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Autore: Blubba    01/10/2012    1 recensioni
Forse qualcuno spunterà da dietro il divano e urlerà “Sorpresa!”. Scherzi mentre giri la chiave che si inceppa nella serratura, e che dopo alcuni minuti di manipolazione si apre, mostrando l’atrio vuoto e buio.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti, Viandante
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Andrej
Oggi si è vestito peggio del solito, sembra stia per andare in discoteca anche se sono appena le quattro del pomeriggio. Mi fissa con trepidazione e mi viene incontro a passo svelto, non riesce proprio a contenere l’eccitazione.
Mai visto un’anima comportarsi così.
Quel bizzarro unirsi di sorrisi e risate sguaiate, muscoli e stazza enormi mi fa sempre sorridere. Non aspetta nemmeno che lo saluti e inizia a straparlare della settimana appena trascorsa, perché è da una settimana che non ci vediamo e non vede l’ora di raccontarmi ogni minimo particolare di ciò che ha fatto.
Io ascolto e non ascolto, sorrido e annuisco e lui è felice così. Sa che quello che dice non mi interessa minimamente ma va avanti e a me non da fastidio.
Camminiamo per la città, lui parla e io ascolto.
Una frase, buttata lì per caso, come se non gli interessasse sul serio e volesse continuare la sua conversazione a senso unico.
-Se non mi sbaglio hai un fratello minore-
Io rabbrividisco e lo fisso, cercando di mantenere un’espressione disinvolta.
-Non ti sbagli. Si chiama Andrej e non lo vedo da tempo- rispondo mentre cerco di mascherare il tremito della voce.
-Da quando ti hanno fatto l’inserzione- precisa lui. Sa tutto.
Non so cosa dire, quindi resto in silenzio e continuiamo a camminare per un po’.
-Scommetto che ti manca- dice fermandosi e poggiando una mano sulla mia spalla, io mi fermo e lo fisso, anche se in realtà non vedo nulla. Sono da tutt’altra parte, nel passato, in una realtà che mi sembra un sogno datato millenni.
Il cercatore si ferma di fronte a me e siamo a un palmo di distanza, anche meno, sento che respira lentamente ma non mi interessa, sono completamente perso nel mio passato preferito, quello dove non c’è dolore né sofferenza.
-Mi manca- sussurro e il Cercatore mi sente.
Poi l’abbraccio.
Nessuno, da quando ho iniziato a fingermi un’anima (ma forse anche da prima), mi ha mai abbracciato. Non con quella foga, con quel desiderio di farmi stare bene, perché quello non era un abbraccio da anima, era un abbraccio da umano, pieno di dolore e non so che cos’altro.
Cerco di non scoppiare a piangere tra se sue braccia, sono ridicolo. Le braccia mi penzolano inerti e respiro il suo profumo che sa di muschio e altre cose belle.
Mi ritraggo spaventato e lo guardo con gli occhi lucidi, lui mi guarda serio, cerca di sorridere, ma adesso non ci riesce. Non osa provare nemmeno il suo solito sorriso falso.
Io lo fisso sbalordito e lui mi trafigge con i suoi occhi spaventosamente neri e profondi, con quel bagliore che su di lui e più che sinistro.
Non ho nemmeno il coraggio di chiedergli perché l’ha fatto, abbasso la testa e guardo a terra.
Se ne va.
Vedo i suoi piedi girare sui tacchi ed allontanarsi da me lentamente, aumentando il mio dolore. On voglio che se ne vada, ma è tutto così strano e sono completamente confuso.
Io continuo per la mia strada, anche se non ho più una strada, sconvolto come sono.
Cammino per due chilometri buoni, e c’è qualcosa che mi graffia la gamba da dentro la tasca dei pantaloni. Irritato scavo nelle tasche e ne estraggo con sorpresa un foglietto di carta piegato con cura.
Lo fisso per alcuni minuti.
Poi lo apro.
So tutto.
Il mio volto è di pietra.
E’ suo, lo so, è sua quella grafia, anche se non l’ho mai vista prima.
Tremo e mi guardo attorno come uno stupido.
Qualcosa si posa sulla mia spalla e sento un sospiro leggerlo, inconfondibile alle mie orecchie.
-E’ davvero finita?-
Una leggera pressione sulla spalla, simile a uno spasmo.
-No-



Andrej era un bambino quando gli regalai la sua  prima fionda.  Era un regalo stupido e privo di senso, ma lui lo accettò con così tanta allegria e gratitudine che iniziai a vedere quella fionda come il simbolo del nostro legame.
Non se ne separava mai, anche se non voleva usarla, aveva troppa paura di fare del male a qualcuno e per quel pensiero ero estremamente fiero di lui.
Andrej era un bambino intelligente e sensibile, il mio fratellino.
Non era capace di odiare, ma litigavamo a volte. Erano stupidaggini da fratelli, liti di tutti i giorni.
Quando la usò contro di me fui profondamente scosso. Era così arrabbiato perché gli avevo messo uno sgambetto per scherzo. Mi aveva puntato la fionda al petto e minacciava di farmi male.
La ruppi.

   
 
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