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Autore: _LostinLove    03/10/2012    1 recensioni
Natalie McCarthy è pronta per il suo viaggio con la famiglia nella famosa città dello stato in cui vive: Sidney. Lascerà a casa la sua amica del cuore, Hanna, con cui si scriverà per parlare delle cose che succederanno durante la sua villeggiatura nell'enorme villa di proprietà dei suoi genitori. E sarà qui che vivrà la sua prima, e bellissima storia d'amore. Siete pronti a far vibrare il vostro cuore?
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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"Natalie, dove vai?", chiese di colpo mio fratello saltando giù dalla poltrona dove si era immobolizzato a guardare la tv.
"Esco.", dissi piano.
"Dove?"
"Alla spiaggia, ho visto un cartello che diceva che ci sono sei tornei di calcio e pallavolo. E poi ci sono le giostre stasera.", mormorai.
"Vengo anche io.", urlò felice Thomas correndo verso le scale.
"No, non venire!", urlai cercando di afferrarlo per la manica ma mi scivolò e lui finì con scontrarsi con nostro padre.
"Dove andate di corsa?", chiese alzando un sopracciglio e fermando Thomas con un braccio. "O meglio, dove vorreste andare?"
"Alla spiaggia, ci sarà da divertirsi. I tornei di sport e le giostre.. sarà fico.", disse mio fratello tutto di corsa e spinse mio padre di lato, ma lui era abbastanza forte da riuscire a restare fermo sullo scalino senza spostarsi.
"No, Thomas .. tu non ci vai.", mormorò lui e lui s'accasciò sullo scalino.
"caro?", chiamò mia madre. "ho visto un bel ristorante vicino alla spiaggia. potremmo fermarci lì a cena, siccome la dispensa è vuota. così potremmo andare alle giostre.", propose con quei suoi occhi che colpivano tutti. Le ciglia lunghe e nere che cerchiavano quelle pupille grigie e stupende. mio padre cedette.
"Bene, ci andiamo.", poi guardò me. "Ma vatti a cambiare, sei vestita ancora con la roba di prima. Avete mezz'ora.", borbottò e si diresse in cucina con mia madre sotto braccio. Thomas sfrecciò in camera sua mentre io mi sfilavo la borsa e salivo pesantemente le scale. Mi infilai in camera e la osservai ancora. Era piccolina, ma mi piaceva così. Era semplice, con quel color verde smeraldo delle pareti. Il letto con una piazza a mezza in fondo, vicino al balcone. Un grande specchio affianco all'armadio di legno. Una piccola scrivania nell'angolo con le sedia già occupata. I miei vestiti già sistemati per bene e alcuni già in confusione.La valigia inifalta dietro la porta e le altre robe sotto il letto. Slegai i capelli e mi spogliai chiudendo la finestra del balcone. Indossai una gonna beige che non raggiungeva le ginocchia e un top color confetto, un po' attilatto. Pettinai i capelli lisciandoli e li lasciai scivolare sulle spalle come piacevano a me. Mi infilai degli infradito neri e corsi in bagno. Mi guardai allo specchio mentre mi lavvavo di nuovo i denti, poi mi ripulivo la faccia e cercavo dei trucchi nella trousse. Cerchiai i miei occhi grigi con una matita e del mascara. Poi rigettai tutto in confusione nell'armadietto sotto il lavandino e uscii.
"Siamo pronti?", chiese mio padre. "Andiamo in bici.", disse uscendo e andando in garage. Lo seguimmo tutti mentre mia madre chiudeva la porta.

"Ora puoi muoverti come preferisci.", dissero in coro i miei, dopo aver pagato il conto del ristorante.
"seri?", chiesi.
"c erto, ci sono ancora due tornei e scommetto un mucchio di ragazzi senza maglietta. ", disse mia madre soffocando una risatina. Mio fratello s'imbronciò di colpo. "Noi andremo alle giostre, vero Thomas?", disse punzecchiandogli la guancia. ridacchiai. 
"Grazie, torno prima di mezzanotte.", promisi e inforcai la bicicletta dirigendomi verso la spiaggia dove vi erano musica, luci e le giostre. Subito dopo vi erano i campi per giocare, e volevo assolutamente vedere almeno una partita di calcio. Superavo tantissima gente che si dirigeva dove andavo io, e moltissimi gruppi di ragazzi ridacchiavano fra loro reggendo delle birre in mano facevano battute su tutti. probabilmente erano già ubriachi. Mi fermai e appoggiai la bici assieme a tante altre. Seguii la folla stringendomi la borsa al ventre mentre cercavo di scivolare tra la gente per arrivare ai campi dove stavano giocando. Superai moltissime casse posizionate strategicamente che pompavano musica al massimo volume e raggiunsi finalmente degli splati fatti con sedie rosse che erano già pieni. Scrutai con lo sguardo ogni singolo posto e ne trovai uno vuoto. Respirai profondamente e salii le scale, spintonando anche qualcuno, ma subito m'impossessai di quella sedia. Mi sedetti e mi accorsi che la partita era già quasi a metà.il punteggio era a 10 a 7 per la squadra dei 'bianchi' mentre i 'rossi' non riuscivano a rimontare.
"la peggiore partita di calcetto del mondo.", commentò una affianco a me. Aveva dei capelli rossi e ricci che scuoteva di continuo. Il naso alla francese, e le labbra sottili. parlucchiava con la sua amica, che stringeva uan lunga treccia tra le mani mentre i suoi occhi si posavano velocemente da un ragazzo all'altro, senza seguire il pallone. "anche se il mio ragazzo sta vincendo, ha fatto solo cinque goal.", si lamentò ancora. Tornai a guardare la partita evitando di ascoltare cosa diceva, ma la sua vocina stridula interrompeva i miei pensieri e la mia concentrazione. Poi, quando un ragazzo che portava il numero 10 nella maglia cominciò a correre alla porta avversaria col pallone tra le gambe, la ragazza si alzò di colpo uralndo il suo nome e incitandolo 'Vai Stefan, vai!'
Osservai il ragazzo, mentre faceva il suo goal. Aveva il viso allungato, con le labbra proporzionate, gli occhi verdi e la fronte sudata. portava i capelli corti di lato, con una bassa cresta e delle lunghe basette. Non riuscivo bene a identificare il loro colore, se erano marroni scuro e neri. Appena si allontanò dalla porta cominciò a correre e a urlare, i suoi amici gli saltarono addosso ridendo, mentre lui un po' li scrollava e un po' li abbracciava. Poi guardo verso gli spalti e vidi che i due giovani, lui e la ragazza affianco a me, si guardaorno negli occhi. Lei le lanciò un bacio e lui sorrise. "E' bellissimo, vero?", chiese conferma lei appoggiandosi sulla spalla dell'amica. Poi il ragazzo spostò il suo sguardo e casualmente incontrò il mio. Rimasi incantata dai suoi occhi così verdi, e accennai un sorriso. Lui, non so per quale motivo, allargò il suo e alzò piano la mano, quasi come per salutarmi. Ma io non avevo capito nulla, e ormai era stato spintonato al suo posto. pronto a tornare a giocare.

La folla si era diradata dagli spalti e c'erano solo delle coppiette negli angolini. Rimasi ferma al mio posto, aspettando che diventasse tutto calmo, nonostante il rumore delle risate, grida e musica che rimbombava alcune decine di mentri più in là. La ragazza dai capelli rossi era scesa giusto alcuni minuti prima ma la sua amica con la treccia se ne era andata a casa con una scusa qualsiasi. La rossa non ne aveva dato troppa importanza, e si era gettata verso un gruppetto di ragazzi. Guardai il cellulare sperando di non trovare chiamate perse. Trovai solo un messaggio, era Hanna. Mi chiedeva come stavo, scrissi mentendo che mi stavo divertendo già. In realtà l'unica cosa entusiasmante era stata la partita.
"Ehy, scusami, posso disturbarti?", feci un piccolo salto dalla sedia per lo spavento. una voce terribilmente sexy ruppe i miei pensieri. alzai lo sguardo e vidi il giocatore, col numero 10 sulla maglietta, fissarmi.
"ehm .. dimmi.", balbettai. non sapevo che dire. cosa voleva? voleva parlarmi? comicniai a tremare e a sentire terribilmente il caldo che mi circondava. più lo guardavo negli occhi più la mia mente si offuscava ma non potevo distogliere lo sguardo, o sarei sembrata poco gentile.
"hai visto la ragazza rossa e quella con la treccia?", chiese e io evidentemente strabuzzai gli occhi. rimasi delusa dalla sua domanda. "quelle affianco a te.", continuò lui.
"no.. sono andate via. la rossa è andata nelle vicinanze, l'altra a casa. credo..", dissi infine. non sapevo se restare sconcertata per la richiesta in cui non centravo nulla, o esserne sollevata. mi chiesi cosa sarebbe potuto succedere se avesse chiesto di me. ME. stavo pensando troppo velocemente, le idee si ammucchiavano sulla mente e non riuscivo a compredere ciò che mi stava dicendo. Mi sembrava che le orecchie mi stessero per fischiare. Non sentivo l'aria, come se l'afa mi stesse soffocando.
"Stai bene?", chiese. questo riuscii a capirlo. i suoi occhi si aprirono lasciandomi ammirare il verde dove mi specchiavo. e il sorriso scomparve quando scossi la testa. no, non mi sentivo bene. "ti gira la testa?", chiese ancora. non sapevo cosa dire.
"scusa, devo andare.", disis e afferrai le mie cose. lo scansai e corsi giù dagli spalti. mi voltai solo per vedere il suo sguardo posato su di me. Mi allontanai veloce, più lontana che potevo dalle giostre e tutto qul rumore, più lontano da lui. Maggiore distanza lasciavo tra noi più riuscivo a ragionare, prendevo aria e capivo. Mi fermai davanti al mare, a forse un kolimetro dal frastuono. Mi gettai sulla sabbia ancora bagnata dall'ultima marea. Mi sfilai gli infradito e li appoggiai vicino alla borsa.
Driin. Driin.
Mi premetti le mani sulle tempie, volevo morire. Mi sentivo malissimo. Come se quel ragazzo mi avesse rapita dal primo secondo. ma non capivo nulla. ero così confusa che tutti i rumori si attutirono. volevo solo morire. per non pensare, per non dover capire. non capivo nulla. sentivo il sangue pomparmi nelle vene. premetti più forte.
Driin. Driin.
Emisi un gridolino stridulo, forse per calmarmi. APrii la borsa e cercai il cellulare di nuovo. sembrava disperso tra la roba e non lo trovavo. intanto la testa mi scoppiava.
Driin. Driin.
"Smettila cazzo.", borbottai agrottando la fronte. afferrai il cellulare, era Hanna. "Pronto?"
"Natalie, stai bene?", chiese lei.
"Sì, tutto okay."
"non sembra, la tua voce è strana."
"scusa, è un po' di mal di testa. mi sono allontanata dalla festa apposta."
"capisco. hai già mangiato?"
"sì, tu?"
"anche io.", non capivo perchè aveva deviato il discorso sul cibo.
"e ragazzi carini?", le tempie s'infuocarono di nuovo quando ripensai a Stefan.
"no. nessuno.", dissi secca. lei non notò il tono di voce in cui lo dissi, quasi sputando le parole tra i denti. "ci sentiamo domani?", tagliai corto.
"sì, a domani.", disse confusa.
"ti voglio bene, buona notte.", sussurrai per accontentare la sua curiosità.
"anche io, notte.", chiusi velocemente e fissai di nuovo il mare.le onde erano così terribilmente calme.
"ti ho spaventato?", sobbalzai di nuovo. maledettamente.
"no.", risposi e lui rise.
"e perchè tocchi il cielo quando ti parlo."
"appari di colpo, senza far rumore.", dissi voltandomi. lui si stava sedendo vicino a me, ad una distanza degna.
"scusami.", sussurò. "sei nuova?"
"vacanza, come ogni anno quasi.", risposi fissando di nuovo il mare.
"per le vacanze di natale?"
"sì, come sempre."
"non ti ho mai vista."
"la città è grande.", perchè ci stavo parlando? non era sano. non era normale.
"ti piace il calcio?"
"sì, mi piace.", risposi netta.
"oh .. sai giocare."
"no guarda, mi piace perchè è di moda quest'anno.", lo fulminai e lui rise.
"sei divertente.", disse lui sorridendomi. "sei con i tuoi alla festa?"
"non sono una bambina, mi hanno lasciato libera.", dissi ma in realtà era una delle poche volte in cui non pasasvo tempo con loro. forse ero semplicemente abituata ad averli sempre attorno che non ci facevo caso. non mi importava uscire con gli amici, forse perchè in generale Hanna era l'unica che avevo. e lei veniva sempre a casa mia. non mancava mai.
"e allora perchè sei qui e non vai a divertirti?"
"ti piacciono le giostre?", chiesi.
"ho fatto uan domanda prima io."
"beh, non mi piace quando sono sola tra la folla con troppo rumore."
"non sei sola, e non c'è neppure troppo rumore.", disse aprendo le braccia e sorridendo. io risi rilassandomi.
"ti piacciono le giostre?", ripetei.
"sì, e ti propongo di venire con me."
"e la tua ragazza?", chiesi.
touchè.
" è andata via. ci ho parlato prima." , rispose subito. "ma non credo staremo assieme per molto. comunque non dovrebbe interessarti." 
"e io non dovrei uscire con gente che non conosco."
"sei diffidente?"
"sono matura.", risposi.
"uhm ... vuoi fare la pazza almeno per stasera?", chiesi con un tono così convincente che mi fece alzare lo sguardo al cielo.
"perchè dovrei?"
"così facciamo amicizia."
"perchè me?", chiesi ancora.
"mi stia simpatica: ti piace il calcio."
"è una tattica?", chiesi e rise. dovevo smetterla, perchè come rideva mi faceva sentire dipendente. dipendente da lui, e dalla sua risata.
"no, dai. se ti annoi poi puoi andartene quando vuoi.", si alzò e si pulì i jeans dalla sabbia. prese la mia borsa e mi tese la mano. "Sono Stefan.", lo guardai. afferrai la mano per alzarmi ma non gli dissi come mi chiamavo. indossai gli infradito, mi ripresi la borsa e ci guardammo per un istante.
"Stefan cosa?"
" Stefan Wayne. tu?" 
" mi fido di te. ", sussurrai e lui sorrise compiaciuto.
 "non te ne pentirai. sono una persona responsabile. ", e come lo disse ci credetti. perchè sembrava l'esatta persona che sapeva cosa dire sempre. quella intelligente ma bella, furba ma ingenua, matura ma divertente. esattamente equilibrata per ogni singolo dettaglio. sorrisi.
" Natalie McCarthy. ", sussurrai.
" E' un piacere, lady." , mi fece ridere. "Ora la scorterò con la carrozza reale fino al palazzo dove si svolge il galà." 
" la carrozza? "
" il monopattino." , sco ppiai a ridere. "no, scherzo. andiamo a piedi.", lo guardia men tre camminava ma non lo seguivo. "senti, Natalie, sono una persona per bene. è solo che boh, qualcosa mi dice di parlarti. hai presente quando hai una sensazione dentro di te? beh, io mi sento come se ti conoscessi. mi sento come se ti dovessi qualcosa. quando prima ci siamo incontrati con gli occhi, mi hai stupito. non so, è diverso da stregato. sono solo rimasto colpito. da qualcosa in te." 
"in che senso?"
"non lo so, ho solo la sensazione che devo come proteggerti."
"questa è uan tattica?", chiesi.
"sì. non credevo fossi così intelligente da arrivarci subito.", disse e scoppiammo a ridere. gli diedi un pugno sulla spalla. non so perchè lo stavo facendo. non so se quello che mi aveva detto era vero. ma la sensazione che lui aveva descritto.. beh, io l'avevo provata.

***AUTRICE***
io mi fumo le canne. non avevo idea di cosa dovevo scrivere. scusatemi, spero vi sia piaciuto lo stesso lol
io non mangio, quindi potete recensire. e sopratutto non mangio le vostre recensioni, anche se momentaneamente ho fame :)
cosa importante: c'è un mio amico, su twitter MaDeGomez_ a cui devo 'un credito': per creare questa storia non sapevo ancora il titolo. quindi lui m'è la gentilmente 'donato'. lo dice sempre, a volte mi ricatta. lo scrivo qui in modo che voi possiate capire che in realtà la storia è SEMPRE STATA, e SARA' MIA, perchè l'ho scritta io. di suo, c'è solo il titolo.
#peace&love xx

  
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