Capitolo 37
Lucia era seduta al tavolino di una sala da
tè, sorseggiando la calda
bevanda dalla tazza di porcellana che il cameriere le aveva appena
portato.
Di
fronte a lei Siwon la guardava corrucciato, senza parlare, col braccio
poggiato
al tavolo.
Lucia era in silenzio praticamente da quando erano arrivati,
mantenendo un atteggiamento scostante.
Siwon stava perdendo la pazienza. Prima
di allora era sempre stata una ragazza gentile e sorridente con tutti,
e lui
non sopportava che la gente non gli desse retta. Stavano lì
da dieci minuti e
ancora non aveva capito cosa pensava lei del loro fidanzamento, la sola
cosa
che aveva intuito era che Lucia ce l’aveva con lui, e anche
tanto.
Quando
finalmente la ragazza lo guardò da sopra il bordo della
tazza fumante Siwon le
disse diretto – Mio nonno vuole che ci sposiamo.
–
Ostentava sicurezza mentre
in realtà si stava solo nascondendo dietro le decisioni
degli anziani. Quello
che voleva veramente sposarsi era lui e
nessun’altro.
Al sentire quelle parole
il tè andò a Lucia di traverso. –
Sposarci? –
La ragazza alzò gli occhi al
cielo mentre posava la tazza sul tavolo.
– Questa è bella. Ora è tuo nonno a
volere che ci sposiamo? –
Siwon era stranamente intimorito dall’atteggiamento
sicuro di lei. Nonostante questo tentò di
difendersi.
– Non mi credi? Non sai
che i nostri nonni sono amici di vecchia data? -
- Non farmi ridere. Ti sembra
che siamo nel Medioevo? -
- No, ma se non ci sposassimo i nostri nonni
sarebbero delusi. -
- Se ne faranno una ragione. Io ho già detto a mio nonno
che non ho intenzione di sposare un ragazzo di cui non sono innamorata.
Se tu
desideri così tanto fare contento tuo nonno lascia che
scelga per te un’altra
ragazza e sposa lei. –
Siwon la guardò con ostilità. Dove lo teneva
nascosto
quel caratterino?, si chiese prendendo un sorso d’acqua e
posando con un gesto
deciso il bicchiere sul tavolo.
Lucia lo guardò sorpresa. Da quando lo
conosceva non gli aveva mai visto fare un gesto di impazienza
né dire una
parola scortese, e aveva sempre avuto un estatico sorriso sulle
labbra.
Lucia
lo aveva sempre giudicato come un bamboccio tutto muscoli e niente
cervello,
capace solo di sorridere automaticamente e fare il cascamorto ogni
volta che si
trovava davanti una ragazza carina. Da dove veniva
quell’atteggiamento
irriverente nei suoi confronti? Lei era arrivata là pensando
di convincerlo a
parlare con suo nonno per ritirare la proposta di matrimonio, invece
fare un
po’ la dura non sarebbe bastato.
– Pensi che sia facile trovare una ragazza? I
nostri nonni vogliono che io sposi te, non un’altra!
–
Siwon stava cercando di
controllarsi, ma non sopportava che lei lo contrariasse.
Perché non voleva
sposarlo? Non era forse un ragazzo perfetto lui? Era bello, ricco,
famoso,
beneducato e religioso! Non era quello che tutte le ragazze
sognavano?
– Vuoi
smetterla di agitarti? Finirai per attirare l’attenzione.
– gli disse Lucia
abbassandosi sul tavolo verso lui parlando sottovoce.
Siwon cercò di
contenersi, poi più calmo ripeté. – Per
quale motivo non vuoi sposarmi? Non c’è
niente in me né nella mia famiglia che tu possa criticare.
Quindi perché non
dovremmo sposarci? -
- Perché io quasi non ti conosco! Non sono innamorata di
te! Quindi perché dovrei sposarti? Sai quante sono ogni anno
le cause di
divorzio in Corea? Pensi che io sia stupida a sposarmi così
perché lo dice mio
nonno o il tuo? Pensaci bene, tutta questa storia è
un’assurdità! –
Siwon la
guardava senza riuscire a interromperla. Quando finalmente lei smise di
parlare, incrociando le braccia davanti a sé e girando il
viso lateralmente,
lui sussurò sospirando. – In che guaio mi sono
cacciato? –
Lucia con uno scattò
tornò a guardarlo.
– Quindi tu pensi che io sia un idiota, dato che voglio
sposarti, vero? – disse lui indicandosi, le spalle curve dal
peso delle parole
che la ragazza gli aveva lanciato contro.
– È così. – asserì
la ragazza. –
Questa storia non è altro che una pazzia.
–
Siwon poggiò scoraggiato le spalle
allo schienale della poltroncina di pelle scura, portandosi una mano
alla
fronte. – Qui sono io quello che sta per diventare pazzo.
-
- Hai finito di
dire stupidaggini? Dovrei andare a prepararmi per la festa di mia
cugina, io. –
Siwon scostò la mano dalla faccia e la fissò
mettendosi a ridere, quel quarto
d’ora con lei era stato più stressante di
un’intera giornata di prove.
Lucia lo
guardò con aria sconcertata, non capendo cosa ci fosse da
ridere in quell’assurda
situazione. Aveva acconsentito con suo nonno ad uscire con lui per 10
mesi
prima di decidere, ma di certo se lui si fosse tirato indietro prima
suo nonno
non avrebbe avuto nulla da ridire, continuava a ripetersi.
– Fammi capire – continuò
Siwon – non pensi
che prima o poi dovrai sposarti comunque? Perché almeno non
consideri l’idea?
Le ragazze di tutta la Corea farebbero carte false per essere al tuo
posto! -
-
E perché mai? Perché fai parte di un gruppo di
cantanti? -
- Beh, non solo per
quello! Sai che la mia famiglia è molto ricca. -
- Sì, lo so. Anche la mia lo
è, quindi non ho bisogno dei tuoi soldi in ogni caso.
–
Lucia prese un altro
sorso di tè. – O forse vorresti dirmi che saresti
lusingato se una ragazza ti
sposasse per i tuoi soldi? – continuò fingendosi
scandalizzata.
Siwon roteò gli
occhi esasperato. Qualsiasi cosa dicesse lei se lo rigirava come un
calzino. –
Ho capito. Preferisci sposare qualcuno tra i tuoi numerosi
corteggiatori
allora? Loro non vogliono sposarti per i soldi immagino.- le disse
sarcastico.
– Non preoccuparti di questo, non sceglierei mai un marito da
una lista. –
rispose Lucia poggiando nuovamente sul tavolo la tazza ormai vuota. -
Almeno
scegliendo me devo ammettere che tuo nonno ha avuto buon senso.
–
Siwon la
guardò e iniziò a contare nella sua testa per
trattenersi dal dirle qualcosa di
poco carino, tipo “Maledetto il momento in cui ho detto a mio
nonno di proporre
questo matrimonio.”
– Allora? Sei ancora convinto di volermi sposare? –
incalzò
Lucia vedendolo sul punto di cedere. – Pensi per caso di
essere innamorato di
me? – gli chiese con un sorrisino quasi di scherno sulle
labbra.
Siwon mandò
già l’ultimo sorso d’acqua. –
Neanche per sogno. –
Lucia si poggiò allo
schienale soddisfatta.
– C ‘è qualcos’altro che
volevi dirmi?-
Siwon mise una
banconota sul tavolo e si alzò.
– Andiamo. – disse senza guardarla e
incamminandosi verso l’uscita del locale.
Lucia prese la borsa e lentamente si
avviò dietro lui, col sorriso del vincitore stampato in viso.
Nadech entrò
nel lussuoso albergo in cui gli aveva dato appuntamento la sua
matrigna e si recò al ristorante con vista panoramica
all’ultimo piano.
Un
cameriere lo accolse, e non appena diede il suo cognome, lo
accompagnò ad un
tavolo appartato, vicino la vetrata dalla quale si poteva dominare con
lo
sguardo l’immensa bellezza delle luci di Seoul.
La sua matrigna era già
arrivata e gli dava le spalle. Come sempre, perfetta in un tailleur
chiaro, i
capelli scuri che toccavano appena le spalle inanellandosi in morbide
onde.
Giunto accanto al tavolo, Nadech tossì leggermente per far
accorgere la donna
della sua presenza, e non appena lei volse il viso perfettamente
truccato a
guardarlo, chinò il capo e si sedette di fronte a
lei.
Dopo essersi scambiati
dei saluti formali e le solite domande di cortesia, i due rimasero in
silenzio,
come sempre imbarazzati dall’essere così vicini
pur non avendo nulla da dirsi.
Nadech era cresciuto sentendosi tenuto a distanza, aveva avuto
un’infanzia
solitaria trascorsa nel ricordo della madre e degli anni vissuti in
Corea.
Nella sua nuova casa non aveva nessuno a cui poterne parlare, e nessuno
che lo
capisse parlare in coreano, a parte il padre e la matrigna.
Il padre era quasi sempre
assente per lavoro, o per divertimenti personali, e delegava la sua
paternità
ai domestici e agli assistenti. Quella che si occupava dei suoi bisogni
era la
matrigna, che nonostante avesse tanto desiderato un figlio, non
riusciva ad
accettare quel bambino, frutto di un rapporto extraconiugale del marito
con un’altra
donna, limitandosi a trattarlo con distaccata cortesia.
Quando, dopo la
scoperta dell’ennesima scappatella del marito, si era resa
conto che anche Nadech,
come lei, era vittima della situazione, avrebbe voluto avvicinarsi a
lui, e
liberare quel represso istinto materno che si portava dentro da troppo
tempo.
Ma ormai Nadech rifuggiva ogni tentativo di avvicinarsi a lei, aveva
imparato
anche lui a trattarla con distaccata cortesia e a struggersi in
solitudine per
il desiderio che aveva di una vera famiglia, e i lunghi silenzi e i
moti d’affetto
inespressi erano la norma tra loro.
Nadech aprì il menu che il cameriere gli
porgeva e iniziò a studiarlo. La donna lo osservava in
silenzio. Gli sembrava
un po’ più sciupato di quando se n’era
andato, e si chiese se mangiava
regolarmente o che tipo di vita conducesse davvero.
Sapeva che in fondo quello
che diceva a lei era solo ciò che voleva farle sapere.
Nadech era uno spirito
libero, sognatore, ed era sempre stato costretto a fare ciò
che lei e suo padre
avevano scelto per lui.
In fin dei conti per lei era la sua famiglia, e voleva
solo il suo bene. La loro azienda era prospera e in espansione, e se
Nadech
avesse voluto sarebbe stato di certo in grado di occuparsene. Ma anche
se aveva
studiato economia, si era rifiutato di entrare nell’azienda
ed aveva voluto
partire per la Corea con quell’assurda idea del
teatro.
Lo faceva per sua
madre, e quella consapevolezza le provocava un bruciante fastidio allo
stomaco.
Il cameriere si avvicinò ancora una volta al loro tavolo,
accompagnando un
altro ospite.
Nadech alzò lo sguardo e si ritrovò davanti suo
“cugino” Mark.
Mark
lavorava nell’azienda, e se Nadech non ci fosse stato avrebbe
ereditato tutti i
possedimenti dei Kugimiya, e nonostante avessero la stessa
età e avessero
frequentato la stessa scuola, lo stesso ambiente e le stesse persone,
Mark non
si lasciava scappare occasione di rinfacciare a Nadech che la sua
esistenza lo
privava di una grande fortuna, e che Nadech era uno stupido a rifiutare
un’azienda
solida come la sua per il vano diletto del teatro.
Alla vista di Nadech, Mark gli
rivolse un – Ma guarda chi si vede – e poi si
sedette accanto alla zia,
salutandola con un bacio sulla guancia.
Il fatto che fosse di poco più grande
di Nadech e che la zia avesse riversato incondizionatamente su lui
tutto il suo
affetto fino a quando non era arrivato il figliastro lo metteva in
posizione di
vantaggio davanti al ragazzo, che non aveva mai osato dimostrare a
nessuno il
proprio attaccamento, convinto che l’unica persona bisognosa
del suo affetto se
ne fosse ormai andata da questa terra.
– Scusa il ritardo, zia Tasanee. – disse
Mark, prendendo il menu che il cameriere gli porgeva e iniziando anche
lui a
valutare le possibili scelte.
– Allora,
Nadech, hai finalmente trovato il tuo futuro nel teatro? –
disse poi dopo aver
comunicato al cameriere il suo ordine.
Nadech si sentiva sempre a disagio con
il cugino intorno. Era stata sua la scelta di non fare carriera
all’interno
dell’azienda, e nonostante il padre e la matrigna non ne
fossero stati
contenti, non gli avevano neanche sollevato eccessive
opposizioni.
D’altronde,
che ruolo avrebbe dovuto svolgere in un’azienda nella quale
non era mai stato ufficialmente
presentato? Anche se era stato legalmente riconosciuto e accolto in
seno alla
famiglia del padre, la sua esistenza era piuttosto stata considerata
come qualcosa
di cui vergognarsi, facendolo sentire fuori posto. E le allusioni di
Mark di
certo non diminuivano questa sensazione di inadeguatezza, dato che lui
faceva
la figura dell’incapace, mentre Mark del giovane brillante e
di talento che
aveva preso il posto dello stupido figlio illegittimo.
– Nadech non ha ancora
preso una decisione definitiva a riguardo, Mark. – lo
zittì la donna. – E tu,
durante quest’anno, cerca di capire cosa vuoi fare.
– disse poi alzando gli
occhi su Nadech.
– Sì, lo farò. – rispose
Nadech.
I tre rimasero in silenzio
mentre un cameriere serviva loro le portate. Dopo aver mangiato per
qualche
minuto in compagnia del lieve tintinnio delle posate Mark
tentò di animare la conversazione portando la serata a
suo vantaggio.
– Allora, zia. Cosa indosserai per l’Anniversario
dell'apertura della filiale
coreana? Hai scelto ancora uno stilista italiano? –
La donna alzò di scatto gli
occhi dal piatto e guardò prima il nipote, poi il
figliastro.
Anche Nadech
aveva fissato gli occhi addosso al cugino.
Mark continuò, incurante della
reazione dei due. – E tu, Nadech? Hai già comprato
il vestito da indossare? Sarà
la tua prima apparizione ufficiale, se non sbaglio.
–
Nadech spostò lo sguardo
da Mark alla matrigna. La donna distolse lo sguardo
imbarazzata.
– Ah! Non lo
sapevi? – continuò il cugino, con finto rammarico.
– Pensavo che almeno stavolta
ci saresti stato, dato che ti trovi in Corea. Evidentemente mia zia non
ti
ritiene ancora all’altezza. Dovresti dargli
un’occasione stavolta, zia Tasanee.
–
Nadech abbassò lo sguardo e continuò a mangiare
in silenzio, mentre Mark si
versava da bere soddisfatto.
– Pensavo che ti saresti rifiutato di venire,
impegnato come sei con il teatro. – disse la donna con tono
pacato. – Non è un’occasione
importante, ma se hai tempo, mi farebbe piacere che ci fossi.
– continuò sollevando
lo sguardo sul figliastro, immobile con le posate in mano e lo sguardo
fisso
sul piatto.
Il ragazzo increspò un angolo della bocca in un sorriso mal
riuscito.
– Tu cosa desideri che faccia, madre? –
parlò finalmente guardandola
negli occhi. – Vuoi che continui a restarmene
nell’ombra, o che venga
fingendomi il tuo vero figlio? –
La donna non riuscì a reggere quello sguardo
colmo di accuse e di delusione, e abbassò il capo senza
rispondere nulla.
Avrebbe voluto con tutto il cuore la sua presenza, ma non aveva voluto
dirgli
nulla per lasciargli la libertà di scegliere, soprattutto
ora che aveva
lasciato casa e si era messo in gioco con la storia del teatro. Aveva
sperato
che non se ne andasse, che la considerasse una vera madre, e avrebbe
fatto di
tutto perché la sua carriera in teatro fosse piena di
difficoltà, solo così
avrebbe potuto scegliere senza fuggire da lei.
Sapeva che per lui la Corea e il
teatro erano legati ai ricordi d’infanzia e della madre,
quindi Nadech li
associava naturalmente a sensazioni positive. Lei voleva che capisse
che anche
il teatro aveva le sue difficoltà. Se doveva scegliere, che
scegliesse
valutando bene ogni cosa.
Ma Nadech interpretò diversamente il suo silenzio.
–
Non mi sento molto bene, vi rovinerei la cena restando qui. –
disse alzandosi
in piedi. – Mi dispiace, ma devo andare. Arrivederci.
– chinò il capo, poggiò
il tovagliolo accanto al piatto e si allontanò.
Mark fece un cenno con la mano
e continuò a mangiare come se nulla fosse.
Tasanee avrebbe voluto fermarlo, ma
l’unica cosa che fece fu lanciare un’occhiata di
traverso al nipote, che alzò
le spalle come a dire che lui non c’entrava niente.
Eh, sì. Abbiamo conosciuto la matrigna e il "cugino" di Nadech.
Ma povero ciccino! Non pensate che gli serva qualcuno che lo consoli?*_*
E Lucia e Siwon... ma quanto saranno diversi da quello che si aspettavano?
Credo che nessuno dei due rinuncerà facilmente... Vedremo, vedremo!