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Autore: EnricoZapping    04/10/2012    1 recensioni
Si prospettava una normalissima gita.
Inutile dire che non lo sarebbe stata.
Questa è la storia di una nuova avventura semidivina in America, con protagonisti interamente nuovi. Sono passati 8 anni da quando Percy Jackson ha fatto sancire il patto degli déi, e ora un altro evento farà vacillare la pace nel mondo degli déi e degli uomini.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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"La situazione è tragica!", annunciò Zeus, seduto sul suo trono di marmo decorato d'oro.
"Non ce ne eravamo accorti.", ironizzò Efesto.
"E fu così che il divin nume d'amor, Eros, morì silente e privo di forze, scivolando, inesorabilmente, negli atri abissi del Tartaro."
"Che poi, questo ladro è capacissimo di farne quello che vuole, con quelle frecce! E se volesse colpire noi déi?"
"Scomparve dal mondo la favilla sublime dell'attrazione, destino d'oblio giunse fra gli uomini, cessò ogni vita."
"Melpomene, giuro che se non la smetti di comporre 'sté lagne funebri su Eros - che è ancora vivo! - Polimnia non sarà più la sola Musa muta!"
"Glom! Ok, divina Afrodite, la pianto."
"Apollo!", strillò poi Afrodite, "Hai fatto quello che ti ho chiesto?!"
"Calma, calma, per Zeus! Sì, certo che l'ho fatto. Ad ogni modo, dovresti provare gli effetti calmanti del Ginseng.. Benefica è / questa pianta qua / ch'i nervi calma", disse Apollo, concludendo con un haiku.
"Ma ancora non ti sei stufato, con questi stupidi haiku?! Insomma, saranno passati vent'anni da quando te ne sei innamorato in Oriente!", sbottò Artemide.
"Che vuoi, sono il dio della poesia.", fece Apollo, alzando le spalle come per dire 'non posso farci nulla'.
"Ma non puoi forgiargli delle frecce nuove, scusa?", chiese Ermes ad Efesto.
"Oh, certo. Il potere dell'Amore glielo instilli tu?", rispose il dio dei fabbri.
"Ora, silenzio.", disse pacata la dea Atena. Il silenzio, calò. "Abbiamo inviato quei semidei a recuperare la faretra. State calmi."
"Oh, certo, calmissimi. Ti rendi conto che senza l'uomo, non esisterà l'agricoltura?!", era terrorizzata Demetra.
"Se è per questo neanche la guerra!", incalzò Ares.
"Tranquilli, sono convinto che ce la faranno.", disse Poseidone. "Dopotutto gli abbiamo dato tutte le informazioni che gli servivano, no?"
"Sì.", disse Apollo, e poi annuì.



Anthea


Era il nostro primo giorno, e fino adesso le cose stavano andando bene, nessun mostro pronto a ucciderci, nessun problema con le provviste e nessun litigio tra noi, nemmeno tra Austin e Nathan , stranamente. In ogni caso, ero ancora in ansia, so che solo uno morirà, ma potrei essere io, e questo non mi piaceva. Ma era anche vero che era poco il tempo che avevamo lasciato il campo, e probabilmente gli altri giorni non saranno tranquilli come questo. Iniziava a farsi buio, e noi eravamo molto stanchi, così decidemmo di accamparci vicino a un campo di pannocchie. Purtroppo però, il campo era protetto da una recinzione. "Bene, a noi due, caro recinto" , pensai io, e poi lo buttai giù a suon di calci e falciate. Più da vicino, mi accorsi che le pannocchie non erano ancora mature. Mi venne un’idea.. Le feci maturare con i miei poteri e poi le raccolsi con la mia falce. Dopo, le portai a Austin e Nathan.
" Sei un genio!", mi disse il primo.
"Modestamente", gli risposi io.
Nathan allungò le mani cercando di prenderne una, ma glielo impedii con uno schiaffetto sulla mano.
"Ma se volete mangiare queste deliziose, buonissime, a dir poco paradisiache pannocchie....Beh, dovrete lavorare anche voi.", dissi io ai ragazzi. "Bene", continuai, "Fateci una zuppa di mais mentre io accendo il fuoco, okay?", porgendogli le pannocchie.
Raccolsi un po' di legna secca e qualche fogliame, e, con qualche difficoltà, riuscii ad accendere il fuoco, soprattutto grazie all'accendino di Nathan. Dopodiché, Austin mi chiamò, dubbioso.
“Ehm, Anthea … Cosa cavolo dobbiamo fare?”
Sono in momenti come questi che capisci quanto sia frustrante essere l’unica persona che sa cucinare in un gruppo.
“Dovete aprirle, togliergli tutti quei fili, poi raschiare i chicchi, e infine metterli a bollire.”
“E dove, bollire?”
“Nella pentola. Con l’acqua. Trovate entrambe le cose nel mio zaino.”
“Oh, ok.”, fece lui, ora meno confuso.
Alla fine, riuscimmo a cenare. Era deliziosa, anche se lievemente insipida. Sembrava un campeggio tra amici, seduti sui tronchi, attorno al falò a mangiare mais, si respirava un'aria felice, allegra, amichevole. Quasi ci dimenticammo che eravamo in un'impresa mortale. Quando fummo sazi – c’erano pannocchie quante ne volevamo, quindi ne approfittammo – andammo a letto, stanchi, distrutti, e sperai di fare dei bei sogni. Ne avevo davvero bisogno.



Christian


Dopo aver camminato per sette ore verso ovest, calata la notte, avevamo finalmente deciso di accamparci in una piccola radura che non dava nell'occhio, e Louise aveva montato la tenda. L'aveva tirata fuori dalla sua borsetta incantata, e siccome era una di quelle istantanee, la montò in men che non si dica. Già, borsetta incantata! Che ci crediate o no, esistono anche cose del genere. Noi semidei non siamo mica solo dei guerrieri che inventano armi per squartare chiunque ci capiti a tiro! Ci piace anche avere oggetti comodi. Ad esempio, questa particolare borsetta era un piccolo regalo per Louise da parte di sua madre, avuta quando era arrivata al campo. In qualche modo, là dentro ci stava di tutto, a patto che fossi riuscito a farlo entrare. E, ancora più impressionante, non pesava un accidenti come avrebbe dovuto. Trucchi quanti ne vuoi, qualche libro, oggetti di uso comune, dai fiammiferi ai cavatappi, vestiti, c'era di tutto. La migliore valigia del mondo!
Le ragazze erano entrate nella tenda, mentre io ero rimasto fuori, sdraiato sul prato. Rimiravo il cielo e le stelle,che brillavano come mille goccioline d'oro. Abitando in una città molto urbanizzata, le luci impedivano sempre la vista delle stelle. Mentre seguivo con lo sguardo le costellazioni dello Zodiaco, soffermai lo sguardo sulla Luna. All'improvviso realizzai una cosa: se gli déi greci esistevano davvero, allora la Luna non era un satellite roccioso, ma il carro di Artemide, sorella di Apollo. Parte del mio mondo si sgretolò. Allora migliaia di scienziati si erano sbagliati per tutto questo tempo. Le stelle, le galassie, i fenomeni atmosferici. Tutti nati dai capricci di alcuni dei? Mentre pensavo a ciò, mi rivennero in mente tutte le lezioni di mitologia, unica materia che riuscivo a seguire a scuola, e mi ricordai che non avevo mai sentito parlare di mio padre nelle lezioni. Sapevo che era il dio del vento del Nord, ma che tipo era? Mia madre non mi aveva mai parlato molto di lui, era sempre stata misteriosa … e ora sapevo perché!
Mentre pensavo a ciò, la testa di Louise spuntò da dentro la tenda.
"Ehi, Chris”, mi disse, "Non hai freddo?"
"No.", le risposi io. "Non mi sembra che si stia così male qua fuori!"
"Ma faranno almeno 10 gradi, se non di meno! Per essere estate, è una temperatura molto bassa!"
"Sarà che in Canada è sempre così o che sono figlio di Boreas, ma mi trovo a mio agio qui!"
"Contento tu...", concluse lei, con una faccia dubbiosa.
"Piuttosto", dissi io alzandomi, "Avete qualche idea su dove dovremmo dirigerci? Non abbiamo uno straccio di indizio su chi possa aver rubato quella faretra!"
In quel momento si sentì la voce di Airyn (che sembrava particolarmente brilla) dire: "Mio padre dice che forse suo zio potrebbe essere il colpevole!"
"Ehm, quale zio, Airyn? L'albero genealogico degli déi è molto intricato!", disse Louise.
"Ma Ade, ovvio: papà diceva qualcosa sul causare stermini e poi usare i morti per attaccare l'Olimpo!"
"Ma certo!",scattò Louise, "Se non c'è amore, non possono esserci nuove generazioni, e quindi Ade potrebbe usare tutti i dannati per attaccare l'Olimpo indisturbato!"
"In effetti ha senso",dissi io,"Ma dimmi,come ci scendiamo nell'Ade? Perché l'unico modo che conosco io non è né piacevole né ci darebbe la possibilità di riportare indietro la faretra!"
"Io lo so!", disse Airyn.
"Davvero?", dicemmo io e Louise all'unisono.
"Sì...c'è la Via di Or...feooooooooooooooo...", disse, e poi crollò a terra, addormentata.
"Ehm, credo che dovremmo aspettare domani per sapere cos'è questa via di Orfeo. Forza Chris, dobbiamo dormire un po’,non si sa mai a che ora un mostro potrebbe svegliarci di soprassalto!", disse Louise, e rientrò nella tenda.
Anch'io entrai,e ripensando agli astri mi venne in mente un'altra cosa: l'amore era solo qualcosa voluto da Cupido? Perché, mentre guardavo Louise mettersi a dormire, non potei non notare i suoi morbidi capelli biondi, i cristallini occhi verdi e le bellissime labbra, che mi rivolgevano uno splendido sorriso prima che lei si coricasse, e mi chiesi se veramente qualcuno avesse rubato la faretra del dio dell’amore.



Robert


"Ailani, basta!", protestai.
"Ma che basta e basta! Hai detto che dobbiamo cercare Calipso, no? Beh, Calipso viveva ad Ogigia. Che è nel Mare dei Mostri. E il Mare dei Mostri è nel Triangolo delle Bermuda. E qual'è uno dei vertici, del Triangolo delle Bermuda?"
"Miami.", disse mogia Jasmine. "Ma questo non ti autorizza a spronarci così tanto. Sono due giorni che ci fai camminare a passo di marcia! Abbiamo mangiato una scatola di fagioli a testa ieri sera e per il resto siamo digiuni!"
"E abbiamo dormito quattro ore."
"Tzé, sfaticati.", ci schernì la figlia di Ares.
"Possiamo fermarci un pò?"
"Uhm, fammi pensare... Siamo alle porte di Raleigh, in North Carolina.. Beh, sì."
"Ha detto sì?", chiesi a Jasmine come se si fosse appena verificato un miracolo.
"Ha detto sì!", disse lei, esultante, dopodiché mi invitò a darle il batti cinque.
"Però non staremo con le mani esattamente in mano. Ci fermiamo solo perché voglio visitare il Museo della Hall of Fame dello Sport. Tranquilli, vi riposerete un po' le gambe e prenderete qualcosa da sgranocchiare. Anche se mi chiedo cos'abbiano i fagioli che non va."
"Oh, niente, solo che su qualcuno hanno un brutto effetto.", disse Jasmine, ironica-sarcastica-varie-ed-eventuali.
"Ehi!", mi offesi io, "Stai insinuando che soffro di flatulenza?"
"No, sto dicendo che quel poco che ho dormito, l'ho fatto con uno sgradevole odore sotto il naso."
"Ehi..."

"Wow! C'è anche l'uniforme di Meadowlark Lemon!"
"E chi era, 'stò mister Limone?", chiesi, un po’ – un po’ molto – annoiato.
"Un famoso giocatore di basket... Tzé, si vede che non ti interessi di sport."
Ad un tratto, sentii qualcosa sulla spalla.
Una mano, capii, e mi voltai.
Un omone alto, alto, che sicuramente praticava sport, pensai.
"Posso aiutarvi?", ci chiese con un vocione gutturale.
"Oh, no, grazie. Non abbiamo bisogno della guida.", rispose prontamente Ailani.
"Uhm, ma siete tutti minorenni! Sapete che non si può entrare senza genitori, se si è minorenni, vero?"
"Oh, ehm... Siamo... orfani.", mentii.
"Orfani? Oh... Capisco.", fece lui, con quella voce cavernosa
"Come sono morti, i vostri genitori?"
"In un.. incidente d'auto, sì, si sono schiantati.", mentì Jasmine. Mi scoccò un'occhiata come per dire: "Allarme, qualcosa non va."
"Un incidente d'auto! Che brutta morte. Mi dispiace per voi.", disse l'omone. "Dite, vi mancano tanto?"
"Oh, sì.", mentì Ailani. Lo diceva con lo stesso tono con cui elencava i nomi dei vari sportivi, quindi non era molto convincente, considerando che si parlava di morti.
"Bene, cari..", continuò. "Perché vorrei farveli vedere!"
Improvvisamente, una sua paffuta mano scattò e serrò la mia gola. Mi sollevò da terra. I turisti circostanti iniziarono ad urlare, additarci, scappare. Ma onestamente, non ero in condizione di curarmene.
"Mezzosangue! Senza alcun dubbio!", disse, con la sua voce profonda. Mi aveva alzato fin all'altezza della sua testa, e ora riuscivo a vedergli con chiarezza la faccia. Aveva denti giallastri, sporgenti, malcurati, naso storto e dalle narici incrostate di muco solidificato, ma la cosa più brutta, terrificante, erano gli occhi. Anzi, l'occhio. Era un Ciclope!
"E' un ciclope!!"
"L'avevo intuito, grazie!", rispose Ailani. Dopodiché, sferrò un mawashigeri (un calcio da karateka) all'inguine del ciclope, che gemette e mi mollò a terra, facendomi cadere di sedere dolorosamente.
"Stupida ragazzina!", urlò il ciclope, serrandosi con una mano la parte lesa, dolorante. "Perché voi mezzosangue siete sempre così difficili da mangiare?"
Dopodiché, tese l'altra mano per afferrare Ailani. Quella si tolse rapidamente il polsino e intercettò la mano con un colpo di claymore fiammeggiante. Una turista particolarmente temeraria, nel frattempo, scattò una foto.
Il ciclope non batté ciglio, e la afferrò saldamente. "Stupida, stupida semidea. I ciclopi non temono il fuoco."
"Oh, cazzo.", disse Ailani.
Io, nel frattempo, mi ero alzato, e, sfilatomi l'anello dalla mano, adesso impugnavo un arco con freccia pronta ad essere scoccata.
"Beccati questo!", dissi al Ciclope. Scoccai la freccia, che in un attimo si abbatté lì dove dovrebbe esserci il cuore. Ma con mia sorpresa, rimbalzò sulla pelle del Ciclope come se lui avesse addosso un giubotto antiproiettile.
"Ma che cavolo! Sei invulnerabile a tutto?", chiesi al Ciclope, seccato.
"Noi Ciclopi abbiamo la pelle spessa. E' difficile anche solo scalfirla."
"Ne sei sicuro?", chiese Jasmine.
Non mi ero neanche accorto che adesso impugnasse il suo scudo maledetto. Lo caricò, facendo cozzare lo scudo contro la pancia del ciclope. Al contatto, la maglietta si disintegrò, e la pelle iniziò a scorticarsi, rivelando il rosso del sangue e le fibre dei muscoli, scoperte e vulnerabili.
Capii che era la mia occasione, e incoccai una freccia, tendendo l'arco al massimo per assicurarmi che gli trapanasse per bene la carne. "Senza, però, non duri molto.", dissi, sorridendo, e scoccai.
La freccia seguì una traiettoria che, partendo da sopra l'ombelico, gli attraversò la pancia rivolta verso l'alto, probabilmente finendogli nel diaframma o addirittura nei polmoni. Il ciclope emise un gemito di dolore atroce, e iniziò a dissolversi in una nube di sabbia gialla, come un castello di sabbia in balia di un tifone.
"Ecco, vedete cosa succede a fare pause?", disse Ailani, cascata a terra.
"Stai zitta.", le intimai.
  
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