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Autore: AlexWrite    01/10/2012    2 recensioni
Giulia e Alessandro, due nomi, due personalità.
Lei, timida ed estroversa, Lui misterioso e complicato. I banchi di scuola li accomunano, stessa classe e stesse amicizie. Cosa accadrà quando lo sguardo di Lei punterà dritto negli occhi verdi del ragazzo seduto qualche banco distante?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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XIII Capitolo.

Mi sarei aspettata di trovare tutti, ma non lei, non Claudia. Continuavo a fissarla, a osservare ogni minimo particolare di lei, cercando di capire dai suoi movimenti, dai suoi gesti, il perchè mi avesse chiamato lì, il perchè avesse chiamato me, proprio me.
Aspettavo che parlasse, da quando era arrivata, non aveva fatto altro che accomodarsi alla panchina, fissarsi le mani e torturarle, cercando forse le parole giuste per parlarmi. La vedevo in imbarazzo, in realtà, entrambe lo eravamo. Non eravamo mai uscite insieme io e lei. A dir la verità, non eravamo mai state amiche. Non una conversazione, non un saluto. Ci conoscevamo da solo 36 ore, eppure eravamo li, insieme, sedute sulla stessa panchina. Io e lei eravamo totalmente opposte, diverse in tutto. Lei bionda, io rossiccia. Lei gli occhi azzurri, io gli occhi castani. Lei estroversa e intromettente, io riservata e timida. Ma una cosa noi due in comune la avevamo. Ale. Il nostro migliore amico, quello di entrambe. Io lo conoscevo da poco, lei da una vita. Un'altra differenza tra me e lei, tra Giulia e Claudia.
I secondi passavano, e la curiosità mi assaliva. Perchè mi aveva voluto vedere? Sarebbe stato facile scoprirlo, bastava pronunciare quelle parole, ma sembrava che il gatto mi avesse mangiato la lingua. Le parole non uscivano, avevo paura forse, di una cattiva notizia.
Passarono circa 10 minuti di assoluto silenzio, ma alla fine, stanca di aspettare, porsi alla bionda la domanda fondamentale.
- Perchè mi hai chiamato? Cosa vuoi da me? - domandai decisa alla ragazza.
Sorrise, un sorriso finto. Una lacrima le rigò il volto, silenziosa. La asciugò e alzò gli occhi, finalmente, verso di me.
- Scusa, è solo che mi sto autoconvincendo di ciò che voglio dirti - rispose, sempre con il solito sorriso amaro sulle labbra.
- Claudia, è successo qualcosa che devo sapere? - domandai spaventata.
- No, tranquilla, non è successo nulla di grave.
- E allora perchè vuoi parlarmi? Dimmi, non mangio mica!
- Si. Ecco, ti ho chiamato per chiederti scusa. Ti prego non interrompermi, fammi finire. Quando l'altro giorno ho sentito Ale per telefono, mi ha raccontato di te. Mi ha detto di essere finalmente felice, dopo tanto tempo. Ero gelosa, di una sconosciuta. Non sapevo chi fossi, ma già in un certo senso, ti odiavo. Avevo fatto tanto per lui, mi sentivo uno straccio. Non mi ha mai ringraziato, non che dovesse farlo, ma almeno ammettere che sono stata vicino a lui in un momento della sua vita in cui era rimasto solo, c'ero solo io. Sembrava come se si fosse dimenticato di tutto, dimenticato di quando eravamo felici, io e lui. Come se si fosse dimenticato del mio affetto, del mio quasi amore per lui. Per lui forse non è significato nulla, ma per me, lui è stato molto importante, e ancora dopo tutto, lo è. Ho deciso di vedere la situazione con i miei occhi, così ho preso il primo treno, e sono piombata qui, senza nessun avviso. Vederlo è stato sorprendente, è come se i ricordi fossero diventati realtà. Quando ti ho visto uscire da quel portone l'altro giorno a scuola, ho subito capito chi fossi. Ti ho riconosciuta dal primo istante, Ale mi aveva così tanto parlato di te che era come se già ti conoscessi. Volevo mettere i bastono tra le ruote ad entrambe, volevo baciarlo, vedendolo ti saresti ricreduta su di lui, e lui sarebbe caduto facilmente tra le mie braccia. E così è stato. Ma quando Ale mi ha raccontato della vostra "discussione", ci sono realmente rimasta male. Non lo avevo mai visto così, era affranto, non smetteva di piangere. Era come se fosse stato abbandonato una seconda volta. Come ho già detto, ci tengo davvero a lui, e vederlo stare male, fa stare male anche me. Così sono venuta qui. Ho già salutato lui, gli ho lasciato un biglietto in camera spiegandoli tutto. Ma ora volevo semplicemente chiudere questo malinteso con te. Dirti che lui ti vuole bene davvero, che non ti ha solo usata come magari pensi, ma ti considera una persona importante. Tra qualche ora ho il treno che mi riporterà a casa, la mia casa. Voi due provate qualcosa per l'altro, siete solo troppo orgogliosi per ammetterlo. Non lasciarlo solo, dalle una seconda possibilità. Scomparirò, probabilmente non tornerò più a infastidirvi. Sappi solo che si merita il tuo perdono, è una persona davvero speciale Alessandro, prenditene cura.
Detto questo la ragazza bionda si alzò, mi carezzo la guancia sfoderando un sorriso vero, grazioso, e voltate le spalle iniziò a camminare verso la direzione da cui era arrivata. Ero rimasta scioccata, la ragazza che fino a dieci minuti fa odiavo perchè pensavo fosse la causa delle discussioni tra me e Ale, ora mi aveva detto di andare da lui e perdonarlo, mi aveva detto di starle vicino.
Sapevo che Claudia ci tenesse a lui, ma non pensavo così tanto. Pensavo che il sentimento che lei provava per lui, fosse un semplice sentimento di amicizia, invece mi ero accorta che era molto più grande di una semplice amicizia. Forse lo amava davvero. Mi sentivo crudele per aver cercato di allontanare lei da lui, mi sentivo strana; ma in fin dei conti, non ero io la causa della rottura del loro rapporto, forse era solo il destino che si era messo in mezzo. Si, quel maledetto destino, che mi aveva trascinato in questa storia, lasciandomi ora da sola, su questa panchina della piazza principale, a cercare di capire cosa potessi fare per rimediare in tutta quella situazione.
Una vocina dentro di me, mi incitava ad andare da lui, ma allo stesso momento, un'altra vocina mi diceva di non farlo, che avrebbe significato dargliela vinta. Non sapevo più cosa fare, ero totalmente spaesata. Ma ad un tratto, senza nessun comando da parte mia, le mie gambe mi fecero alzare. Ero decisa, e sempre con decisione, iniziai a camminare verso casa di Alessandro. "Al diavolo l'orgoglio", pensai tra me e me. Cosa potevo fare, se non andare da lui e cercare di sistemare la situazione? L'orgoglio in una situazione come questa andava soltanto messo da parte, ci aveva portato quasi alla divisione, quel maledetto orgoglio.
La casa di Ale sembrava tremendamente lontana, come se il tragitto fosse una via lunga chilometri e chilometri. Ma finalmente arrivai. Quel portone verde era l'unico ostacolo da superare, oltre, ci sarebbe stato lui. Cercai di immaginarmila scena successiva, mi avrebbe perdonato o mi avrebbe respinto? Si, avevo paura, rimanevo codarda fino alla fine. Ma alla fine lo oltrepassai, aprii il portone, che mai era stato chiuso con la chiave, e iniziai a salire le scale, desiderosa di arrivare presto davanti alla porta di casa sua. Nel suo palazzo non c'era l'ascensore, dovetti farmi 3 piani a piedi, sembravano 20 quel pomeriggio.
Arrivai, di fronte a quella porta, di fronte al mio destino. "Come va va", mi dissi, e schiacciai quel pulsante, il campanello di casa sua.




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Spazio autore: Scusate l'enorme assenza, mi rendo conto che non pubblico da molto tempo, ma sono stata troppo impegnata.
Ecco a voi il seguito che aspettavate, spero di ricevere tante recensioni.
Un bacio, vi aspetto al prossimo capitolo.
Alex.

  
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