Una sera, prima della
festa.
Forse c’è qualcosa di più che vedi quando ti guardi nello specchio.
Forse quando catturi per un brevissimo istante la tua immagine, sguardo estraneo che ti restituisce i tuoi occhi, vedi qualcosa in più di te stessa. Ti appare una creatura estranea, che non puoi essere tu, così piatta, così rozza, così orribilmente imperfetta (o perfettamente orribile) rispetto alla bellezza che pare circondarti ovunque tu vada.
Una sera, prima della festa, scegliendo il vestito e gli accessori, abbinando i colori, acconciando i capelli, setacci la stanza in cerca di qualcosa di speciale, che esca dalle banalità, che lasci tutti senza fiato. Trovi la combinazione, distendi i vestiti sul letto, li scruti pensierosa e ti sembrano così belli, e te li metti indosso. È allora che torni a fissare lo specchio; e quella che hai davanti è un mostruoso ricettacolo di difetti che una rozza mescolanza di vestiti splendidi ha cercato pateticamente di nascondere. È così, prima di ogni uscita, prima di ogni festa, un compleanno, una cena con gli amici. E quella sera in particolare che sarà presente la persona, forse l’unica in quel momento, che vorresti restasse abbagliata da te; ma poi ti guardi tristemente nello stupido specchio. E sei banale.
Sei una figura scialba, affatto somigliante alle statue incantevoli delle riviste, ai corpi perfetti che vedi ovunque vai e che sembrano di una razza diversa dalla tua, una razza più bella.
Ma quella tua immagine riflessa nella superficie levigata dello specchio è molto più del tuo semplice riflesso.
E così mentre un’amica ti chiama per uscire, lamentandosi del tuo ritardo, mentre ti prepari alla tua “serata da incubo” incerta e barcollante come una giovane modella sui tacchi troppo alti, la tua immagine, quella che hai visto nello specchio, langue e si rammarica con sguardo triste, perché questi sono i tuoi anni migliori, e nella prima ed unica vita che avrai per viverli, ancora non ti sei accorta di quanto sei speciale.