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Autore: Minshara    03/10/2012    0 recensioni
E' la terribile notte in cui Itachi Uchiha ha sterminato il suo intero clan.
Il giovane, zuppo di sangue, si allontana da Konoha.
Dall'alto la luna veglia sul suo cammino.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Itachi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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Tsukuyomi
 
 
Continuava a spostarsi.
Un  balzo dopo l’altro da un albero all’altro.
La luce della luna lo guidava.
Doveva fuggire.
Fuggire lontano.
Lontano dai loro occhi.
Lo guardavano, continuavano a guardarlo.
Alcuni avevano gridato, altri domandato il perché.
Alcuni tra di loro dormivano;  non si erano accorti di nulla mentre la sua katana gli spaccava il cuore.
Era una buona katana, forgiata di ferro;  impregnata del sangue degli Uchiha.
Il sangue; il sangue era dappertutto.
Ovunque.
Come un macellaio, come al mattatoio; sangue ovunque.
Brillava scuro nella notte piena di luce.
Gli occhi gli si offuscarono di nuovo.
 Non perse tempo ad asciugarle.
Erano solo acqua salata, acqua che scendeva dai suoi occhi.
Ma l’odore, quello non gli dava tregua.
Quell’odore dolciastro nauseabondo che diventava di attimo in attimo più forte.
Quell’odore terribile; lo aveva dappertutto … lo sentiva ovunque ….
Gli dava la nausea, gli impediva di pensare.
Diventava sempre più forte man mano che il sangue si seccava, che  gli stringeva il  corpo in una crosta dura;  in una morsa.
Lo sentiva:  attimo dopo attimo saliva a soffocarlo, a stringergli il cuore.
Scosse la testa, cercando di allontanare da sé quel puzzo, quel lezzo orrendo;  ma i loro occhi lo guardavano, continuavano a guardarlo mentre li trafiggeva.
Lo fissavano con gli occhi scuri degli Uchiha, con lo sharingan del suo clan…
Occhi che gli scrutavano l’anima, che lo intrappolavano in un infinito  jutsu d’angoscia, di sangue, di morte.
Gli occhi degli shinigami, dei messaggeri dell’oltretomba.
Morte, morte e sangue, non c’era altro che sangue ovunque; per terra, sulle pareti, sulla sua divisa da ANBU, sulla sua katana, sulle sue mani, sul viso, nei capelli .
Ovunque, il sangue era ovunque; aveva impregnato ogni fibra del suo corpo, della sua anima.
L’odore non se ne sarebbe mai andato, non sarebbe mai sparito, mai..mai..
Avrebbe ricordato per sempre, niente gli avrebbe permesso di dimenticare quella notte.
Mai avrebbe scordato, mai ..
Ogni giorno, ogni attimo, ogni istante,  avrebbe sentito quell’odore:  l’odore del sangue..
Sangue,  quanto sangue …. ovunque sangue.
Inaspettatamente si trovò senza respiro; l’aria venne risucchiata via.
Annaspò spalancando la bocca:il cuore rimbombava all’impazzata nelle orecchie.
Si sentì cadere; un infinito nulla e poi il terribile impatto.
Il dolore lo precipitò in un vortice di dolore; l’aria svanì dai polmoni.
Cadde nel vuoto per risvegliarsi nel gelo.
L’acqua ghiacciata lo rese improvvisamente lucido.
Si lasciò fluttuare respirando l’odore gelido della notte.
L’acqua formava circoli rossastri attorno a lui e il sangue rappreso si scioglieva nella corrente lasciandolo libero di respirare ;  sentì il cuore battere all’impazzata, quasi volesse spaccargli le costole, il petto.
Si rizzò in piedi sganciandosi  la shinobigatana, il pettorale, i bracciali, i pantaloni, la maglia intrisa di sangue: gettò tutto in acqua rimanendo nudo sotto i raggi freddi della luna.
-          Dio della luna, grande Tsukuyomi, sarò mai perdonato? - Si accosciò nel fiume gelato coprendosi il viso con le mani.  -  Era questa la via giusta da seguire? – Alzò il viso al disco dorato - …lui…lui starà bene? Ti prego almeno lui …proteggilo… salvalo … proteggi il mio fratellino. Prendi me, sfoga la tua ira su me, ma salva lui…salvalo. Ti offro la mia vita, ti offro tutto quella che mi resta…ma salvalo mio dio…salvalo…!–
Rimase in ginocchio,  pregando, sul greto sassoso del fiume, in attesa di un segno, di un insperato perdono.
Attese e attese finchè non crollò in acqua avvolto nel gelido oblio della notte.
 
Si svegliò avvolto da un delicato tepore .
Si sentiva tranquillo, in pace con se stesso; perdonato.
Si mosse scoprendo di essere sdraiato su una spiaggetta .
Posati su una roccia i suoi abiti ben piegati, la corazza, la maschera, il coprifronte e la shinobigatana.
Si guardò attorno cercando qualcuno, colui o colei che l’aveva soccorso, che si era preso cura di lui.
Nessuno, solo la pace rumorosa della vita.
Il cielo era smagliante senza una nuvola, attorno a lui gli uccelli cinguettavano e il sole splendeva illuminando ogni cosa.
Si alzò stiracchiandosi ; si sentiva stranamente bene.
Scosse il capo liberando i lunghi capelli da sabbia, passò le mani sulla pelle staccando i minuscoli granelli.
Si sentiva così tranquillo, calmo, appagato.
Volse il viso verso il sole rovente , poi si guardò ancora intorno assaporando la pace di quel lembo di terra.
Attorno a lui scorreva impetuoso il fiume e sulle sue sponde gli alberi e i cespugli formavano un’intricata cortina vegetale.
La pace: c’era un’ assoluta pace in quel posto, come se qualcuno lo avesse riparato dall’immenso dolore del mondo, dalle guerre, dagli uomini portatori di sangue e distruzione…da quelli come lui!
Respirò a fondo l’aria fresca, sentendosi tranquillo, senza pensieri, senza dubbi ne angosce.
Avrebbe voluto restare lì per sempre; su quel fazzoletto di terra.
Fermarsi, e smettere di esistere.
L’idea lo tentò più di quanto avrebbe voluto ammettere, ma  subito vi rinunciò.
La sua vita non gli apparteneva, l’aveva donata a Konoha!
Guardò il masso su cui giacevano in bell’ordine le sue cose.
Sentì una stretta al cuore, poi si diresse verso il suo destino.
Si rivestì sentendo scorrere sulla pelle la stoffa calda e asciutta, la odorò sentendovi odore di fiori, l’odore della sabbia su cui aveva dormito, l’odore della vita.
Si inginocchiò accanto alla roccia sentendola fredda e liscia nonostante il sole; fredda come i raggi della luna.
Allora capì che ad aiutarlo era stato il dio, era stato Tsukuyomi, che quello era il suo volere.
Doveva andare!
Rialzatosi radunò alcuni ramoscelli e legateli assieme formò un piccolo altare; vi depose la maschera e una ciocca di capelli – dio della luna – pregò in ginocchio – prendi la mia vita e fanne ciò che desideri. Proteggi Sasuke, ti offro la mia anima in cambio della sua salvezza … che la sua via, non sia la mia via!
A lungo rimase in ginocchio, poi rialzatosi si legò i capelli , indossò la corazza, cinse la katana .
Volse un ultimo sguardo attorno, poi  lasciò l’isoletta; una lingua di terra  in mezzo al fiume.
Non si voltò indietro; il dio gli aveva dato la forza necessaria  per continuare lungo la strada sanguinosa che altri avevano scelto per lui.
Doveva andare avanti per Konoha.
Per Konoha e per il futuro di Sasuke.
Per Sasuke, per il suo fratellino.
 
 

Viterbo 3 aprile 2010 ore 22.52
Pensato la notte del 2 e scritto il 3…nonostante le diecimila interruzioni dei parenti!
 
 
 
N.B. Naturalmente la storia è stata scritta quando non si sapeva nulla sulla strage compiuta da Iatchi Uchiha
 

 
 
 
 

 
 
 
 
 
   
 
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