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Autore: Sarah Collins    06/10/2012    0 recensioni
Un infermiere ed'una psicologa. Due persone, due sposi.
Nessuno dei due è stata la figura ferma, decisa, di chi sapeva esattamente cosa fare.
Quando lei ritornerà da lui, non avrà il tempo di spiegare. Di non farlo ricadere come gli ultimi anni.
Non c'è più tempo perché lei.. ha perso parzialmente la memoria.
Ha rimosso completamente il loro matrimonio e il suo abbandono.
Infine Diana, la donna sostituta. Potrà mai farsi spazio nel mondo di Declan?
Genere: Malinconico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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13/09/2010
Le persone vanno via, tornano, e se ne rivanno ancora.
Devono ribadirlo e vabene così. Cioè non va affatto bene così ma non c'è niente da fare.
Ognuno è libero di fare ciò che vuole, persino con il cuore di altri.
A cos'è che aspirano? A rimanere vivi nei loro ricordi sottoforma di squarcio mai cicatrizzato?
Paradossalmente son sempre le persone più importanti a farlo.
Penso che queste persone devono solo che andare a farsi fottere.
Angelica, deve andare a farsi fottere.

Declan decise di aggiornare il diario con queste poche righe.
Lo ripose nel cassetto nel suo ufficio di casa, ricordando che non lo aggiornava da quattro mesi.
Le sue ultime frasi erano rivolte a se stesso; doveva vivere davvero.
Così avrebbe voluto. Ma non ce ne è stato verso.
Le persone vanno via continuamente, decidendo contemporaneamente di portarsi via la tua vita.
Qualunque cosa tu stia programmando. Ad un tratto, non ha più importanza.

____________________

L'ultima fermata. Epilogo.
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Angelica stava radunando tutte le sue cose correndo di tanto in tanto come una pazza. Non riusciva a ricordarsi dove aveva messo questo, dove aveva posato quello. Di certo non poteva chiedere a Declan di aiutarla. Che smacco sarebbe stato?
Mentre lei faceva le sue cose lui era appoggiato all'arco che divideva il salone dalla cucina.
Era con tutto il peso su di una spalla e aveva le braccia incrociate, pensieroso come non lo era mai stato. Addirittura.
Se ne stava in disparte silenzioso a guardarla. Ne seguiva i passi e questa volta se ne fregava di non doverla guardare negli occhi.
I lunghi capelli biondi cadevano a gettata ogni volta che si abbassava, o correva, si girava.
"Cosa stai cercando?" Chiese lui stanco di vederla correre.
"Oh.. non farlo, non parlarmi e se proprio vogliamo essere chiari, girati. Fa qualcos'altro ma non.. ti prego, non guardarmi andare via."
"Non hai il diritto. Cazzo! Cosa stai cercando?!"
"Lascia perdere."
"No aspetta." continuò avvicinandosi indifferente. "Cosa devo lasciar perdere?"
"ME!" Urlò lei furiosa.
"Ah ecco, non la scarpa che è sotto la poltrona."
Per la cronaca, era proprio quello che Angie stava cercando.
"E' lì quindi.."
"Si è lì, sei sempre la solita. Non parli e io devo cercare di capirti. E' sempre stato così, all'inizio era divertente ma quando hai cominciato a restare in silenzio con le cose importanti.. Non ho più potuto sopportarlo."
"Senti, non dirmi certe cose."
"Noi eravamo normali."
"Che cosa?" Chiese lei fermandosi un attimo a guardarlo.
"Eravamo persone semplici e ci respiravamo. Ho dovuto sorbirmi serie tv per serate intere. Ma in fondo mi andava bene perché in ogni caso ti accovacciavi vicino a me. Ed io ero felice."
"Mi dispiace."
"Ti dispiace."

Aveva indosso il cappotto ed'era pronta ad uscire. Declan intanto era da qualche parte nel suo ufficio e quando Angie si affacciò per guardarlo, lo vide mettere qualcosa in un cassetto.
"Vuoi che ti accompagni in stazione?"
"Non ce n'è bisogno."
"Allora ti chiamo un taxi." Così dicendo uscì dalla stanza e si diresse in salone per chiamare.
Aveva chiuso la porta ma Angie doveva sapere. Aprì piano la porta e corse in punta di piedi oltre la scrivania che regnava su tutti gli altri mobili.
Aprì tutti i cassetti ma uno era più difficile da scassinare. Una botta e un calcio lo fece sbalzare fuori. Con a seguito un diario.
Era nero con un cordoncino azzurro. Lo guardò un attimo e lo aprì.
Non fece in tempo a scegliere una pagina, che lesse il suo nome.
Lo chiuse di botto e uscì da quella stanza. Declan stava per tornare a lei si strinse il diario sotto il cappotto verde.

Mentre si avviava vicino alla strada, notò ancora le sgommate e alcuni frammenti che giacevano sotto ad alcune piante.
Si voltò indietro cercando Declan e lo vide chiudere il portoncino.
Lo vide girarsi e trasportare di peso una sua valigia, avvicinandosi infine a lei.
"Tra quanto arriva?"
"Tra un paio di minuti."
"Vabene."
Erano impalati l'uno di fianco all'altro senza rivolgersi la parola, quando arrivò il taxi.
Angie aprì lo sportello e ordinò all'autista di portarla alla Union Station.
Mentre il tassista posava le valigie nel portabagagli, Declan non poté più stare in silenzio.
"Io non te l'ho promesso."
"Cosa non mi hai promesso?" Chiese voltandosi un'ultima volta verso di lui.
"Non ti ho promesso di non aspettarti. Lo farò tutta la vita."
"Declan..."
"No, ti prego, non posso promettertelo. Non so come dirti che ti amo."
"Non amerai la nuova me."
"Sbagli, come posso non amare anche l'idea di avere la possibilità di ricominciare per bene?"
"Perché questa possibilità non c'è."
Non c'è. E l'amerò ancora di più per questo."

Declan chiuse lo sportello e si incamminò verso il S. Susan a piedi.
Angie invece guardava in avanti, verso la strada, attendendo che per caso Declan entrasse piano nel suo campo visivo.
Non voleva guardarlo, aspettava fosse il caso a decidere per lei.
Ma non ne ebbe tempo perché l'auto partì, superandolo.
Mentre attraversavano Adams Street scoprì il diario nero e cominciò a sfogliarlo. La prima pagina era datata diciannove Settembre duemilaotto e delle parole inchiostrate erano scritte velocemente sulla prima pagina.

Sono tre giorni che non torna a casa, come al solito scappa dalle difficoltà. Io non capisco,
la mattina mi preparò il solito caffè doppio e adesso nemmeno una chiamata.
Forse non le prende il telefono, forse è dai suoi.
Dovrei chiamare la polizia, ma le sue cose non sono in casa.
Che voglia il divorzio?

Sfogliò alcune pagine e si ritrovò catapultata nel ventiquattro Novembre duemilaotto.

Non è possibile, non può essersene andata così.
Non è da nessuna parte e Dio, ti prego, fa che sia viva. Non importa con chi è, cosa stia facendo, il mio unico pensiero è che stia bene. Salva da qualche parte.
A ridere di me che scrivo su un diario, non ha importanza nemmeno questo.
Io continuerò a cercarla per sempre, dovesse essere in capo al mondo, io mi girerò sempre se per strada dovessi vedere quel taglio di capelli, quel paio di scarpe.
E se mai dovessi sentire il suo profumo, sempre tu, Dio, fa che io non svenga.
Non so più cosa fare. Nella sua vita non c'era più posto per me?

Adesso, era solo questione di scegliere.
Quel treno l'avrebbe portata dai suoi genitori, dalla sua famiglia. Ma Angie si rese conto che un'altra persona l'amava. E che probabilmente dopo tutte le cose passate, l'avrebbe amata ancora. Era ferma in stazione davanti ai binari, il treno le era di fronte e mancavano solo tre minuti alla partenza.
Aveva mille ragioni per andarsene, e solo una per rimanere. Paradossalmente avevano la stessa importanza e i suoi pensieri ricadevano da una parte all'altra.
Dentro di lei, inconsciamente, aveva già scelto.
Mancava un minuto e un uomo annunciò, attraverso degli altroparlanti, che il treno al binario dodici stava per lasciare la stazione.
Treno, casa, famiglia, Declan.
Amore contro amore. Era solo questione d'istinto.

 

"... Non ero forse un valido motivo per restare?"

"Sei ritornata da me, e non lo sai."

"Mi hai salvato la vita pensando prima alla mia che alla tua."

"Io ti amo."

"Ti lascio andare."

"Non ti ho promesso di non aspettarti. Lo farò tutta la vita."
"Declan..."
"No, ti prego, non posso promettertelo. Non so come dirti che ti amo."


E salì sul treno.
"Mi sarà impossibile dimenticarti, davvero, io ritornerò."

 

Tu hai paura dei cambiamenti.
Preferisci immaginare di poter scappare invece di provarci;
perché se ti va male non avrai più niente.
Rinunci alla possibilità di fare qualcosa di vero,
così puoi aggrapparti alla speranza.
Ma vedi, la speranza è roba da femminucce.
-Dr. House- 

 

6/10/2012

  
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