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Autore: Emerald Liz    04/10/2012    6 recensioni
“Non c’è nulla di strano in un gruppo di ragazzine che parlano tra loro. Proprio niente.” Cerco di rassicurarmi. “Dopotutto, sono in una scuola femminile.”
Come si comporterà Kakashi nelle vesti di supplente in un istituto femminile?
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Stavo trascorrendo una serata magnifica: il locale aveva un’atmosfera rilassata e intima, il cibo era ottimo, e Kakashi era allegro e spensierato come non lo avevo mai visto.
Sembrava un ragazzino, e a volte pensavo che in fondo lo era davvero, almeno rispetto a me.
Questo pensiero mi faceva incupire, per cui cercavo di scacciarlo il più in fretta possibile: volevo godermi la cena.
Era sorprendentemente facile stare in compagnia di Kakashi: al contrario dei miei altri colleghi, ciò che lui diceva mi interessava davvero, e mi ritrovai ad ascoltarlo incantata mentre parlava.
Risi di cuore quando mi raccontò della gaffe del suo primo giorno di scuola, quando aveva completamente ignorato il discorso del preside per poi cercare di commentarlo.
«Non ti preoccupare, facciamo tutti così!» lo rassicurai, e ridemmo insieme.
Finimmo di cenare abbastanza presto, ma non volevo tornare a casa e mettere fine alla serata, mi stavo divertendo troppo.
Mi stavo lambiccando il cervello per trovare qualcosa da fare, quando, una volta usciti dal ristorante, trovai la soluzione: proprio di fronte, c’era un locale enorme, che sembrava si stesse riempiendo di gente.
Mi ricordai dei discorsi eccitati delle mie alunne, e capii che quella doveva essere la nuova discoteca, che veniva inaugurata proprio quella sera.
Cercai di reprimere un moto di contentezza: ecco cosa avremmo fatto!
Kakashi si stava già incamminando fuori del ristorante quando sfoderai la mia migliore espressione affascinante e, cercando di mantenere un tono casuale, gli dissi:
«Quello dovrebbe essere il nuovo locale di cui tutti parlano!» indicai vagamente il posto, agitando un braccio in aria.
L’espressione di Kakashi era di cortese attenzione, ma non sembrava veramente interessato.
Tentai comunque.
«Che ne dici di andare a vedere che genere di posto è? Dopotutto, è ancora presto!»
Troppo presto.”
Kakashi arrossì leggermente e si guardò intorno.
«Bè, io veramente…» cominciò nervosamente «Non sono esattamente un tipo da locali, sai, ballare, bere, tutte quelle cose lì, non sono proprio il mio genere…»
Cercava di schermirsi, ma sapevo che se avessi insistito un po’ alla fine mi avrebbe accontentato.
Ovviamente, colsi al volo l’occasione: continuai a chiacchierare entusiasta della discoteca, e a rassicurarlo sul fatto che neanche io ero una tipa da locali, finché non ci ritrovammo entrambi davanti all’entrata, io che sprizzavo gioia da tutti i pori e Kakashi con un’aria rassegnata che mi fece sentire un po’ in colpa.
Tuttavia il senso di colpa svanì quando finalmente entrammo: era tantissimo tempo che non andavo in discoteca, o in un luogo simile, e mi sentivo elettrizzata.
Per non perderci di vista in mezzo alla confusione, Kakashi mi prese delicatamente per un braccio, e il suo tocco mi fece scendere dei brividi lungo la schiena; la combinazione di quella sensazione con l’eccitazione per la musica altissima e la folla enorme produssero un mix esplosivo in me, portandomi a scatenarmi sulla pista.
Acchiappai Kakashi, che stava puntando verso un tavolino, e lo trascinai a ballare.
Per un secondo mi guardò con un’espressione di disappunto, e credetti di aver esagerato.
Ma poi il suo volto si aprì in un sorriso –apparentemente autentico- e lui mi seguì in pista, cercando di fare del suo meglio.
Era un ballerino terribile, e non aveva assolutamente senso nel seguire il ritmo.
Cercai di non ridere, ma la sua espressione impacciata era così buffa che non riuscii a trattenermi.
Ma non volevo che si sentisse in imbarazzo, per cui gli presi scherzosamente le mani e cominciammo a muoverci a caso, ridendo come matti, mentre la gente intorno a noi ci guardava perplessa.
Sembravamo due bambini, e in quel momento mi sentii bene come non mi era mai successo.
Finalmente Kaskashi aveva abbandonato l’espressione corrucciata, e sembrava si stesse godendo la serata.
Dopo un paio di canzoni, decidemmo di fare una pausa.
Ci sedemmo a un tavolo, e lui si offrì di andare a prendere da bere.
Lo seguii con lo sguardo, pensando che la serata non sarebbe potuta andare meglio.
Ero imbambolata, e sorridevo come una scema, quando vidi che Kakashi, in fila per i drink, era accanto ad un altro ragazzo, che attirò immediatamente la mia attenzione.
Lo osservai, curiosa.
La prima cosa che notai fu la somiglianza impressionante del loro colore di capelli: non credevo che potesse esistere un’altra persona al mondo con quella assurda sfumatura argentea, ma evidentemente mi sbagliavo.
Mi sovvenne l’idea che l’altro ragazzo fosse un suo parente, ma mi sembrava impossibile: mi aveva detto chiaramente di non conoscere nessuno in città a parte i suoi colleghi.
Continuai ad analizzare il ragazzo: era qualche centimetro più basso di Kakashi, ma comunque notevolmente alto, e magrissimo.
Non riuscivo a vederlo in viso, ma sospettavo che fosse piuttosto bello.
I due riuscirono a prendere i loro drink, e a quel punto accadde una cosa strana: Kakashi seguì il ragazzo con lo sguardo, con un’espressione indecifrabile sul viso, finché l’altro non arrivò al suo tavolo.
A quel punto, Kakashi spalancò gli occhi con espressione sorpresa, che venne però immediatamente rimpiazzata da un’aria preoccupata.
Dal mio tavolo non potevo vedere la causa di questo cambiamento così rapido di emozioni, e in un secondo l’espressione di Kakashi era tornata quella di sempre, portandomi a chiedermi se per caso non avessi immaginato tutto, spinta dalla fantasia.
Quando tornò al tavolo e mi offrì il bicchiere, avevo già praticamente dimenticato tutto.
Chiacchierammo per alcuni minuti, e l’atmosfera sembrava rilassata come prima, ma qualcosa era cambiato impercettibilmente.
Kakashi sembrava nervoso, anche se cercava di nasconderlo, e lanciava brevi occhiate continue alla porta.
Stavo per chiedergli se fosse successo qualcosa, quando improvvisamente si alzò.
«Vado a prendere un po’ d’aria.» annunciò, risoluto.
Poi dovette accorgersi della mia espressione perplessa, perché continuò, con tono addolcito:
«Esco solo per un minuto, aspettami pure qui.»
Ciò che mi convinse fu il grande sorriso, dolce ma allo stesso tempo di scuse, che mi rivolse.
Mi fece sentire come se davvero gli dispiacesse allontanarsi da me anche solo per un minuto, per cui sorrisi a mia volta, e lui si allontanò.
Cominciai a guardarmi intorno per ingannare l’attesa, e la mia attenzione cadde su un gruppo di ragazzi poco distante, che sembravano avere la stessa età delle mie alunne.
Erano tutti pieni di energia, e anche quelli che stavano seduti seguivano il ritmo martellante della musica, con naturalezza.
Mi chiesi come sarebbe potuto essere insegnare ginnastica a un gruppo di ragazzi invece che di ragazze, e arrivai alla conclusione che non mi sarebbe piaciuto molto: va bene, nella mia scuola dovevo sopportare un arsenale di giustificazioni per “problemi femminili”, lamentele sulla durezza degli allenamenti e tempi infiniti negli spogliatoi, ma almeno le ragazze erano tranquille e non mi davano problemi.
Probabilmente, non si sarebbe potuto dire lo stesso dei ragazzi: proprio mentre ero persa in queste riflessioni, vidi che uno di loro cercava di salire in piedi su un tavolo; riuscito nell’impresa, si lanciò in una danza sfrenata lì sopra, mentre il resto del suo gruppo, e anche diverse persone lì intorno lo acclamavano ridendo.
Non avrei sopportato scene di questo tipo durante le mie lezioni, e per una volta fui felice di insegnare in un istituto femminile.
Osservando la gente intorno a me, non mi ero resa conto che un minuto era ormai passato da un bel pezzo, e Kakashi ancora non era tornato.
Cominciai a preoccuparmi: si era forse sentito male?
Dopo qualche tentennamento, decisi di andarlo a cercare.
Uscii.
Davanti al locale c’erano diverso gruppi di ragazzi e qualche coppietta, ma di Kakashi neanche l’ombra.
Feci tutto il giro dell’edificio –cosa che prese diverso tempo, date le dimensioni del posto- ma non c’era traccia di Kakashi neanche lì.
Cominciavo a preoccuparmi sul serio.
Un ragazzo mi vide, sola e immobile di fronte al locale, e si avvicinò.
«Cerchi qualcuno?» mi chiese, con torno gentile.
«Io… veramente sì. Un ragazzo, era con me prima. Ha detto che doveva andare un attimo fuori, e non lo vedo da circa mezz’ora.»
Cercando di non sembrare una patetica trentenne scaricata, gli descrissi Kakashi.
Colsi il lampo di consapevolezza nei suoi occhi ancora prima che lui parlasse.
«Credo di averlo visto, non so bene quanto tempo fa. È… ehm… andato via… con una ragazza.» ammise alla fine.
Rimasi a bocca aperta.
Lo sguardo di commiserazione e dispiacere che mi lanciò fu l’ultima goccia.
Lo ringraziai e fuggii via, senza neanche cercare di andarmene con una certa dignità.
Raggiunsi la macchina, entrai, e, non appena chiusi lo sportello, cominciai a singhiozzare.
Le lacrime scendevano  come un fiume in piena, inondandomi il viso.
E la cosa peggiore era che non riuscivo a fermarle.
Mi coprii il volto con le mani, e rimasi lì a lungo.
Non potevo crederci: era andato tutto alla perfezione, la cena era stata stupenda, avevamo ballato, riso, parlato come se non avessimo fatto altro che frequentarci per tutta la vita.
Ma, ricordai a me stessa, non era affatto così: ci conoscevamo da pochissimo, e solo da un punto di vista professionale.
Il brusco ritorno alla realtà mi fece piangere di nuovo.
Quando mi sembrò di aver esaurito tutte le lacrime, restai a fissare il vuoto e a tirare su col naso, cercando di non pensare a nulla.
Poi misi in moto l’auto, e tornai a casa.
Una volta entrata, non mi preoccupai neanche di struccarmi –credevo che le lacrime avessero comunque fatto la maggior parte del lavoro- ma mi svestii e mi buttai sul letto.
La resistenza contro il pianto era ormai diventata inutile, e, quando mi addormentai, le mie lacrime stavano ancora scorrendo.
  
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