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Autore: Midori Haruka    03/10/2012    0 recensioni
Questo è un breve racconto ispirato ad 'Alice in Wonderland'.
L'ho scritto un po' di tempo fa, e credo che rispetto ad ora il mio modo di scrivere sia lievemente cambiato.
Con ciò, la mia speranza è sempre quella che possa piacervi.
Non mi resta che augurarvi una buona lettura!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«  Non chiedetemi il perché, ma ho il terrore di perdere tutte voi. »
  Una frase, piena d’angoscia e paura, inviata dalla ragazza in una chat di gruppo, appena prima di salutare le altre ragazze e andare a dormire.
Spento il computer si sedette a gambe incrociate sul copriletto, con in mano un piccolo specchietto rotondo e una salviettina detergente; aveva iniziato meccanicamente a cancellare quella sottile linea di eyeliner sotto agli occhi, mentre la mente seguiva un triste filo di pensieri. Le rimbombavano ancora nella mente le risposte delle amiche, le loro promesse, e il modo in cui cercavano di esserle vicine, nonostante i chilometri di distanza che le separavano.
La ragazza sospirò, prima di lanciare un ultimo sguardo alla propria immagine riflessa nello specchio, che , nonostante i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, non le era mai piaciuta. La osservò per qualche attimo, con un senso di avversione crescente, quando vide la superficie dello specchio incresparsi e incominciare a mutare lo sfondo riflesso dietro a lei. Un brivido le attraversò la schiena, mentre la sua mente si domandava con insistenza cosa stesse accadendo.
Sebbene ella avesse timore, la curiosità e la voglia di comprendere prevalsero, facendole allungare una mano, a sfiorare con la punta delle dita il piano dello specchio; le dita sprofondarono, e le onde che increspavano quella superficie si bloccarono di colpo, così com’erano. Spaventata con un gesto repentino cercò di ritrarre la mano; tuttavia ottenne solo l’effetto contrario, penetrò nella morsa gelida dello specchio fino al polso. Non aveva voce per urlare, tanto era atterrita, e con lentezza, ma inesorabilmente, lo specchio inghiottiva una parte di lei. Chiuse gli occhi, sperando che tutto ciò fosse solo un incubo partorito dalla sua mente; ma quando li riaprì non vide più lo specchio e nemmeno la propria stanza. Era seduta a cavalcioni su una roccia, posta in quello che pareva uno spiazzo soprelevato. Si guardò intorno, osservò quel paesaggio sconosciuto, cercando di capire in che luogo fosse finita.
Lo scenario che le si presentava davanti era completamente bianco, quasi accecante, e le provocava una certa inquietudine.
A piccoli passi scese dall’altura, incamminandosi in quella distesa di bianco, trovandosi avvolta in una sottile nebbiolina bluastra. Per lungo tempo continuò a camminare, senza voltarsi indietro, ma nulla le compariva davanti; si girò, stanca di procedere senza obbiettivo alcuno, e vide che da ogni suo passo era nato qualcosa; alberi bianchi orribili, storti e senza foglie, che apparivano come morti, a contornare un dedalo di strade color vermiglio.
Gli alberi avanzavano, imperterriti, verso di lei, sembrava volessero inghiottirla e le strade color rosso sangue la inquietavano: potevano essere la salvezza, oppure la rovina.
Avrebbe preferito non scegliere, e continuare a correre via, lontano da quegli alberi e da quelle strade.
Continuava a fuggire, guardandosi costantemente alle spalle, finchè una presa ferrea non le cinse il polso, costringendola a fermarsi.
Allora ella alzò lo sguardo, reclinando appena il capo verso la figura che l’aveva fermata. Un giovane, con i capelli dello stesso argento della luna e gli occhi che riflettevano il colore del ghiaccio; l’osservò per qualche secondo, come intorpidita; indossava un cappotto grigio ornato con della pelliccia intorno al collo e ai polsi, mentre nella mano destra stringeva una falce.
Finalmente le sue sottili labbra rosee si dischiusero, esplicitando il motivo della sua presenza.
Doveva indurla a scegliere una di quelle strade, che tanta inquietudine le suscitavano.
Lei scosse il capo, in un forte cenno di negazione; non era intenzionata a scegliere uno di quei percorsi, perché era certa che restare ferma, in quel momento della sua vita, almeno in parte felice, fosse la scelta migliore. Ai pensieri della ragazza l’ombra contrasse le labbra in un’espressione di disapprovazione.
Non era definibile come scelta per la vita, restare fermi e non percorrere nessuna strada: era come morire.
In più non sarebbe servito a preservare quella piccola parte di felicità che temeva tanto di perdere, gli altri avrebbero scelto la propria strada, e lei sarebbe rimasta indietro, sola.
La consapevolezza della verità di quelle parole la colpì, più di quanto avrebbe mai potuto fare quel figuro con la sua falce.
Dal punto in cui era la ragazza iniziarono a crearsi  delle crepe, a distruggere tutto ciò che ella aveva intorno; giusto il tempo di un battito di ciglia e, quando riaprì gli occhi non era più in quel luogo.
Nuovamente nella propria stanza, con i frammenti del vetro dello specchio sparsi sul letto.
Era finito in pezzi, così come la sua anima.
Difatti ella non sapeva ancora cosa scegliere, tuttavia, aveva la consapevolezza di dover scegliere, per non restare in bilico.
  
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