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Autore: wordsaredeadlythings    04/10/2012    6 recensioni
E gli mancava. Gli mancava da morire.
Certe volte si svegliava nel cuore della notte, sudato e stralunato, reduce dall'ennesimo incubo, e avrebbe semplicemente voluto chiamare Jimmy e raccontargli tutto, magari beccarsi anche qualche insulto perché "diavolo cane, Gates, non puoi chiamarmi alle tre di mattina per un motivo così coglione!", ma poi sapeva che lo avrebbe ascoltato, perché Jimmy ascoltava sempre.
Ma quando poi prendeva in mano il telefono e componeva il numero, si ricordava che Jimmy non c'era più, e sprofondava. In cosa, di preciso, non lo sapeva nemmeno lui: c'era solo freddo e vuoto, lì dentro, e lui ci sprofondava, ci cadeva. E faceva male da morire.

Brian, uno scatolone color acquamarina e tanti ricordi che fanno male da morire.
Jimmy, il suo avere una risposta per tutto, e la mancanza.
Spero vi piaccia!
_Cris
Genere: Angst, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Synyster Gates, The Rev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo Scatolone.






C'era uno scatolone color acquamarina, in soffitta.
Brian preferiva evitare di pensare all'esistenza di quella stupida scatola, tendeva a dirottare i suoi pensieri altrove. Preferiva pensare alla musica, alla band, alla sua casa, ai suoi amici... ma quella scatola non poteva proprio stare nella sua mente.
C'era uno scatolone color acquamarina, in soffitta, uno scatolone saturo di ricordi che Brian preferiva ignorare, perché riviverli faceva male.

*

Successe un pomeriggio di fine ottobre: fuori pioveva e Brian era sdraiato sul suo vecchio divano, immerso fino al collo nei suoi stessi pensieri. Perché sì, Brian Haner pensava. Forse anche troppo. Avrebbe preferito smettere di pensare, eppure non ci riusciva: c'erano frasi che scorrevano nella sua mente; alcune scivolavano via in un battito di ciglia, altre si ripetevano, ruotando incessanti come mantra indefiniti provenienti da un passato che Brian preferiva ignorare anziché rivivere.
Sospirò, passandosi una mano sulla faccia. Appoggiò le dita sulle palpebre chiuse dei suoi occhi, cercando di scacciare l'immagine di quello scatolone, del giorno in cui lo aveva riempito e schiaffato in soffitta, come per proibirsi di pensare a ciò che era successo, come se questo bastasse per cancellare l'accaduto e far tornare indietro il tempo.
Il ragazzo scosse la testa, sistemandosi seduto. Osservò la parete davanti a lui, con aria persa, continuando a ripensare a quei giorni nel silenzio di quella casa vuota. Era così maledettamente fredda, silenziosa da far schifo, vuota da far male.
Brian scosse la testa, serrando bene gli occhi. Non doveva pensarci, perché quei ricordi facevano solamente male. Aveva impiegato così tanto tempo per rimuoverli dalla sua mente, perché ora tornavano? Perché?
Il ragazzo sospirò, mentre quei perché vagavano nella sua mente alla ricerca di risposte che non sarebbero mai arrivate. Pensare troppo lo portava sempre a farsi domande alle quali non avrebbe potuto dare risposte, e forse era questo che gli dava più fastidio: non avere risposte. O forse le risposte c'erano, ma lui non riusciva mai a trovarle.
Forse perché, in genere, non era lui che aveva tutte le risposte. Lui aveva le domande stupide, quelle domande nate dal troppo pensare. C'era un'altra persona che aveva tutte le risposte. Aveva sempre una risposta per tutto, lui.
Brian sospirò e si alzò, dirigendosi verso la soffitta. Doveva riaprire lo scatolone, cercare le sue risposte da solo, ora che lui non poteva più dargliele. Gli sarebbe piaciuto chiamarlo, solo per esporgli tutte le sue domande e per ricevere risposte. Gli sarebbe piaciuto chiamarlo per dirgli che gli voleva bene. Gli sarebbe piaciuto chiamarlo e basta.
Salire i gradini che portavano alla soffitta fu più complicato di quanto Brian poteva immaginare: ci mise quasi dieci minuti per salirli. Si sentiva spaventato all'idea di aprire quello scatolone, e spesso ebbe voglia di tornare indietro e di dimenticare tutto, ma ormai era lì, e non poteva tornare indietro: doveva guardare indietro, trovare le risposte.
Brian riuscì a raggiungere l'ingresso della soffitta. C'erano ragnatele e polvere ovunque, l'aria era così rarefatta che il ragazzo si sentì mancare il respiro, ma nonostante ciò riuscì comunque a raggiungere quel maledetto scatolone. C'era moltissima polvere lì sopra, così tanta che Brian quasi non riuscì a leggere la parola che aveva scritto lui stesso, quasi un anno prima, sul coperchio della scatola.
"Jimmy".
Solo Jimmy. Brian si sentì punto sul vivo, come se qualcuno avesse infilato uno spillo nel suo cuore, per poi spingerlo fino in fondo. C'erano così tanti spilli sul cuore di Brian che quasi non riusciva a respirare, se ci pensava. Brutti ricordi che avevano assunto la forma di spilli, pronti a pungerlo ogni singola volta che si addentrava troppo in profondità nel dimenticatoio della sua mente. E lo spillo che riguardava Jimmy era cresciuto, con il passare del tempo, fino a trasformarsi in uno stiletto. Un grosso stiletto che ora stava penetrando nel cuore di Brian, e non voleva saperne di uscire.


- I bei ricordi sono i peggiori per me, sai? Mi ricordano di cose stupende che ci sono state e non si ripeteranno mai più. Mi uccidono dentro, anche più di quelli brutti -
- E allora non ricordare! -
- Già, hai ragione, non dovrei... Passami una birra, ho voglia di festeggiare! -
- Per cosa? -
- Non lo so, festeggiare e basta! -


Il ragazzo prese lo scatolone tra le braccia con delicatezza, come se temesse che andasse distrutto. Forse sarebbe stato meglio distruggerlo, quello schifosissimo scatolone, cancellare tutte le sue preoccupazioni, tutto il dolore... cancellare i bei ricordi, cancellare Jimmy.
Brian scosse la testa, uscendo finalmente da quella soffitta opprimente, per poi tornare in soggiorno. Si sistemò sul divano e appoggiò lo scatolone davanti a sé, per poi fissarlo in silenzio. Era un cazzo di scatolone acquamarina, perché ne era così terrorizzato?
Perché conteneva ricordi, troppi, tanti ricordi.
I ricordi non portano mai a niente di buono. Dovrebbero esistere le avvertenze, un cartellino informativo che ci dica esattamente come stanno le cose. "Ehy, aprendo questo ricordo di certo lui non tornerà da te, perché con lei sta meglio", "Attenzione: l'uso di questo ricordo potrebbe provocare un forte dolore emotivo, quindi mettilo da parte, non ti serve", "Non hai bisogno di aprire questo ricordo, fidati di me. Fa male e basta". E invece no, non esiste alcuna avvertenza, nessun campanello d'allarme che ci dica esattamente cosa succederà una volta aperto quello stupidissimo ricordo. E così noi cominciamo ad aprire. Apriamo, apriamo, apriamo e apriamo, quasi senza renderci conto, e poi ci ritroviamo con mille cicatrici sanguinanti da ricucire faticosamente. E non possiamo neanche non ricordare, perché è un processo automatico: pensi, ricordi e stai male. E l'unico modo per evitare di ricordare sarebbe smettere di pensare, ma a volte è quasi impossibile farlo.
E tutto questo Brian lo sapeva, ma non gli importava, perché era giunto il momento di ricordare. Lo sentiva dentro, perché cancellare quello scatolone non cancellava ciò che era successo.
Il ragazzo sollevò il coperchio di quello scatolone con lentezza, e sospirò.
C'erano tante cose, lì dentro. Polaroid, testi di canzoni scritti dalla stessa mano di Jimmy, con quella sua scrittura confusionaria e caotica che nessuno riusciva mai a decifrare, lui escluso. C'era una bottiglia di Jack Daniels della quale Brian si ricordava perfettamente, c'era una bacchetta spezzata precisamente in due, un cappello nero. C'erano così tanti ricordi che Brian si sentì quasi scoppiare.


- Rev, secondo te... secondo te perché viviamo? -
Jimmy smise di far roteare le bacchette tra le sue dita, ed alzò lo sguardo su Brian. Era sdraiato sulla sua cuccetta, nel tour bus. Matt, Zacky e Johnny erano da qualche parte a far baldoria, mentre Jimmy si era ritirato lì con Brian perché quest'ultimo si era sentito male.
- Non lo so... per vivere? -
- Dai, cazzo, deve esserci un motivo! - esclamò Brian, ancora mezzo sbronzo, e Jimmy sorrise, perché era veramente adorabile in quei momenti.
Valutò se fosse il caso di dirglielo o meno, ma alla fine rinunciò.
- Brian, non deve esserci sempre un motivo per tutto, sai? Se ti metti a cercare cose del genere, va a finire che non vivrai mai. Il senso della vita è vivere, punto -
Brian alzò lo sguardo su Jimmy e sorrise. Fu un sorriso leggero ma comunque dolce, e Jimmy sorrise a sua volta.
- Ti voglio bene, Jimmy - sussurrò, e gli occhi di Jimmy brillarono un po' di più.
- Te ne voglio anche io, Brian -


Brian non seppe come, ma cominciò a piangere. Così, senza motivo, perché non deve esserci sempre un motivo per tutto. Ora capiva ciò che Jimmy gli aveva detto: non c'era un motivo, non c'era bisogno di una risposta ai suoi perché. Aveva preso lo scatolone perché voleva ricordare e basta, perché Jimmy meritava di essere ricordato.
E gli mancava. Gli mancava da morire.
Certe volte si svegliava nel cuore della notte, sudato e stralunato, reduce dall'ennesimo incubo, e avrebbe semplicemente voluto chiamare Jimmy e raccontargli tutto, magari beccarsi anche qualche insulto perché "diavolo cane, Gates, non puoi chiamarmi alle tre di mattina per un motivo così coglione!", ma poi sapeva che lo avrebbe ascoltato, perché Jimmy ascoltava sempre.
Ma quando poi prendeva in mano il telefono e componeva il numero, si ricordava che Jimmy non c'era più, e sprofondava. In cosa, di preciso, non lo sapeva nemmeno lui: c'era solo freddo e vuoto, lì dentro, e lui ci sprofondava, ci cadeva. E faceva male da morire.
A volte chiamava a vuoto il numero di Jimmy, solo per sentirsi dire da quella maledetta voce pre registrata che "il numero da lei selezionato non esiste". Ma Jimmy esisteva, cazzo, esisteva da sempre... però non in quel modo. Jimmy continuava ad esserci, ma in un altro modo. Un modo che faceva male da morire.
Brian prese in mano una parte di quella bacchetta spezzata a metà. Ricordava bene com'era successo: Jimmy l'aveva involontariamente spezzata sulla schiena di Matt, in una notte indefinita. Erano tutti e due ubriachi fradici e Jimmy aveva semplicemente usato Matt come batteria, ma aveva picchiato troppo forte e crash, la bacchetta si era rotta in due. L'ematoma sulla schiena di Matt era rimasto lì per quasi un anno, e lui aveva recuperato le bacchette come "cimeli preziosi", inconsapevole che lo sarebbero diventati davvero.
Scansò il berretto nero, e individuò uno degli oggetti più preziosi di tutti: un quarantacinque giri dei Pantera, uno dei primi della band. Brian lo prese in mano e sospirò, asciugandosi le guance bagnate. Quel quarantacinque giri... aveva visto Jimmy in un negozio di dischi, la prima volta. Avevano preso entrambi quel quarantacinque giri dallo scaffale, insieme. Era l'ultimo, e Jimmy lo aveva lasciato a lui con un sorriso. "Tienilo pure, ne prenderò uno un'altra volta!", gli aveva detto, per poi andarsene.
Brian sospirò, socchiudendo gli occhi. Avrebbe voluto piombare in casa di Jimmy e dirgli "Ehy, cazzone, guarda che ho ritrovato!", per poi tirare fuori il disco ed ascoltarlo insieme al suo migliore amico, nel suo soggiorno, bevendo una birra insieme. Gli sarebbe bastato anche solo stare lì con lui, sentire la sua voce un'ultima volta e abbracciarlo così forte da mozzargli il respiro. Ripetergli che gli voleva bene e che non lo avrebbe mai dimenticato, ripeterglielo all'infinito, ma non poteva fare né l'una né l'altra cosa.
Poteva solamente ricordare.
E faceva male.
Faceva male da morire.


- Jimmy? -
- Uhm? -
- Tu... pensi che esistano le coincidenze? -
Jimmy sorrise - Queste domande filosofiche me le fai solo quando sei ubriaco perso, eh? -
- Sei ubriaco anche tu -
Jimmy scoppiò a ridere, scuotendo la testa.
- Sì, ma io reggo l'alcool molto meglio di te, Gates -
Brian sorrise, chiudendo gli occhi. Sentì il suo povero stomaco rivoltarsi, ed ebbe quasi l'impressione di vomitare, ma la sensazione svanì presto.
- Rispondi alla domanda -
- No. Se certe cose accadono, accadono per un motivo. Non possono esserci le coincidenze -
- Quindi c'è un motivo se ci siamo incontrati? -
- Certo! -
- Sai qual'è? -
- Ovviamente - sul viso di Jimmy si dipinse l'ennesimo sorriso - Sono qui per prendermi cura di te quando sei così ubriaco da non reggerti nemmeno in piedi! -
Brian scosse la testa, cercando di dare un pugno in faccia al ragazzo, che però si scansò prontamente.
- Hai ragione, stronzo - sibilò lui, per poi sorridere - L'alcool lo reggi molto meglio tu -
Scoppiarono a ridere insieme, senza motivo.
Due cretini sulla sabbia dorata di Huntington Beach, ubriachi, con la testa tra le nuvole e tanti sogni in tasca che in quel momento sembravano leggeri come l'aria e pesanti come il piombo.
Due amici, semplicemente.






Angolo Autrice.


No, okay. Potete anche crocifiggermi, se volete.
Ho riempito questa specie di shot con talmente tante menate filosofiche che potete anche rifiutarvi di leggerle, ecco. E' che Jimmy me lo sono sempre immaginata un po' così: cazzone tutto il tempo, ma anche pieno di risposte. Non è facile avere una risposta a ogni domanda, ma secondo me Jimmy ci riusciva.
Okay, la smetto, la smetto!
Non so che dire... Beh, l'idea dello scatolone dei ricordi ce l'ho da sempre, e mi piace particolarmente.
Non c'è altro!
Ringrazio i miei soliti cinque angeli che mi rendono la vita più sopportabile!
E... boh, spero che vi piaccia!
Un bacione,
_Cris



   
 
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