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Autore: TheFirstMrsHummel    06/10/2012    2 recensioni
Kurt riusciva a vedere le lacrime che si stavano formando negli occhi di lei. Oh, merda, in che cosa mi sono immischiato? pensò.
Dave continuò a parlare con la stessa freddezza, senza alcuna inflessione particolare. “Non ti voglio qui. Te l’ho detto migliaia di volte, non ti voglio vicino a me.”
“Questa volta è diverso, David,” spiegò, mentre una goccia salata le scivolava lungo la guancia. “Non sono qui solo per una visita. Ho lasciato L.A. e sono tornata a Lima. Voglio provare a riaggiustare le cose con te e so che ci vorrà del tempo. Sono tornata per restare, David. Non significa niente per te?”

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All'inizio dell'ultimo anno, compare una donna sconosciuta che chiede di David Karofsky. Kurt la aiuta a trovarlo e strada facendo scopre qualcosa sul passato dell'ex-bullo.
[Fic Kurtofsky tradotta da LaGrenouille | Traduzione rivista il 6/11/15]
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel, Nuovo personaggio | Coppie: Dave/Kurt
Note: AU, Lime, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Devo dirlo di nuovo? Voi, lettori miei, soprattutto voi che recensite, sconvolgete il mio mondo. E parlo di ciascuno di voi: valete ogni secondo che tolgo al tempo con la mia famiglia (non troppo, giuro!) per scrivere, ogni minuto di sonno di cui faccio a meno (più di quanto dovrei) per finire un capitolo e ogni rischio che corro per digitare qualche battuta della fic sul mio Notepad mentre sono al mio lavoro diurno risucchia-anime. Grazie infinite a tutti per condividere con me i vostri pensieri e sentimenti ed esperienze di vita. Mi rende una scrittrice e una persona migliore.

 

 

Dave varcò la soglia di casa, appendendo la giacca della squadra su un gancio appendiabiti e riponendo lo zaino nell’atrio. Si sfilò anche le scarpe relegandole in un angolo, entrando in soggiorno con i piedi coperti solo dalle calze. Suo papà era stravaccato sul divano, com’era tipico di venerdì sera: guardava Sports Center con ancora addosso la camicia del lavoro ma si era sbarazzato di giacca e cravatta.

“Ehi, David,” lo salutò. “Ti sei divertito dagli Hummel?”

“Seh,” rispose lui. “Finn ha preso questo nuovo gioco per la Xbox, LA Noire: era piuttosto figo, perfino Kurt era completamente assorbito. Quando gli ho detto che era il primo videogioco a essere presentato al Tribeca Film Festival, l’ha completamente conquistato,” raccontò, ridacchiando. L’altro lo guardò con un’espressione a metà tra il fiero e il sorpreso. “Che c’è?” chiese, sentendosi leggermente imbarazzato.

“Niente,” disse Paul. “È solo che… è sempre così strano sentirti parlare di quanto tu e Kurt siate amici.” Lui non era sicuro di cosa stesse comunicando il suo volto, ma qualsiasi cosa fosse, fece fare un passo indietro a suo padre. “Non che ci sia niente che non vada, in quello. Al contrario, penso che sia meraviglioso.”

“Passare del tempo con lui non è male,” disse, sulla difensiva. “Non l’avrei pensato qualche mese fa, magari, ma è così.”

“Non ti sto giudicando, David,” gli assicurò. “Né Kurt. Però, sai, quando ripenso a quegli incontri imbarazzanti con lui e Burt, l’anno scorso… Beh, è piuttosto incredibile quanto voi due siate riusciti a superare.”

Non ne hai idea, pensò.

Poi Paul continuò. “So che le cose sono state un po’ esagerate da parte sua, ma è comunque stato generoso ad accettare le tue scuse. Mi sembra un ragazzo a posto.”

Non era la prima volta che suo padre suggeriva, parlando del suo precedente comportamento, che il bullismo fosse tanto rumore per nulla. Sentì il senso di colpa espandersi dentro di sé: non solo perché stava ricordando quello che aveva fatto a Kurt, ma anche per aver lasciato che Paul continuasse a pensare che la sua condotta fosse di una gravità minima e che fosse stata ingigantita nella mente di un ragazzino gay fin troppo sensibile. Era ora di confessare, almeno per quanto riguardava quella parte. Lo doveva a Kurt; e anche a suo papà. “Non ha ingigantito niente,” ammise nervosamente.

“Che vuoi dire?” chiese quello, sinceramente perplesso.

“So di aver detto che non era niente, allora. Che Kurt stava facendo la prima donna e la sua famiglia era iperprotettiva. Ma… non è vero. Affatto.”

“Non credo di capire,” affermò Paul, guardandolo con aria preoccupata.

“No, infatti,” replicò Dave. “Ma capirai una volta che ti avrò spiegato. Non avrei mai dovuto lasciarti credere per tutto questo tempo che non fosse niente di che. Avevo solo paura di dirtelo, perché sapevo quanto ti avrei deluso.”

“Qualsiasi cosa sia successa, non può essere stata grave come dici. La stai solo prendendo a cuore perché adesso tu e Kurt siete amici,” spiegò quello.

“Lo torturavo,” affermò, guardando suo padre seriamente, senza più un briciolo di nervosismo. “Non ci sono altre parole per descriverlo. Lo seguivo per la scuola, gli facevo delle imboscate, solo per vedere quanto sarei riuscito a spaventarlo. Lo spintonavo davvero forte contro pareti e armadietti. I lividi che gli procuravo non facevano neanche in tempo a guarire, ci scommetto: lo facevo ogni giorno, anche più di una volta.” Rimase un attimo in silenzio e Paul aprì la bocca per dire qualcosa, chiaramente sconvolto dalla sua ammissione. Lui sollevò un palmo. “No… lasciami- lasciami dire tutto. Poi potrai parlare, okay?”

Paul annuì con gli occhi spalancati. Non posso crederci, pensò. Non il mio David, è un bravo ragazzo, in fondo.

“Mi accorsi che stava dimagrendo, che aveva cerchi scuri sotto gli occhi. Ma continuai comunque.” Si fermò per un minuto, preparandosi alla parte peggiore. Beh, la parte peggiore di quello che ho intenzione di dirgli, comunque, rimuginò. “Quel giorno nell’ufficio di Figgins, ho detto che ‘ti uccido’ era solo un modo di dire. Ma non era vero.”

L’altro trattenne il respiro, dimenticando che aveva accettato di restare in silenzio. “David! Non è possibile che tu abbia potuto-”

“Non intendevo dire che avrei iniziato a tramare il suo omicidio. Ma che lo avrei pestato a sangue, se lo avesse detto a qualcuno, quello sì. L’avrei menato così tanto che non sarebbe riuscito ad andarsene con le sue sole forze, forse.”

Solo parlarne lo riportò temporaneamente indietro, in quel posto buio e freddo. Per la prima volta, Paul Karofsky vide un’ombra di quello che Kurt si era ritrovato davanti per mesi e mesi. Dave era a malapena riconoscibile, in quel momento, il che gli fece avvertire un senso di nausea. Come ho fatto a non vederlo? si chiese. Come potevo non sapere di cosa fosse capace mio figlio?

“E se lo avessi fatto, avrei potuto ucciderlo. Sono molto più grosso di Kurt e lui non ne sa niente di combattimenti. Un paio di settimane fa è venuto un oratore al PFLAG per parlare dei reati di odio e di come episodi simili succedano spessissimo. A volte nessuno vuole che le cose finiscano in quel modo, ma alla fine ci si ritrova comunque con un ragazzino morto e un altro in prigione.” Pensò a come fosse riuscito a tenere duro durante la riunione, ma in seguito era scoppiato a piangere mentre Kurt gli stava dando un passaggio a casa. Quello aveva semplicemente accostato, aveva sbloccato le cinture di sicurezza e l’aveva tirato verso di sé, abbracciandolo mentre lui singhiozzava fino a esaurire le lacrime. L’aveva calmato dolcemente e gli aveva mormorato all’infinito le parole che lui aveva così tanto bisogno di udire. Va tutto bene, Dave. È nel passato, ora. Ti perdono.

“Il fatto che sia riuscito a perdonarmi…” continuò. “Non fu solo generoso o gentile. È un miracolo. È la persona migliore che io abbia mai incontrato, papà.” L’estraneo freddo come ghiaccio era scomparso e Paul riuscì di nuovo a vedere suo figlio che lo guardava dietro a un velo di lacrime. “Spero che anche tu mi possa perdonare. Per non essere stato onesto con te riguardo a tutto questo.”

L’altro si portò in avanti, alzandosi in piedi e prendendolo tra le braccia. “Dio, non devi neanche chiederlo. Certo che ti perdono.” Lo tenne nella sua stretta per un bel po’ di tempo, finché gli occhi di entrambi non divennero lucidi. Infine sciolse l’abbraccio, ma gli tenne le mani sulle spalle. “Sono io quello che dovrebbe scusarsi. Per non essermi accorto della brutta situazione in cui ti trovavi. E per… qualsiasi cosa ti abbia fatto pensare di non potermi dire qualsiasi cosa tu voglia. Lo sai questo, vero?”

Lui fece un cenno affermativo, ma dentro di sé pensava, Non qualsiasi cosa. Non posso dirti di essere gay e onestamente non ho idea del motivo. So che continuerai a volermi bene, proprio come fa il padre di Kurt. Ma allora perché è così difficile? “Non devi scusarti. Mi sono impegnato moltissimo affinché tu non mi scoprissi. E non mi hai mai fatto pensare che mi avresti odiato o che mi avresti voltato le spalle. È solo che si è tutto incasinato nella mia testa e più lo tenevo nascosto, più era difficile dirtelo.”

“Ti voglio bene, figliolo,” disse. “So che siamo entrambi troppo impegnati a fare gli uomini duri per dircelo, ma è così.”

Lui sorrise, felice che suo padre stesse tentando di risollevare l’umore generale. Era un buon segno. “Anch’io ti voglio bene, papà.”

“Sono così fiero di te,” affermò Paul. “Soprattutto adesso che so davvero quanto tu abbia cambiato le cose. Aiutare a fermare il bullismo e fondare il PFLAG con Kurt… E stai pure lasciando rientrare un po’ tua madre nella tua vita. Sinceramente non avevo mai pensato che avrei visto quel giorno.”

Lui si allontanò, mentre il sorriso scompariva e le spalle s’irrigidivano un po’. “Solo perché le permetto di venire agli incontri e riesco a essere civile con lei se è ancora nell’aula quando vado a trovare Kurt dopo le prove del Glee, non vuol dire che la stia facendo rientrare,” affermò, di nuovo in difesa.

“David, andiamo,” lo esortò quello. “Siamo nel mezzo di un momento piuttosto sincero, qui. Il che, tra l’altro, dobbiamo ripetere più spesso, a quanto pare.” Sorrise gentilmente, vedendo le spalle del figlio rilassarsi. “Non raccontarmi palle, ragazzo. Per anni menzionare il suo nome ti turbava e ti faceva lasciare la stanza. E ora riesci a stare nello stesso posto con lei. A parlarle. Penso che sia un gran bello sviluppo.” Si chiese se David fosse consapevole di stare facendo il broncio. Non pensava di averlo visto fare il broncio da quando si era rifiutato di comprargli un Transformer BTR1 per il suo decimo compleanno. “Non c’è niente di male. Ho sempre sperato che le dessi una possibilità, prima o poi.”

“Perché?” domandò lui. “Non ho mai capito perché tu abbia sempre voluto che riallacciassi i rapporti con lei. E perché tu non abbia mai detto niente di male su di lei, per tutto il tempo in cui stavo crescendo. So che ci ha lasciato entrambi. Io però ero solo un poppante e non mi rendevo neanche conto che lei se ne fosse andata. Ma tu?” Guardò suo padre con un’espressione a metà tra la tristezza e la confusione. “Lei era tua moglie. Non ti ha ferito, quando se n’è andata?”

Paul rimase lì in piedi per un attimo, in silenzio. “Se stiamo per parlare di questo, credo di aver bisogno di una birra.” Lasciò la stanza, tornando con due bottiglie di Fat Head’s Bushwhacker.

“Doppia razione, papà?” osservò. “Non è da te.” A suo padre piaceva concedersi il piacere della birra, ma sempre con moderazione, da quello che aveva visto per tutta la sua vita.

“No no, questa è per te.” E gliene tese una, godendosi la vista della mandibola dell’altro cadere a terra. “Stiamo per avere la nostra prima birra tra padre e figlio. Personalmente, non posso pensare a un momento né a un luogo migliore.” Toccò la sua bottiglia con la propria, facendole tintinnare. “Salute, David.”

Lui lo fissò, totalmente meravigliato. Suo papà era sempre stato a posto: non si faceva venire l’ernia con il coprifuoco, né aveva seimila regole che dovevano essere seguite alla lettera. Ma questa era un’altra cosa. Era davvero una figata all’ennesima potenza. Prese una sorsata della birra, che era decisamente meglio di quella brodaglia della Milwaukee’s Best di cui si trovavano barilotti interi a ogni festa della squadra di football; aveva un sapore effettivamente buono, l’opposto di ‘leggermente tollerabile per ubriacarsi’. Di certo non era la prima volta che ne beveva, ma era sicuramente la più buona che avesse mai assaggiato. E per motivi molto più importanti della qualità della materia prima.

Si sedettero fianco a fianco sul divano. Dopo un momento passato a contemplare la propria bottiglia, Paul cominciò di nuovo a parlare. “Certo che mi ha ferito, David,” disse. “Mi spezzò il cuore.”

“E allora perché non la odi?” gli chiese, onestamente disorientato.

“Perché… perché non era tutta colpa sua. Avrei dovuto sapere dall’inizio che non avremmo mai funzionato. Ma lei era così bella, così diversa da qualsiasi altra ragazza che io avessi mai incontrato a Lima… Si può dire che sia stato lento a sviluppare un interesse per il gentil sesso. Ero nella squadra di football alle superiori, ma non sono mai uscito tanto con le ragazze. Come te.”

Già, proprio come me, pensò Dave. Ma sono piuttosto sicuro che la ragione non era perché tutte le curve sembravano essere nei posti sbagliati.

“Non era solo la sua bellezza – sebbene fosse ciò che aveva attirato la mia attenzione all’inizio. Lei aveva questa… energia che le crepitava tutto attorno in modo così vivo che quasi riuscivi a vederla. Aveva una chiara idea di se stessa e di cosa volesse fare. La sua sicurezza di sé toglieva il fiato, soprattutto a una persona timida come me. Non riesco a credere di essere perfino riuscito a trovare il coraggio di chiederle di uscire. Ma pensavo che ne valesse la pena, per qualcuno speciale come lei.”

Dave tentò di non pensare al fatto di conoscere qualcuno di molto simile, ma che di certo non era sua madre.

“Fu sempre onesta con me: voleva andarsene da Lima e dedicarsi alla danza. Le ho detto che per me andava bene e all’epoca ne ero davvero convinto. Ma quando mi disse di essere incinta, fui al settimo cielo. Pensavo che fosse un intervento divino, che l’universo le stesse mostrando che avrebbe potuto essere felice qui, con me.” Bevve una lunga sorsata. “Ho cambiato le regole della nostra relazione da un giorno all’altro. D’improvviso gettai al vento tutto quello a cui avevo acconsentito e mi aspettai che lei diventasse una persona completamente diversa. Certo, i tuoi nonni ci misero lo zampino; ma io avevo quasi trent’anni e avrei dovuto essere più accorto. È solo che volevo così tanto che tu, io e lei fossimo una famiglia, che non me ne importava.”

“E ciò giustifica il fatto che se ne sia andata?” domandò lui cocciutamente.

“No, certo che no. Ma devo assumermi la responsabilità per il fatto di aver fondato il rapporto destinandolo al fallimento molto prima che tu fossi nato.” Guardò il ragazzo e gli posò una mano sulla gamba. “Non lo rimpiango minimamente. Mi ha dato te; e glielo farei rivivere di nuovo, lo ripeterei io stesso, se dovessi. Giusto per essere chiari: ogni momento di dolore è stato degno di essere sopportato solo per far sì che tu potessi sedermi di fianco, oggi.” Quando fu sicuro che suo figlio avesse capito e gli credesse, continuò. “Ho nascosto la testa nella sabbia. Come ho fatto con te, forse. Non sapevo che tu avessi così tanti problemi, che fossi capace di fare quello che hai fatto a Kurt. Ho cercato di ignorare quanto lei fosse infelice: come non sorridesse mai, non mi dicesse mai ‘ti amo’ dopo che glielo dicevo io, dal giorno del nostro matrimonio. Avremmo potuto parlarne. Avremmo potuto cercare un aiuto psicologico. Ma non volevo menzionarlo perché pensavo che le avrebbe fatto capire che avrebbe dovuto andarsene, per essere di nuovo felice.” Rise brevemente all’ironia di quelle parole.

Per la prima volta nei diciassette anni che aveva passato su questa Terra, Dave si rese conto di sentirsi un po’ dispiaciuto per sua madre. L’altro aveva alluso a tutto questo più volte, in precedenza, ma lui non aveva mai ascoltato. Era troppo arrabbiato, troppo ferito per vedere qualsiasi cosa al di là della propria angoscia. Ma adesso avvertì una piccola scintilla accendersi dentro di sé. E all’improvviso sentì la voce di Kurt. Dopo quella piccola scintilla di simpatia, mi sentii… non so… un po’ più leggero. Come se tutto quel tempo fossi stato costretto in una forte morsa e qualcuno la stesse allentando un pochino.

“Fui un idiota,” proseguì Paul. “Avrebbe potuto salvare il nostro matrimonio. Invece continuai ad andare faticosamente avanti e a sperare che un giorno, per magia, lei si svegliasse col desiderio di essere una casalinga al posto di una ballerina di fama mondiale.” Sorseggiò di nuovo la birra. “Quando vidi il biglietto, non fui per niente sorpreso. Mi sembrava invece che finalmente mi si fosse chiarita la vista.”

“Quindi sei rimasto in contatto con lei e hai cercato di farmela accettare perché… cosa? Glielo dovevi?”

“Sì; in parte, almeno. Ma soprattutto l’ho fatto perché pensavo che fosse la cosa migliore per te. Dal giorno in cui ho scoperto che tua madre ti stava portando in grembo, quella è stata la mia priorità numero uno. Sandy non è perfetta, Dave, neanche lontanamente. Ha fatto una cosa terribile che ci ha ferito entrambi. Ma non c’è mai stato un attimo in cui ho pensato che ignorare quella situazione fosse preferibile ad affrontarla. Ho imparato questa lezione con lei. O almeno, pensavo di averla imparata.”

“Perché non ti sei mai risposato?” chiese lui. Era una domanda che si era sempre chiesto, in particolare quando aveva sentito che il padre di Kurt e la madre di Finn si sarebbero sposati. “È perché… è perché sei ancore innamorato di lei?”

“No, non sono più innamorato. Ci ho messo un sacco di tempo a superarlo – probabilmente più di quanto avrei dovuto – ma, invecchiando, è sempre più difficile incontrare nuove persone. Specialmente se hai figli a carico. E io non sono esattamente Hugh Jackman.” Scoppiarono entrambi a ridere. “A volte penso che dovrei provare quegli appuntamenti via internet o non so che di cui farneticano tutti. Forse c’è una signora solitaria là fuori, in un raggio di ottanta chilometri da Lima, che sta cercando qualcuno proprio come me.”

“Con il rischio di sembrare una ragazza…” cominciò Dave, “se fosse così, sarebbe fortunata ad averti.”

“Con il rischio di sembrare una ragazza,” gli fece eco l’altro, “questa è una delle cose più carine che mi siano mai state dette.” Ridivenne serio poco dopo. “Una parte di me l’amerà sempre, però,” ammise. “Non mi aspetto che tu lo capisca.”

“Bene,” ribatté, mandando giù una sorsata. “Perché non mi ci avvicino neanche.”

“Un giorno, David,” predisse suo papà, “in contrerai una ragazza. Ti stenderà con un solo sguardo. Farai una marea di cose che non ti eri mai neanche immaginato di poter fare e proverai sentimenti che non avresti mai pensato di sperimentare e sarà tutto merito suo.”

Credo di averla già incontrata, pensò. Ma non è una lei, è un lui. Prese un ultimo sorso, svuotando la bottiglia. “Ehi, pa’?”

“Seh?”

“C’è un’altra cosa che ho bisogno di dirti. Vuoi un’altra birra?”

Anche Paul finì la sua bottiglia. “Certo, perché no? Prendine una anche per te, se vuoi, ma poi basta per te, giovanotto,” annunciò con scherzosa serietà.

Dave andò in cucina e tolse due birre dal frigo. Ritornando in soggiorno, ne allungò una al suo vecchio, quindi si risedette sul divano. Giocherellò un po’ con l’etichetta, fissandola. Dopo un minuto o giù di lì, rivolse lo sguardo verso l’altro. “Non ho detto una cosa, prima,” affermò.

“A che proposito?”

“Riguardo a quello che è successo tra me e Kurt.” Prese un respiro profondo. “Ti ricordi quando la coach Sylvester chiese perché l’avevo minacciato?”

“Sì,” rispose, non del tutto sicuro di dove sarebbe andato a parare con quel discorso. “Kurt disse che non volevi che lui ti denunciasse agli insegnanti per il bullismo.”

“C’era dell’altro,” ammise lui.

“E cioè?”

“Non volevo che lui dicesse in giro… che l’avevo baciato.”

Ora era il turno di Paul di fissarlo. “Cosa?” chiese, incredulo.

“Ho baciato Kurt. All’epoca, lo feci perché ero furioso e confuso.” Rimase un attimo in silenzio, dandogli tempo per assorbire la notizia. “Ma ora non sono più confuso. O arrabbiato. Il PFLAG e Kurt mi hanno aiutato un sacco, in quel campo. Sono gay, papà.”

“Tu sei…”

“Gay,” ripeté lui. “Mi piacciono i ragazzi. Quando uscivo con Santana, l’anno scorso, stavo solo cercando di coprire la cosa. Non mi piacciono le ragazze, non voglio ‘divertirmi’ con loro, non le trovo affatto attraenti. Ed è da molto che è così.” Dio, il sollievo che stava provando, dichiarando finalmente la sua sessualità a un’altra persona di sua volontà. Rivelando tutto a suo padre. Gli sembrava di essersi liberato di un quintale di peso che aveva portato sulle spalle fino a quel momento. Kurt ti aveva detto che sarebbe stato così, si ricordò. Non che tu gli abbia davvero creduto. Ma aveva ragione. Come al solito, d’altronde.

Paul continuava a fissarlo. “Oh,” disse, come se lo avesse appena informato di aver comprato dei tacos per cena. “Beh, mi… mi va bene, insomma.” Era più che evidente che non aveva idea di cosa dire e, allo stesso tempo, aveva il terrore di dire la cosa sbagliata.

“Davvero?” chiese suo figlio. Era abbastanza sicuro che suo papà non avrebbe avuto problemi, ma c’era sempre una piccola parte di lui che si preoccupava. Che l’altro avrebbe pensato che ci fosse qualcosa di sbagliato in lui o che fosse disgustoso. Bevve un po’, dandogli un altro po’ di tempo.

“Sì,” affermò quello. “Insomma… mentirei se dicessi di non essere completamente sorpreso da questo fatto. Ma non ne sono turbato.”

“Menomale,” disse lui. “Grazie, papà, per prendere la cosa così bene.”

“Non devi ringraziarmi, David. Sono tuo padre: ti amerò e sosterrò sempre, a prescindere da cosa accada.”

“Lo so. Ma ho comunque voglia di dirlo.” Quello gli sorrise, ma poi la sua espressione cambiò, come se avesse appena pensato a qualcosa. “Che c’è?”

“Allora questo significa che tu e Kurt…? Voglio dire, voi due passate un sacco di tempo insieme. Siete per caso…”

Dave ridacchiò. “No, pa’. Siamo solo amici.”

“Sarebbe okay se lo foste, sai,” gli assicurò. “A essere sinceri, lui mi piace molto di più di Santana.”

“Siamo in due, allora. Ma no, lui ha già un ragazzo.” Mandò giù il resto della birra, iniziando a sentire un accenno di ebrezza: abbastanza da farlo continuare a parlare di quell’argomento senza imbarazzarsi. “Mi piacerebbe, però. Mi piacerebbe essere più che amici.”

“Capisco,” disse Paul con tono neutrale.

“Ma anche se non stesse con Blaine, non funzionerebbe. Si merita qualcuno migliore di me.” Si guardò le scarpe, sospirando.

“Mi sa che dovrò riproporre le tue stesse parole. Io non sono per niente d’accordo: sarebbe fortunato ad averti.”

“Kurt si merita il meglio, papà. Si merita qualcuno come lui: coraggioso, forte e dichiarato.”

“David,” iniziò l’altro, rifiutandosi di andare avanti finché suo figlio non lo guardò negli occhi. “Dirmi tutto quello che mi hai rivelato stasera… Penso che sia stato dannatamente coraggioso. Ci vuole una montagna di forza per rivoltare la tua vita come hai fatto tu. E hai appena fatto coming out, no?”

“Beh, credo di sì,” mugugnò lui.

“Senti, qualunque cosa tu decida di fare, è una tua decisione. Affari tuoi. Puoi parlarmene ogni volta che vuoi o di cui ne avrai bisogno. Ma non pensare mai di non essere degno dell’amore di un altro, figliolo. Perché non è vero.” Prese le bottiglie di entrambi e le posò sul tavolino. “Ora vieni qua e abbraccia il tuo vecchio.” Lui obbedì e si strinsero affettuosamente. “Dunque,” esclamò il contabile, lasciandolo andare. “Ti va di guardare un po’ di sport su ESPN2 e di ordinare una pizza?”

“Grande idea! Ma prima io, ehm…” lasciò la frase in sospeso, guardando le scale che portavano al piano di sopra, dove c’era la sua camera.

“Fammi indovinare. Vuoi informare Kurt che mi hai finalmente detto di essere gay?” Gli lanciò uno sguardo d’intesa e lui arrossì.

“Sì, più o meno. Mi ci vorrà pochissimo, avrò finito per quando sarà arrivata la pizza.” Salì i gradini che lo portavano alla sua stanza, estraendo il cellulare dalla tasca. Si sedette sul letto e chiamò il compagno. La linea suonò un paio di volte, quindi la voce acuta di Kurt rispose.

“Dave? Qualcosa non va?” chiese.

“No no, affatto,” rispose lui.

“È solo che… sei andato via solo poco più di un’ora fa,” spiegò. “Sono sorpreso di sentirti così presto.” Ci fu una pausa, poi aggiunse precipitosamente: “Non che mi dispiaccia! Mi puoi chiamare quando vuoi. Lo sai, vero?”

Dave sorrise. “Sì, Kurt,” affermò pazientemente. “Lo so.”

“Beh, comunque: che c’è?”

Aprì la bocca per dirglielo, ma si rese conto che non era qualcosa che volesse dire per telefono. “Mi stavo solo chiedendo se domattina ti piacerebbe fare colazione con me. Devo dirti una cosa e voglio farlo di persona.”

“Va tutto bene?” domandò l’altro con fare preoccupato.

“Sì, lo giuro. Sarebbe solo meglio dirlo faccia  a faccia, se sei libero.” Così potrò guardarti, quando te lo dico. Perché sarai fiero di me ed io amo la tua espressione, quando ciò succede.

“Certo! Avrei dovuto vedermi con Blaine per un caffè verso le dieci, ma gli dirò che preferirei incontrarlo per pranzo, dopotutto.”

“Okay, grazie,” ribatté lui. “Ci vediamo domani, Kurt.”

“A domani! Sogni d’oro, Dave,” gli augurò, quindi mise giù.

Stanotte? pensò lui, Dubito che andrà diversamente. Si rimise il cellulare in tasca e scese le scale per andare a guardare la televisione con suo papà.

 

 

*N.d.T.

1 – Un Transformer BTR è un giocattolo delle Hasbro che appartiene alla linea Built To Rule; consistevano di modellini costruibili con mattoncini compatibili con quelli Lego e che quindi potevano essere usati per giocare con prodotti complementari. Fonte.

2 – ESPN (Entertainment & Sports Programming Network) è un’emittente televisiva statunitense che trasmette programmi dedicati unicamente allo sport 24 ore su 24. Fonte.

 

V.d.T.

Aaaw! Ditemi che non sono stata l’unica a commuoversi quando Dave ha detto a suo padre la verità sul bullismo! *__*

Grazie a serelily per aver messo TFMH tra gli autori preferiti!

   
 
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