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Autore: Free spirit in a can_    05/10/2012    3 recensioni
Mi guardo spesso dentro. Anzi, mi guardo più dentro di quanto guardo fuori. Lo faccio per tirare fuori cose che normalmente sfiorerei con il pensiero, ma lascerei in un angolo, come si fa con i libri già letti e riletti.
A volte, quando mi leggo dentro, sento qualcosa, una sensazione alla bocca dello stomaco, qualcosa che spinge per uscire. In tanti lo sentono come me, e il mio modo per far uscire le cose è scrivere. Scrivo quello che sento, quello che vedo, quello che ascolto, scrivo senza pensare, di getto. E questo è il risultato.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho paura.
Mi capita spesso, al mattino appena sveglia, o la sera quando spengo le luci e do la buonanotte al cane. Mi capita fin troppo spesso. Dalle cose semplici, la scuola, le novità, alle cose più complicate, trovo paura e incertezza in tutto. Non riesco a guardarti in faccia, se ho paura di quello che penso, non riesco a parlarti se ho paura di quello che provo. Allora scelgo la via più facile, mi nascondo. Nascondo me e la mia paura dietro alle risate, agli scherzi, alle battute. Mi nascondo in un involucro alquanto comodo, perchè ho paura di quello che penserebbero di me se mi vedessero davvero. Eccola di nuovo, la paura. Ma con il tempo mi sono lasciata andare.
Leggo molto, davvero. Ho imparato a leggere con Topolino e da lì non ho più smesso. Leggo le canzoni che ascolto, le cose che mangio, le persone che conosco. Amo leggere le persone, amo buttarmi nelle loro parole e cercare di capire da cosa le dicono, cosa c'è oltre quegli occhi o quelle mani o quei gesti. Amo capire la loro musica, i loro punti di vista, i loro sogni. Amo ascoltare la gente che parla. Mi piace perchè mi da la possibilità di guardare meglio dentro di me. È difficile leggere le persone, così come i libri. “Che ci vuole? Si impara subito e non si scorda mai.” No, magari fosse così. Io credo sia l'opposto: non si impara mai, e se credi di averlo fatto, lo scordi subito. Quanto delle parole che avete appena letto vi si è impiantato nel cervello? Una, due espressioni? Quanto sareste capaci di ritrovare in voi? È come per le canzoni, sembra strano, ma ogni volta che ne trovo una nuova, sembra parlare di me. C'è sempre quella frase che mi fa dire “cavolo se è così!” .
No, Mari, sei anormale, nessuno lo fa. Solo tu. Come molte delle cose che fai, questo è stupido e da mentecatta, proprio come lo è scrivere ciò che pensi in un testo che nessuno leggerà probabilmente.
No invece. O meglio, magari è vero che nessuno lo leggerà, e sì sono la prima ad ammettere di non essere normalissima, ma è anche vero che è questo ciò che sono, e se vuol dire essere anormale, allora che sia! Ho paura di essere me stessa a volte. Tanto che quando parlo in pochi capiscono, perchè vado veloce, e vado veloce per tanti motivi: per non dimenticare quello che ho in testa, e per non farlo sentire troppo.
Non vado fiera di ciò che sono perchè non è sempre la stessa persona. La me che scrive non è mai la me che parla.
Un punto per l'anormalità: bipolarismo!
No, seriamente, non avete idea di quanto vorrei riuscire a dire parlando, ma non dico perchè nessuno ascolterebbe. Quanto vorrei dire alle persone dei gesti che amo, di quello che lentamente mi uccide. Di quanto amo il riflesso del sole sulle foglie, per esempio. Di quanto amo il legno riscaldato al sole e l'odore della legna o dell'erba tagliata. Di quanto odio le frasi sdolcinate degli stupidi, perchè non hanno idea di ciò che dicono e non si rendono conto dell'effetto che ha su chi le ascolta. Tante cose che ho letto e provato, ma che quasi nessun altro vede in me. Di me si vede poco, una volta che ci si sofferma sul colore dei capelli è fatta, non vedrai mai altro. Ho paura che nessuno mai vorrà vedere altro. In troppi si fermano al naso o agli occhi o alla risata, e si stancano, si stancano di guardare, di leggere, di scoprire. Come di un libro, se ne inizi a leggere una pagina e non ti interessa, chi te lo fa fare di continuare? Chi?
Di certo non sarò io quella a implorarti di leggermi.
Perchè ho paura che mi prenderai per idiota, come faccio anche io a volte.
A volte ho paura di muovermi. Mi trovo davanti a così tante possibilità, magari tutte belle, anzi fantastiche, che non oso sceglierne nessuna. Rimango ferma, immobile, impassibile davanti alla strada più allettante di tutte. Di solito partirei spedita. Ora no. Non ci riesco. Penso a quello che lascio, a quello che troverò. Penso che ho tanta altra strada da fare, e che magari dovrei iniziare prima quella. Già. Prima di buttarmi nel vuoto. Ma è così allettante! Oh, se lo è...
L'idea di ciò che non conosci, che ti piace, che ti attrae, messa a confronto con ciò che conoscevi, che amavi, che hai perso. Forse tornerà, forse dovrò accontentarmi per sempre di com'è ora. Il vuoto può portare molte cose, infinite, se ci pensiamo. L'incertezza che proviamo nei confronti del vuoto stesso è un riflesso incondizionato del nostro cervello che ci vuole proteggere. Ma nemmeno lui sa da cosa. Non sai cosa c'è nel vuoto finchè non ti ci butti.
È una cazzata, lo so, si quelle frasi trite e ritrite, ma proprio come funziona per le canzoni (con me almeno) sono le piccole frasi che ti prelevano dalla realtà, ti annebbiano la vista e ti riportano ad un preciso momento della giornata, o del mese o dell'anno. Quel momento, tra i tanti, in cui il vuoto ti era davanti e tutto quello che hai fatto è stato girarti dall'altra parte. O magari una parte di te si è buttata, ma non te ne sei nemmeno resa conto. In quel preciso momento hai scelto di dare ascolto al tuo cervello, di non ricambiare quello sguardo, di non fare quel sorriso, di non rispondere a quella chiamata, di continuare a fingere. Fortunatamente sono tante anche le volte che ci buttiamo; anche se lo facciamo solo perchè sono cose minori, sicure, ci buttiamo. Mi sono buttata quando ho scelto di scrivere tutto questo, ma non senza la mia solita paura. Paura di cosa? Di chi?
Di me.
Eccola lì, scritta nero su bianco, la mia unica grande paura, ammessa, come con tutte le pagine del libro che sono, non a voce, ma scritta. Ho paura di quello che sono, di quello che rappresento, di quello che faccio. Ho paura che non reggerò ancora per molto. Ho paura che i momenti di felicità che si stanno facendo così frequenti smetteranno da un momento all'altro, come capita sempre, quanto focalizzi bene un qualcosa di futuro, in qualche modo. Ho paura di cose stupide, come quello che vede quando mi vede. Una pazzoide coi capelli rossi, sicuramente. Ed eccoti lì, che nel momento in cui non riesco a parlare chiudi il libro, anche se non hai nemmeno sfiorato l'introduzione.
Ed ecco anche le mie solite domande mentali a tutto gas: gli è piaciuta la copertina? No? Perchè no? Vuole continuare a leggermi? Sì? Perchè sì? Come sto? Com'è che si parla?! Basta! Basta seriamente, o impazzirai davvero!! Giusto, il decoro da mantenere. Ok. Ho paura di me. Paura del libro che sono. Faccio ciò che posso, abbellisco la copertina, cambio calligrafia, scelgo la trama, ma come ho già detto, amo leggere. Quindi so quanto sia più facile buttare via un libro dopo la prima pagina, piuttosto che prendersi il disturbo di leggerlo. Io l'ho fatto, lo sto facendo e lo farò ancora, perchè ho paura. Paura di buttarmi. Paura di ciò che gli altri leggeranno di me. Paura dei miei pensieri e dei miei sentimenti, perchè non so dove mi porteranno, proprio come il vuoto. Ma, qualsiasi cosa provo, cambio o scelgo, il contenuto è lo stesso, e sono io.
Non c'è niente di cui avere paura. Sono io.
  
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