Seven Days
Martedì
Prevedibilmente, Hermione era rimasta scioccata da
quell’intrusione repentina e improvvisata, tanto che la prima tentazione fu
quella di voltarsi, chiudersi la porta alle spalle, e riaprirla solo dopo aver
fatto un lungo e liberatorio sospiro.
Comunque, alla fine, non lo fece. Si
limitò ad alzare le sopracciglia in un implicito invito a fornire spiegazioni –
esaurienti spiegazioni
-, mentre si lasciava andare contro lo stipite, una parte del busto
appoggiata sul freddo muro in pietra.
Lo scoppiettante camino illuminava il ragazzo solo
parzialmente, e ne evidenziava la sola parte destra.
L’occhio azzurro scintillava di riflessi rossi, così inquietanti e misteriosi
che Hermione non poté far a meno di sentirsi un poco in soggezione.
Dunque, Draco Malfoy la stava fissando,
fissando intensamente. Cosa volesse da lei, cosa lo
avesse spinto ad avventurarsi fino al covo dei grifoni, questo la strega lo
ignorava; così come ignorava la presenza di quel legame di amicizia che un
tempo lo aveva unito a Theodore – principalmente perché la sua stessa
definizione di Slytherin negava la presenza di sentimenti quali l’affetto.
Probabilmente, in preda alla noia più soporifera, aveva
deciso che un sano e sadico divertimento sarebbe
riuscito a distrarlo dal suo tran tran quotidiano. Quindi, quando finalmente si decise ad aprire bocca,
Hermione si trovò così impreparata di fronte al discorso che lui fece, da
rimanere immobile per qualche istante.
- Capisco benissimo, Granger, che la mia presenza qui possa sembrarti un po’… come dire? Strana? Buffa? Anomala? –
- Irritante. – precisò lei, dopo un istante di silenzio.
- Irritante, - concesse l’altro, sorridendo morbidamente
tra sé e sé. – ma devo ammettere che, senza un motivo valido, non mi sarei mai andato a rintanare dentro il luogo che più odio in
questa scuola. – parlava forbitamente, senza particolari
inflessioni sonore, e proprio per quel motivo, presto Hermione ne fu
quasi incantata.
Fissava le sue labbra come un assetato fissa
una fonte d’acqua nel mezzo del deserto, e piano piano
si sporgeva verso di lui con la testa.
- E dunque, Malfoy? –
- Io e te, per quanto assurdo, per una volta vogliamo la
stessa cosa. –
Hermione rise, buttando la testa all’indietro, sbattendola
lievemente contro il muro. – Solitamente, io e te non stiamo
nella stessa frase se non accompagnati dal verbo “odiare”. – cinguettò. – E
addirittura mi vieni a dire che abbiamo qualcosa in
comune? A parte l’odio reciproco, certo. –
- Potrebbe sembrare ridicolo, in effetti. –
- Non che lo sembri, lo è proprio. – disse lei, facendosi
avanti attraverso la stanza. – Avanti Malfoy, qual è il problema che ti
assilla? –
E che addirittura lo ha spinto fino
a qui, oltretutto.
- Il problema è Potter. – sibilò l’altro.
- Harry? – Hermione assunse un’espressione sorpresa. Di
tutte le cose che Malfoy avrebbe potuto dire, o fare,
quella di certo era la più bizzarra. – Cosa centra
Harry, adesso? –
- Quel dannato deve aver fatto bere una pozione d’amore a
Theodore, per vendicarsi di qualcosa. –
All’improvviso fu tutto più chiaro. Ecco spiegata la
faccia iraconda dello Slytherin, la sua presenza all’interno della propria
stanza, persino quello strano ostentare di un elemento in comune: tutto all’improvviso
assumeva uno scopo.
- Per vendicarsi di qualcosa? – strillò. – Queste cose sono prerogativa di voi Slytherin, direi! –
Draco emerse dalle comodità del letto in un gesto fluido,
e le si parò davanti in tutta la sua imponente
statura. Hermione non seppe se quel brivido che le era
sceso giù per la schiena fosse stato dettato dalla paura, o dalla consueta
eccitazione che si prova in queste situazioni. In ultima analisi, comunque, si sentì così a disagio che fu costretta a chinare
gli occhi.
- Che linguaggio complesso,
Granger. Riesci a sembrare noiosa persino mentre
insulti qualcuno. Ad ogni modo, forse è vero che noi Slytherin siamo affini
alla vendetta, ma di certo il tuo amico sfregiato non ci sta facendo una buona
pubblicità. –
Hermione sfoderò un sorrisetto
sarcastico che riuscì a ridarle un poco di fiducia perduta. – A quello ci
pensate già da soli, comunque. –
- Senti, - Draco schioccò la lingua
sonoramente, spazientito. – nessuno dei due approva questa “unione”, ed
è evidente che entrambi desideriamo che questa follia finisca quanto prima. Ti
propongo un piano per separarli. Così che tu riavrai il tuo
Potter, e io il mio amico. –
Hermione gli diede le spalle, marciò fino alla porta, e la
aprì. Infine, rossa in volto, urlò – Fuori di qui! –
- Andiamo, Granger… -
- Fuori. – sibilò lei. – Se
davvero Theodore Nott fosse tuo amico, non saresti qui a parlare con me. –
Per tutta risposta lui alzò le spalle, e si avviò verso
l’uscita.
- Tornerai da me. – le sussurrò
prima di uscire, sporgendosi appena verso di lei, dominandola. – Ci scommetto
tutto il mio oro, Granger. Vuoi essere la solita persona perfetta, eppure è
chiaro che qualcosa ti turba. –
- Levicorpus! – Hermione agitò la bacchetta,
infuriata, facendo letteralmente volare Malfoy fino al fondo delle scale. Non
si pentì nemmeno per un istante di averlo lasciato in balia d’un intera sala comune Gryffindor.
Quando ci vuole, ci vuole.
Lo sentì urlare per un’ultima volta “Theodore Notte è mio
amico!”, e poi, spinta dalla furia, si richiuse
velocemente la porta alle spalle, dove rimase immobile per qualche minuto.
Infine scivolò fino a terra, completamente esausta.
Le parole di Malfoy, inutile negarlo, l’avevano
incredibilmente turbata. Non tanto la sua visita, quanto lo sguardo che le
aveva rivolto, quella promessa…
Sarebbe tornata da lui. Non l’avrebbe fatto nemmeno da
morta.
Sospirò guardando l’orologio di fronte a lei segnalare in
quel preciso istante che erano scoccate le due di
notte.
Praticamente trascinandosi, si rifugiò nel
proprio letto.
*°*
- Cosa ci faceva Draco Malfoy nella tua stanza, di sera, con solo la camicia della divisa addosso? –
la voce squillante di Ron l’accolse benevolmente quel martedì mattina,
facendola quasi indietreggiare per lo spavento.
- Santo Cielo, Ron! – mormorò. – Abbi un po’ di pietà per
le mie povere orecchie! –
- Sciocchezze, - rimbrottò lui – tu non ne hai mai per le
mie. –
Hermione l’osservò. Aveva tutti i pantaloni della divisa
spiegazzati, i capelli scompigliati e gli occhi pesti, segno
di chi ha dormito poco e male. Dalla visione del maglione tutto raggomitolato
in un angolo di fianco alla sua stanza capì che, per il terrore di lasciarsela
sfuggire, aveva passato parte della nottata lì. Non poté far a meno di
distendersi un poco, lasciando persino che un sorriso le si
spandesse sul viso teso.
- Oh Ron, sei incredibile. –
Lui, che ovviamente non aveva potuto seguire tutte le
tappe del processo logico della ragazza, si limitò ad assumere un’espressione
neutra – a ben vedere, parecchio sciocca – che d’altronde s’intonava alla
perfezione con la sua tenuta. Si grattò la nuca svogliatamente, mentre uno
sbadiglio lo sorprendeva impreparato.
Hermione ammirò la panoramica dentale del suo migliore
amico, e, in un impeto di pura autocommiserazione, si chiese cosa mai l’avesse
indotta, tempo prima, a porlo come ragazzo del suo
cuore, sentimentalmente parlando.
Forse, ammise, era l’unico obbiettivo a cui potesse puntare. Appena arrivata a scuola,
isolata da tutti, perennemente dedita allo studio, l’unico modo convincente che
avesse trovato per porre rimedio alla sua solitudine, ogni sera, era quello di
attirare su di sé l’attenzione ostentando una cotta per Ronald Weasley.
La scelta dell’obbiettivo, per quanto potesse apparire un puro controsenso, era
stata dettata dalla condiziona sociale che Ron aveva
all’interno della scuola. Un po’ più considerato di lei,
certo, eppure ben lontano dai picchi di popolarità del suo migliore amico Harry
Potter.
Infine, quella sua infatuazione era andata svanendo
proporzionalmente con l’aumentare della sua popolarità a scuola, cosa che, in
quel settimo anno, non le dava nemmeno un attimo di tregua. Ron, comunque, rimaneva sempre l’eterno escluso, il ragazzo le
cui gesta andavano sempre subordinate a quelle di Potter, i cui voti scolastici
non brillavano come quelli di Hermione Granger, su cui si poteva fare affidamento
in ogni occasione, ma che non aveva spirito d’iniziativa.
E la lealtà, in quel covo di serpi,
era ormai una virtù svalutata, privata del suo verso senso.
- A volte proprio non ti capisco, Herm. Ad ogni modo, che
diavolo voleva da te, Malfoy? –
- Propormi un patto. – disse lei, annoiata, mentre la
mente ritornava alla sera prima, e un senso di
fremente eccitazione le prendeva il ventre. – Non gli ho dato ascolto, comunque. –
- Mi pare ovvio. – lui si grattò una guancia. – Ma, mh, per curiosità, cosa ti avrebbe proposto? – Hermione
lo fissò per qualche istante, guardinga.
Che Ronald Billius Weasley amasse bearsi dei fatti altrui non era certo un mistero per
nessuno, e che a volte vivesse del pettegolezzo come una vecchia vedova
ammuffita, nemmeno. Ma quell’insolita curiosità,
abbinata ad un rossore sempre più crescente, era quantomeno sospetta.
- Come mai ti interessa? In
fondo, ho ben diritto ad una vita privata. –
Sentendosi scoperto, l’altro si portò le mani al viso,
annuendo. – Certamente. Ma, insomma, dato il finimondo
di ieri, mi chiedevo se fosse venuto da te per chiederti qualcosa in merito.
Non dimentichiamoci che Theodore Nott è uno Slytherin. –
Hermione storse il naso. Presa da altre preoccupazioni, si
era completamente dimenticata di quello che era successo con Harry. Alla fine,
non poté far a meno di considerare la visita provocante di Malfoy quasi come un
piacevole diversivo.
- Già. Ad ogni modo, mi ha chiesto di collaborare con lui.
Voleva che lo aiutassi a far lasciare Harry e Theodore. –
Seguì un silenzio teso, quasi distante, tanto che entrambi
distolsero gli occhi per andare a puntarli altrove,
dove il peso di uno sguardo non comportava la fatica di una segreta
confessione.
- E perché non hai accettato? –
Hermione posò gli occhi su di lui, confusa.
La domanda di Ron l’aveva inevitabilmente colta
impreparata. Sobbalzò penosamente, come colta di sorpresa. Il viso del suo
migliore amico era teso, duro, come se quella frase gli fosse costata quasi
quanto rinnegare l’amicizia con Harry stesso.
Balbettò confusa, incespicando su parole che non volevano
uscirle dalla bocca. Com’era possibile che Ron fosse del parere di Malfoy? In
quale universo parallelo erano finiti?
Ma specialmente, come si faceva ad
uscirne?
- Ma Ron, Harry è il nostro migliore
amico. Come puoi chiedermi una cosa del genere?! Con
che coraggio potrei più guardarlo in faccia, se accettassi la proposta di
Malfoy? Andiamo, Ron… RON! – stava praticamente
piangendo, e nemmeno se n’era resa conto.
Ronald non la guardava. Evitava il suo sguardo,
codardamente, lasciandolo posato sul pavimento. – Mi spiace, Herm. –
- Co… cosa? –
- Harry è un eroe. E un eroe non
fa queste cose. –
- Ma… -
Weasley si allontanò quasi furtivamente. Probabilmente
soffriva anche lui come un cane, pressato dall’egoistica scelta che aveva fatto
dentro di sé, senza riguardo per nessuno, se non per sé
stesso.
Chiusasi in camera, per la seconda volta in poche ore
Hermione non poté far a meno di pensare che ora si era persa
pure la lealtà. Capiva, seppur solo con una parte di se stessa, i sentimenti di
Ron.
Il rosso era un po’ come la luna: viveva di luce riflessa,
non sapeva brillare da solo – o forse, ne era
semplicemente convinto. Aveva capito che una simile macchia sull’armatura di
Harry – dell’eroe che aveva sconfitto Voldemort - avrebbe suscitato
un notevole ronzio nella comunità magica. E tutti
sapevano che quello non sarebbe stato
accettato.
Ron aveva semplicemente visto la sua popolarità svanire
nel nulla. Ed egoisticamente, aveva deciso che voleva la vita che conduceva da quando aveva conosciuto Harry.
Hermione sospirò mestamente. La fama colpiva anche alle
spalle.
*°*
La lezione di pozioni fu quanto
di più umiliante a cui Hermione avesse mai assistito. La notizia della
relazione clandestina doveva essersi diffusa a macchia d’olio in tutti e due i dormitori, poiché gli sguardi di tutti gli
alunni – con grande fastidio di Piton -, erano
praticamente incollati sui due ragazzi. Questi facevano buon viso a cattivo
gioco, ma l’imbarazzo sottopelle era evidente, per non dire evidentissimo.
Harry fece cadere una provetta, che andò a frantumarsi nel
mezzo del corridoio centrale. Piton borbottò,
visibilmente infastidito.
Theodore – ormai Hermione aveva iniziato a chiamarlo per
nome –, che da secoli aveva il banco di fianco a quello di Potter, si era
chinato per raccoglierne i pezzi in frantumi. Harry, da parte sua, aveva fatto
altrettanto.
Quando le loro mani si erano
accidentalmente toccate, tutta la classe aveva trattenuto il respiro,
sporgendosi verso di loro. I due si erano ritratti, come scottati.
- Scusami, io… -
- Non… non fa niente. –
A quel punto, il beneamato
insegnante di pozioni decise che aveva sopportato fin troppo. – Fuori! – tuonò. – Potter e
Nott, fuori!! –
Mentre i due puniti passavano come in processione fuori dalla porta, fra le risate e le allusioni generali,
Hermione vide alcune lacrime strisciare fra i solchi del viso del suo migliore
amico.
*°*
Harry non avrebbe dovuto soffrire, si
disse. Non importava a quali metodi sarebbe stata costretta a ricorrere,
a quante auto punizioni si sarebbe inflitta, come pena.
Hermione di questo era più che certa.
Quando ritrovò Draco Malfoy davanti a
camera sua, la notte dopo, non lo salutò nemmeno. Si limitò a fissarlo negli
occhi, trovando qualsiasi parola troppo codarda per poter
essere pronunciata.
- Alla fine, sei venuta. –
- Ti ascolto. –
Continua...
Al che, yuppy, si passa al numero
due, e poi al numero tre.
Alla fine, questi due primi capitoli si concludono
alla stessa maniera – cioè con Draco ed Hermione che devono parlare. Accidenti
quanto sono prolissa.
No, Ron non sarà così… così… così viscido sempre. Almeno
spero.
Per quanto mi riguarda, l’odio totale che provo verso di lui è un elemento che non influenzerà le mie
scelte narrative – va bene, va bene, scena dello sgabuzzino a parte. Però dai,
quella era così dannatamente carina che non potevo non
metterla.
Magari l’inserisco di nuovo, o ne invento un’altra.
Tanto, di posti in cui rinchiudere la gente ad Hogwarts è decisamente pieno.
Prendiamo come ipotesi la sola categoria dei “bagni maledetti”: pretendete forse che il nostro caro Salazar Slytherin si
accontentasse di un solo bagno, e di una sola camera segreta?
Nono, prettamente impossibile.
Chissà quanti basilischi ci sono
nelle tubature.
Che poi, voglio dire, avran
fatto pure dei figli, no?
Dubbio colossale del momento: ma i basilischi fanno le
uova, o i cuccioli già nati? Essendo serpenti – ehm, serpentoni – propenderei
per la prima.
Ma riconosco di non aver mai avuto
un tete a tete con un basilisco
femmina incinta. Per carità, già sono scontrosi di loro, non voglio nemmeno
pensare al loro carattere durante momenti simili.
Ho come l’impressione di aver fatto rovine di tutta la mia
dignità, in queste righe precedenti.
AmenXD
Si
ringraziano, LCasssieP,
camyxpink,
Claheaven
[poco sclero in questo capitolo, ma confida nel
prossimo XD], Cobwy23, Felicity89, Kira Kira, Simona, Erin, DamaArwen88, Gy__MrSMaLfOy,
picci 1989, White_tifa,
e la mia Artemisia [grazie cara!].