque credere che quel furfante dal muso giallo fosse stato uno di quei 29 incursori che non sarebbero riusciti a far ritorno alla Squadra d’Attacco dell’ammiraglio Nagumo!

“Sei stato formidabile, John” commentò il caposquadriglia dandogli una calorosa pacca sulla schiena “ma come diavolo hai fatto…??”

“Non dimentichi da dove vengo, signore!”

“Sarebbe a dire…?” chiese Andy, perplesso.

“Beh… si dice che ad Abilene, chi spara giusto vive bene…!”[9]

Il capitano non poté trattenere una risata, imitato anche dagli altri. Poi, tornato serio: “Ok, gente: ci siamo divertiti abbastanza…! Visto che l’amico Tojo[10] ci ha fregato la jeep, dovremo sgambettare fino ad Haleiwa. Ormai non saranno che due miglia.”

“Andiamo, allora” ribatté Sanders, con decisione “e speriamo che laggiù ci siano abbastanza aerei per tutti!”

“Puoi dirlo forte, compare” approvò, a sua volta, Master “non abbiamo ancora finito con quelli lassù…!”

 

***

Finalmente, sudati e impolverati, gli otto piloti raggiunsero la piccola base ausiliaria dell’Esercito dov’erano stati prudentemente trasferiti alcuni caccia dagli aeroporti principali di Hickam e Bellows Field, i quali, essendo i più prossimi alla base navale, si prevedeva che in caso di attacco sarebbero stati certamente i più colpiti. Anche su altri piccoli aeroporti di Oahu era stata fatta la stessa cosa e questo stava appunto permettendo all’USAAF di abbozzare una minima reazione contro gli incursori giapponesi.

“Santo cielo, signore” chiese un sergente dello sparuto personale di terra al capitano Greason, quando vide arrivare quel gruppetto appiedato “da dove venite…?!”

“Da Wheeler” rispose lui, senza preamboli “avete qualche aereo per noi, possibilmente intatto?”

“Solo due paia, là in fondo, capitano. Gli altri hanno già decollato… capisce, qui di piloti ne arrivano alla spicciolata, un po’ da tutti i reparti e…”

“Sì, ho capito. Speravo in qualcosa di più, ma bisognerà accontentarsi…! Ok, li faccia mettere in moto: arriviamo subito.”

“Signorsì…!” rispose il sottufficiale, correndo verso i caccia e facendo cenno ai pochi meccanici presenti. Scuotendo la testa, il capo-squadriglia si rivolse quindi ai suoi compagni: “Avete sentito? Ce ne sono solo quattro… la metà di noi resterà a terra, purtroppo!”

“Non ci voleva, maledizione…!” ribatté Stone, sconcertato.

“E allora, chi resta giù?” chiese Master.

“Tireremo a sorte” replicò a sua volta Maxim “prendo un ciuffo d’erba.”

Fece per chinarsi, ma Andy lo trattenne: “Sta’ fermo, niente lotterie: andremo su io, Jimmy, Vic e Roy… voi attenderete l’eventuale ritorno di qualcuno, per dargli il cambio.”

“Ma come sarebbe…??” saltò su il focoso texano “Non mi sembra una decisione molto democratica…!”

Greason fece un respiro profondo. Mai come in quel momento, quelle maledette traversine di binario argentate gli pesavano sulle spalle[11] e per fortuna riuscì a trovare le parole giuste: “Guarda che la democrazia la dobbiamo salvare, non applicarla in questo preciso frangente…! Quelli lassù non sono i piloti di seconda scelta che Hiroito mandava in Cina per farsi le ossa: sono i migliori assi della Marina Imperiale! Voialtri avete meno esperienza, per cui farete da riserve. Sono stato chiaro…?!”

John Maxim aveva incrociato le braccia grugnendo rumorosamente… e forse si sarebbe anche lasciato sfuggire qualche commento poco rispettoso se il suo “fratellino minore” non fosse stato lesto a posargli una mano sulla spalla, per rabbonirlo.

“Chiarissimo, signore” rispose poi Williams al capo “andate e buona caccia…!”

“Grazie, Jerry” annuì Andy, fissandolo con riconoscenza “ci si vede, allora. Muovete il sedere, voialtri…!”

I quattro “fortunati” spiccarono una corsa verso le piazzole dov’erano in attesa i P-40 disponibili, già col motore acceso. Ognuno si diresse verso quello che gli stava più simpatico e vi salì sopra, dove un aviere lo aiutò a sistemarsi. Quando Andy, salito per primo, vide che i suoi colleghi erano tutti a bordo, alzò il braccio destro e tagliò poi l’aria davanti a sé. Poi il suo aviere gli chiuse la capotta e il capitano spinse avanti la manetta.

In meno di trenta secondi le due coppie di caccia si alzarono in volo dalla piccola pista, mentre gli “sfortunati” compagni rimasti a terra li guardarono rimpicciolire nell’azzurro cielo hawaiano.

“Questa qui non mi è piaciuta proprio per niente…!!” inveì ancora Maxim.

“Dai, non te la prendere” tentò di placarlo Vinny Hames “ce ne saranno, di occasioni, d’ora in poi…!”   

“Sì, d’accordo… capisco anche che proprio il capo non potesse restar qui… ma perché non tirare a sorte per gli altri, porco mondo?!”

“Cerca di star calmo” disse Williams “il capo sa quello che fa… e, se ha deciso così, ci sarà sicuramente un motivo.”

Il suo fratellone di Abilene si limitò a grugnire, chiedendosi scocciato di quale motivo potesse mai trattarsi… il che dimostrava in modo lampante come il suo superiore avesse fatto bene a lasciarlo a terra!

Il motivo, infatti, era abbastanza comprensibile: non solo Andy Greason, James Stone e i due Compari di Chicago[12] avevano alle spalle più ore di volo rispetto agli altri, ma il capitano sapeva bene quanto fosse meglio che il focoso texano si “raffreddasse” un po’, prima di confrontarsi con dei piloti esperti! Quanto al suo “protetto” Williams, si sarebbe certamente trovato un po’ perso senza di lui ed era quindi altrettanto opportuno che rimanesse a fargli compagnia. Certo, la decisione di stabilire chi dovesse accompagnarlo e chi no poteva comportare il rischio di renderlo leggermente “impopolare” fra i componenti della sua squadriglia… ma le considerazioni di cui sopra avevano preso necessariamente il sopravvento su di lui, sebbene a malincuore. Ciò dimostrava comunque che le previsioni espresse in terra cinese del colonnello Clint Hardgison erano state senz’altro azzeccate: Andrew Steve Greason si stava rivelando veramente un ottimo comandante!

 

***

“OK, kids…! Abbiamo raggiunto quota 20000[13]… togliete le sicure e provate le armi.”

Quando i compagni ebbero eseguito l’ordine, Andy Greason continuò: “Prendiamo la direzione uno-cinque-sei per tornare verso la baia… manetta in crociera da combattimento… i siluranti e i bombardieri dei japs dovrebbero mantenersi bassi per il peso del carico e del carburante: è a loro che dobbiamo puntare. In quanto agli Zero di scorta, è probabile che saranno più impegnati a tartassare gli aeroporti. Tuttavia, se ci vengono incontro, eseguiremo la solita tattica: tutta manetta e muso in giù per seminarli, poi risaliamo e cerchiamo di beccarli in coda. Capito bene…?”

“Affermativo!” rispose il tenente Stone.

“Mi raccomando: anche se so perfettamente come vi sentite, cercate di tenere a bada l’incazzatura per mantenere freddezza e nervi saldi. Quel furfante di Yamamoto avrà di certo selezionato i suoi piloti migliori e, se non diamo il meglio di noi stessi, non torneremo indietro. Chiaro…?”

“Cristallino, signore…!” confermò il sottotenente Master, con voce abbastanza tranquilla.

“Ti senti in forma, Roy?”

“Abbastanza, capo…!”

“Tu, Jimmy?”

“Non c’è male… a parte qualche farfalla che svolazza nello stomaco…!”

“Vic…?”

“Anch’io sono OK, comandante! Lei, piuttosto?”

“Pure io, perché? Che vorresti dire…?” chiese Andy, punto sul vivo.

“Proprio niente, signore… temevo solo le facesse male la schiena!”

James Stone e Roy Master fecero del loro meglio per restare seri, ma non riuscirono a frenare del tutto le risate… quando poi Andy comprese in pieno l’insinuazione di Sanders, non poté fare a meno d’incavolarsi: “Un’altra battuta come questa e ti garantisco che sputerai la successiva appeso al paracadute! E non per mano del nemico…!!”

Roy Master tentò di rabbonirlo: “Non se la prenda, capitano: sono certo che Vic lo ha detto solo per tenere a bada l’incazzatura…!”

“Ma davvero…?!” grugnì l’interessato.

“Glielo giuro, signore” confermò il colpevole “come da sua precedente disposizione!”

Stone credette bene d’intervenire: “Dacci un taglio, chiacchierone. È tutta invidia, la tua…!”

“Adesso basta, disgraziati” perse la pazienza il capo “tenete gli occhi aperti per i gialli, piuttosto, se vi preme il deretano…! Chiudo!”

Gli altri si azzittirono, compreso Sanders, leggermente pentito di aver stuzzicato troppo il suo comandante. Ormai lo conoscevano da diverso tempo e sapevano che con lui ci si poteva prendere parecchia confidenza, specialmente fuori servizio, dove i gradi non esistevano. Si poteva anche scherzare su molte cose… ma meno su certe altre e specialmente non su quelle serie! E quanto stava capitando negli ultimi tempi al loro compagno più anziano era appunto una faccenda molto importante, almeno per lui.

Come poteva rivelarsi una cosa seria quel certo dolorino alla schiena che effettivamente il capitano stava provando… anche se forse era soltanto dovuto alla non eccelsa ergonomicità del sedile montato dalla Curtiss sul suo modello 87-B…!

*Speriamo bene…!* si disse comunque il capitano, grattandosela.

Improvvisamente, sempre il sottotenente Sanders, leader della seconda improvvisata pattuglia, trasmise il seguente annuncio: “Banditi a ore 10, in basso!”[14]

Il capitano aguzzò la vista: “Sono Zero… devono appartenere alla seconda ondata d’attacco per dare una ripassata definitiva a Wheeler Field. Ignoriamoli e passiamo oltre.”

“Ma capo… che diavolo significa…?!” saltò su il sottotenente Master.

Andy sbuffò: “Non hai sentito cosa ho detto, prima? I nostri obiettivi sono bombardieri e siluranti! Ormai alla base aerea c’è rimasto ben poco da colpire, mentre al porto possiamo ancora salvare qualche nave… forse! Calmate i bollenti spiriti e tenete la rotta.”

Roy grugnì ma dovette convenire che il capo aveva ragione. Se non che, pochi attimi dopo, fu il tenente Stone a lanciare un nuovo allarme: “Andy: sembra che alcuni di quei simpaticoni desiderino uno scambio di opinioni con noi…!”

Greason gettò lo sguardo nella direzione prima indicata da Sanders e imprecò nel constatare che sei Zero avevano effettivamente iniziato ad arrampicarsi verso di loro: “Ho visto…! Saranno stufi di tirare al bersaglio e preferiscono impedirci di guastare la festa ai loro amici sulla baia. E va bene…! Vic, Roy: voi tirate dritto, picchiando. Noi pensiamo a buttarne giù almeno un paio, poi torniamo indietro per dare addosso a quelli che vi inseguiranno! Ok…?”

“Wilco, signore…!” rispose Sanders, con un po’ di riluttanza.

“Roger… in bocca al lupo, compari!” fece eco Master.

Terminato lo scambio di comunicazioni, Andy e James iniziarono a picchiare leggermente, tenendo aperto qualche grado di flap… arrivati a distanza utile, aprirono entrambi il fuoco contro gli aerei più vicini della formazione avversaria, mancandoli ma costringendoli a rompere la linea di volo. I loro restanti camerati si gettarono invece addosso ai P-40 della seconda coppia yankee, sganciando i serbatoi supplementari da 500 litri per avere migliori possibilità di raggiungerli. A questo punto, comandante e vice-comandante della dimezzata 3a Squadriglia puntarono direttamente addosso ai quattro Zero succitati e fecero fuoco senza pietà con le loro dodici Browning da mezzo pollice. Immediatamente dopo si videro due torce fiammeggianti precipitare in avvitamento, per poi schiantarsi sulle verdi colline dell’isola.

“Bel colpo, capo…!!” si sentì la voce euforica di Sanders, nella cuffia.

“Sei grande, Jimmy…!” aggiunse a sua volta Master.

“Bando ai complimenti e state pronti a virare” li mise in guardia il capo-squadriglia “ci sono altri due samurai che stanno per saltarvi addosso… ora!!”

Come videro i due Zero superstiti avvicinarsi negli specchietti retrovisori, Roy Master e Victor Sanders eseguirono due rapide autorotazioni per togliersi dalla linea di tiro dei nemici e, a parte qualche proiettile vagante che bucherellò l’estremità alare sinistra dell’aereo di Roy, se la cavarono a buon mercato. Tirando completamente indietro la manetta e aprendo del tutto i flaps, I Compari di Chicago riuscirono poi a rallentare quel tanto che bastava per farsi sorpassare dai due giapponesi e subito il leader della seconda pattuglia si trovò scodellato il suo Zeke nel mirino…

“Bravissimo, Tojo: fermo così” esclamò Sanders “Hasta la vista, baby…!!”

Il successivo crepitare delle raffiche fu seguito dalla comparsa di una spessa scia di fumo scaturita dietro la NACA del caccia avversario, che subito si avvitò per piombare su una sottostante piantagione di ananassi.

L’avversario di Roy era invece un osso assai più duro. Come si vide in coda il Warhawk, eseguì un fulmineo e perfetto tonneau, che lo rimise in posizione di vantaggio. Il concittadino di Sanders, prima ancora di capirci qualcosa, si trovò circondato dai traccianti e l’ala destra gli venne crivellata da diversi colpi da venti… subito il suo istinto di pilota gli fece ritrarre i flaps e spingere tutte in avanti sia cloche che manetta. Il profilo delle montagne si alzò sul parabrezza, come l’orizzonte artificiale sullo strumento stesso. I colpi avversari erano cessati e il sottotenente Master stava scaricando l’adrenalina… quando, un rapido sguardo gettato allo specchietto, gli tornò a levare il fiato: “Oh, no…!! Ce l’ho attaccato al culo…!! Victor, dove sei…?? Fa’ qualcosa, Cristo…!!!”

“Tieni duro, compare” gli rispose un gradito gracchiare alla radio “arrivo il più in fretta che posso…!”

Ma il sottotenente Sanders si trovava ancora abbastanza indietro, mentre Greason e Stone erano impegnati a contrastare gli ultimi due Zeke della formazione nemica. A un certo punto, Master avvertì un colpo secco, poi vide uscire delle preoccupanti lingue di fuoco dagli scappamenti sul muso e due dense strisce di fumo nero si persero nella sua scia…

“Sono fottuto…!! Sono fottuto…!!!” gridò, disperatamente.

“Lanciati subito, Roy” udì la voce di Sanders, nella cuffia “può esploderti il serbatoio da un momento all’altro…!!”

“Roger… eseguo…!” con una mano, il pilota sganciò le cinghie che lo trattenevano al sedile, mentre manovrava con l’altra la manovella di apertura del tettuccio. Violentemente contrastato dalla corrente d’aria, scavalcò il bordo della carlinga e si lasciò scivolare nel vuoto. Tirò allora la maniglia di apertura del paracadute e avvertì con sollievo lo strappo dell’ombrello che si apriva. La velocità di caduta decrebbe di colpo e Master iniziò a scendere verso terra, dondolando dolcemente… stava cominciando a respirare di sollievo quando, guardandosi intorno, si accorse che il suo abbattitore si stava dirigendo verso di lui, con intenzioni fin troppo eloquenti…!

*Quello stronzo viene a mitragliarmi* pensò, col volto già imperlato di sudore *stavolta è proprio finita…!!*

In quel preciso istante Andy Greason stava per inquadrare nel mirino uno dei due ultimi A6M, quando gli giunse negli auricolari il grido disperato di Sanders, che aveva visto tutta la scena. La manovra d’inseguimento aveva però fatto avvicinare provvidenzialmente il comandante alla zona dell’abbattimento di Master e comprese fulmineo che solo lui poteva fare qualcosa. Senza esitare impartì quindi le istruzioni ai colleghi: “Jimmy, prendi tu il mio nip! Victor, bada a quell’altro! A Roy ci penso io…!”

“Roger…!” risposero gli altri due.

Prendendo quella decisione, Andy si assumeva un’enorme responsabilità. Ma sapeva anche di essere il miglior tiratore e per cavare Roy Master fuori dai guai serviva appunto uno che non potesse assolutamente sbagliare. Dando perciò tutto gas al motore, si gettò direttamente sul caccia giapponese, sempre intento a puntare vigliaccamente contro il suo indifeso avversario![15] Conscio di avere tutto il tempo che voleva per finirlo, lo spietato giapponese aspettò di arrivargli praticamente addosso, quando avrebbe già potuto prenderlo di mira… ma questa ferocia gli si rivelò controproducente, poiché dette al nostro asso il tempo che gli serviva per giungergli a tiro. Mentre si avvicinava, però, Andy iniziò ad avvertire una discreta quanto inopportuna fitta alla schiena e comprese che le previsioni del suo indiscreto subalterno si erano malauguratamente avverate in pieno!

“Ahia…!! Porc… al diavolo la tua boccaccia da menagramo, Victor…!!”

Ricordando però quanto era successo in Cina, stavolta strinse i denti senza scuotersi di un millimetro: non si sarebbe permesso di perdere un altro compagno, a costo di rimetterci la spina dorsale…!

Nel frattempo, il sadico vincitore del sottotenente Master aveva addirittura estratto i flaps per rallentare quanto bastava a rendere efficace il suo tiro, reso problematico dal dondolio del paracadute. Per fortuna la sua cieca esaltazione gli impediva di riflettere che sarebbe bastato stracciare l’ombrello con poche raffiche ripetute per far precipitare mortalmente il povero pilota appeso al di sotto! Tuttavia, mentre inquadrava finalmente l’inerme figura nel reticolo, ghignando e socchiudendo i suoi occhietti a mandorla, sentì come se il mondo esplodesse intorno a lui…!

“Crepa, malnato figlio di puttana…!!!” gridò Andy Greason, accecato dalla collera.

Nel vedere poi il nemico distrutto e il compagno ormai al sicuro che si sbracciava a salutarlo con la più espansiva gratitudine, gli vennero quasi le lacrime agli occhi per la gioia di avere evitato una seconda tragedia. Allo stesso tempo avvertiva però come un senso di vuoto, sempre accompagnato da quel dannatissimo dolore alla schiena…

Era sempre così che andava a finire: prima di colpire un avversario si sentiva sempre più carico… poi, una volta strappatolo dal cielo, veniva quasi preso dallo sgomento. L’unico modo per evitarglielo era limitarsi a colpire l’aereo cercando di salvaguardare il pilota, ma questo purtroppo non era sempre possibile, specialmente in un caso del genere…![16]

“Buon atterraggio, Roy… ci vediamo stasera a Honolulu!” disse Andy, gustando il sollievo provato nel constatare che il suo amico scendeva sano e salvo “Red 2 e Red 3… mi sentite? Dove siete…? Over…!”

“Sopra di te, capo…!” rispose la voce del tenente Stone.

Andy volse lo sguardo intorno e vide i caccia dei suoi compagni. Il P-40 del suo secondo aveva il muso annerito d’olio, mentre quello di Sanders mostrava la coda discretamente bucherellata…

“Felice di rivedervi” disse, stancamente, il loro comandante “come stanno i vostri partner di ballo?”

“Il mio sta facendo compagnia ai suoi camerati, nel paradiso dello Shinto!” rispose il collega virginiano.

“Il mio, invece, ha deciso che ne aveva abbastanza e mi ha seminato con una Immelmann magistrale…!”[17] rispose quello dell’Illinois.

“Bene… meglio così! Il Signore mi perdoni… ma se qualcuno di quei gentiluomini arrivava incolume a terra, se la sarebbe presa coi nostri… magari anche coi civili!”

“Probabile, dato il loro fanatismo feroce” commentò il sottotenente Sanders “comunque, signore…”

“Che c’è, Victor?”

“Grazie di cuore… per Roy!”

“Ehi, non gli sarò affezionato quanto te, ma è pur sempre uno dei miei ragazzi. Non c’è nulla di peggio di quando te ne fregano uno” sospirò, rabbuiandosi “e io ne so qualcosa…!”

“Già…” ribatté Stone, con un guizzo di memoria “…stai pensando a Cornwell, non è vero…?”

“Infatti…!”

“È stato un vero peccato” commentò anche Sanders “era proprio un tipo a posto, Sua Signoria. E so che aveva pure una bella ragazza…!”

“Basta così, chaps”[18] tagliò corto Andy “piuttosto, quanto carburante vi rimane?”

“Ancora un’ora… più o meno.” rispose Stone.

“Idem.” fece Sanders.

“I colpi…?”

“Dovrei averne ancora per una decina di raffiche.”

“E tu, Vic…?”

“Una quindicina, direi.”

“Bene… ci possiamo permettere una sortita sul porto, prima che quei mascalzoni tolgano definitivamente il disturbo. Poi vedremo di atterrare a Hickam o a Bellows. Ci state?”

“E ce lo chiede pure?” domandò con veemenza il compare di Master “Faccia strada,  capitano!”

“Sottoscrivo!” si associò James Stone.

“Allora andiamo! Ah, poi mi dovreste fare un piacere…”

“Siamo tutt’orecchi, signore.” disse il sottotenente.

“Avete impegni per domani? Mi servirebbero due testimoni!”

James e Victor si guardarono, trattenendo a stento le risate. Poi si fecero l’occhiolino e cominciarono a dire, con tono di forte rammarico…

“No, Andy… non fare pazzie…!!!”

“È troppo giovane per farsi incatenare, capo!”

“La moglie è diversa dalla fidanzata… credimi, amico!”

“È ancora in tempo per pensarci, signore…!”

Lungi dal farlo divertire, quei commenti gli diedero sui nervi: “Brutti deficienti, ipocriti…!!!” sbottò, abbastanza inviperito “Ma se avete fatto di tutto, per…”

“È proprio per questo che ci sentiamo responsabili…!”

“E poi, noi scherzavamo, signore” spiegò Victor, bonariamente “non avremmo mai pensato che lei, con la sua saggezza ed esperienza, si facesse incastrare così…!”

“E da quella sergentessa di ferro, poi…! Ah, che delusione: West Point non è più quella fucina di uomini come ai tempi di Lee e di Jackson…!”[19]

“Hai proprio ragione, Jim… povero il nostro comandante…!”

“ORA PIANTATELA, FIGLI DI BUONA MADRE O GIURO CHE VI SBATTO DAVVERO DI SOTTO…!!! MI FATE DA TESTIMONI, SÌ O NO…?!”

“È una richiesta o un ordine?” si informò James Stone, ridacchiando nuovamente.

Il fidanzato di Flanny Hamilton soffiò e rispose, acido: “Puoi anche considerarlo tale, se ti fa sentire meglio…!”

“Eccome, se mi ci sento…! Bah… che ne dici, Vic? Dopotutto il capitano è maggiorenne e vaccinato: la responsabilità è tutta sua!”

“E gli ordini non si discutono, ma si eseguono” precisò Sanders “siamo a sua disposizione, signore… ma poi non dica che non gliel’avevamo detto!”

“Mi hai tolto le parole di bocca…!” concluse Stone.

“Andate al diavolo, idioti…!”

Soddisfatti di averlo sfottuto a dovere, i gregari del capitano Andrew S. Greason si rimisero tranquilli e lo seguirono verso il cielo della Baia delle Perle, con la speranza di abbattere ancora qualche attaccante della seconda ondata, dato che ormai la prima stava già compiendo il volo di ritorno verso le portaerei della prima Koku-Kantai…![20]

 

***

Flanny teneva febbrilmente serrate le dita della mano destra a tappare lo squarcio sull’arteria del marinaio ferito, nel mentre che il chirurgo si affrettava a rimediare definitivamente al danno con una pinza emostatica. La mano della donna non mostrava però il benché minimo tremolio e il suo volto, anche se madido di sudore, continuava ad esprimere tutta la sua fredda professionalità. Eppure erano ore che stavano operando casi sempre più difficili, strappando alla morte feriti non meno che gravi (agli altri provvedevano i reparti generali, mentre i leggeri non venivano nemmeno più accettati in ospedale, ormai completamente saturo), immersi nell’atmosfera più cupa che fosse possibile, fra le grida di dolore dei pazienti (specialmente gli ustionati) e le notizie che circolavano sulla situazione presente all’arsenale: si parlava di centinaia di marinai rimasti intrappolati nelle corazzate affondate (l’Arizona era stata praticamente spezzata in due, mentre l’Oklahoma si era capovolta) e decine di avieri colpiti a morte dalle raffiche dei caccia nemici che avevano spazzato gli aeroporti della Marina e dell’Esercito. Si erano avute perdite anche fra i civili, dovuti pareva a proiettili della contraerea sparati frettolosamente da improvvisati artiglieri che si erano dimenticati di spolettarli… cosicché, una volta esaurita l’energia cinetica impressa dai cannoni, erano ripiombati sulla città![21]

Anche nelle corsie dove prestava servizio Natalie Venc, l’assistenza ai feriti meno seri non era certo una passeggiata. Le attività più frequenti erano le cure alle ustioni e le trasfusioni di sangue, per le quali si erano esaurite in fretta le scorte di plasma. Fortunatamente, all’esterno dell’ospedale, una nutrita fila di volontari civili era in attesa per donare il proprio sangue, che veniva raccolto persino nelle bottigliette della Coca Cola, non bastando più gli appositi contenitori.

La non meno valente Natalie, dopo essersi tersa la fronte sudata, stava continuando a fasciare il petto di un pilota della Marina colpito a Ford Island, quando si sentì appellare dalla ben nota voce della sua collega: “Ti serve una mano?”

L’infermiera castana si voltò e vide la bruna compagna fermarsi davanti alla branda del suo assistito, recando un carrello di medicinali. La guardò in viso e, sebbene lei facesse del suo meglio per darsi un contegno, notò quanto fosse distrutta dalla fatica.

“Flanny…! Non preoccuparti… ho finito, qui” si rivolse al suo paziente e gli sistemò il cuscino “cerchi di muoversi il meno possibile… e mi chiami, se sente altri spasimi.”

“Grazie, sorella!” mormorò il ferito, sorridendo.

L’infermiera gli ricambiò il sorriso e prestò quindi attenzione alla sua amica: “Sei qui, allora…! Come stai…?”

“Mi hanno dato il cambio adesso… sto bene!”

Bene…?! Me se non ti reggi in piedi… avanti, siediti!” con ferma premura la costrinse a sedersi su un vicino sgabello. Flanny la ringraziò cogli occhi e si passò una mano sul viso stremato: “Tu come te la sei passata?” le chiese, a sua volta.

“Mah… non c’è male. Tu, piuttosto…?”

“A meraviglia…!” mormorò Flanny, sospirando.

“Già… ho sentito che hai fatto sette operazioni di fila! Ma non potevano rilevarti un po’ prima, scusa…?!”

“Ho chiesto io, di rimanere” spiegò la bruna “le altre erano tutte un po’ impacciate… sentivo che la mia presenza le rendeva più sicure.”

“Capisco…!” la buona Natalie prese a massaggiarle la spalle. Flanny…! La sua compagna era sempre la stessa: sempre devotamente stoica, sempre un esempio per tutti.

“Mi sembra, allora” si permise di osservare “che tu sia poi riuscita a non… pensare troppo a lui…!”

La mora si girò a guardarla e le sorrise lievemente, scuotendo però la testa: “Ti sbagli di grosso, sai? Se proprio lo vuoi sapere… ho pensato a lui per tutto il tempo…!”

L’amica spalancò gli occhi e tenne la bocca mezza aperta, prima di ribattere: “E nonostante questo… come sei riuscita a…”

“A mantenermi calma? Semplicissimo, cara… ho solo fatto finta che, sotto i ferri, ci fosse sempre lui…!”

 

***

Oggi, Sette Dicembre Millenovecentoquarantuno, giornata che rimarrà segnata dall’infamia, gli Stati Uniti d’America sono stati deliberatamente e violentemente attaccati da forze aeronavali dell’Impero del Giappone…! Ho quindi richiesto al Congresso di riunirsi in seduta plenaria allo scopo di deliberare se abbandonare o meno lo stato di neutralità che questa Amministrazione aveva tenacemente perseguito fino ad ora, onde preservare il nostro Popolo dagli orrori di questo tragico conflitto...!

Le parole del presidente Franklin Delano Roosevelt furono ascoltate in tutta la Nazione nel primo pomeriggio di quello stesso giorno (secondo il fuso orario di Washington). Il seguente mattino di lunedì 8, senatori e deputati votarono nelle rispettive Camere la fatidica decisione e, con un solo voto contrario, si espressero a favore dell’entrata in guerra contro il Paese del Sol Levante.[22] Di lì a pochi giorni, anche la Germania di Hitler e l’Italia di Mussolini avrebbero dichiarato guerra agli Stati Uniti e il conflitto, scoppiato nell’ormai lontano settembre del 1939, sarebbe diventato mondiale.

***

Sempre in quel medesimo secondo giorno di guerra, in una piccola chiesetta presbiteriana di Pearl City, un coraggioso quanto promettente capitano dell’Aviazione dell’Esercito e una zelante quanto abile crocerossina venivano uniti in matrimonio. Ai loro fianchi stavano i tenenti James Patrick Stone col sottotenente Victor Georg Sanders come testimoni dello sposo e Natalie Venc con Judith Nethan (una grassoccia e simpatica compagna della scuola infermiere di Chicago che avevano ritrovato in servizio alle Hawaii) come testimoni della sposa.

“Flanny Hamilton” disse l’officiante “vuoi tu prendere il qui presente Andrew Steve Greason come tuo legittimo sposo per amarlo, onorarlo e rispettarlo, in ricchezza e in povertà, nella salute e nella malattia, finché morte non vi separi?”

La fidanzata, vestita semplicemente col suo abito migliore (fortunatamente di colore bianco), accompagnato da un semplice velo e dal bouquet che stringeva fra le mani, guardò teneramente il suo pilota (nonché ex-paziente ribelle) e rispose, quasi in un soffio: “Sì… lo voglio…!”

“E tu, Andrew Steve Greason, vuoi prendere la qui presente Flanny Hamilton come tua legittima sposa per amarla, onorarla e rispettarla, in ricchezza e in povertà, nella salute e nella malattia, finché morte non vi separi?”

Indossando la sua semplice uniforme di gala, con le decorazioni, i gradi e le ali dorate che spiccavano sul tessuto marrone, il fidanzato prestò una minima attenzione allo sguardo burlescamente costernato dei suoi testimoni (James teneva i polsi accostati, mentre Victor si mimava una puntura nel didietro…!), ma poi si lasciò annegare dagli stupendi occhi scuri della giovane, che luccicavano come piccoli diamanti.

“Sì… lo voglio…!” rispose, con voce ferma.

“Se qualcuno dei presenti ritiene vi sia anche un solo motivo per il quale questi nostri fratelli non debbano venire uniti in Matrimonio, parli ora o taccia per sempre.”

I restanti sei componenti della Squadriglia comandata dal capitano Greason si affrettarono a tapparsi la bocca, volgendo gli occhi al cielo…

“Che simpatici, i tuoi colleghi…!” sussurrò Flanny, con uno sguardo un po’ contrariato.

“Già… fin troppo!” commentò acidamente quest’ultimo, legandosela al dito.

“Stando così le cose” riprese il pastore “scambiatevi pure gli anelli.”

Mentre la sua sposa glielo infilava all’anulare, il nostro pilota non poté fare a meno di chiedersi se lo avrebbe poi impacciato coi guantoni da volo…!

“Ed ora… al cospetto di Nostro Signore, vi dichiaro marito e moglie. Può baciare la sposa…!” disse infine, rivolto ad Andy.

Scostandole delicatamente il velo, quest’ultimo le terse con dolcezza le lacrime che le scorrevano sulle guance (Flanny aveva stretto i denti fino a straziarsi le gengive, ma non c’era stato nulla da fare) e quindi pose le sue labbra su quelle di lei…

“Tanti auguri, tesoro…!” le sussurrò poi, appena ritrattosi.

“Tanti auguri, amore…!” ricambiò lei.

A questo punto i compagni di Andy non seppero trattenersi e lanciarono i cappelli in aria, fischiando sonoramente.

“FIGLIOLI…!!!” li redarguì severamente il sacerdote “Siamo nella Casa del Signore…!!!”

Ma poi alzò gli occhi verso il crocefisso e giunse le mani, chiedendo all’Altissimo di perdonare quegli strambi giovanotti, un po’ troppo irrequieti…!

 

***

All’uscita, mentre gli invitati stavano lanciando i tradizionali getti di riso, Victor Sanders fu colpito dalla scarsa foga di James Stone: “Beh, cos’è quell’aria fiacca?! Non riesci a metterci un po’ più d’entusiasmo?”

Il tenente scosse le spalle: “Hai ragione, ma che vuoi? Questo riso bisognava tirarglielo quella sera… adesso mi fa molto meno effetto!”

“Ma di che parli…?”

“Dai, coda di paglia! Non ti ricordi? Quando Andy è tornato dalla missione in cui era caduto il povero Stear. Quando voleva andare a sbronzarsi per la rabbia… e la sua infermiera l’ha rimesso in riga.”

“Ah, già….! Perdiana, quella che è stata una scena formidabile: per poco, il capo non si beccava un ceffone. Roba da Pulitzer!”[23]

“Ma lascia stare…! Io dico dopo… quando si sono abbracciati e le cose che si sono detti... poi sono andati via, tenendosi per mano… avrei voluto averlo allora, questo riso.”

“Sei il solito esagerato!” ridacchiò Sanders, scettico.

“E tu il solito tonto…! Come fai a non capire? È in quel momento che si sono sposati. Questa è soltanto una formalità.”

“Bah… se lo dici tu…!” ribatté il collega, convinto più del fatto che, se quella sera avessero veramente osato fare una cosa simile, alla missione successiva il loro comandante li avrebbe veramente abbattuti al posto dei giapponesi.

Quando fu il momento del lancio del bouquet, la sposa titubò un istante a guardare tutte le colleghe che erano venute a festeggiarla, mentre si accalcavano allegre, ognuna speranzosa di afferrarlo fra un momento. Ma la signora Greason non le vedeva… o meglio cercava di vedere fra di loro anche una collega che purtroppo non poteva esserci, in quanto si trovava ancora in Patria. Una ragazza bionda e solare, alla quale Flanny non era riuscita a voler bene come avrebbe meritato (o almeno così pensava… mentre, in realtà, non era semplicemente riuscita ad esprimerglielo in tempo).

*Vorrei tanto che questo mazzo di fiori arrivasse fino a te… che potesse renderti felice con l’uomo che forse hai già scelto! Tu mi hai insegnato ad aprirmi… a non aver paura dei miei sentimenti. Se non ti avessi conosciuto, un giorno come questo non sarebbe mai arrivato, per me…! Ti voglio bene, Candy! E ti ringrazio… amica mia…!* 

E il variopinto bouquet volò in aria, proprio in direzione dell’immenso oceano, come se davvero volesse raggiungere le remote coste del Nuovo Mondo…!



[1] Pursuit, in inglese, significa inseguimento ed era la designazione dell’epoca per gli aerei da caccia dell’Aviazione dell’Esercito, mentre l’Aviazione Navale adoperava già l’odierno appellativo di Fighter (combattimento). Ecco perché gli aerei da caccia dell’Esercito erano allora siglati con la lettera P, mentre quelli della Marina erano già siglati con la lettera F.

[2] Allude a quando lo avevano trascinato dentro a quella certa gioielleria…

[3] Baracca assegnata al personale di volo e di terra di una determinata squadriglia.

[4] Il Seversky P-35 è stato uno dei primi caccia monoplani a prendere servizio nell’USAAF (ed è stato anche l’aereo che ha ispirato la progettazione del nostro Reggiane Re 2000) mentre il Curtiss P-36 Lancer è stato il predecessore del P-40 Warhawk. Erano comunque aerei dalle prestazioni assai modeste, confrontati con quelle dei contemporanei caccia giapponesi, inglesi e tedeschi (e anche italiani, almeno per ciò che riguarda il Macchi MC 202 e il Reggiane Re 2001).

[5] Il porto mercantile.

[6] Anche perché, in questo modo, la maggior quantità di traccianti gli avrebbe consentito una mira più precisa.

[7] Sarebbe il rapporto fra il peso dell’aereo e la superficie delle sue ali; tale rapporto esprime la quantità di peso che ogni m2 di ala deve sollevare con la sua portanza. Nello Zero tale valore era di 125 Kg/m2 con l’aereo a pieno carico, mentre nel P-40 E era di 174 (nel P-47 D, l’altro aereo che avrebbe utilizzato Andy, arrivava addirittura a 316).

[8] Nomignolo dato al Mitsubishi A6M nel codice identificativo alleato, che ne assegnava uno per ogni tipo di aereo giapponese, essendo la nomenclatura originale abbastanza complessa.

[9] E stavolta furono le orecchie di Candy a fischiare…!

[10] È il nomignolo con cui s’indicavano i giapponesi. Gli americani venivano invece chiamati Joe, gli inglesi Tommy, i tedeschi Frtiz, i russi Ivan e gli italiani Tony…!

[11] Allude ai gradi sulle mostrine.

[12] Il particolare che Roy Master e Victor Sanders venissero da Chicago è stato un altro “elemento di congiunzione” che ho voluto inserire fra la storia di Andy e quella della sua “quasi omonima”.

[13] 20000 piedi, ovvero 6060 m circa (il termine kids sta per ragazzi).

[14] Intende a circa 1/3 fra la sinistra (ore 9) e il davanti (ore 12): era il cosiddetto “codice dell’orologio” che consentiva una chiara quanto rapida indicazione sulla direzione degli attaccanti o dei bersagli.

[15] Purtroppo episodi del genere non furono infrequenti nel corso della guerra aerea, specialmente nell’ambito di conflitti razziali e/o ideologici come appunto quello fra giapponesi e statunitensi o quello fra tedeschi e sovietici.

[16] La possibilità di mirare a una specifica parte del velivolo nemico (per esempio il motore o la coda) era del tutto teorica, specialmente sui bersagli di piccole dimensioni.

[17] Virata a 180° con cabrata verso l’alto. Era la manovra più idonea per seminare un avversario, se questi pilotava un caccia più pesante del proprio.

[18] Tipico appellativo britannico equivalente al nostro vecchi miei. Non avendo letto i primi capitoli della storia completa, i lettori ancora non sanno che Andy Greason è di origine scozzese.

[19] Robert Lee e Stonewall Jackson, famosi generali sudisti della Guerra di Secessione (ricordiamoci che James Stone è di Richmond, Virginia).

[20] Koku-Kantai sta per Forza d’Attacco.

[21] Il bilancio complessivo delle perdite umane dovute all’attacco di Pearl Harbour fu di 2403 morti e 1778 feriti. Perdite materiali: 4 corazzate affondate (di cui 2 perdute e 2 recuperate) e quattro danneggiate più o meno gravemente; un incrociatore affondato e cinque gravemente danneggiati; un cacciatorpediniere affondato e due distrutti in bacino; 188 aerei distrutti e 159 danneggiati (fra Marina ed Esercito).

[22] Si trattava di fatto della risposta alla dichiarazione di guerra del Giappone stesso, la quale, per un fatale ritardo nelle comunicazioni fra Tokyo e l’ambasciata giapponese a Washington, era giunta sul tavolo del Segretario di Stato, Cordell Hull, quando l’attacco su Pearl Harbour era già in corso da mezz’ora! Gli americani ebbero quindi la convinzione di essere stati attaccati a tradimento e questo, secondo lo stesso giudizio dell’ammiraglio Yamamoto, era il modo più sicuro per unire tutta la popolazione contro l’aggressore orientale. Si pensi che, fino al giorno prima, l’82 per cento dell’opinione pubblica americana era decisamente contraria all’idea d’intervenire militarmente contro l’Asse. Disse poi lo stesso comandante della Flotta Imperiale: “È come aver destato un gigante assopito, infondendogli la volontà di combattere e vendicarsi!”

[23] Il famoso premio giornalistico. Ve la immaginate la copertina di Time o di Life con una scena del genere…?

  
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