Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Sweet Amber    04/10/2012    0 recensioni
"Indossarono sciarpa e giacchetti e lei prese la chitarra. Usciti dall'alula percorsero il corridoio a grandi falcate, aprendo la porta che dava sul balcone. Lei prese il pacchetto di sigarette dalla tasca e ne accese una. La portò alla bocca lentamente, scaricando l'adrenalina che aveva in corpo accumulata in quell'ora bruciante."
Jane è una ragazza dura all'apparenza, ma in realtà è fragile come una foglia, con un'idea tutta sua della vita; David, dal canto suo, è un ragazzo sicuro di sé stesso con un fascino terribilmente irresistibile.
Ora prendete questi due elementi, qualche frecciatina e otterrete un perfetto manuale su come distruggersi la vita.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
SHALLOWNESS ON YOUR BONES
 

Era un tipico venerdì pomeriggio di novembre, uno di quelli freddi, grigi e noiosi, il periodo in cui tutte le fighette andavano al bar del centro a prendere un cappuccino di soia e una pasta integrale con le loro amiche parlando di shopping, smalti, trucchi, tacchi, borse e accessori, del più e del meno. Insomma, cose da femmine
Ma Jane non era una di quelle. 
Quando tornò a casa da scuola si limitò a rispondere a monosillabi alle solite domande della madre e a pranzo mangiò poco e niente. Il suo unico pensiero era quello di dormire un po'.
Dopo un paio di ore l'odiosa suoneria della sveglia del cellulare la svegliò. Era debole e stanca, ma trovò la forza di trascinarsi fino allo specchio. Osservò il suo riflesso, facendo una smorfia. Poi si tolse i pantaloni della tuta e la felpa, restando solo con la biancheria intima addosso; fissò le sue gambe, le braccia e l'addome con aria schifata e insoddisfatta per poi guardare il profilo della sua pancia e il torace con fare ossessivo. Era scheletrica, in grado di contare tutte e dodici le coppie di costole, ma a lei non bastava.
Si rivestì frettolosamente, indossando dei jeans, una maglietta e un college jacket. Dopo essere andata in bagno tornò nella sua stanza, dove contemplò in silenzio la sagoma ricoperta dalla fodera nera. La sua chitarra elettrica era appoggiata sul piedistallo al centro della camera. Si chinò per afferrare il jack, lo arrotolò e lo mise nel tascone, insieme all'accordatore e al pacchetto di Winston Blue che teneva nascosto nell'armadio.
Sistemò i lunghi capelli rossi in una coda di cavallo e passò del mascara nero sulle ciglia che facevano da cornice ai grandi occhi azzurri. Infilò la giacca, prese la chitarra e mise le cuffie nelle orecchie alzando il volume dell'Ipod al massimo per poi avviarsi verso la fermata del tram, in ritardo come al solito.
Scese davanti al negozio di cd e imboccò la prima via a destra, togliendosi le cuffiette. Riusciva già a sentire i suoni ovattati della batteria e i giri di basso. Alzò lo sguardo sull'edificio davanti a lei, la scuola di musica. Affrettò il passo mentre il vento freddo le sferzava il viso, attaversò la piazzetta, spinse la porta e si fiondò su per le scale con il peso della chitarra che le premeva sulle spalle. Con il cuore a mille si affacciò al corridoio, salutò la segretaria e guardò l'orologio.
Mancavano ancora dieci minuti alla sua lezione, così si sedette su una sedia e ne approfittò per riscaldarsi un po'. Torturava nervosamente il labbro inferiore, giocherellava con le mani, si guardava intorno. Una morsa le attanagliava lo stomaco, ma era una sensazione quasi piacevole. Ad un tratto si alzò e si diresse verso la porta blu e, con mano tremante, la aprì. 
L'ansia si disperse e un sottile sorriso si disegnò sulla sua bocca. David era lì, con la schiena appoggiata al muro ricoperto di pannelli fonoassorbenti mentre le sue dita scivolavano armoniosamente lungo il manico in palissandro della black relic. 
-Ciao David- sussurrò lei
-Ehi, Jane!- lui rispose al saluto e chiuse la porta dell'aula.
 
Era lì, in una stanza, con il suo insegnante e le loro chitarre. Le loro mani erano perfettamente sincronizzate e duettavano su giro di blues lento ma ben ritmato, scandito dai loro flebili respiri. Un brivido lungo la schiena di Jane, un fremito della mano esperta di David ed eseguirono l'ultima battuta concludendo il brano
-Sei migliorata molto, brava- esordì ad un tratto lui
-Non dire cazzate, ero solo... presa dal brano- si schernì
-Quante volte te l'ho detto?! E' tutte questione di tocco, e sai bene che tu ce l'hai...- David la fissò intensamente, puntando i suoi occhi nocciola in quelli azzurri di lei
-Ok, ora cosa devo fare?- lei arrossì vistosamente e, non riuscendo più a sostenere il suo sguardo, prese a fissare le proprie scarpe 
-Ora ti faccio un culo così, bella- disse lui con un sorriso sornione, afferrando un libro pieno di esercizi di tecnica e il metronomo. Dopo parecchie imprecazioni e un caffè la lezione volse al termine
-Vai a fumare una paglia?- chiese lui speranzoso
-Ovvio- rispose Jane, strizzando un occhio. Indossarono sciarpa e giacchetti e lei prese la chitarra. Usciti dall'alula percorsero il corridoio a grandi falcate, aprendo la porta che dava sul balcone. Lei prese il pacchetto di sigarette dalla tasca e ne accese una. La portò alla bocca lentamente, scaricando l'adrenalina che aveva in corpo accumulata in quell'ora bruciante.
-Mi dai due tiri?-  
-Certo, se vuoi la puoi finire- sussurrò lei
-No, non ti preoccupare- disse David sorridendo. 
Dopo un paio di tiri gliela restituì e in poco tempo lei la finì e la gettò a terra spegnendola col piede. Aprirono la porta e rientrarono nel corridoio. Per la ragazza era giunto il momento di andarsene
-Allora alla prossima David!- esclamò un po' impacciata
-Of course, a venerdì- rispose lui con un sorriso, per poi scomparire dietro alla porta dove avevano appena passato un'ora insieme. 
Ma molto probabilmente David aveva già iniziato un'altra lezione, con altri allevi, concentrandosi solo su di loro. Stava delirando. Si lanciò correndo sulle scale, saltando qualche gradino. Lui non le apparteneva, e lei lo sapeva. Si avviò a testa bassa verso la fermata del tram per tornare a casa, anche se ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Aspettò dieci minuti buoni fissando costantemente il nulla davanti a lei, ma del pullman nessuna traccia. Un impeto di rabbia l'attraversò, sussurrò una imprecazione e si diresse verso la spiaggia. Si accese una sigaretta, poi un'altra e un'altra ancora. Il volto era rigato dalle lacrime, il vento le scompigliava insistentemente i capelli e decise di liberarli dall'elastico. Le lunghe ciocche rosse si alzavano seguendo un ritmo indefinito, come quello del suo cuore.
Iniziò ad urlare, a pieni polmoni, continuando a fumare. Tremava di freddo, il fisico esile non riusciva a sostenere tutta quella nicotina e il gelo penetrava nelle sue ossa. Era disperata, la sua anima stava svanendo come sabbia tra le sue dita, ma il motivo era qualcosa di inspiegabile.
Si guardò intorno, era buio e lì intorno non c'era nessuno. Decise di sedersi vicino alla riva, tenendo stretta tra le braccia scheletriche la sua chitarra e la abbracciò.


 
Ciao a tutti. Innanzi tuttio grazie per aver letto questa stupida  one-shot.
Come si può ben notare, questa è la mia prima storia originale;
nonostante l'avessi scritta di getto a gennaio mi sono decisa solo ora a pubblicara. Chiedo scusa se ci sono degli errori grammaticali,
ma qualcosa mi ha impedito di correggere il testo, quindi ho 
preferito lasciarlo così.
In ogni caso, la trama non vi sarà molto chiara, dato che è una cosa che mi riguarda in prima persona,
dunque se avete dubbi o volete qualche chiarimento, basta chiedere, sarò ben lieta di fornirvi spiegazioni!
Grazie infinite della vostra attenzione, baci, Amber.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Sweet Amber