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Autore: anotherlivingpoet    05/10/2012    6 recensioni
Lo vidi.
Vidi il ragazzo del sogno.
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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[ ascoltate questa:  http://www.youtube.com/watch?v=Ahha3Cqe_fk ]


Sognai.
 


Molti anni fa sognai un ragazzo.
Era alto, con degli occhi ghiaccio e incredibilmente bello.
E m'innamorai.
M'innamorai di un'immagine.
Forse neppure esisteva, 
forse era solo la mia immaginazione, 
ma m'innamorai.
Nei tre anni successivi ero ancora innamorata.
Ebbi delle storielle, cercai in tutti i modi di farlo andare via dalla mia mente, ma non ci riuscii.
In quei tre anni, mi trovai un lavoro, ero un'impreditrice e comprai anche una casa come quella della parte di Fergi in I Just Can't Get Enough, un appartamento in un grattacielo. 
In una comune giornata di Maggio, ero in un centro commerciale di New York, la mia città.
Stavo odacchiando una camicetta a quadri, alzai lo sguardo e dall'altra parte del negozio lo vidi.
Lo vidi,
il ragazzo del sogno.
Trattenni il respiro.
Non so per quanto, ma ad un certo punto, anche lui alzò lo sguardo,
su di me.
Lo vidi sobbalzare.
In preda al batticuore, me ne andai.
Stavo dirigendomi alla macchina, quando una voce mi fermò. 
«Ehi, scusa, ma ti ho già vista da qualche parte?» mi chiese il ragazzo del sogno.
Mi ci volle un grandissimo coraggio per dire di no.
Ma non potevo dirgli che l'avevo sognato, giusto?
Così, corsi nelle mie Clark verso la macchina, certa che lo sguardo del ragazzo fosse ancora su di me.
Non ci pensai e mi diressi a casa.
La sera piansi, piansi tantissimo.
Ero schiena contro vetro-muro dell'appartamento e vedevo tutta la città ai miei piedi.
Era stupenda.
MI addormentai così, e la mattina dopo furono dolori.
Andai al lavoro nel mio tailleur con i miei tacchi.

Il lavoro fu piuttosto leggero.
Un paio di riunioni, niente più.
Però, Nick, un mio ( viscido ) collega, aveva avuto la brillante idea di invitarmi a bere qualcosa.
Avevo accettato, ma andai nel bar di fronte, che casostrano, era il bar dove mi rifugiavo quando il giorno dopo non avevo lavoro.
A fare cosa?
Ubriacarmi.
Tenevo abbastanza bene, e ho il dono di sapere cosa dico mentre sono ubriaca, ma non lo posso controllare.
Così, ancora nel tailleur del mattino mi sedetti al mio sgabello.
Chiesi a Daniel, il barista, il solito.
Accanto a me si sedetto il ragazzo del sogno.
Si accorse di me.
«Stavolta ci siamo già visti, eh?» mi chiese.
Risi.
«Già.» annuii.
«Cosa fai qui?»
«Scappo dal mio viscido collega che voleva "prendersi un aperitivo" con me. Così., mi ubriaco un po'. Mi aiuteresti?»
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia.
«Le ragazze non si ubriacano.»  mi contestò.
«Quelle che conosci tu.» replicai.
Intanto mi arrivò il drink.
«Facciamo così: io ti dico dove trovare le chiavi di casa, della macchina e dove abito, poi io mi ubriaco e poi mi riporterai a casa. Che ne dici?» non so questo spirito di iniziativa da dove mi venne, ma fui fortunata ad averlo.
Il ragazzo acconsentii.
E io bevvi.
Bevvi fino a star male.
Sentti indistintamente Daniel, il barista, dire al ragazzo che una volta mie ne sono uscita che avevo sognato un ragazzo e che il giorno prima l'avevo incontrato, dicendogli che non lo conoscevo. 
Avre ucciso Daniel.
Sperai, tra i dubbi dell'alcol, che il ragazzo non avesse capito che era lui.
Ma non mi sembrava così stupido.
Non so dire esattamente quanto tempo dopo,  ma ero a casa, ancora vestita e accoccolata al ragazzo del sogno sotto le coperte del mio letto.
Feci finta di dormire, ma alla finii di addormentarmi veramente.
La mattina, lui era ancora lì.
MI svegliai, mi staccai, andai in bagno a cambiarmi e andai a preparare la colazione con un po' di latte caldo.
Mi sporsi in camera e svegliai il ragazzo.
«Ehm, scusa, la colazione è pronta, se vuoi gradire...»
Alla parola colazione, lui saltò giù dal letto con una velocità che me lo ritrovai davanti.
«Colazione, dici?» 
Annuii e lo portai in cucina.
Mangiammo e me ne uscii «Io non so neanche il tuo nome!»
«Niall.» mi rispose.
«Mmmm... non sei americano! Ora che lo noto, anche l'accento è diverso!»
«Beccato. Sono irlandese.»
«Io sono Catherine. O Kate, o Katie. A seconda di come ti gira.»
L'irlandese rise.
«In realtà non sono di New York. Sono nata in Ohio. A Lime.» gli confessai.
«Davvero? E perché te ne sei andata?» mi chiese.
«Sono nata in una zona diffamata, brutta, senza sbocchi culturali. E poi... non vado molto d'accordo con i miei genitori, ecco.»
«Come mai?»
«Mio padre picchiava, e penso picchia mia mamma. E lei... pensava fosse giusto. Quando cercavo di difenderla, me li ritrovavo contro entrambi.» raccontai.
Niall mi guardò intristito.
«Mi dispiace.» 
«Anche a me.»
Restammo un po' in silenzio.
«E tu, invece?» cli chiesi, curiosa.
«Volevo semplicemente un ambiente nuovo. Ah, ehm... ecco... scusa se... stanotte... mi sono preso la libertà di...» era imbarazzatissimo.
Risi di gusto, con la sua faccia disorientata davanti agli occhi.
«Non ti preoccupare, sei stato gentile ad accettare la mia proprosta ( e anche un po' matto ) ma non è il genere di cose che guardo, davvero. E poi, avevo freddo.» smorzai l'imbarazzo.
Ridemmo tutti e due.
Ci lasciammo i cellulari.
Quando fu davanti alla porta, di scatto, mi diede un leggero bacio sulle labbra. 
Mi tirai indietro con un po' di rabbia.
Non così tanta libertà.
Balbettò delle scuse, e se ne andò in fretta.

Non lo vidi più. 
Non lo vidi per un lungo anno, dove ero quasi tutti i giorni a farmi un bicchierino, un giorno più forte, un più leggero.
«Sai che il ragazzo che ti ha portato a casa tempo fa si sta per sposare?» se ne uscì Daniel, il barista, che ormai era diventato il mio unico amico.
Mi strozzai con il bicchiere di liquore che mi aveva appena portato.
«Cosa?!?» agonizzai.
«Già, forse si stanno sposando proprio ora!»
«Come lo sai?»
«Sono il migliore amico dell'amante della ragazza. Vogliono far sì che anche se si separeranno metà del patrimonio del ragazzo andrà a lei.» scosse la testa.
«Dov'è la chiesa?»
Dan mi spiegò e io gli lasciai qualche spiccio sul bancono, non tanto per il drink (quelli erano anni che non li pagavo), ma per le informazioni.
Guidai veloce fino alla piccola chiesa.
Con il fiatone corsi verso l'ingresso.
«Fermi tutti!» gridai aprendo le porte.
Rimasi ferma, ghiacciata.
Guardai quel ragazzo che, anche se era un anno che non lo vedevo, avevo sempre amato.
Guardai la sua fidanzata, un confetto.
«Catherine? Che ci fai tu, qui?»
Deglutii.
«Per impedirti di sposarti.»
Tutti si stupirono.
La sua ragazza cominciò a urlare, ma fu presto azzitatta.
«Lei, la tua ragazza, ti tradisce. Il mio barista è il migliore amico dell'amante.» gli dissi.
Vidi la sua espressione cambiare dall'arrabbiato, allo supito, al deluso.
Lasciò la chiesa dandomi una spallata.
Non lo seguii.
La sua ragazza confetto si avvicinò minacciosa, ma poi inciampò sui suoi stessi piedi.
Girai e me ne andai.
Cercai Niall.
Non trovai nè lui nè la mia macchina.
Trovai una cabina telefonica.
Composi il suo numero, che sapevo a memoria per le volte in cui l'avevo tanto fissato, ma mai avviato la chiamata.
[ascoltate qua. 
http://www.youtube.com/watch?v=KRaWnd3LJfs ]
«Sono al cabina telefonica cercando di chiamarti. Tutti i soldi sono su di te. Rispondimi, io ti ho sempre amato, sempre. Lasciami spiegare, ti prego. Io ti amo.» Avevo appena sentio la cornetta alzarsi dalla segreteria del telefono che la voce metallica mi comunicò che avevo finito le monete. 
Imprecai.

[ ascoltate questa:  http://www.youtube.com/watch?v=Ahha3Cqe_fk ]
Sentii dei passi dietro di me.
Niall.
«È vero?» mi chiese serio avvicinandosi.
Annuii.
«Spiegami.» sbuffò stanco.
Così gli spiegai della sua fidanzata, preferii usare un tono monocorde, così che le emozioni che provavo non si sentissero.
«Ora di te. È vero?» mi ripeté.
Annuii, ancora.
Volle ancora una volta, e gliela diedi.
Gli raccontaii di quando, oramai quattro anni prima l'aveva sognato e di come mi ero innamorata.
Di come l'avevo sempre pensato.
Di come mi sentivo dopo aver scoperto che non era solo un sogno.
Di come mi ero spventata a sapere che si stava sposando con un'altra ragazza.
Stavolta ero un cannone, non prendevo affato fiato.
Il mio cuore stava per scoppiare, sotto lo sguardo ghiaccio di lui.
Quando ebbi finito, respirai forte e chiusi gli occhi, da cui scese una lacrima.
A cui ne seguì un'altra.
E un'altra ancora.
D'improvviso, mi sentii prendere il viso.
Aprii gli occhi, ma fu solo per un secondo.
Sentii le labbra di Niall e richiusi gli occhi,  che intanto stavano piangendo di felicità.
Potevo morire.
Appoggiamo le nostre fronti e, mentre rideva, il ragazzo del sogno che era finalmente diventato la realtà a cui avevo sempre aspirato, mi raccontò come anche lui, quattro anni fa mi  aveva sognato, e come quel giorno al centro commerciale si era sentito un po' sconvolto, sì, ma anche tremendemente felice.


***


La mia nipotina mi tira la manica della camicetta.
«Nonna, nonna, dov'è il nonno?» mi chiede.
«Tu portami da Sam e io ti porto dal nonno.» le propongo.
Così mi porta in camera da letto, dove il suo fratellino gioca con il nonno.
Sono esattamente due goccie d'acqua.
Niall ha ancora un po' di capelli biondi moretti.
Ci vedono e sul viso di entrambi si disegna un sorriso pieno d'amore.
Ho tutto quello che posso desiderare.
Una figlia, due nipoti e il marito che ho sognato quando avevo solo 16 anni.
Ora ne ho 88.
E sì, quando lo vedo sento ancora le farfalle nello stomaco e il cuore scoppiare quando mi bacia.
Cos'altro dovrei volere?



©




Hush Just Stop.
Dopo non so quanto,
sono riuscita a pubblicarla.
Cosa ne pensate?
A presto,
britneysavedme

   
 
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