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Autore: Daisy Pearl    05/10/2012    3 recensioni
Chiudete gli occhi e immaginatevela.
Capelli color cioccolato lunghi e liscissimi, occhi di mare e forme al punto giusto.
Una ragazza dalla bellezza sovrumana. Sovrumana è la parola giusta perchè lei non è come noi. Lei è un robot, una macchina.
Ma è un oggetto che presto inizierà a provare dei sentimenti e dovrà dimostrare al mondo di avere un cuore, seppur di metallo.
Buona lettura.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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 ILLUSIONE 


Quando Zack aveva appreso che davvero Denise era sparita aveva provato un tuffo al cuore.
Quando lo aveva saputo era appena tornato a casa e tutte le preoccupazioni di quella mattina erano scomparse. A coronare il tutto aveva contribuito la riappacificazione con Mary.
Così aveva fatto il suo ingresso nella villa con un sorriso stampato sulle labbra ansioso di vedere Denise e di raccontarle tutto.
Peccato avesse avuto una brutta sorpresa.
Josh e un paio di uomini stavano parlando. Furono poche le parole che arrivarono alle orecchie del più giovane dei Drake, ma quelle parole furono essenziali.
Denise rapita.
Al solo ripensarci strinse maggiormente la ragazza a sé, come ad impedirle di andare via ancora una volta.
Non capiva come mai si fosse spaventato tanto di fronte a quella notizia, dopotutto conosceva quella ragazza da pochi giorni.
Si allontanò leggermente da lei e le accarezzò una guancia con il dorso della mano. Lei sospirò e si appoggiò ad essa come rapita da quel solo contatto.
Come poteva non tenere ad una creatura come lei? Sembrava così tremendamente fragile tra le sue braccia, gli venne da paragonarla ad un farfalla incredibilmente piccola e bella.
“A che pensi?” Denise lo guardò con quei magnifici occhi blu che per pochi secondi lo privarono delle parole giuste per rispondere.
“Chi ti ha rapita?” domandò.
 

*

Potevo aspettarmi tutto da Zack tranne che mi facesse quella domanda: come facevo a dargli una risposta?
“Non lo so!” dissi semplicemente abbassando lo sguardo.
Zack deglutì come se gli costasse fatica rimanere lì ad ascoltarmi.
“Cosa ti hanno fatto?” si vedeva che era visibilmente agitato. Le nocche erano bianche a causa dello sforzo di tenere chiuse le mani a pugno, la mascella era contratta.
“Nulla, mi hanno dato un sedativo e non mi sono resa  conto di niente!” cercai di tranquillizzarlo “Il primo ricordo che ho è quello dei due agenti che mi portavano via!”
Zack parve rilassarsi per un attimo.
“Chiamo un medico!” decise.
“No!” mi affrettai a dire “Non ne ho bisogno!”
Se avesse chiamato un medico quello sicuramente si sarebbe accorto della mia non umanità e a quel punto sarebbero stati guai.
“Non sai cosa ti hanno fatto quando eri incosciente!” protestò risoluto.
“Mi hanno già fatto dei controlli!” mentii “Appena mi hanno prelevata!”
Zack fece un altro sospiro di sollievo e mi abbracciò nuovamente.
“Non ti perderò mai più di vista!” promise.
Sorrisi. “Sembra più una minaccia!”
Si rallegrò anche lui. “Lo è!”
Sciolsi l’abbraccio e mi ritrovai ad un passo dal suo viso. Come calamite, le sue labbra attirarono il mio sguardo che si posò su di esse. Dovevano essere così morbide. Vidi che anche lui guardava la mia bocca e non potei far a meno di essere felice per quello.
“Dio, se ti fosse successo qualcosa!” sussurrò.
“Ma non è successo!” ribadii semplicemente.
“Ho fatto pace con Mary!” disse tutto ad un tratto a bassa voce. Quelle cinque parole bastarono a rompere la magia d quegli istanti. Mi allontanai di parecchi centimetri da lui: come avevo fatto a dimenticarmi di Mary? Zack non era come su fratello! Non mi avrebbe mai baciata solo perché mi reputava bella, lui rispettava le donne e tradire Mary non era contemplato.
Ero stata così stupida a volere una cosa futile come un bacio, però d’altra parte mi era venuto così naturale.
“Sono felice per te!” gli sorrisi. Lui si morse il labbro inferiore con rammarico.
“Devo parlare con Josh!” ogni scusa era buona per allontanarmi il più possibile da lì. In meno di un secondo mi trovai sulle scale che conducevano al piano superiore. Resistetti alla tentazione di voltarmi per dare un’ultima occhiata a Zack e continuai a camminare nel corridoio fino ad arrivare all’ufficio di Josh.
Bussai e, senza aspettare che mi desse il permesso, entrai.
Il signor Drake era seduto alla sua scrivania e parlava a animatamente con i due agenti che mi avevano accompagnata a casa. Non appena feci il mio ingresso si ammutolì e levò lo sguardo per posarlo su di me. Simon e Clark si voltarono per vedere quale fosse la causa dell’interruzione del discorso che stava facendo loro Josh.
“Dobbiamo parlare!” dissi semplicemente cercando di non farmi intimidire da tutti quegli sguardi.
Sulla bocca di Josh si andò a formare un sorriso sarcastico.
“Adesso detti tu le regole?” sbottò freddamente.
“La mia è più una richiesta, non una regola!” precisai.
“Non dobbiamo parlare!” ribettè.
“E invece sì!” fui risoluta. Avevo bisogno di capire.
“Esci dal mio ufficio!” ordinò fulminandomi con lo sguardo.
“Chi sono queste persone?” indicai i due agenti ignorando quello che aveva appena detto.
“Non sono tenuto a risponderti, si tratta di informazioni riservate!”
“Non ci metterò molto a scoprirlo da sola Josh! Sono dotata di un sistema altamente tecnologico che mi permette di entrare in tutti i sistemi informatici del mondo, con o senza password!”
“Non puoi senza password!”
“Effettivamente non posso, ma ho la capacità di creare virus come quello che ha messo fuori funzione tutta la villa la scorsa sera!” dopotutto era stato 19283 a immettere quel virus, quindi potevo farlo anche io.
Josh si ammutolì. Lo vidi diventare pensieroso, era ovvio che fosse indeciso sul da farsi.
“Agente 123 e agente 124 mi farò sentire appena potrò!” disse semplicemente.
“Se dovesse servire prenderemo noi in tutela il robot!” disse Clark sbrigativo.
Un moto di rabbia si impadronì di me: stava parlando di me come se non ci fossi.
“Il robot ha un nome!” precisai acidamente.
Clark si girò verso di me con sguardo dispiaciuto.
“Scusi signorina!”
Rimasi interdetta dal fatto che quell’uomo fino ad un istante prima mi aveva definita un automa, mentre in quel momento mi stava dando della ‘signorina’.
Gli agenti strinsero la mano a Josh dopo di che i loro sguardi si posarono su di me. Non sapevano come salutarmi perciò andai in loro aiuto. Stesi la mano nella loro direzione in attesa. Simon fu il primo a stringerla seguito dal collega, sorrisi ad entrambi mentre loro reagirono assumendo un’espressione da ebeti prima di oltrepassare la posta dello studio e di chiuderla alle loro spalle.
Sorrisi vittoriosa in direzione di Josh: quegli uomini mi avevano trattata come una persona. Ero fiera di essermi imposta come tale e di non aver lasciato che mi considerassero un oggetto.
Senza che Josh mi invitasse mi sedetti di fronte a lui e incrociai le braccia al petto.
“Non lo fare mai più!” sibilò.
“Cosa?”
“Sei entrata qui e ti sei comportata da capo, hai cercato di mettermi i piedi in testa e questo non lo permetto a nessuno, tantomeno ad un oggetto!” marcò con la voce quest’ultima parola.
“Mi sembra chiaro di non essere del tutto un oggetto!” precisai.
“Fino a prova contraria lo sei!” sbottò riducendo gli occhi a due fessure.
“Sei alquanto stupido Josh se stai qui a discutere con un oggetto!” lo canzonai. Avevo capito che l’unico modo per far in modo che lui mi trattasse da pari era quello di cercare di tenergli testa. Se ci fossi riuscita probabilmente avrei meritato il suo rispetto indipendentemente da quale fosse la mia natura.
Strinse la mascella e incrociò i miei occhi.
“Perché il dottore mi ha rapita?” iniziai a domandare.
Josh scosse la testa.
“Non lo so!” il suo battito cardiaco accelerò lievemente mentre i suoi occhi saettavano lontani dai miei. I miei circuiti mi trasmisero le informazioni: quelli erano i chiari sintomi di una bugia.
“Stai mentendo!” dissi semplicemente.
Mi guardò stupito e poi sorrise.
“Diciamo che non sono sicuro di saperlo!”
“Mai hai intuito qualcosa!” insistetti.
“Denise, tu sei un oggetto incredibilmente bello, ma sei solo un prototipo di un progetto più grande. Diciamo che saresti dovuta rimare a fianco del professore a soddisfare i suoi bisogni…” sorrise sfacciato.
Il disgusto si impadronì di me.
“E invece ho finito per soddisfare i tuoi di bisogni, vero Josh?”
Il sorriso scomparve dalle sue labbra.
“Sei dozzinale come amate!”
“Cosa ti aspetti da un oggetto? Che ci rimanga male per questa specie di insulto?” ribattei inviperita, ma mantenendo un tono di voce freddo e distaccato.
“Hai ragione, dopotutto sei un oggetto!” precisò sbuffando.
Detestavo che continuasse a ripetere quella parola con tanta superficialità, mi faceva male pensarlo. Solo allora compresi che prima mi sarei accettata meglio avrei potuto vivere, se quella che avevo poteva chiamarsi vita.
“Quindi il professore mi rivoleva! Immagino che ora la vostra collaborazione possa dirsi conclusa!” cambiai argomento.
“Uh! Un robot che immagina!” mi canzonò. Strinsi i pugni.
“So fare un sacco di altre cose!”
“Tipo?” fece un sorriso di sfida.
“La tua intelligenza è troppo limitata perché tu possa comprendere, magari mostrerò quello che so fare a Zack!” il mio tono era ricco di sottintesi. Avevo capito che Josh aveva un punto debole: le donne. Nonostante si ostinasse a dire che io ero un oggetto sapevo che a volte se ne dimenticava persino lui. Mi trovava attraente e non poteva evitarlo, era per questo che mi aveva sottratta la professore. Quindi dovevo colpire il suo ego maschile dicendogli in poche parole che preferivo Zack a lui.
“Allora vai! Cosa aspetti! Sono stanco di parlare con una cosa!”
“Questa cosa dovrebbe obbedire a tutti i tuoi comandi, mentre non lo fa, come te lo spieghi?”
“Sei difettosa!”
“Il professore ha fatto tantissimi test in proposito e non c’è nulla che non vada in me!”
“Sono stanco di parlare con un numero, vattene!”
Gli sorrisi freddamente e mi diressi verso la porta dell’ufficio.
“Oggi non hai perso solo la tua bambola personale, ma anche una valida assistente!” sibilai semplicemente prima di chiudere la porta alle mie spalle.
 

*

Josh digrignò i denti. Non sapeva cosa gli fosse preso. Quando aveva scoperto che il professore aveva rapito Denise  avrebbe voluto spaccargli la faccia. Quando l’automa era apparso sulla soglia di casa gli sembrò che quel macigno che da ore portava nel petto si fosse improvvisamente volatilizzato.
Lei era lì, sana e salva. Subito dopo aveva reputato irrazionale il suo sollievo, come poteva sentirsi così per il ritorno del suo giocattolo? Era, appunto, solo una cosa.
Si era quindi trattenuto dall’andare ad accoglierla, dal darle il bentornata. Eppure l’istinto c’era stato.
Era stato Zack ad aver fatto quello che lui si era ostinato a non voler fare. Il fratello era corso verso di lei e l’aveva stretta dolcemente. Josh l’aveva vista abbandonarsi a quell’abbraccio come un qualsiasi altro essere umano, ma sapeva che era tutta illusione, perché lei non era come Zack o come lui.
Nonostante ciò provò una forte irritazione nel vederli così affiatati e così uniti perché, da un lato, avrebbe voluto non conoscere la vera identità di 4931949, dall’altro aveva provato una specie di moto di gelosia. Lei era sua.
Nella loro conversazione in ufficio aveva fatto fuoriuscire tutto l’astio che provava, ma era rimasto sorpreso dalla reazione dell’automa. Invece di rimanere silenziosa e gentile, come all’inizio, lei si era fatta valere, gli aveva risposto a tono e questo lo aveva profondamente colpito.
Nessuna donna l’aveva mai fatto prima. Eppure lei non era una donna.
Era combattuto perché da un lato era affascinato dal suo comportamento e dal suo corpo, dall’altro provava un moto di repulsione per quello che Denise era e per l’effetto che aveva su di lui.
Non poteva ignorare il cambiamento che aveva subito l’automa: se all’inizio era accondiscendente e rispettava la sua volontà, in quel momento si era trasformata in un’ adolescente che agognava la propria libertà. Peccato che in casa avesse già un adolescente e gli bastava.
Inconsciamente credeva che la causa del cambiamento fosse proprio da attribuire a Zack perché tutto era iniziato quando lui l’aveva fatta uscire con i suoi amici, l’aveva trattata da umana e questo doveva aver risvegliato qualcosa nell’automa. Probabilmente era caduta nell’illusione in cui cadevano tutti.
Vittima della sua stessa perfezione.
Preda di tali pensieri, Josh decise di andare a dormire se non altro per spegnere il cervello peccato che non gli fu possibile. Non appena chiuse gli occhi vide il volto sorridente di Denise, sentii la sua voce melodiosa, si perse nei suoi occhi dello stesso colore del mare.
Sbuffò e, quasi inconsciamente, si alzò dal letto. Vagò per i corridoi fino a raggiungere la stanza di Denise. Osservò a lungo la porta prima di decidere ad entrare. Abbassò la maniglia e un piccolo spiraglio di luce illuminò la stanza.
Josh posò lo sguardo sul letto e, con sua enorme sorpresa, vi trovò, Denise e Zack che dominavano insieme pacificamente. Erano entrambi sdraiati su un lato in modo tale da essere l’uno di fronte all’altra. Le loro dita si sfioravano involontariamente.
Josh sorrise intenerito da quella visione. Subito dopo la tristezza si impadronì di lui perché anche volendolo, non avrebbe mai avuto quello che in quel momento aveva Zack: l’illusione che Denise fosse vera.

 


Un ringraziamento speciale a tutte coloro che hanno recensito... ve ne sono davvero grata! Ormai siete un pezzettino del mio cuore!
Grazie di cuore!!
Daisy
   
 
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