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Autore: Meredith    16/04/2007    1 recensioni
Jacques Rousseau. Una vita piena di regole che non lo lascia essere quello che vorrebbe. Una fuga che lo farà diventare ciò che vuole. Un incontro che gli cambierà la vita.

" Jac guardò la ragazza, la sua ragazza, e pensò che, anche se viveva in una squallida camera in uno squallido albergo, era il momento più bello della sua vita".

Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alle sei di pomeriggio, Livy si presentò all’officina di Sam Kennedy, in St. James Road, tutta contenta perché avrebbe rivisto Jac.
Entrò attraverso la grande entrata e la prima cosa che vide fu Todd intento ad aggiustare un motore, Jim che montava un sedile e Luis che stava tornando verso il suo ufficio.
“ Ehm, buonasera, stavo cercando Jacques. Sapete dove posso trovarlo?”.
Jim uscì dalla macchina e la guardò.
“ Jac, eh? Aspetta, te lo chiamo. JAC!!!” .
Da dietro una macchina sbucò il ragazzo, con la solita salopette blu e la maglietta bianca sopra. Aveva chiazze di nero sopra il viso e un po’ dappertutto, mentre la salopette era ormai diventata come quella degli altri meccanici.
Nonostante tutto questo, Livy rimase incantata. Nel tempo che aveva trascorso in officina gli si erano sviluppati i muscoli, sia quelli delle braccia sia quelli pettorali, una rada barbetta nera era spuntata sul mento e la sua carnagione si era fatta più scura a causa delle ore passate sotto il sole. Era diventato un uomo, il più affascinante degli uomini, che lavorava per mantenersi, aveva una camera tutta sua e ogni sera tornava a casa dopo essersi sudato sette camicie in un lavoro duro.
“ Arrivo subito, Livy” gridò il ragazzo, poi si volto e andò nella casupola lì a fianco, dove si cambiò, si mise qualcosa di più decente, si lavò la faccia e le braccia e uscì. Non andò subito dalla ragazza, ma passò prima nell’ufficio di Sam. Quel sabato non aveva ritirato lo stipendio della settimana, così lo andò a ritirare quel giorno.
“ Ciao Sam. Sono qui per lo stipendio”
“ Ah, sì, non l’hai ritirato sabato. Ecco qui le tue 189 sterline. Te le sei sudato, ragazzo”
“ Grazie Sam”.
189 sterline. Erano tantissime. Ne aveva già guadagnate altre, nelle settimane precedenti, ma ogni volta gli sembravano una somma astronomica. E pensare che a Parigi era il ragazzo più ricco della città. Arrivò da Livy e, felice, la baciò. Davanti a tutti, anche se solitamente non lo avrebbe mai fatto. Ma in quel momento non gli importava di quello che pensavano gli altri. Si era costruito una vita, da solo, e adesso era felice, con un lavoro e una splendida ragazza. Cos poteva desiderare di più?
“ Ciao Jac” sussurrò Livy, quando si staccò da lui
“ Ciao Livy” rispose semplicemente lui” Guarda. Sono 189 sterline.”
“ E’ fantastico. E cosa vuoi farci con i soldi guadagnati?”
“ Beh, un po’ li spendo per il cibo, un po’ per la camera, e il resto li metto da parte”
“ Per fare che cosa?”
“ Non lo so. Prendermi un appartamento in città, magari”
“ Allora ti serviranno ben più di 189 sterline la settimana”
“ Non ho mica detto che voglio comprarlo oggi. Col tempo, avrò più soldi. Ne ho già da parte 107 sterline”
“ Complimenti, Jacques Roulette”.
Jac abbassò lo sguardo.
“ Livy, c’è una cosa che devo dirti”
“ Sarebbe?”
“ Non mi chiamo Jacques Roulette”
“ Cosa?”
“ Vedi, quando sono scappato, volevo cambiare vita, volevo essere diverso da chi ero prima, e per questo ho cambiato cognome”
“ Solo il cognome? “
“ Sì. Il mio nome è veramente Jacques. Solo che… “
“ Sì?”
“ Il mio nome per intero sarebbe Jacuqes Ulysse Rousseau”.
Livy lo guardò incredula.
“ Qu….quel Rousseau?”
“ Sì, proprio quello”
“ Quello figlio del più grande affarista di Parigi?”
“ Sono suo figlio. Ed è proprio per questo che me ne sono andato”
“ Vuoi dire che tu vivevi nella mega villa dei Rousseau, quella del settecento, quella con un giardino enorme, con tanti domestici, una camera fantastica e tutto ciò che volevi a disposizione”
“ Più o meno”
“ E te ne sei andato da tutto questo?”
“ Non è così bello come sembra. Non potevo fare quasi niente, non avevo amici, doveva studiare tantissime cose. Era come stare in prigione”
“ Non capisco. Come può essere stato così brutto?”
“ Vedi, alla mattina mi svegliavo alla sette, il mio insegnante privato mi dava lezioni per cinque ore, e non potevo distrarmi, dovevo stare sempre attento. Poi pranzavo con mia madre, uno da una parte del tavolo e l’altra da quella opposta, senza parlare, con solo il rumore delle posate e quello dei camerieri che entravano nella sala. Dopodichè dovevo studiare tutto quello che il mio insegnante mi aveva assegnato, finivo verso le sette e mezza, ora in cui avevamo la cena con mio padre, poi, alle nove e mezza- dieci, andavo a dormire. Tutti i giorni così. Tutti uguali. Ti sembra bello?”.
Livy guardò negli occhi Jac. Non poteva immaginare che quel ragazzo, il suo ragazzo avesse vissuto tutte quelle brutte cose, quella vita simile ad una prigione, senza mai un attimo di libertà.
“ Mi dispiace, non lo sapevo” disse piano, abbassando lo sguardo.
“ Non importa, non lo sapevi” disse lui, abbracciandola.
Ormai non erano più nell’officina, erano sulla strada, seduti sul muretto di una casa.
“ Vieni” disse Livy, prendendo il ragazzo per mano e portandolo lungo delle vie tortuose, in posti dove non era mai stato prima.
Si fermarono solo all’arrivo davanti alle rovine di una casa.
“ Perché siamo venuti qui?”
“ Vedi queste rovine?”
“ Sì, certo”
“ Una volta era casa mia” spiegò Livy, cominciando a camminare in mezzo a quelle, sfiorando con una mano i resti della casa, immersa nei ricordi.
“Vivevamo tutti qui. Io, mia madre, mio padre e i miei fratelli. Sai? Avevo due fratelli. Si chiamavano Cathy e Brian. Stavamo bene, non navigavamo nell’oro, ma stavamo bene. Poi un giorno il televisore fece un cortocircuito e diede origine all’incendio. Mia madre stava in un’altra stanza e quando se ne accorse era troppo tardi, i miei fratelli stavano dormendo, e anche per loro non c’è stato scampo. Io invece stavo giocando in cucina, che era la stanza più vicina alla porta. Ho visto tanto fumo, non capivo più niente. Poi ho sentito Cathy e Brian piangere e gridare. Avevano solo sei e otto anni, erano spaventati. Io volevo aiutarli ad uscire, ma il fumo era accecante e non riuscivo a vedere niente. Poi ho sentito la voce di mia madre che mi diceva di uscire, di scappare, di salvarmi. Non volevo andarmene, non volevo lasciarli, ma ho dovuto farlo. Così sono uscita e mi sono salvata, mentre i miei fratelli e mia madre morivano”.
Jac non proferì parola. La storia terribile che aveva appena sentito non poteva essere quella di Livy. Non poteva aver vissuto una storia così. “ E tuo padre?” chiese Jac
“ Mio padre era a lavorare e quando tornò, quella sera, vide la casa bruciata, la polizia che portava fuori i corpi carbonizzati e impazzì. Fu l’ultima volta che lo vidi. Me lo ricordo bene. Io ero terrorizzata, avevo solo cinque anni e corsi da lui in lacrime. Ma lui mi guardò con occhi vitrei e assenti senza riconoscermi. Poi si girò e corse via. Janet mi prese con sé per non lasciarmi sulla strada e da allora abito nell’albergo”
“ Oh, Livy, se solo avessi saputo… non mi sarei certo lamentato della mia vita. Vorrei fare qualcosa”
“ Promettimi che non te ne andrai come ha fatto mio padre.
Promettimelo”
“ Te lo prometto. Non ti lascerò mai”.
Detto questo si avvicinò e la baciò. Fu un lungo, appassionato bacio che risollevò il morale dei due ragazzi, che, a forza di raccontare del passato, era sceso piuttosto in basso.



Attenzione, mancano pochi capitoli alla fine, devo decidere se uno o due. Succederà una cosa inaspettata, ma forse tuttavia prevedibile. Spero che vi sia piaciuto questo capitolo. Ringrazio SHUN DI ANDROMEDA e patty92

  
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