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Autore: ClaryMorgenstern    04/10/2012    3 recensioni
Clary la ignorò e guardò meglio la statua. Non potè che concordare con Jace su quell'obbrobrio. Le ispirava un disgusto immenso, come d'altronde i demoni che voleva rappresentare. Le unghie sembravano scintillare di sangue fresco, e gli occhi erano vacui, scolpiti senza pupilla e..
Si mossero.
[Crossover The mortal instruments   /   The infernal devices]
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questo capitolo è dedicato alla mia migliore amica, Teresa.
A cui è dedicata anche l'intera storia.
Buon compleanno, amore mio.

No problem, my dear.
When you are with me you should be worried about nothin'.


Capitolo XIV
Worried about nothin'


«Sei preoccupata?»
Tessa girò il viso e sorrise al ragazzo che le si stava sedendo affianco. «Un po'» ammise, un po' a se stessa un po' a lui.
Jem le diede un delicato colpo scherzoso con il bastone sulla spalla. «Non dovresti.» la rassicurò. «Saranno qui a momenti.»
Tessa scosse le spalle, lo sguardo perso nelle ombre londinesi. Tenere a William Herondale era un lavoro duro, e  Jem poteva capirla meglio di chiunque altro. «Perché ho paura che abbia fatto una sciocchezza?»
«Perché è di Will che stiamo parlando. Fare sciocchezze è quello che gli riesce meglio» Un sospirò sfuggì dalle labbra di Tessa, congelandosi subito nel freddo della notte invernale. «Oltre, s'intende, al far uscire tutti fuori di testa.»
Lei sorrise appena. «Credo che se ne siano accorti anche i ragazzi del futuro.» disse.
Jem si passò il pomo di giada sotto il mento, con aria pensierosa. «Ho paura, Tessa, che ci sia qualcosa che non ci hanno detto.»
La ragazza voltò il capo verso l'amico. «Qualcosa di brutto?»
«Non necessariamente» asserì. «Ma qualcosa di importante sul perché siano arrivati qui.»
«Ma» cominciò lei. «Sono stati sottoposti alla spada mortale, no? Ho letto il codice: I cacciatori non possono mentire sotto Mellartach»
Jem annuì. «Anche questo è vero.» si sdraiò sui gradini puntellandosi sui gomiti. La luna gettava riflessi bianchi sulla sua figura facendolo sembrare uno schizzo a matita nera su un foglio bianco.
«Pensi che dovremmo parlare di quello che è successo?»
Tessa girò lo sguardo verso Jem, le guance già rosse e bollenti.
 
Quando nei romanzi aveva letto di bellissime fanciulle, usate e abbandonate, aveva letto che faceva male. Aveva immaginato, sentito sulla pelle e nell'anima, quanto facesse male.
Ma tutto quel dolore passivo che dalla lettura era passato sulla propria pelle non era assolutamente nulla in confronto a quello che provava adesso.
Sapeva esattamente come doveva sentirsi; Spezzata, incompleta, umiliata. Invece non sentiva nulla. Immersa nel vuoto e così lo fissava attonita quel vuoto, lasciando il tempo a scivolarle addosso senza uscire dalla stanza.
Accanto al suo letto giacevano diversi libri, chiusi e lasciati a impolverare. Forse per la prima volta in tutta la sua vita, non aveva voglia di leggere.
Colpi leggeri alla porta la riscossero abbastanza da farle girare il viso e vedere Jem entrare dalla porta, stagliando un rettangolo di luce nella stanza. Prima di parlarle, accese la torcia di stregaluce sul suo comodino. Era stata Charlotte a portargliela, un paio di giorni prima, sapendo che Tessa preferiva la luce della pietra runica che dava a tutto un'aria soffusa e misteriosa.
Poi le si avvicinò e si sedette sul letto. «Vorrei sapere perché hai deciso di diventare un'eremita in questa stanza, ma so che non me lo dirai»
Per qualche ragione le venne da sorridere. «Stai qui» gli sussurrò, quasi in una supplica. «Stai solo qui.»
Senza voltarsi, sentì il corpo del ragazzo spostarsi sul letto e avvicinarsi a lei, tanto che ne sentì il respiro caldo sulla nuca. «Per tutto il tempo che vuoi.»
«Puoi rimanere qui per sempre, allora?» eccole quelle lacrime che aveva trattenuto fino ad allora. Si sfogarono in sole due gocce, silenziose, che segnarono la strada sulle sue guancie.
Nella sua voce, sentì un sorriso. «Sempre» e dopo quel sorriso lo sentì sulle labbra, quando Jem le posò sulle sue. La sua bocca era fresca e dolce, come quei panini dolci che Sophie le aveva portato quella mattina, ma che lei non aveva neanche sfiorato. Fresca come la neve che aveva visto scendere dalla sua finestra. Con la voglia di uscire per sentirla sulla pelle, ma senza la forza per farlo.
Quando si staccò da lei, Tessa si aggrappò alle sue spalle. «Usciamo da qui» gli sussurrò con le labbra intrise del suo sapore.
Quando uscirono, la ragazza vide una figura emergere dal tenue chiarore del corridoio. Will camminò verso di loro coi i capelli bagnati: Segno che era appena stato sotto la neve. Le venne in mente quando l'aveva trovato fradicio d'acqua Santa in soffitta, e le sue guance si tinsero di rosso, sentendo il senso di colpa farsi spazio nelle sue vene per arrivare dritto al cuore. E prima che quel senso di colpa glielo fermasse, il cuore, voltò le spalle a entrambi i ragazzi e corse dalla parte opposta alla loro, facendosi spazio nell'istituto verso l'unico posto in cui si sentisse al sicuro: La biblioteca.
E, dopo aver chiuso la pesante doppia porta di legno, si rilassò contro la parete, esalando un sospiro di sollievo.

 
A eterno merito di Jem, non ne aveva fatto parola davanti a nessuno. Aveva come fatto finta che non fosse successo nulla, rimanendo sempre dolce e gentile come sempre. Tessa era così confusa che non sapeva bene dove orientare i propri pensieri.
Non sapeva chi fosse, né cosa volesse, né tanto meno chi volesse.
Ma non è una vera scelta. disse una vocina cattiva nascosta nella sua testa. Will non ti vuole. Te l'ha detto chiaramente.
Nei romanzi lo chiamavano Triangolo amoroso. Ma Tessa si sentiva più come in un baratro senza uscita. Ma pensò anche che baratro non fosse un termine troppo romantico.
«Mi dispiace» sputò di getto. «Da quando sono qui non ho fatto altro che rovinarvi l'esistenza» la voce le si ruppe. «Mi dispiace, Jem» ripetè, infine, crollando. «Mi dispiace davvero»
Sentì il tocco della sua mano prima ancora di avvertirlo fisicamente. «Ascoltami bene, Tessa.: Non pensare mai più una cosa del genere.» le intimò, con voce più dura di quanto Tessa si sarebbe mai aspettata dal ragazzo. «Mai più» si fermò qualche istante, in cui lo sguardo gli scivolò dagli occhi verso le sue labbra. «Siamo Shadowhunters. La vita normale non fa per noi. A ben pensarci, una vita senza problemi, con tutto questo potere, sarebbe piuttosto noiosa. Non ti pare?»
Ed eccola lì, la vera somiglianza tra Will e Jem. Entrambi, con poche parole, erano capaci di sconvolgerle il mondo.
Una forte luce li inondò, avvertendoli così che la carrozza dell'istituto era appena passata dal cancello nero e si stava fermando nell'immenso cortile.
Will scese dalla carrozza, appena le ruote si fermarono,  con un salto elegante, atterrando sulla neve fresca. «Vi siete persi una gran festa» disse loro avvicinandosi. «Chiacchiere socievoli, ottime bevande, una rissa, persone deliziose...»
«Non ti sentire un gran figo.» Jace Lightwood camminava con leggerezza nella notte, avvicinandosi a Will. Tessa si chiese se tutti i cacciatori si assomigliassero così tanto o se riguardasse solo Will e Jace. «Se non ci fossi stato io ti avrebbero fatto a pezzi.»
Will fece un gesto sprezzante. «Quando?  Quando corrompevi le virtù della cara Clarissa o quando avevi paura di rovinare la giacca?»
«Fossi in te smetterei di parlare della virtù della mia ragazza finchè hai ancora l'abilità di parlare.»
La chiamata in causa diede uno schiaffo alla nuca bionda di Jace, arrivando insieme al vampiro Simon, così forte che anche Tessa sentì il colpo. «Fossi in voi smetterei di parlare e basta» disse lei. «Tanto non esce mai niente di sensato dalle vostre bocche»
«..Io non ne sarei così sicuro» Disse Will, con un sorriso sottile. «Sai, ho ricevuto diversi complimenti...»
Clary lo fermò con un gesto della mano. «Visto? Niente di sensato.»
Per la prima volta da quando era arrivato, Will porse lo sguardo a Tessa. Il suo sguardo la percorse tutta, dalle scarpette di raso ai capelli raccolti sulla nuca, fino ad arrivare alle mani di Jem sul suo viso. «Io vado dentro» disse. E sparì oltre la porta.
Simon scosse le spalle nel freddo della notte londinese. «Quello lì ha dei seri problemi»
Tessa sentì lo sguardo di Jem addosso, mentre fissava il punto in cui Will era appena sparito. «Concordo»
 
Isabelle stese le lunghe gambe sul pavimento, stendendo i muscoli. «Quindi, abbiamo un nome per il nostro piccolo Houdini  ed una carica» sbadigliò. «Oltre ad avere la conferma che Camille sia una poco di buono»
La voce di Alec arrivò sonnacchiosa da dietro il letto. «Non avevo bisogno di conferme» indossava una giacca e pantaloni scuri, con sopra un panciotto tenuto slacciato che gli dava un aria romantica, insieme allo sguardo triste dei begl'occhi azzurri.
Clary non si era cambiata. Indossava ancora il vestito strappato e la giacca di Jace sopra di esso. Non riusciva a stare seduta: continuava a fare avanti indietro per la stanza di Isabelle sentendo perfettamente addosso lo sguardo di Jace, seduto sulle gambe di Alec, che la seguiva passo per passo. «Così non abbiamo risolto niente!» strillò ad un certo punto Clary, incapace di trattenersi. «Abbiamo un nome stentato detto da alcuni ubriachi, a cui ci ha condotto uno stregone a quanto pare non molto affidabile!»
Un mugolio arrivò dalla figura di Alec, ma non aggiunse nulla. Da quando era spuntato Magnus in quella storia Alec si era come bloccato. Riusciva solo a fare ricerche e assentire. Non era mai stato un tipo molto loquace, ma adesso parlava solo in presenza di Jessamine, e solo perché era impossibile tacere sempre quando qualcuno di parlava a raffica.
«Lo sappiamo, Clary» Jace si alzò e le pose le mani sulle spalle, fermandola. Clary le scosse levandoselo di dosso. Uno sguardo ferito passò nei suoi occhi dorati, ma fu solo un secondo prima che lo sguardo da stronzo riprendesse il sopravvento.«Ma è qualcosa! Fino a ieri non avevamo nulla»
Clary guardò Jace, poi volse lo sguardo a Isabelle e ad Alec, stesi sul letto. La sua nuova famiglia, con Simon al piano di sotto nel rifugio. Abbassò lo sguardo. «Scusate» disse con voce flebile. «Ho bisogno di un po' d'aria.»
Non aspettò una risposta. Afferrò un paio di fogli e una matita e scappò dalla stanza prima che qualcuno potesse seguirla.
Si fermò quando i suoi stivaletti toccarono la neve fresca, appena caduta.
Camminò nel freddo della notte, consapevole che era sola per la prima volta da settimane. Era bello poter pensare senza nessuno attorno. Si stese su una delle panchine di pietra e posò i fogli sulle gambe, sentendo il freddo della neve passarle attraverso le calze sottili, dritto alle sue terminazioni nervose. E tirò un sospiro di sollievo.
Solo dopo ebbe paura.
Per l'ultima volta che era rimasta sola.
Scattò in piedi e, chinandosi a prendere il foglio lasciato sulla panca, si accorse che qualcun altro era venuto a cercare un po' di tranquillità lì fuori.
Will si avvicinò silenzioso e si sedette sulla panchina di pietra, vicino a lei. «Avresti bisogno di dormire, sai? Sembri messa male»
«Senti chi parla.»
Il ragazzo ghignò. «E' impossibile per me apparire meno che splendido»
Clary non rispose, consapevole che, se avesse aperto bocca,  avrebbe maledetto il DNA per aver reso Jace così uguale a quel ragazzo dai capelli neri e gli occhi azzurri. Così diverso da lui fisicamente, ma così uguali dentro.
Ed essendo così uguali dentro, Clary sapeva benissimo -le battute acide, l'esaltazione di sé, la voglia di solitudine- che Will stava decisamente male in quel momento, e che sarebbe morto prima di ammettere di aver bisogno di aiuto.
Quindi non se ne andò. Si rimise seduta bagnandosi tutto il vestito e la schiena. Tanto, pensò, era già bello che rovinato.
«Sai, se ti sforzassi andresti molto d'accordo con Jace.» gli disse. «Potreste sciorinarvi in elogi sulla vostra persona fino alla nausea.»
Lo sguardo di Will era perso nel vuoto. Chissà dov'era la sua mente contorta. «Le persone uguali si respingono, Clarissa.»
Clary si trovò a non poter essere più d'accordo, e più di una volta questo discorso le aveva dato da pensare.
Cosa c'entravano lei e Jace?  Jace era un cacciatore esemplare, lei al massimo riusciva a non cacciarsi nei guai, quando ci riusciva. Lui era splendido, alto e affascinante, Clary era una bambolina di pezza. Lui le citava intere poesie d'amore, lei a malapena riusciva a dirgli che l'amava.
Ma Clary era follemente innamorata di quell'idiota biondo cenere. Se ne era resa conto ad Alicante, a casa di Amatis, quando gli aveva tirato i piatti addosso.
Non era certo stata l'occasione più romantica del mondo. Ma ci sono momenti, nella vita, in cui ci si accorge che la persona che ci fa incazzare più di tutti, è quella che ami alla follia. Tirandogli il secondo piatto aveva realizzato che nessuno l'aveva mai fatta incazzare tanto e che non avrebbe mai amato nessuno, quanto amava lui.
E, per quanto fosse una cosa sciocca e decisamente insensata, Clary sapeva che Jace provava lo stesso per lei. Lo sentiva nelle sue mani, quando la sfiorava. Lo sentiva nella sua voce, quando le parlava. E nei suoi occhi quando le urlava contro.
L'amore è decisamente un sentimento bizzarro.
«Allora, Tessa è uguale a te?»
Forse era meglio tenere la bocca chiusa.
Will scattò con la testa verso di lei. «Non parlare di Tessa.» sibilò, cattivo fissandola negli occhi. Forse era la tempesta in quegli occhi azzurri, forse l'acredine nella voce, forse le mani contratte lungo i fianchi, forse era tutto l'insieme che fecero scattare in Clary una reazione di difesa. Scattò in piedi, stranamente senza inciampare sui propri piedi, e si portò a debita distanza dal ragazzo, la mano poggiata sul fianco a pochi centimetri dallo stilo.
L'espressione di Will rimase incollerita, anche se sembrava piuttosto confusa. Il ragazzo rimase comunque seduto sulla panchina di pietra, fissandola per qualche minuto, poi alzò le braccia al cielo. «Per l'Angelo, non ho intenzione di farti del male! La gente non si infuria nel XXI secolo?»
Clary sentì il nodo che provava alla gola sciogliersi a poco a poco, e quando la sentì finalmente libera, parlò. «Mi dispiace. Sono stata inopportuna» Cominciava a pensare di essersi trasformata in una bambolina inerme.
Will sembrò valutare se stesse parlando sul serio, poi fece un gesto scocciato con la mano. «Tessa non è uguale a me.» disse, senza guardarla. Lo sguardo perso nella piccola foresta che sfioccava dietro l'istituto. «Tessa è come un romanzo» disse ad un certo punto.  E Clary seppe che quelle parole che stavano per uscire dalle labbra di Will non le aveva mai ascoltate nessuno, men che meno Tessa, e con altrettanta certezza, sapeva di dover prendere un foglio e la matita per fermarle nel tempo. «È avvincente, è romantica, è divertente. È passionale, è sagace, tenta di correggerti sempre. È una continua sorpresa, ad ogni nuova pagina. E, chiaramente, è il tipo di romanzo che non vorrei finire mai. Da leggere ogni volta come fosse la prima»
Clary rimase in silenzio qualche minuto, passando la matita sul foglio. Il disegno le si era già creato nella testa, ad ogni emissione di fiato del ragazzo: bastava solo passare lì il carboncino, più in basso qualche linea..
Quando alzò lo sguardo su di lui, William Herondale era sparito.
  
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