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Autore: Elle Sinclaire    03/10/2012    2 recensioni
Un liceo americano, sette ragazzi.
Una cittadina di provincia, una routine ormai collaudata che entrerà in crisi, feste e intrecci faranno da sfondo alle vite degli studenti del Sequins High che vivono le loro vite come nei migliori telefilm sui licei degli USA. O almeno così sembra.
[Dal primo capitolo: "La routine implicava comunque il suo passo affrettato, gli spintoni sull’autobus e la puzza di topo morto proveniente dalle ascelle di Jeremy Cunningham, suo compagno nel corso di scienze; il rientro a scuola, la prima sigaretta della giornata in cortile con Coop, la sosta davanti all’armadietto di Victoria.
Ed era da quel momento in poi che rimpiangeva i morsi ai polpacci di Lucy e i pugni nello stomaco di Jamie: il primo spintone di solito era di Simon Scott, il quarterback della squadra di football, accompagnato dagli insulti di JC Cook, il ragazzo più bello e popolare della scuola.
La storia che vi racconterò, parlerà proprio di come JC Cook scardinò per sempre la routine di Chase Lucas Walker.]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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A Emily e alla sua laurea,
al Martini rosato,
i tacchi alti,
i quiz musicali.
Mi mancate. 

 

8. Problemi in famiglia.

Canzone del capitolo.

Che quello sarebbe stato un anno particolare, JC lo aveva capito il primo giorno di scuola, mentre camminava al fianco di Simon nel corridoio principale del Sequins High: aveva sempre aspirato ad avere i denti dritti come le file degli armadietti e trovarli inclinati e ammaccati proprio al centro, in corrispondenza di quelli che dovevano essere i suoi incisivi, lo aveva sconvolto.
Oltretutto, la settimana prima dell’inizio dell’anno scolastico, una chiromante gli aveva pronosticato un futuro colorato – “quasi arcobaleno”, aveva detto – perciò aveva iniziato la scuola con un senso aspettativa piuttosto alto. Sperava in una borsa di studio per il football o che finalmente Grace smettesse di fare pressioni per il sesso. Forse avrebbe dovuto dirle che voleva aspettare il matrimonio, ma probabilmente lei avrebbe trovato il modo di sposarlo a sua insaputa. Su alcune cose era decisamente più furba di lui.
Stava ancora aspettando che qualcosa di nuovo accadesse, qualcosa che non fosse inerente agli agguati di Grace né alle cospicue prestazioni sessuali sconvenienti di Hope con lo sfigato né con il nuovo e sin troppo stimolante lavoro al Pink Flamingo. Era ormai ottobre e si sentiva sospeso in un limbo sin troppo avvilente, perché la routine del football, il lavoro e la scuola lo aveva stancato ancora prima che ricominciasse, il mese prima.
In quell’istante, per amor di precisione, stava aspettando seduto al banco in ultima fila dell’aula di Economia Domestica la professoressa Perky, la grassona rossa di capelli che meritava la sua simpatia solo per l’odio imperituro che nutriva nei confronti di Coop. Quest’ultimo era seduto tre banchi più avanti e blaterava con il piccoletto, gesticolando per aria come un pazzo, forse cercando di indovinare cosa sarebbe accaduto da lì a breve e a quale progetto avrebbe dovuto prendere parte.
Non aspettarono troppo, purtroppo, per scoprirlo: l’ignoranza sarebbe stata una culla più confortante dell’idea di dover affrontare tali compiti. La Signora Perky entrò in classe, come al solito priva di grazia e fascino alcuno, caracollando sui tacchi non più alti di cinque centimetri. JC fece una smorfia schifata e notò che sarebbe stato più femminile lui vestito di una tuta da meccanico piuttosto che la professoressa, ma non disse niente, limitandosi a fissare la nuca di Chase che invece ridacchiava a bassa voce.
“Bene, buongiorno a voi, piccoli pidocchi,” disse, con la solita gentilezza che la contraddistingueva, “la regola numero uno da ora in poi sarà: nessuno di voi avrà una vita indipendente da quella del proprio partner per i prossimi mesi. Quindi ora estrarrò i nomi e formeremo le coppie; non voglio sentire alcuna lamentela, nessuna recriminazione e se scopro che cercate di imbrogliare farò in modo che questo sia il primo di una lunga serie di Juniors Year.”
Coop sbuffò, sorridendo maligno a un ragazzo grosso il doppio di lui che sedeva al banco accanto. Chase scosse la testa divertito e allo stesso tempo preoccupato. Quella storia non gli piaceva affatto e aveva come l’impressione che qualche equilibrio stesse per saltare e sconvolgere le precarie certezze degli studenti del Sequins. Quando la professoressa parlò, ne ebbe la certezza.
“Ad ogni coppia verrà assegnato un neonato, sottoforma di bambolotto. Sono di ultima generazione, hanno bisogno di pasti regolari, che venga cambiato loro il pannolino, di dormire un certo numero di ore a notte e a pomeriggio. Dovrete passare le giornate insieme, come una famiglia e far quadrare i virtuali conti per mantenere vostro figlio. Il bambolotto avrà un nome, una data di nascita e due genitori amorevoli e presenti.”
Il silenzio era sceso sulla classe, mentre la Signora Perky parlava senza curarsi degli sguardi sbigottiti degli studenti. Coop avrebbe voluto ridere, ma si trattenne giusto in tempo prima di essere cacciato fuori dalla classe; Chase ad occhi sbarrati guardava il vuoto davanti a sé, pensando che era sempre stato contento del proprio orientamento sessuale per l’impossibilità di avere marmocchi che si svegliavano in piena notte e che vomitavano in giro per casa; Grace sorrideva con sguardo assente e si arricciava una ciocca di capelli tra le dita, pensando che in fondo poteva essere un bell’esercizio per quando di bambini ne avrebbe avuti con JC che, al contrario, sembrava terrorizzato alla sola idea di tenere in braccio un bambolotto.
“Bene, possiamo cominciare con l’estrazione.”
Quando infilò la mano nel sacchetto di plastica pieno di foglietti bianchi ripiegati, Chase tremò, Coop chiuse gli occhi e JC sperò ardentemente di non finire in coppia con Grace che sicuramente avrebbe trovato il modo per circuirlo, con la scusa di dare al loro bambolotto un fratellino o una sorellina.
“David Cooper.”
La voce della signora Perky era troppo chiara, troppo alta e troppo soddisfatta, come se già sapesse cosa quel semplice compito avrebbe messo in moto. Estrasse il secondo biglietto con un sorriso sadico in volto.
“… E Dana Turner.”
Una ragazza dai capelli castani e gli occhi grandi e verdi arrossisce sotto il suo sorriso malizioso e distoglie l’attenzione da lui, sorridendo imbarazzata.
La professoressa sbuffa, evidentemente intristita dal fallimento del suo piano di accoppiarlo con un qualche giocatore di football che avrebbe potuto spezzargli le ossa e infila nuovamente la mano nel sacchetto.
“Helena Ryder e Mark Prewett…”
“Grace Peterson…”
Grace guardò speranzosa verso JC che continuava a pregare qualunque dio gli venisse in mente di non essere il prossimo nome a uscire dalle labbra rinsecchite della Perky.
“… E Jeremy Cunningham.”
Un ragazzo magrissimo, con gli occhiali spessi come fondi di bottiglia e i capelli unti spiaccicati sulle tempi sorrise felice, mai stato così entusiasta di qualcosa in vita sua: lui che non aveva mai potuto neanche pensare di parlare con una cheerleader, ora sarebbe stato suo marito! Oltre ogni previsione, si disse imitando il tono della McGranitt, gonfiando il petto rachitico dell’orgoglio di poter essere finalmente qualcuno che conta.
La professoressa chiamò un altro paio di coppie, prima di arrivare a chiamare Chase; lui sorrise nervoso, incassando la gomitata incoraggiante di Coop che già si stava ingegnando a trovare un modo per sedurre la piccoletta con cui avrebbe.
“… E Jackson Cook!”
Il silenzio scese nella classe, nel momento in cui il ghigno sadico della signora Perky si indirizzò verso di loro. Si guardarono per un istante solo, prima di distogliere lo sguardo imbarazzati, increduli di fronte alla sfortuna che Chase era convinto si fosse accanita su di lui, ancora una volta. Non poteva far finta di essere sposato con JC, neanche per un fottuto compito di Economia Domestica; non voleva passare del tempo con lui né accudire uno stupido bambolotto né preparare le relazioni mensili alla classe; soprattutto non voleva farlo entrare in casa sua, per niente al mondo.
“Cazzo,” fu l’unica cosa che riuscì a dire, mentre Coop accanto a lui ancora non si era ripreso dallo shock e guardava sconvolto un punto imprecisato davanti a loro.
“Cazzo,” gli fece eco JC, dall’altra parte della classe.
Se c’era una cosa che Chase avrebbe dovuto capire già da settimane era che la routine non sarebbe mai più stata la stessa; al contrario JC l’aveva capito, ma non aveva immaginato catastrofi simili né colpi di scena così poco divertenti.
Come avrebbero convissuto per i prossimi mesi a stretto contatto?
Coop una riposta l’aveva: quei due si sarebbero ammazzati.

a

Casa di Chase era una graziosa villetta a due piani, a nord di Sequins; da meno di un anno era riuscito a guadagnarsi una stanza tutta per lui, non abbastanza lontana da quella dei gemelli, ma in cui comunque poteva sopravvivere in solitudine senza attentati ai suoi polpacci. Per fortuna non era uno di quei gay che amava i pantaloni corti sopra il ginocchio, altrimenti Lucy e Jamie avrebbero avuto troppa pelle da mordere a sangue.
Quando entrò in casa, quel pomeriggio, non poteva crederci che anche il sacro rito della svestizione in camera dopo la scuola, seguita da scrub e creme idratanti sul corpo – ogni parte del corpo – sarebbe stato rimandato al dopo cena: purtroppo quel pomeriggio non doveva badare solo ai gemelli, ma anche a un bambolotto, grande quanto un bambino di un pochi mesi, e a un giocatore di football tanto bello quanto idiota.
La professoressa Perky aveva infatti deciso che il compito non poteva aspettare e già il giorno dopo avrebbero dovuto consegnare un elaborato sul primo giorno da genitori.
“Qui c’è scritto che tu sei una casalinga e io porto i soldi a casa.”
JC non gli sembrava molto contento di questa situazione e del suo ruolo di donna di casa: troppi muscoli, troppo testosterone, troppo amore per il football.
“Sei tu quello con le tende rosa alle finestre,” rispose indicando la stoffa a fantasia fiorata che filtrava la luce del sole, “dovrei essere io il marito; magari pure uno violento, sai mi piacerebbe farti un occhio nero.”
Chase alzò gli occhi al cielo, già stanco delle lamentele dell’altro che da quella mattina non aveva fatto altro che minacciarlo e guardarlo male. JC non era mai stato tra i più violenti, non lo aveva mai picchiato né appeso per le mutande come spesso lo aveva visto fare con Jeremy Cunningham ed era stato anche piuttosto simpatico con lui, qualche settimana prima, quando si erano incontrati in spiaggia. Non aveva paura di lui, solo odiava dover passare i suoi pomeriggi in sua compagnia.
“Sì, sì, sono sfigato, sono una checca, mi vuoi picchiare, blablabla,” sbiascicò con poco interesse, “ora preferirei che usassi il tuo piccolo cervellino per aiutarmi con questa relazione piuttosto che per insultarmi nello stesso identico modo di sempre.”
JC ringhiò in modo poco elegante, Chase lo guardò con sufficienza qualche istante, paragonandolo a una rana dalla bocca decisamente troppo larga; forse assomigliava più a un formichiere ora che lo osservava meglio.
“Voglio chiamarlo Rocky.”
“Rocky?”
“Sì, Rocky. E Balboa sarà il suo secondo nome!”
“Ma non ci penso neanche! Il suo nome sarà Barbra, in onore di Barbra Streisand! Oppure Lady!” Rimase qualche istante in silenzio, pensieroso, poi continuò. “Oddio, Lady è perfetto! Lady Barbra Walker!”
“Rocky Balboa Cook!”
“No! Ho detto Lady Barbra! E avrà il mio cognome, sono io il padre! A proposito vai a riscaldare il biberon per la piccola Lady, ha fame.”
In quel momento JC si era reso conto che il bambolotto aveva cominciato a piangere e le sue guance si erano illuminate di rosso. Come dannazione aveva fatto Chase a capire che fosse solo fame?
“Fallo smettere di piangere, Walker, mi sta trapanando il cervello.”
“Quale cervello, Cook?”
L’altro imbestialito si alzò e si avvicinò minaccioso, tanto che Chase se lo ritrovò a pochi centimetri dal volto. Per un momento pensò che se lo avesse baciato, probabilmente sarebbe stato inghiottito, ma per fortuna non avrebbe dovuto subire tale affronto.
Chase alzò le mani in segno di resa, nient’affatto intimorito, se non per la salvezza della propria sanità mentale.
“Senti, dobbiamo riuscire a convivere pacificamente per qualche mese. Lo so, non voglio farlo neanche io, ma non abbiamo altra scelta e non voglio essere bocciato in Economia Domestica, l’avevo scelta come materia per imparare a cucire e cucinare, non per ritrovarmi con un bambolotto da dover crescere con un gorilla – senza offesa! Perciò troviamo dei punti di accordo: niente Rocky né Barbra. Che ne dici di Adelaine? Troppo antico? Costance? Selene è un nome da pornostar, ma mi piace molto, sai, mi ricorda Sailor Moon…”
“E se fosse un bambino?”
“Scordati che mio figlio giocherà mai a football, Cook!”
L’altro sbuffò, sibilò qualche imprecazione tra i denti e poi si arrese. “Bambina, ma nessun nome di icona gay.”
“Cavolo, devo depennare dalla lista anche Gloria e Madonna…”
“Volevi chiamare nostra figlia Madonna? Cavolo, Walker, tu sei davvero malato…”
Chase non fece neanche caso al fatto che stavano parlando di un bambolotto con l’appellativo di “figlio”, o forse preferì ignorarlo e continuare quel battibecco che stava assumendo connotazioni surreali e divertenti.
“Ok, vada per un nome più sobrio. Cosa consigli, mister eterosessualità?”
“Angelina? Scarlett? Jennifer?”
Ci pensò su qualche istante, camminando avanti e indietro per la stanza, poi si bloccò come folgorato da un’illuminazione improvvisa. “Joey! Come Joey Thomas dei Raiders!”
“È una bambina, quindi sarà Joey, come Joey Potter di Dawson’s Creek.”
JC rivolse uno sguardo d’amore al bambolotto che ancora piangeva per l’assenza di cibo, con le guance intermittenti e gli occhi sbarrati. “Come preferisci, Walker. Sarà sempre il mio bambino.”
A Chase sembrò quasi commosso.

a

Coop non poteva crederci: aveva incontrato la donna più bella del mondo, solo pochi minuti prima dell’uscita dalla scuola, proprio davanti al portone. Gli era andato contro, sbattendo contro una sua spalla e facendole cadere di mano i numerosi libri e fogli sparsi che si portava dietro; aveva alzato lo sguardo scocciato su di lei, mentre si abbassava per aiutarla a raccoglierli e Cupido aveva scoccato la propria freccia.
Bionda, bella, magra, sbatteva le ciglia lunghe nella sua direzione. La più bella donna mai vista, senz’alcun dubbio. Le aveva sorriso accattivante, tirandosi su il colletto della polo, come gli era stato insegnato dal suo maestro Fonzie, e poi aveva sfiorato vago una sua mano.
“Mi scusi,” aveva sussurrato, “lasci che la aiuti.”
Le era sembrato di vedere la professoressa arrossire, ma non avrebbe potuto dirlo con certezza, perché un ciuffo di capelli biondi era scivolato fuori dalla treccia e si era posato davanti al suo viso.
“Non le sembra una scena di un film? Insomma, incontrarsi così…”
Forse quella frase non era stata una buona idea: troppo sfacciata, troppo diretta, troppo da lui. La professoressa infatti si era alzata di corsa, rossa in volto e indignata, mostrandogli la perfetta panoramica delle sue gambe lunghe e se n’era andata, dandogli la possibilità di ammirare anche il suo sedere.
Aveva appena raccolto l’ultimo libro che lei non aveva fatto in tempo a recuperare, troppo impegnata a fuggire via – o forse era solo una scusa per poterlo rivedere in un luogo più nascosto? – quando gli era arrivata la strana chiamata di Hope.
“Vieni subito qui.”
Sembrava arrabbiata, ma più arrabbiata di quando lui faceva qualcosa di stupido.
“Devo ancora uscire da scuola.”
“Non mi interessa niente, alza quel tuo fottuto culo e vieni a casa mia, adesso.”
“Mi ecciti dquando fai così…”
“Niente sesso se non arrivi nei prossimi dieci minuti.”
“Dieci minuti? Ma se abiti dall’altra parte della città!”
“Ingegnati.”
Aveva attaccato così, con una minaccia neanche troppo velata nella voce e infondendogli il terrore di rimanere a stecchetto a vita.
Per questo in quel momento stava entrando di corsa dalla scala a pioli posta sul retro di casa Peterson e balzando nella stanza da letto di Hope, con l’aria sensuale che gli piaceva assumere ogni volta che faceva quel saltello goffo. Un modo come un altro per non sentirsi un cretino a fare il Joey Potter della situazione, perché ultimamente la sua vita sembrava la copia esatta di Dawson’s Creek e lui, finché poteva, preferiva differenziarsi il più possibile da quell’orrido telefilm.
I suoi pensieri omicidi sugli abitanti di Cape Side erano piuttosto frequenti, da quando conosceva Hope. Una volta avevano fatto sesso anche in una barca ormeggiata al porto ed era piuttosto sicuro di aver letto sul fianco di essa la scritta True Love. Non si era più avvicinato al porto neanche per sbaglio, nonostante le rimostranze di Hope che adorava questi strani posti.
Si guardò intorno, stupito di non trovarla sul letto già nuda come aveva fatto la volta precedente, chiedendosi dove si fosse cacciata. Sentiva delle voci al piano di sotto, sicuramente i genitori, e sperava di non dover affrontare l’ira di qualche padre furioso per aver violato le virtù della sua unica figlia – che non era davvero l’unica, ma l’altra non sembrava poter creare problemi di quel tipo, dato la natura palesemente omosessuale del fidanzato.
Si sedette sul letto, qualche minuto, in attesa, dopo essersi tolto la maglietta. Adorava sfoggiare il suo tatuaggio sul petto e anche Hope adorava guardarlo – o almeno così pensava lui, dato che i complimenti che uscivano fuori dalle sue labbra erano pari a zero. Però notava sempre i suoi occhi soffermarsi lì più del necessario e non pensava potesse fissare altro, a meno che non fosse stata una fissata di pelli lisce e vellutate, che comunque lui non aveva.
Ma il punto era un altro, non il suo tatuaggio. Il punto rimaneva sempre lo stesso: Hope non era in stanza e la sua pazienza rasentava i minimi storici normalmente, quel giorno non faceva eccezione, soprattutto perché si era scapicollato per arrivare in tempo e non dover rinunciare al sesso troppo a lungo.
Era strano il rapporto che si era instaurato tra loro, fatto di scherzi, battute acide, tanto tanto bellissimo e soddisfacente sesso e un rispetto che Coop non provava neanche per Victoria, ma che non poteva fare a meno di riversare su una ragazza con la mentalità di un uomo, o meglio con la sua stessa mentalità: niente legami, solo divertimento.
Si era risparmiato così lacrime e strappi di capelli, risse con fidanzati gelosi convinti che lui avesse circuito le loro dolci e ingenue donzelle in difficoltà, schiaffi a cinque dita e pure qualche pugno, come quello che aveva ricevuto da una certa Sarah – o Shona o Sandra – un paio d’anni prima.
Aveva avuto paura di rimanere sfigurato, ma tutto era andato per il meglio e finalmente aveva incontrato Hope: libertà, sesso, nessun’esclusiva.
Alla fine però non aveva avuto bisogno di trovarsi altre ragazze di scorta, perché si divertiva abbastanza con lei senza dover faticare il triplo a nascondere relazioni clandestine alla gente intorno a lui. Il massimo della pacchia, Hope Peterson era diventata senza dubbio la sua ragazza ideale, se mai ne avesse avuta una.
Era ancora seduto sul letto, intento a spogliarsi anche delle scarpe, quando sentì le voci dei signori Peterson alzarsi e iniziare a urlare.
La mossa più furba sarebbe stata rimanere fermo dov’era, al massimo rivestirsi e uscire dalla finestra e fare il tragitto inverso fino a casa, oppure fino a casa di Chase per prenderlo ancora in giro per il compagno del progetto di Economia Domestica che gli era capitato, sempre sperando che lui fosse stizzito dalla cosa quanto lo sarebbe stato lui…
Si alzò quindi, scalzo e senza maglietta, e aprì piano la porta della stanza, uscendo quando vide la via libera.
Le voci parlavano di eiaculazioni – o separazioni – non ne era certo e non ci sentiva troppo bene da quella distanza, non abbastanza per riconoscere le parole, comunque. Volle avvicinarsi e quindi si avviò alle scale, attento a non fare rumore o sbattere contro qualcosa. Arrivato al primo gradino però si accorse di una ragazza bionda poco più in basso che gli dava le spalle, vestita di una camicia da notte gialla leggera e appoggiata al corrimano.
Sembrava triste.
“Hope?” Chiamò, già pronto a lamentarsi di non averle mai visto prima addosso quel pigiama sexy.
La ragazza si girò e piantò i suoi occhi chiari nei suoi, per poi asciugarsi le lacrime di fretta dalle guance, rimanendo a bocca aperta e senza riuscire a emettere un solo suono.
Coop non aveva mai visto una ragazza piangere: aveva imparato presto a scappare in tempo per evitare quella fase dell’abbandono – ma non quella della rabbia – quindi si era sempre salvato da situazioni simili.
Non aveva mai pensato però che una ragazza in lacrime potesse apparire ugualmente così bella.
Scese i due gradini rimasti e, mentre la signora Peterson urlava al marito che voleva il divorzio, prese per mano la ragazza e la portò nella stanza da cui era uscito.
Grace si lasciò condurre.

a

Ok, chiedo venia, davvero, scusate, scusate, scusate!
E' una vita che non aggiorno, ma ultimamente sono un po' demotivata da tutto quanto e quindi sto scrivendo poco - o meglio, sto scrivendo tanto ma di cose inutili.
Comunque non sono sparita e non ho intenzione di abbandonare Sequins, solo che vado un po' a rilento.
Scusate davvero tanto.
Comunque qui finalmente si scopre il compito di Economia Domestica e finalmente quei due scemi di JC e Chase saranno costretti a stare un po' a contatto :D
Spero che il capitolo non sia risultato troppo noioso, so che non è divertente come gli altri, spero di riprendere un po' di verve in futuro xD
Vorrei ringraziare per questo capitolo butterphil, perché sia l'idea del bambolotto che la scena dei libri con la professoressa sono state cose che mi ha ispirato lei, come anche una nuova idea per lo sviluppo della trama che prima o poi scoprirete.
I capitoli non dovrebbero essere più di venti, secondo i miei calcoli diciassette o diciotto, ma non assicuro niente, perché potrei cambiare qualcosa in corso d'opera. Non siamo neanche a metà, ma spero di essere più veloce, davvero.
Spero mi perdonerete per il ritardo e vorrete leggere comunque e spero che vi sia piaciuto nonostante tutto.
Qualche nota tecnica: Rocky Balboa credo lo conosciate tutte, è il personaggio della serie di film Rocky; Barbra Streisand, Lady (Gaga), Gloria (Gaynor) e Madonna sono quattro icone gay; Joey Thomas è un giocatore di football niente affatto famoso che ho trovato random su wikipedia, Joey Potter è la protagonista di Dawson's Creek, nominata anche in seguito da Coop; Cape Side è il luogo dove è ambientato Dawson's Creek e True Love è la barca di Paecey su cui viaggiano lui e Joey un'estate; sempre a proposito di Dawson's Creek, la canzone del capitolo è la mitica sigla ANAUANOUAI.
Credo di aver detto tutto, spero davvero di non farvi aspettare ancora così tanto; nel frattempo potete trovarmi QUI,
baci Elle. 
Ps: scusate eventuali orrori, ma il capitolo come al solito non è betato e io ho poca pazienza nel rileggere. 

   
 
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