Quel giorno
c’era tanta, tantissima
luce.
La giornata di inizio anno dell’Accademia Ninja incominciava
così, con gli
alberi di ciliegio in prematura fioritura, e un sole caldo che brillava
dall’alto di un cielo luminoso, sovrastando la folla rumorosa
di genitori e
bambini che s’accalcavano di fronte all’edificio.
All’epoca Ino non aveva idea di chi
fosse quella bambina dai capelli rosa, o il ragazzino biondo che stava
sempre
solo. Notò un bambino con gli occhi scuri e il volto serio,
e quella
pettinatura così buffa, ma non si fermò. No, lei
non conosceva quei volti,
ognuno dei essi rappresentava qualcosa di nuovo e sconosciuto, e quella
sensazione così estranea la rendeva eccitata e nervosa. E
all’improvviso la
mano di suo padre, che stringeva la sua, diventò davvero
fastidiosa, e pensò a
quanto sarebbe stato divertente correre per quelle strade, lasciandosi
affogare
fra i petali che fioccavano a terra. Improvvisamente riconobbe, con un
guizzo
degli occhi azzurri, il ragazzino strano che i suoi gli avevano
presentato
parecchio tempo prima, e con la quale si era trovata spesso a giocare:
dava
l’impressione di comportarsi da adulto, ma in qualche modo
sconosciuto,
riusciva sempre a farla ridere. Era il suo vicino di casa oltre che
migliore
amico, altresì conosciuto come Shikamaru Nara.
Divincolandosi
dalla stretta del
padre, Ino corse verso di lui, cercando di non farsi notare.
Com’era
prevedibile, il bambino si trovava in disparte, sdraiato
all’ombra di un grande
albero, con gli occhi chiusi. Sicuramente dormiva. Lei
rallentò il passo, e si
avvicinò con passo felpato, un sorrisetto furbo dipinto
sulle labbra. Si
sedette di fianco a lui, che ancora non dava segno di essersi accorto
di nulla,
e per completare lo scherzo, strappò alcuni fili
d’erba, e si mise a solleticargli
il naso.
La reazione che aspettava non si
fece attendere a lungo. Il bambino incominciò a fare delle
smorfie, arricciare
il naso, per poi fare un rumoroso starnuto. Finalmente, aprì
gli occhi,
sollevandosi a sedere: nella luce accecante della tarda mattinata gli
ci volle
qualche secondo per mettere a fuoco la figura della compagna,
accucciata
proprio vicino a lui, che rideva a crepapelle.
“Oh,
Shikamaru! Non guardarmi in
quel modo, dai! Ti fossi visto, avevi una
faccia…”, esclamò fra le risate.
“Che
cosa stupida”, borbottò lui.
“Certo
che sei strano. Oggi è il
nostro primo giorno di accademia, e tu non sei emozionato neanche un
poco”
“Non
vedo perché dovrei”, replicò
lui con ovvietà.
“Te
lo dico io! Me lo ha spiegato
mio Papà! – proclamò lei con aria di
infantile orgoglio – perché essere ninja
significa prendersi carico delle proprie responsabilità,
giurare fedeltà al
villaggio, combattere per lui al costo della vita, oltre che affrontare
le
situazioni più pericolose con coraggio!”
“Sembra
seccante. Non credo mi
interessi troppo”
“Ma
cosa dici…!”
“Che
cosa dico? Che me ne vado a
casa a dormire.”, mormorò lui con uno sbadiglio,
facendo per alzarsi.
“No,
non puoi!”, strillò
improvvisamente lei, afferrandolo per il lembo della maglietta.
Lui ricadde
goffamente a terra, per
poi guardarla con occhi vagamente infastiditi.
“Ma
che fai?! Lasciamo, Ino!”
“Assolutamente
no! Tu resti qui, e
poi entri in classe con me e Chouji!”
“Ma
che t’importa se divento ninja o
meno!”, replicò lui, esasperato.
A
quell’affermazione, gli occhi
della bambina si fecero improvvisamente seri, e brillarono
d’una luce di
determinazione.
“Facciamo
un patto, Shikamaru. Anzi…
Una promessa”
“Eh?”
“Devi
promettermi che, da adesso in
poi e per sempre, tu mi proteggerai!”
Lui la
fissò per qualche secondo,
senza capire. Perché avrebbe dovuto proteggerla? Ma da cosa
poi? Di solito era
Ino che faceva a botte con gli altri bambini, e si comportava sempre
come un
maschiaccio. Al momento, la sua salute era la cosa che lo preoccupava
meno.
…Ma
appunto ricordandosi di come i
calci della ragazzina sapessero colpire proprio i punti giusti, e
tenendo
presente le unghiate che tirava, si lasciò andare a un
sospiro, prima di
annuire con aria poco convinta.
“E va
bene”
“No,
non così! Dobbiamo dire la
formula del giuramento!”, incalzò lei, sbattendo i
piedi.
‘Che
cosa fastidiosa.’
Le loro dita
s’incrociarono, e
Shikamaru, con aria solenne, proclamò:
“Prometto
in nome di tutto ciò che è
vero che da oggi fino all’eternità, io ti
proteggerò. Lo giuro. Ok?”
“Grazie,
Shika!”, sorrise lei,
radiosa.
Il ragazzino
abbassò la testa,
grattandosi il naso: trovava
parecchio
seccante arrossire davanti a una femmina, e farsi vedere magari. Si
alzò, spolverandosi
i pantaloni, e le tese la mano.
Dai, andiamo o
faremo tardi.”
. . .
S m
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t s
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. .
.
Erano passati
sette anni da quel giorno. Faceva freddo, e il cielo era coperto da
pesanti
nubi nere. Pioveva, c’era poca luce. Le strade erano deserte,
sovrastate da un
silenzio innaturale, interrotto solo dal gocciolare ritmico
dell’acqua.
Lei aspettava.
Shikamaru era partito quella mattina presto con Neji, Kiba, Chouji e
Naruto. Perché
Sasuke-kun se ne era andato:
così
dicevano tutti, e la loro missione era quella di riportarlo indietro.
Quando
Asuma sensei l’aveva informata, Ino aveva spalancato gli
occhi per la sorpresa,
completamente sconvolta: non avrebbe mai creduto possibile che Sasuke
facesse
una cosa del genere. Sapeva del suo desiderio di vendetta, sapeva la
storia del
Clan Uchiha… Ma quello significava tradire Konoha. Se era
disposto a
compromettere la sicurezza della sua casa per il potere, alleandosi con
un
nemico, che differenza c’era fra lui e Itachi? Non capiva.
Sakura era in
lacrime. Lei non riusciva a capire.
Di una cosa
però, non aveva dubitato nemmeno un istante. Era sicura che
ce l’avrebbero
fatta. L’avrebbero portato indietro, non c’era
dubbio. Dopotutto, Shikamaru era
chunnin, e Neji uno dei genin più potenti del Villaggio. Non
poteva sapere
degli shinobi del suono, lei, e di fronte al suo sorriso sfrontato,
né Asuma né
Kurenai avevano avuto il coraggio di dire nulla.
Ino era
tranquilla. Sapeva che se la sarebbero cavata in qualche modo, come
sempre.
Quella mattina il cielo era chiaro, il sole brillante. Anche il
pomeriggio si
era mantenuto limpido, nonostante la brezza che s’era alzata.
Ma Shikamaru non era ancora tornato. Il pomeriggio aveva lasciato posto
alla
sera. E mentre il si cielo annuvolava, Ino aveva potuto sentire
chiaramente una
stretta stringerle il petto. Un brutto presentimento. Ma
possibile che non tornassero?
Era passata
un’altra ora.
Dal
principio, Ino non li vide. Sagome nel buio della sera. Troppo
intorpidita, non
si accorse delle presenze che s’avvicinavano. Ma quando
udì il calpestare dei
piedi sul selciato, quando sentì i primi echi delle voci,
quando finalmente
alzò lo sguardo, vide. Vide i suoi compagni sorretti dai
ninja inseguitori, e
aprì la bocca per parlare, per gridare, ma si
scoprì troppo debole anche solo
per quello. Loro si avvicinavano poco a poco, e finalmente,
riuscì a
distinguerne i contorni con chiarezza. Kakashi era in capo al gruppo,
trasportava Naruto sulle sue spalle. Poi, con un sussulto, si accorse
di
Chouji, incosciente, gravemente ferito. Fece per avvicinarsi, e
finalmente lo
vide. Era zoppicante e ferito, esausto e al limite della resistenza. Ma
vivo.
Shikamaru stava bene.
Mentre gli passarono di fianco, lanciando appena un occhiata a quella
strana
ragazzina, lui riuscì ad alzare appena la testa, tenendo gli
occhi aperti a
fatica, tentando di abbozzare un saluto, ma fallendo miseramente. Lei,
fece del
suo meglio per sorridere, rassicurante.
I ninja della sabbia, impassibili sotto la pioggia battente,
evanescente e
silenziosi come ombre, li seguivano a distanza di pochi passi, a testa
alta.
Fu solo in quel momento che Ino, guardandoli mentre
s’allontanavano, capì che
c’era qualcosa di sbagliato. Qualcosa che mancava. Poi, la
consapevolezza la
colpì come un colpo di frusta:
Sasuke-kun non
c’era. Non erano
riusciti a riportarlo
indietro: la missione, era fallita.
Alla terza
mattina, s’erano scontrati in maniera del tutto casuale. Solo
di caso poteva
trattarsi, che Ino proprio in quel momento dovesse sbucare da quel
vicolo, di
corsa. Solo il caso poteva determinare che Shikamaru dovesse camminare
lungo
quella strada, e arrivare in coincidenza del vicolo proprio mentre lei
schizzava a tutta velocità e con mille distrazioni in testa.
L’impatto,
dopotutto, non era stato troppo violento. Lui era riuscito a mantenersi
in
piedi, appoggiandosi al muro, e afferrandola per un braccio a in modo
da non
far cadere neanche lei. Si ritrovarono così a fissarsi negli
occhi, parecchio
stupiti e parecchio scocciati entrambi, tant’è che
Shikamaru ci impiegò un po’,
a riconoscere quelle iridi assurdamente azzurre.
”Non vedo perché dovrei!”
”Senti chi parla!”
A quella
reazione inaspettatamente quieta, anche Ino si calmò, e
preso un bel respirò,
liquidò il tutto con uno sguardo di sufficienza.
* * *
La missione
non doveva essere nulla di particolarmente impegnativo.
Perlomeno, per tre chunnin esperti e un jounin non sarebbe dovuto
esserlo.
Questo aveva pensato Ino, ed era partita da Konoha col cuore leggero,
senza
alcun presentimento ad offuscarle la mente.
Poi
però,
era successo.
Il combattimento con i mukenin della Roccia non stava andando
esattamente come
sperato: magari era stata sfortuna, forse la sua solita
superficialità
nell’affrontare le situazione e sottovalutare gli avversari,
non avrebbe saputo
dirlo. Fatto sta che si era ritrovata a terra, disarmata e stordita,
mentre un
doppio shuriken roteante si avvicinava a lei a gran
velocità.
Ma la cosa peggiore, era che non riusciva a muoversi. Ino chiuse gli
occhi,
sforzandosi di accettare la prospettiva che la lama sibilante la
trapassasse da
parte a parte, e che per lei fosse arrivata la fine.
Ma
l’impatto non avvenne mai. La kunoichi udì un
imprecazione, passi veloci,
clangore di metallo. E quando aprì gli occhi vide, davanti a
lei, di spalle
“Shikamaru!”
Lui si
limitò a voltarsi, quel poco che le bastò per
intravedere i suoi occhi, e la
linea della bocca semiaperta, come sul punto di dire qualcosa. Ma la
ferita
glielo impedì, e con un sussulto, cadde in avanti, le
ginocchia e le mani nel
fango, a tossire sangue per terra.
Ino riuscì
soltanto a fissarlo con l’orrore negli occhi.
Com’era potuto succedere? Come aveva
potuto lasciare che accadesse?
“Ino?!
Ino,
che hai? Riprenditi, dobbiamo andarcene di qui!”
“Dobbiamo
trovare un posto… Nasconderci. Devo vedere la
ferita.”, riuscì mormorare,
controllando i balbettii. Il ragazzo annuì, caricandosi il
compagno sulle
spalle, mentre gli avversari venivano distratti dai fumogeni del quarto
membro
della squadra, e riuscirono a fuggire nella fitta boscaglia.
“Come
sta?”
Ancora un
volta, la voce di Chouji la colse di sorpresa, facendola trasalire.
Era sera, e loro s’erano accampati da qualche ora. Ino aveva
usato il massimo
del suo chakra, sfruttando tutto ciò che poteva sapere
sull’arte medica, per
curare Shikamaru, che ora sembrava riposare tranquillo. Di fianco a
lui, ancora
incrostate di sangue, giacevano le lame che un tempo erano appartenute
ad
Asuma-sensei.
“E’
a
posto. Sai, le ha usate – e indicò con un cenno i
due pugnali – per bloccare
l’attacco. Lo shuriken non era arrivato troppo in
profondità, la ferita era
meno grave di quanto potesse sembrare. Sicuramente, ha avuto molta
più
prontezza di riflessi di quanto avrei potuta averne io.”,
concluse con un
sospiro, e si lasciò andare a uno sbadiglio.
L’Akimichi
si limitò ad assentire.
“Forse
dovresti riposare, adesso. Shikamaru è fuori pericolo, e tu
hai usato tutta la
tua energia per curarlo. Domani, all’alba, torneremo a
Konoha.”
Lei
annuì
distrattamente, gli occhi persi fra le scintille del fuoco che avevano
accesso
in mezzo alla radura. Chouji la salutò, alzandosi per
dirigersi al proprio
giaciglio.
Passarono
alcuni minuti nel silenzio più assoluto. Solo il fuoco
crepitava, e ogni tanto
il vento faceva stormire le foglie. L’ululato dei lupi
suonava lontano e
indistinto.
“…Allora?
Non vai a dormire?”
Questa
volta a parlare era stata la voce roca e graffiata di Shikamaru.
“Ma
tu… Sei
sveglio? Da quanto?”, domandò Ino, arrossendo
immediatamente.
“Poco”
Passarono
alcuni lunghi secondi.
“Allora,
domani torneremo a Konoha?”, mormorò Ino, con gli
occhi a terra.
“Non
abbiamo molta scelta. Ormai…”
“…La
missione è fallita”, concluse lei.
“Seccante”,
assentì il ragazzo.
Altri
attimi di silenzio.
“Non
avresti dovuto”, proruppe la kunoichi, con voce sul punto di
spezzarsi.
“Eh?”
“Non
avresti dovuto metterti in mezzo – ripeté, quasi
urlando – mentre combattevo!”
“Ma
sei
scema?!” Guarda che saresti morta!”
“Non
dire
idiozie!”
“Sentiamo,
allora, quale brillante piano avevi escogitato durante quei tre secondi
che
precedevano il momento in cui la lama ti avrebbe trapassato da parte a
parte?!”
“A…Adesso
non lo so! Ma mi sarei inventata qualcosa!”
“Beh,
allora scusa tanto se ti ho salvato la vita! Che donna
fastidiosa…”
“E se
sono
così seccante, perché l’hai
fatto?”,
mormorò con un tono che minacciava di essere
sull’orlo del pianto.
Shikamaru
la fissò per qualche breve secondo, le sopracciglia
aggrottate
nell’atteggiamento che assumeva praticamente ogni volta che
lei gli chiedeva
qualcosa a suo parere talmente ovvia da non meritare neanche una
risposta.
“Era
una
promessa, no?”, rispose dopo un po’, voltando la
testa dall’altra parte, verso
il fuoco morente.
Lei non
rispose, limitandosi a stringere i pugni. Rimase in silenzio anche dopo
un po’,
e quell’atteggiamento insospettì Shikamaru.
“Ehi,
Ino…”, disse allora, messo a disagio da quel
silenzio che non prometteva nulla
di buono. Ma, una volta rivoltatosi, si bloccò a
metà della frase dalla
sorpresa.
Ma che cavolo
aveva?
“Ino?”
Lei
tirò su
col naso e basta.
“Adesso
mi
dici che c’è da piangere?”
“Io
non sto
piangendo!”, rispose lei con voce stridula.
“Già,
certo”, borbottò il ragazzo, sarcastico.
“Non
prenderti gioco di me, non piango affatto! Non c’è
niente da piangere, no?!
Quindi… E’ solo il fumo che mi è
entrato negli occhi”
“Il
fuoco è
spento, Ino”
Per tutta
risposta, lei incominciò a singhiozzare più
forte, le mani che andavano a
coprire il volto arrossato, mentre le spalle tremavano leggermente.
“Tu
te la
ricordi, la tua promessa?”, domandò lui, esitante,
dopo qualche secondo.
“Cosa?”,
sussurrò la ragazza.
“La
tua
promessa”, ripeté
I suoi
occhi azzurri si spalancarono, prima che un sorriso appena accennato le
piegasse gli angoli della bocca.
“Che
sciocco che sei. Certo che me la ricordo. Dopotutto, sono stata io a
fartela.
Lui
sorrise.
“La
prossima volta, allora…”
Non
riuscì
a terminare la frase, che i suoi occhi incominciarono a chiudersi, e la
voce
sfumò nel silenzio, mentre il suo respiro si faceva regolare
e tranquillo.
Ino si
lasciò andare a un lungo sospiro, passandosi una mani fra i
capelli sporchi. I
suoi occhi caddero sul profilo addormentato del compagno sdraiato di
fronte a
lei, e senza neanche accorgersene, si ritrovò a chinarsi su
di lui, le labbra
che quasi gli sfioravano la pelle, e un sussurro bloccato in gola.
Deglutì.
“Grazie,
Shikamaru”
* * *
“Shika?”,
la sua voce
esitante lo strappò dai propri pensieri
“Mh?”,
rispose distrattamente
“Mi
aiuterai sempre, non è vero?”
“Sì,
lo farò”
“Allora
anche io
voglio prometterti qualcosa!”, esclamò la
ragazzina a voce alta, non volendo
essere da meno
“Fa
un po’ come
vuoi…”, borbottò lui.
“Non
sei affatto
carino”
“Ho
detto che ti
aiuterò, mica che sarò il tuo maggiordomo
personale”
Lei lo
guardò con aria
indispettita, facendogli la linguaccia.
“Allora,
questa
promessa?”, disse in esasperazione.
“Ah,
ma allora ti
importa! – rise lei, modificando immediatamente la propria
espressione in un di
giubilo – Quindi, Io… Io ti giuro che
starò sempre al tuo fianco!”
“Ma
che razza di
promessa è?!”
“Cooosa?
Non ti va
bene?!”, rispose immediatamente la bambina, cambiando
pericolosamente
espressione
“Tu
lo giuri?”,
domandò, guardandola con aria improvvisamente seria.
“Sì”
“E’
una promessa, Ino”
”E’ un promessa”, rispose con un piccolo
sorriso.
Anche le sue
labbra si
piegarono appena.
E le loro mani s’intrecciarono.
Finalmente, ce l'ho fatta °_°"
Debbo scusarmi con
Kaho-chan, che mi ha commissionato questa storia, per la pazienza che
ha avuto. In effetti ho impiegato un sacco a scriverla. La prossima,
sarà una NejiTen.
Bene, abbastanza con le
chiacchiere inutili. *goes
back to writing*
Ja Ne,
suzako