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Al
loro arrivo alla stazione di Nagano, Eric e Nagisa trovarono ad attenderli una
limousine a noleggio messa a disposizione dalla madre di Eric, con tanto di
stemma di famiglia sulla fiancata.
«Ma che cosa le è saltato in mente?» domandò
stranito vedendo tutto quello sfoggio di notorietà
«Ho come l’impressione che abbia deciso di
mettersi in mostra.» replicò Nagisa con lo stesso tono.
E non sbagliavano.
Segretamente, intimamente, Serena Lorenzi era
la personificazione della superiorità e della mania di protagonismo. Ora che il
suo casato aveva recuperato tutto il suo potere ed il suo prestigio, e che lei
stessa ne era diventata la reggente, voleva che tutto e tutti sapessero del
loro ritorno, e che mostrassero il dovuto rispetto anche nei confronti del suo adoratissimo figlio.
«Signori.» disse l’autista aprendo il
portello.
Eric si sentiva come un pesce fuor d’acqua, e
lo imbarazzava da morire avere addosso gli sguardi di tutta la stazione, quindi
si gettò letteralmente dentro la macchina nel tentativo di nascondersi, seguito
quasi subito da Nagisa; a quel punto, l’attendente caricò i bagagli che i due
ragazzi avevano con sé e la macchina partì in direzione di Hakuba.
Un viaggio di circa tre ore.
«Avremmo anche potuto prendere il treno.»
osservò Nagisa dopo che all’interno dell’abitacolo era regnato un interminabile
silenzio
«I treni per Hakuba
sono interrotti da due giorni.» rispose rispettosamente l’autista «Una frana è caduta
sui binari la scorsa notte, e la linea è momentaneamente chiusa.»
«Non c’è che dire.» disse Eric «Cominciamo
davvero bene».
A causa di questo contrattempo, arrivarono ad Hakuba che era già quasi il tramonto.
Da quando vi era stata impiantata la scuola
nei boschi circostanti il villaggio era molto cambiato, anche se restava ancora
una rinomata meta del turismo invernale ed estivo.
Molte case erano state rimesse a nuovo, così
come il paese in sé e per sé, e ora rassomigliava quasi ad uno di quei villaggi
da cartolina delle montagne austriache o tedesche, anche se il Japanese Style era in parte ancora evidente.
Il transito per le strade del paese di quella
limousine bianco perla non attirò più di tanto l’attenzione, ma non che la cosa
dovesse stupire, visto e considerato l’estrazione in genere medio alta che
contraddistingueva molti degli studenti della Cross.
Sia Nagisa che Eric erano piuttosto provati
per il lungo viaggio, e si sentivano le gambe atrofizzate dalla forzata ed
insopportabile inattività.
Eric ora non vedeva l’ora di arrivare alla
scuola, tanto più che aveva in mente di fare una bella chiacchierata con il suo
vecchio amico Kaien, ma trovandosi a passare accanto
ad un elegante bar in stile retrò non riuscì a resistere alla tentazione di un
cocktail.
«Ferma qui.» disse, e l’autista obbedì.
Lui e Nagisa trascorsero quindi i successivi
quindici minuti accomodati ad un tavolino all’aperto, sorseggiando
rispettivamente un cuba libre e una bibita analcolica.
«Una città tranquilla, vero mio signore?»
disse ad un certo punto Nagisa
«Ma un po’ troppo piena di brutte compagnie.»
replicò Eric notando i molti vampiri che giravano per le strade, invisibili e
assolutamente comuni per chi come loro due non fosse in grado di riconoscerli.
Tra questi, Nagisa notò una ragazza, quasi una
bambolina, proprio come lei, lunghi capelli neri, occhi blu da cucciolo
smarrito, con un piccolo neo sotto quello sinistro, e pelle candida; se ne
restava seduta, in solitudine, ad una delle panchine di pietra ai piedi
dell’orologio al centro della piazza, leggendo un libro.
L’aspetto era chiaramente europeo: forse era
francese.
Eric invece, dopo poco, notò qualcun altro,
qualcuno che non avrebbe voluto vedere.
«Izumi!» disse scattando in piedi.
Lei e Carmy erano
arrivate al villaggio già da qualche ora, ma piuttosto che dirigersi subito a
scuola erano volute scendere dalla corriera anzitempo per concedersi un breve
giro turistico; e purtroppo, Izumi era talmente presa dal conversare con la sua
nuova amica da non essersi accorta di Eric, al punto di essergli passata
accanto mentre usciva dal locale dopo aver preso un gelato.
«Eric. Nagisa.» disse con tutta la naturalezza
del mondo «Siete arrivati anche voi. Avete fatto buon viaggio?»
«Come sarebbe a dire, avete fatto buon
viaggio!?» replicò Eric un po’ inalberato «Perché sei partita senza dirmi
niente?»
«Perché sapevo che avresti fatto storie.»
«Dunque, sarebbe lui il tuo boyfriend?»
irruppe Carly squadrando il giovane Flyer
«Complimenti per la scelta.»
«Ancora con questa storia! Ti ho detto che non
è il mio ragazzo!».
Izumi lo aveva urlato così ad alta voce che
l’aveva sentita praticamente tutto il locale, e sia lei che Eric, vedendosi
guardati in quel modo, abbassarono gli occhi sognando di scomparire.
Nagisa da parte sua non si era fatta
coinvolgere dalla discussione, perché i suoi occhi erano ancora rivolti alla
giovane ragazza ai piedi dell’orologio. Dopo averla vista la prima volta
inizialmente non ci aveva più fatto caso, ma quando risollevò gli occhi vide
che nel frattempo si era avvicinato a lei un giovane, più o meno della sua
stessa età, aspetto pulito ma velato da quella cert’aria di superiorità propria
dei ricchi figli di papà, arroganti e presuntuosi.
Di nuovo, Nagisa cercò di pensare che quelli
non erano affari suoi, ma poi si era accorta che i due avevano preso come a
litigare, e nel momento in cui aveva visto lui afferrare lei per i polsi, e lei
che cercava inutilmente di divincolarsi, qualcosa nel suo animo si era come
acceso.
«Nagisa, dove vai?» chiese Eric vedendola alzarsi
e allontanarsi a passo spedito.
I due ragazzi stavano proprio litigando, e la
ragazza cercava in ogni modo di liberarsi dalla stretta di lui, più giovane
forse, ma anche chiaramente più forte.
«Pierre, smettila! Mi fai male!»
«Mostrami un po’ di affetto, Elodie.»
«Lasciala andare!» disse d’improvviso, ferma
ma composta, Nagisa, comparendo come dal nulla accanto a loro.
Seguì un momento di silenzio, in cui entrambi
i ragazzi scrutarono la nuova arrivata.
«E tu che cosa vuoi, mocciosa?» disse
sprezzante Pierre «Gira al largo, ti conviene.»
«Ti ho detto di lasciarla andare.» replicò
invece Nagisa.
Pierre allora lasciò andare Elodie e si concentrò su Nagisa, ma questa non si mostrò
per nulla spaventata dai suoi occhi scuri e dai denti che sporgevano leggermente
dalle labbra, né tantomeno da quel suo modo di fare da spaccone.
«Non ci senti? Ti ho detto di sparire?».
Fece per afferrarla, ma lei fu più rapida, gli
prese il polso e lo costrinse a tenerlo basso dopo un breve ma violento scontro
di forza.
«Dannata sgualdrina. Ora mi hai fatto
arrabbiare!».
Anche se era un maledetto snob Pierre restava
pur sempre un sangue puro, e dopo quello smacco non pareva avere intenzione
alcuna di trattenersi, nonostante la presenza di tutti quei testimoni e il sole
ancora presente, anche se ormai quasi completamente scomparso.
Poteva essere una bella seccatura, se non che
all’improvviso Rohan si trovò a tu per tu con un
altro impiccione, e stavolta era un suo parigrado. Se gli occhi di Pierre
mettevano paura, quelli di Eric quando perdeva la pazienza o si minacciava la
sua succube potevano uccidere.
«Dacci un taglio, ti conviene.»
«E tu chi sei, il suo padrone?» disse Pierre
con quel suo tono saccente «Dovresti educarla meglio.»
«E tu faresti meglio a sparire.» replicò Eric
«Chi mi obbliga? Tu?».
Stavolta Rohan aveva
davvero passato la misura, e dovette pentirsene; dopo quello che, secondo la
sua percezione, era meno di un istante, un dolore tremendo gli aveva
improvvisamente infiammato il torace, come se qualcuno gli avesse appena tirato
un poderoso colpo a mano aperta.
Ringhiò, cercando di trattenere i mugolii di
dolore; per qualche motivo, credeva di sapere cosa fosse appena successo.
Guardò Eric, che seguitava a fissarlo, rivolgendogli mentalmente tutte le
imprecazioni che conosceva.
«Vattene.» disse Eric con tono di ordine
Date le circostanze, non era proprio il caso
di insistere.
«Me ne ricorderò.» disse Pierre girando i
tacchi e andandosene via.
Elodie, che
aveva assistito a tutta la scena confusa e senza aprire bocca, fu avvicinata da
Nagisa.
«G… grazie.» mormorò.
Ora Nagisa cominciava a capire il perché di
quella strana sensazione che aveva provato guardandola: forse, in un certo
senso, era come lei. Con la differenza che quella poveretta non poteva contare
su di un padrone onesto e gentile: al contrario.
Eric stette ad osservare Pierre finché non lo
vide intrufolarsi in un vicolo con la coda tra le gambe, quindi, senza
aggiungere altro, girò i tacchi e fece ritorno verso la propria macchina.
«Nagisa.» disse con tono di ordine, e lei gli
andò subito dietro.
Izumi e Carmy lo
seguirono con gli occhi, la seconda incuriosita la seconda quasi preoccupata,
quindi lui e Nagisa risalirono a bordo e se ne andarono.
«Che tipo.» commentò Carmy
Lasciato
il villaggio, la limousine con a bordo Eric e Nagisa si inerpicò lentamente
lungo la strada a tornanti che saliva lungo il crinale di una bassa montagna,
giungendo infine al cospetto dei cancelli dell’accademia, che si aprirono
lentamente al cospetto dei nuovi venuti aprendo loro la strada.
La macchina si fermò davanti al portone, e qui
Eric e Nagisa furono fatti scendere dall’attendente, sotto gli sguardi
incuriositi e increduli di alcuni studenti che si attardavano da quelle parti
attorno all’ora di cena.
In particolare, i vampiri che sostavano nel
cortile non faticarono a riconoscere lo stemma impresso sulla fiancata,
restando più colpiti degli altri, e quando Eric scese qualcuno azzardò anche un
lievissimo inchino, o quantomeno un cenno del capo.
Il ragazzo, tuttavia, non ci fece caso, e
mentre era ancora intento a recuperare i suoi bagagli gli si fece avanti una
vecchia conoscenza.
Shezka Harker aveva cambiato vita dopo quanto successo durante
l’Incidente della Fondazione Manovic, e adesso
lavorava, per sventura di quel poveretto, come segretaria personale del
direttore; l’accordo raggiunto con l’Associazione per la sospensione della pena
era che non si allontanasse mai da Kaien, suo
supervisore, assistendolo nel suo lavoro di direttore dell’accademia, un
compito che purtroppo assolveva fin troppo bene.
«Shezka.» disse
sorridendole sinceramente
«Ne è passato di tempo, Eric-dono.
Nagisa-sama.»
«Non c’è bisogno di tutte queste formalità.»
«Il direttore Cross la sta aspettando. La
accompagno da lui.»
«D’accordo. Nagisa, tu aspettami qui.»
«Sì…» rispose lei
col suo solito tono.
Prima
ancora di varcare la soglia del suo ufficio, Eric riuscì quasi a sentire la
presenza del direttore Cross, letteralmente, e nell’istante in cui Shezka aprì la porta dopo aver bussato rispettosamente un
paio di volte il ragazzo ritrovò il suo vecchio amico uguale identico a come lo
aveva lasciato.
Kaien era
spaparanzato sulla sua poltrona, una chitarrina giocattolo in mano, e mimava,
senza riuscirci minimamente, la canzone riprodotta dal suo vecchio giradischi,
un Armstrong anni ’50.
«Eric, amico mio!» disse posando il suo
strumento e spalancando le braccia «Benvenuto nella mia umile dimora!»
«Umile, la chiama.» mormorò il ragazzo tra sé
e sé
«Ma prego, non restare sulla porta!
Accomodati! Abbiamo tanto di cui parlare. Shezka, per
favore, portaci del tè.»
«Subito, signor direttore».
Shezka portò
loro due tazze di ottimo tè inglese, e i due Hunter furono quindi lasciati
soli. Eric aveva qualcosa di strano; aveva detto e ripetuto più volte che
appena avesse rincontrato Kaien gli avrebbe fatto
vedere le stelle, eppure sembrava calmo e rilassato come non capitava spesso.
In realtà, era solo la calma che precedeva la
tempesta, nonché la volontà, stretta con le unghie e con i denti, di darsi il
maggior contegno possibile.
«E tua figlia Yuuki?»
«L’ho mandata in Europa, da amici. Con tutti
questi vampiri in giro, meglio per lei stare il più lontano possibile dalla
scuola.»
«Già.» disse Eric fulminandolo «Appunto.»
«Sono felice che ti abbiano scontato la pena.»
disse il direttore come se non si fosse accorto di niente «In fin dei conti,
erano stati anche troppo severi.»
«Non fa niente. È la prassi.»
«Tuo nonno era sul punto di provocare
un’apocalisse con i suoi progetti e le sue ricerche. Tu e Nagisa lo avete
fermato, ma nonostante ciò hanno ritenuto comunque doveroso infliggerti una
punizione per aver disobbedito ad un ordine che, tra l’altro, era venuto da una
mela marcia.
Alle volte mi viene da dubitare della sanità
mentale dei vertici dell’Associazione.»
«Quello che conta, è che si sia riusciti a
fermarlo. E il fatto che negli ultimi dodici mesi non abbia più fatto parlare
di sé mi fa stare tranquillo.»
«Io non dormirei troppo sugli allori.» disse Kaien facendosi serio e portandosi la tazza alle labbra
«Sappiamo bene tutti e due che quell’uomo è come la fenice. Rinasce dalle sue
ceneri. Lo ha già fatto una volta, e non c’è dubbio che lo rifarà, sempre ammesso
che non sia già accaduto».
Poi, quasi a voler sdrammatizzare le sue
stesse parole, il direttore tornò l’ebete di sempre.
«Piuttosto, Eric! Dimmi, dai! Come vanno le
cose tra te e la signorina Asakura?».
Era la domanda che Eric stava aspettando… e che segnò la condanna del direttore.
Da un momento all’altro Shezka,
che sedeva alla propria scrivania subito fuori dalla porta dell’ufficio, udì un
gran fracasso provenire dall’interno, al quale tra l’altro non prestò la benché
minima attenzione, accompagnato da grida ed esclamazioni di dolore.
Un secondo dopo, il direttore era sdraiato a
terra, tutto un livido e bernoccoli, e schiacciato a terra dal piede possente
di Eric che lo premeva senza pietà dietro la schiena.
«Non fare il finto tonto, razza di sciagurato!
Credi che non lo sappia che tutta questa storia è opera tua?»
«Pietà! Ti prego! Ho famiglia!»
«Ti rendi conto di quello che hai fatto? Ti
rendi conto di quello che rischia Izumi a stare in un posto simile?»
«In primis.» disse il direttore rifacendosi
serio e rimettendosi in piedi «È stata un’idea di tua madre, e anche io
all’inizio ero contrario. E in secondo luogo, con che pretesto potrei non
ammettere qualcuno che ha fatto regolare domanda ed ha avuto uno dei risultati
più alti di sempre agli esami di ammissione?».
Eric restò un momento basito, quindi provò a
calmarsi.
Conosceva fin troppo bene Izumi e la sua
testardaggine, e a ben guardare non c’era niente che potesse essere fatto per
impedirle o proibirle di frequentare la scuola, a parte ovviamente legarla al
letto e chiuderla in casa.
«E poi.» riprese il direttore «Se devo essere
franco, non credo che tu debba vederla in modo tanto negativo?»
«Davvero? Dammi una sola ragione per non
farlo.»
«La stessa per la quale lei ha voluto mettersi
in gioco in questo modo. Credi che Izumi non sia consapevole del fatto di
rischiare così tanto venendo qui?».
A quella domanda provocatoria Eric non seppe
cosa rispondere.
«Quello che vuole dimostrare lei a te, è
esattamente la stessa cosa che voglio provare io all’Associazione Hunter e al
mondo intero con questo progetto.
Che tra umani e vampiri possono esservi
dialogo ed amicizia dopo secoli di guerra, e che non tutti i vampiri sono
bestie assetate di sangue.
Se tu stesso cominciassi a vedere i vampiri
come dei tuoi pari, e dei compagni di cui potersi fidare, invece che come un
abominio della natura, forse capiresti i sentimenti di quella ragazza.»
«Questo non me lo puoi chiedere.» replicò Eric
stringendo i pugni «È vero che le mie posizioni sono un po’ diverse rispetto a
poco tempo fa, ma c’è un limite alla fiducia che mi sento di poter riporre in
quelle bestie».
Il direttore guardò un momento il ragazzo, poi
andò ad affacciarsi alla finestra.
«Ad essere sinceri, non è solo Izumi ad avermi
creato parecchi grattacapi. Per avere il permesso a farti frequentare questa
scuola, sia io che Serena abbiamo dovuto venire a molti accordi, e accettare un
gran numero di compromessi.
Il tuo sorvegliante speciale sarà qui a
giorni, e fino ad allora la responsabilità della tua sorveglianza ricade su di
me. Ma comunque vada, sappi fin da ora che alla minima infrazione il castello
di sabbia crollerà, e tutto tornerà come prima.
Per questo motivo, ti pregherei di stare
lontano dai pericoli e dai guai, e di non attaccare briga con nessuno, anche se
so che sarà difficile».
Eric abbassò gli occhi: sapeva benissimo a chi
il direttore si stesse riferendo, e al solo pensarci il sangue sembrò
ribollirgli nelle vene.
«Comunque, per ora non pensiamoci più.» disse
quindi Kaien lanciandogli una coppia di chiavi
«Queste sono le chiavi della tua stanza e di quella di Nagisa. Andateci e
fatevi belli, perché questa sera c’è una festa.»
«Una festa!?»
«La festa di benvenuto, ovviamente. E non
cominciare come tuo solito con i “non ho voglia”, e “non mi interessa”, perché
tanto ci vieni lo stesso».
Eric non poté controbattere; da una parte, per
qualche motivo che ancora non capiva, rispettava ed ammirava il direttore, e
non se la sentì di obiettare.
«D’accordo.» disse girando i tacchi ed aprendo
la porta
«Ti è stata offerta una grande occasione,
amico mio.» disse Kaien mentre il ragazzo usciva «Non
rifiutarla o gettarla via per una questione di odio e di orgoglio».
Il
ricevimento si tenne poche ore più tardi, nel grande salone adibito a
refettorio, e tramutato per l’occasione in una gigantesca pista da ballo.
Tutti gli studenti di entrambi i dormitori
erano presenti, ed erano a tal punto mescolati gli uni agli altri che veniva
quasi difficile credere vederli come appartenenti a due mondi che, oltre ad
essere così diversi, si erano fatti la guerra praticamente da sempre.
Di fronte ad una cosa simile, il sogno
proibito del direttore non sembrava più così tanto un sogno.
C’era molta voglia di cominciare, molto
ottimismo, e tutti si stavano lasciando trasportare.
L’unica persona che proprio non riusciva ad
essere tranquillo e a godersi la serata era Eric; se ne restava in disparte, in
un angolo della sala, schiena al muro e braccia conserte, con un occhio rivolto
a terra e l’altro che, come un mirino, teneva sotto tiro uno solo delle
centinaia di ragazzi e ragazze che affollavano il salone.
Izumi era splendida.
Aveva indossato per l’occasione il vestito
bianco che i suoi genitori le avevano regalato per l’ultimo compleanno, un
abito da cerimonia con una lunga gonna stretta e spalline scoperte, e
conversava amichevolmente con alcuni vampiri come fosse stata la cosa più
naturale del mondo, ridendo e scherzando.
Non sapeva se chiamarla perseveranza,
avventatezza, o semplicemente ingenuità.
Restava il fatto che lui non riusciva ancora a
fidarsi completamente dei vampiri, e non era sicuro che le cose potessero un
domani cambiare.
Anche Eric, però, era osservato.
Tralasciando gli sguardi ammaliati delle
giovani ragazze umane, tutti i vampiri presenti in quella sala, chi prima o chi
dopo, avevano posato gli occhi su di lui, e a poterle udire voci e
considerazioni a bassissima voce si inseguivano l’una con l’altra senza sosta.
«È lui? – Sì, è lui. – L’erede dei Lorenzi. –
È anche un Hunter. – Dicono che abbia combattuto col capo-dormitorio».
Tra tutti, però, fu una giovane umana quella
che parve mostrare il maggiore interesse nei suoi confronti, un interesse che
però non aveva niente a che spartire con quello delle sue compagne.
I tratti erano dell’est Europa, aveva capelli
biondi corti e occhi scintillanti, da felino riottoso, oltre a vari piercing e
tatuaggi che ne accrescevano l’aura aggressiva e battagliera. Lei ed Eric d’un
tratto incrociarono casualmente gli sguardi l’uno dell’altra, e per un attimo
parvero quasi riconoscersi, come una coppia di spiriti guerrieri che riescono
quasi a vedere nell’altro il proprio riflesso.
Fu solo quel momento, poi non si cercarono
più, e ognuno tornò a farsi i fatti propri.
Ad un certo punto, però, sul fare delle dieci,
vi fu un istante di assoluto silenzio, corrispondente all’istante in cui il
capo-dormitorio Kuran, che fino a quel momento si era
fatto desiderare, comparve al portone d’ingresso della sala con al seguito il
suo entourage di fedeli seguaci al gran completo.
Erano gli studenti più in vista e rispettati
della Night Class, nonché tra i pochi che fossero
rimasti alla scuola al termine dell’ultimo anno scolastico, quindi la loro
presenza non passava mai inosservata.
Si presentarono nel salone molto eleganti e
sicuri di sé, catalizzando subito l’attenzione di tutti, o quasi, e come
succedeva praticamente sempre qualche ragazza intraprendente si avvicinò ad
alcuni di loro per offrire regali o qualche pensierino, puntualmente accettati.
Aidou si
comportava, come al solito, da autentica primadonna immatura e narcisista, ma
forse nel suo caso era proprio questo a procurargli tutte quelle ammiratrici.
«Buonasera a tutti!» disse il direttore
comparendo dal nulla sul palco in fondo alla sala, rinchiuso in un abito buono
che Shezka lo aveva costretto ad indossare e che non
vedeva l’ora di togliere «In qualità di direttore di questa scuola, do a tutti
voi un caloroso benvenuto all’Accademia Cross. Spero che vi troverete bene qui
con noi, e che possiate avere la migliore esperienza possibile.
E adesso, divertitevi.» e detto questo scappò
via prendendo a spogliarsi prima ancora di essere uscito.
La maggior parte dei ragazzi del gruppo di Kaname si dispersero, facendo il possibile per riuscire a
mescolarsi tra gli altri studenti.
Kaname era, come
al solito, guardato a vista da Seiren, e anche se
Eric aveva cercato di non darlo a vedere quando era arrivato i due si lanciavano
continuamente delle occhiate provocatrici, come una coppia di falchi pronti a
saltarsi addosso appena uno avesse provato ad entrare nel territorio
dell’altro.
Purtroppo, c’era anche dell’altro.
Ai più, uno come Enrico Lorenzi da Cassino, o
semplicemente Eric, incuteva rispetto, devozione e sudditanza, come si
confaceva ad un sangue puro di nobilissimo lignaggio, ma c’era chi, per propri
motivi, di rispetto nei suoi confronti non voleva neppure sentir parlare.
Da qualche minuto Eric aveva iniziato a farsi
i fatti suoi, fissando il terreno con la testa persa nei propri pensieri,
quando una presenza fredda e minacciosa accanto a lui lo spinse a rialzare gli
occhi, incrociando quelli, blu come i suoi ma pieni di apparente astio e
sufficienza, di Aidou Hanabusa.
Ad Eric venne quasi da ridere: eccola la vera
faccia di Aidou-sempai, pensò tra sé e sé; altro che
infantile primadonna.
«Tu sei l’erede dei Lorenzi, non è vero? Il
nipote di quel traditore di Augusto».
Per prassi il giovane Flyer non voleva neanche
essere accostato a suo nonno, per qualsiasi motivo, ma nonostante ciò, forse
per non dare spettacolo, in quell’occasione il ragazzo parve voler far finta di
niente, e riabbassò lo sguardo.
Da parte sua Aidou
trovò quel comportamento chiaramente provocatorio.
«Sia chiara una cosa. Non mi importa quello
che gli altri pensano di te. Per come la vedo io, il tradimento è un crimine
che si ripercuote di padre in figlio, e che in alcun modo può essere perdonato.
Visto che sei un mio superiore sono obbligato
a comportarmi in un certo modo, ma voglio che tu sappia che il mio rispetto non
lo avrai mai. E ti posso assicurare che non sono il solo a pensarla così».
Eric si trattenne dal ridergli in faccia. Come
se del rispetto dei vampiri gli importasse qualcosa; e poi, essere odiato da un
lacchè di Kuran era quasi una gratificazione, almeno
per il suo metro di giudizio.
L’apparente insensibilità di Flyer a questa
ennesima provocazione fece andare Aidou ancora più
fuori dai gangheri, ma nonostante ciò il giovane Hanabusa
decise comunque che per il momento era meglio lasciar perdere, se non altro per
non guastarsi la serata.
Nel mentre, Izumi aveva lasciato il salone
attraverso una delle numerose porte-finestre, ed era uscita nel grande terrazzo
panoramico per osservare la stupenda notte stellata che il cielo aveva concesso
dopo giorni di pioggia.
D’un tratto, mentre i suoi occhi erano persi
verso l’alto, ebbe la sensazione che qualcuno le fosse comparso accanto, e
voltatasi alla propria destra si trovò a tu per tu con Kaname.
«Kuran-sempai…» disse
incredula
«È passato molto tempo, Izumi.» le disse con
tutta la gentilezza ed il candore del mondo «Sono felice di rivederti».
Izumi aveva visto Kaname
solo una volta, ma nonostante ciò era letteralmente terrorizzata da lui. I suoi
occhi erano troppo strani, troppo magnetici; sembravano proprio quelli di un
predatore che li sfrutta per individuare ed ipnotizzare la sua preda.
Non che ne avesse paura: semplicemente, a
differenza di quanto accadeva con le altre persone, non riusciva a capire cosa
quel ragazzo avesse dentro, ed era questo a spaventarla maggiormente. Non era
certa di potersi fidare di lui.
Probabilmente Eric lo aveva capito da tempo, e
forse era proprio questa la ragione tanto dell’atteggiamento nei suoi confronti
quanto, peccando di generalizzazione, della sua scarsa considerazione per i
vampiri.
«Dimmi. Come sta Eric? Come è trascorso questo
anno?»
«Abbastanza bene.» rispose Izumi dopo qualche
esitazione «È un po’ cambiato. Maturato.»
«Lo immagino. E forse, dovrei ringraziare te
se questo è stato possibile.»
«Come!?».
La cosa, che già di per sé non era iniziata
sotto i migliori auspici, minacciò di andare troppo oltre quando Kaname alzò una mano come a voler sfiorare quella di Izumi,
senza che lei, troppo impegnata a cercare di capire quegli occhi, o forse
rapita da essi, facesse niente per impedirlo.
Seguì un istante interminabile, e quella mano
si ritrovò d’improvviso a venire afferrata da un’altra, ugualmente possente,
che la costrinse a rimanere immobile.
Fu come se quel semplice gesto avesse attirato
l’attenzione di tutti, perché per un attimo buona parte degli invitati volsero
gli sguardi verso Eric che, comparso come dal nulla accanto a Kaname, stringeva saldamente il suo polso guardandolo in
cagnesco, e ricevendo in cambio un enigmatico sguardo di sufficienza e sfida al
tempo stesso.
I due ragazzi si fissarono per interminabili
secondi, a loro volta fissati da Aidou e gli altri,
oltre che da quasi tutti i vampiri abbastanza vicini da poter assistere alla
scena.
«Che sorpresa.» disse Kaname
gentile ma sfacciatamente provocatorio «Credevo non ti saresti mai accorto di
me».
Eric non raccolse la provocazione, almeno
apparentemente.
«Izumi. Torna dentro.»
«Ma… ma io…» tentò di dire lei tornando in sé
«Izumi.» replicò il ragazzo guardandola e
parlandole in un modo che lei stessa avrebbe ritenuto impossibile «Devo
ripeterlo di nuovo?».
Di fronte ad una simile risolutezza la ragazza
non poté fare altro che obbedire; Eric aspettò che fosse effettivamente
rientrata, e solo allora lasciò andare Kaname, sotto
gli sguardi enigmatici, e nel caso di Aidou
palesemente irati, degli altri studenti della Night.
«Azzardati ad avvicinarti a lei anche solo per
sbaglio» disse nell’orecchio a Kaname mentre se ne
andava «E quanto è vero iddio ti incenerisco. E vale anche per i tuoi
tirapiedi».
E detto questo, il ragazzo se ne andò, sia dal
balcone che dalla sala.
«Ma chi si crede di essere?» ringhiò Aidou vedendolo andare via «Se non fosse che è un sangue
puro, gli darei volentieri una lezione come si deve a quel traditore rinnegato
bastardo.»
«Per il tuo bene, è meglio se non ci provi.»
gli disse Shiki, che Eric lo conosceva meglio di
altri
«Cosa!?»
«Ha ragione.»
«Rima, anche tu!?»
«Faresti meglio a dargli ascolto.» disse Ichijo «Saresti morto prima ancora di avvicinarti.»
«Ma si può sapere che è questa storia. Sembra quasi
che abbiate paura di lui».
Izumi,
piuttosto risentita e colpita per l’atteggiamento di Eric, aveva lasciato la
festa, e ora sedeva in solitudine ai piedi di un albero nei pressi della grande
fontana al centro del cortile, ancora intenta ad osservare la luna piena che si
stagliava nella volta oscura, parzialmente coperta dalle nuvole.
Faceva freddo.
Ad un certo punto, dopo una decina di minuti,
fu raggiunta da Eric; sembrava essersi calmato, ma era chiaro che era ancora
molto nervoso.
«Ma che cosa ti è preso?» gli domandò
alzandosi in piedi
«Che cosa è preso a te, piuttosto. Come ti è
saltato in mente di avvicinarti a lui?»
«Stavamo solo parlando.»
«Hai dimenticato tutto quello che ha fatto? Tutti
i crimini che ha commesso? Se non fosse che è un sangue puro, a quest’ora sarebbe
già cenere.»
«Ma ci ha aiutati. Ha aiutato te.»
«Credi che lo abbia fatto per altruismo? Kaname Kuran non è un essere
vivente, è una macchina. Non fa mai niente per niente, e anche se cerca di far
credere il contrario non possiede emozioni.
Quelli come lui hanno sempre un secondo fine,
e speriamo di non dover mai scoprire quale sia.»
«Eric, questo odio per i vampiri e per Kaname non ti porterà da nessuna parte.
Perché ti vergogni tanto di essere un
vampiro?»
«Tu non puoi capire.»
«Hai ragione, non posso. Però ho capito da
diverso tempo quanto tu sia buono e nobile. Non puoi lasciare che odio e
rancore intacchino quello che sei, e quello che stai diventando».
Eric guardò in basso, digrignando i denti. Quello
che era successo, dal suo punto di vista, era solo l’ulteriore dimostrazione
che Izumi sarebbe stata in pericolo ogni secondo della sua vita fino a quando
fosse stata alla Cross.
«Non saresti dovuta venire qui. È molto meglio
se torni a Tokyo.»
«Non se ne parla. Non ti lascerò qui a farti
divorare dall’odio per Kaname e per i vampiri».
Per la prima volta da che ne aveva memoria,
Eric sentì di stare perdendo il controllo, e forse dimenticando la sua vera
forza afferrò Izumi per gli avambracci in un misto di rabbia, paura e
frustrazione.
«Izumi, non puoi continuare così! Non puoi
rischiare la vita in questo modo!»
«Eric aspetta. Così mi fai male!»
«Potrebbero ucciderti, lo capisci o no?».
Di nuovo, un istante parve squarciare la
tensione di quel momento, e da un secondo all’altro Eric si ritrovò con una
pistola puntata alla testa, ed il suo aggressore a sua volta tenuto sotto tiro
da Nagisa, comparsa come al solito dal nulla in difesa del suo padrone.
Zero non aveva mai visto Eric Flyer, pur
avendo sentito parlare di lui, quindi dal suo metro di giudizio, ed in base a
quel poco che aveva visto prima di intervenire, quello che stava accadendo era
semplicemente il tentativo di aggressione da parte di un vampiro ai danni di
una ragazza umana.
«Niente vampirismo in questa scuola.» disse
apparentemente indifferente al taglio di mano che Nagisa teneva appoggiato al
suo collo
«No, aspetta.» si affrettò a dire Izumi, visto
che Eric non pareva intenzionato in alcun modo a difendersi «Non ha tentato di
aggredirmi.»
«Non è quello che ho visto io».
Eric e Zero si fissarono per alcuni secondi,
poi, forse in segno di distensione, Eric ordinò a Nagisa di allontanare la
mano, comando che la ragazza, pur riluttante, eseguì.
Nonostante ciò Kiryu
continuò ad essere scettico, ma per fortuna intervenne il direttore a salvare
la situazione.
«Lascia stare, Zero.» disse comparendo da un
boschetto «È tutto apposto. Lui è Eric Flyer, ed è un mio amico».
Nel sentire il nome Flyer Zero, pur con
qualche evidente esitazione, abbassò e rinfoderò la pistola; che Eric Flyer
fosse un cacciatore unico nel suo genere già lo sapeva, ma che fosse addirittura
un vampiro era una cosa che nessuno si era mai preoccupato di dirgli.
Da parte sua, Eric concluse che quella serata
doveva finire quanto prima; era chiaro che nell’aria c’era troppa tensione, e
visto che Izumi non sembrava avere alcuna intenzione di tornare sui suoi passi,
l’unica cosa da fare per il momento era lasciare che gli eventi seguissero il
loro corso.
E poi, nonostante tutto, si fidava del
direttore, sapeva di poter contare su di lui.
«Non si era detto niente problemi?» disse il
direttore quando Eric gli passò accanto.
Il ragazzo non rispose, e dopo aver augurato
un’asettica buonanotte se ne andò, accompagnato con Nagisa e seguito con lo
sguardo dai tre umani.
«Ora.» disse Kaien
ad Izumi «Penso sia il caso che anche tu faccia ritorno in stanza.»
«Sì, capisco.» rispose lei come una bambina
cattiva che viene messa in punizione «Allora…
buonanotte.» e detto questo se ne andò dopo aver fatto un leggero inchino anche
a Zero
«Zero.»
«Sì?»
«Tieni sempre d’occhio quella ragazza. È come
un coniglio succulento in una gabbia di cani da caccia.»
«Cani selvaggi o addestrati?» domandò
provocatoriamente il ragazzo
«Addestrati, credo. Ma anche il cane più
addestrato a volte cede all’istinto».
Nota dell’Autore
Salve a tutti!^_^
Scusate il ritardo
abnorme ed osceno, ma questa settimana ho avuto qualche problemino, e così ho
avuto poco tempo per scrivere.
Ora cominciano le cose
serie, e come vi avevo promesso, un po’ per volta, stanno cominciando ad
apparire i vari OC arrivati fermo posta da ToF.
Inoltre, a tal proposito,
vi informo che ai personaggi già citati nel prologo se ne è appena aggiunto un
altro: si è appena infatti aggiunta, con l’autorizzazione di Harella, anche Raven Ohak.
Eric si mette subito
in mostra, vero? Per citare Wasabi “Appena arrivato,
e sei già nella m….”.
E da qui in avanti le
cose si faranno sempre peggio, credetemi.
Per un po’ saranno
capitoli semplici, di presentazioni, ma tranquilli che la situazione
precipiterà in fretta.
A presto!^_^
Carlos Olivera