Era l' anno 1876, e in Scozia, nella grande villa di campagna del signore e della signora
Watson, tutti gli orologi appesi alle pareti nelle varie stanze della casa,
avevano appena annunciato la mezzanotte. Mentre la coppia dormiva tranquilla
nella propria camera, la figlia, Emily, era ancora sveglia, e stava seduta su
una bella poltrona in camera sua, intenta a pettinarsi i lunghi capelli rossi.
I due occhi verdi fissavano la parete di fronte, senza lasciar trasparire
neanche la più piccola delle emozioni, come sempre, in fondo...
Emily Watson era una ragazza davvero stupida, almeno così la
consideravano i pochi che la conoscevano. " Una bellezza sprecata, visto
il cervello che si ritrova " ,
dicevano le vecchie pettegole alle feste. E, in effetti, era vero.
Considerandola dal punto di vista estetico, era davvero una bella ragazza:
alta, prosperosa, con due occhi verdi e le labbra piccole e rosso sangue, per
non parlare dei capelli... andavano dal rosso scuro all' arancione più chiaro,
quasi giallo. Ma, ahimè, era di una stupidità inaudita. Certo, gli uomini dell'
epoca non davano molta importanza a questo dettaglio, e infatti molti di loro
avevano chiesto la sua mano, ma lei aveva sempre rifiutato, e adesso, a ben
venticinque anni, si ritrovava a vivere ancora con i genitori. Che le venisse
un colpo! Che cosa aveva nel cervello quella povera ragazza? Molto
probabilmente, la signora Gray, amica di vecchia data dei Watson, avrebbe
risposto: " Niente! " .
Comunque, Emily continuava a pettinarsi i capelli, mentre alcune ciocche
si impigliavano nei denti della lussuosa spazzola. Indossava una lunga camicia
da notte, di seta, che le scivolava lungo fianchi mettendo in risalto le sue
forme. La dolce melodia che proveniva dal piccolo carillon poggiato sullo
scrittoio, riempiva l' intera stanza, e il freddo era insopportabile! Quella
stupida di Emily aveva lasciato la finestra aperta, benché fosse pieno
inverno... ma a cosa pensava? Passarono i minuti, ore, molto probabilmente, e
lei continuava a starsene seduta sulla poltrona a pettinarsi i capelli, mentre
il freddo pungente la faceva tremare. Dava l' impressione di aspettare
qualcuno. Detto fatto! Seduto sul davanzale della finestra, con un sorriso
perverso stampato sul volto, c' era un ragazzo davvero affascinante. La pelle
bianca come il marmo sembra risplendere nella notte scura, e corti capelli neri
gli incorniciavano il viso. Era vestito in modo elegante, sembrava un
aristocratico. Doveva avere una ventina di anni... anno più anno meno. Chissà
da quanto tempo osservava la povera Emily. Abbastanza, comunque, da doverla
chiamare, visto che non sembrava avere la minima intenzione di girarsi verso di
lui.
- Emily! - , esclamò. Le poverina si girò di scatto, impaurita. Fece per
urlare, ma in un attimo il ragazzo le fu dietro, premendole la mano contro la
bocca. - Silenzio, silenzio... Non vorrai mica che i tuoi genitori mi scoprano?
- , le sussurrò all' orecchio. Lei cercò di liberarsi, ma la presa del ragazzo
era troppo frotte, e alla fine dovette arrendersi.
- Così, da brava - , disse il ragazzo lasciandola andare. Lei corse
subito via da lui, andandosi a riparare dietro una sedia, come se questa
avrebbe potuto salvarle la vita!
- Chi sei? - , esclamò Emily in preda al panico, con le labbra che le
tremavano.
- Shh, shh... - , continuava a ripetere il ragazzo aggirandosi per la
stanza, guardando e toccando gli oggetti personali della ragazza come se la
camera fosse sua.
- Chi sei? - , ripeté. L' intruso continuò a ignorarla, esaminando una
costosa collana di perle. - Non toccare la mia roba! - , esclamò. Questa volta
il ragazzo parve averla sentita, e si girò verso di lei, guardandola con un
falso dispiacere, e lasciò cadere la collana sul pavimento. - Come vuoi - ,
disse sorridendo. Per qualche secondo esaminò la ragazza impaurita, in preda al
panico, poi si avvicinò a lei.
- STAI LONTANO DA ME - , urlò, prendendo fra le mani la sedia. Il ragazzo
non si scompose, poi, con voce calma, disse: - Ti ho detto di non urlare, non
voglio farti del male. E posa la sedia -
- Se non vuoi farmi del male allora perché sei in casa mia? -
- Niente, una semplice visita - , le rispose beffardo. - Sai, sei
proprio una bella ragazza - aggiunse, con lo sguardo puntato sul decolté della
ragazza. Lei non sembrò accorgersene, comunque. - Come ti chiami? - , gli
chiese. Lui la guardò accigliato per un attimo, poi rispose: - David Austen - .
- Non ci credo - , disse Emily.
- Non sono affari miei. Tu mi hai posto una domanda, e io ti ho risposto
- , le rispose in tono secco.
- Co... - , Emily sembrò pensarci su due volte prima di parlare, cosa
rara, per lei. Alla fine stette zitta, senza sapere cosa dire, mentre il cuore
le batteva all' impazzata a causa della paura. Non voleva urlare, chissà cosa
gli avrebbe fatto, quel maniaco, se avesse urlato.
- Si? - , domandò David, adesso sembrava davvero interessato.
- C- c- cosa sei? - , disse infine Emily, tremando.
- Una domanda davvero interessante... Ecco, vedi, io sono un vampiro - .
Emily scoppiò a ridere. - Non esistono i vampiri, sono tutte sciocchezze! - ,
esclamò in preda alle risate. David sembrò irrigidirsi, non le piacevano le
parsone che non credevano a ciò che diceva. - Vuoi che te lo dimostri? - ,
sussurrò in tono di sfida. Emily continuò a ridere. - Coraggio, fammi vedere...
vampiro! - , e rise ancora. In men che non si dica, il vampiro fu sopra di lei,
ringhiando e cacciando fuori i canini. Emily questa volta cercò di urlare, ma
David le coprì nuovamente la bocca con una mano, era abbastanza forte da
poterla trattenere con una mano sola. Pochi secondi dopo, succhiava il sangue
dal polso della ragazza. La sentiva indebolirsi sempre di più a causa della
perdita di sangue. Dopo qualche secondo si alzò, leccandosi il labbro
superiore. L' intero viso era ricoperto di sangue cremisi. Emily rimase stesa
per terra, un po' a causa della debolezza un po' per la paura.
- Allora, adesso mi credi? - , disse, e poi le sferrò un calcio alla
testa. La ragazza gemé per il dolore, rimanendo stesa per terra. Gli occhi del
vampiro, prima neri coma la notte, andavano a sfumarsi di un rosso chiaro.
David adesso camminava attorno al corpo della ragazza, osservandola.
- Dunque, cosa possiamo fare io e te adesso? -
- No... no... - , continuava a ripetere piano Emily.
- Cosa? Vuoi giocare a marito e moglie? Ok, sarai accontentata - .
- No... no... - .
- Stai calma, mi sto preparando - , le disse mentre si levava gli
stivali, poi il pantalone, poi la camicia, rimanendo solo in mutande. Prese la
ragazza e la buttò con violenza sul letto, iniziando a toccarla ovunque. All'
inizio Emily cercò di liberarsi dalla morsa del ragazzo, ma poi si abbandonò a
lui, sprofondando nel piacere. Adesso erano entrambi nudi, e gemevano tutti e
due per il piacere, mentre David spingeva sempre più in profondità nella
ragazza. Non erano più David e Emily, erano una persona sola, si erano fusi. Dopo
quelle che parvero ore, David urlò appena, e poi si stese accanto alla ragazza,
mentre lei sprofondava nel sonno.
- Che sciocca... - , sussurrò a se stesso, mentre le accarezzava i
capelli. - Che sciocca... che sciocca... - , continuava a ripetere, e poi, con
un solo gesto del braccio le staccò la testa del corpo, gettandola sul
pavimento. Il sangue ricopriva le lenzuola, e David iniziò a leccarlo, gustando
il meraviglioso sapore di quel liquido. Solo quando il sole fu quasi sorto se
ne andò, con tutta calma, poggiando la collana di perle sul seno nudo della
ragazza.
Qualche ora dopo, quando i genitori di Emily entrarono nella stanza
della ragazza, e videro quello spettacolo raccapricciante, non seppero
resistere al dolore, e si suicidarono, accanto alla figlia.
David Austen, aveva procurato altre tre vittime al mondo.