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Autore: Donixmadness    06/10/2012    4 recensioni
Ciao a tutti! Questa è la mia prima fic su Death Note, anime stupendo!! E dato che sono un'appassionata sostenitrice di L (Ryuzaki, appunto) ho voluto dedicare una storia riguardo al suo passato.
La storia di una ragazzina che intreccia i destini di L e Watari .... e che in un certo senso darà un'importante lezione di vita all'impassibile e freddo L. Anche se con ad un prezzo molto alto ...
Perciò recensite, e siate clementi per questa povera pazza!!!
Genere: Introspettivo, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: L, Nuovo personaggio, Watari
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 18 agosto 1995 , Wammy’s House  [ Winchester ]

Passarono quattro anni dall’avvento di Shiro alla Wammy’s House e la vita sembrava scorrere serenamente. L’orfanotrofio stesso era diventato più allegro del solito grazie a quella ragazzina e alle sue bravate. Non mancava giorno in cui non facesse sgolare Roger. Il povero direttore l’ultima volta aveva urlato così forte da farsi venire il mal di schiena. Però, in quel giorno non tanto accaldato di agosto, io ed il mio caro vecchio amico Ruvie avevamo ben altro a cui pensare che alle ribalderie di Shiro! C’era un altro problema: L.
Quello che alleggiava nell’ufficio del direttore dell’orfanotrofio, era un silenzio pesantissimo il cui spessore era palpabile ed insostenibile. Solo un ragazzino accovacciato su una sedia di fronte alla scrivania in mogano, pareva non curarsene.
Sempre intento e concentrato a mordicchiare l’unghia del pollice, gli occhi sbarrati nell’atto di riflettere sulla situazione in corso. Roger si sistemò bene sulla sedia girevole, posizionando nella parte dolente della schiena la borsa dell’acqua calda. Pensavo che mi avesse chiamato per dirmi che Shiro ne aveva combinata un’altra delle sue, ma stranamente mi ritrovai un altro problema da affrontare. Margherita, la cuoca della mensa, aveva beccato in flagrante il più dotato della Wammy’s House mentre rubava furtivamente dei biscotti dalla dispensa. In quegli ultimi tempi si erano verificati una serie di piccoli furti, e a quanto pare tutti gli indizi portavano a quel ragazzino dalla folta chioma pece scompigliata. Ruvie mi aveva chiamato in quanto trovava seria difficoltà a comunicare con il ragazzo, per non parlare del mal di schiena che lo stava praticamente uccidendo. Quando arrivai in quella stanza  e mi ritrovai L rannicchiato sulla sedia e Roger con una faccia afflitta: il mio mondo fu scosso dalle fondamenta. Mi avvicinai a lui con passo deciso e allo stesso tempo incerto: era la prima volta che mi ritrovavo in una situazione simile. Non ne capivo il motivo: eppure io non gli facevo mancare mai niente! Se mangiava dolci a palate tutti i giorni, allora che senso aveva rubare dei biscotti? E più di una volta. Non eravamo severi, ma sapevamo che il furto fosse una cosa illecita. Ma la cosa più strana e che li avesse rubati proprio lui! Che gli succedeva?                               
-L, è vero che hai rubato più volte dalla dispensa?- proruppi cercando di instaurare un dialogo- Non ti piacciono più i dolci che ti compro?- domandai ingenuamente, aspettandomi una risposta.                                                                                                                                        
–Sì, certo. - tuonò atono continuando a guardare fisso dinnanzi a sé, cominciando torturare anche l’unghia dell’indice.                                                                                                                                                       
– Emh, figliolo … - cercò di intervenire in qualche modo, Roger – Non vogliamo castigarti, cerchiamo solo di capire il motivo del tuo gesto. Sai più di chiunque altro ogni suppellettile di questa struttura, cibo compreso appartengono a tutti. Mi dici cosa ti ha spinto ad un simile atto?                                                                                                                                                                                 
In quel momento nessuna risposta si udì dalla bocca del tredicenne, poiché qualcuno ci interruppe bussando alla porta.                                                                                                                                                    
–Avanti … - mugugnò dolorante, Roger, sistemandosi meglio a sedere. La porta si aprì: scorsi il riflesso di un bicchiere di vetro, in seguito la figura si mostrò a noi. La tredicenne più vivace e catastrofica che abbia mai incontrato. Shiro era davvero cresciuta, raggiungeva pressappoco il metro cinquantacinque. Era snella, ma non eccessivamente minuta come l’avevo conosciuta tempo fa. La sua era l’età in cui cominciavano a scorgersi le prime rotondità: un seno piccolo appena accennato dalla maglietta rossa e i fianchi leggermente più pieni rispetto a quando era bambina. Indossava dei jeans a pinocchietto, i quali arrivavano sino alle caviglie, di lì in poi c’era un tratto di pelle lattea scoperta al sole e infine calzava un paio di scarpe da ginnastica nere, un po’ vecchiotte ma che lei adorava tanto per la comodità. Il viso stava assumendo una forma sempre più affusolata e definita, completamente diverso dalle guance paffute da angioletto che aveva da bambina. Gli occhi erano più grandi e sempre  più luminosi ogni girono che passava.
Due magnifici smeraldi che si sarebbero accesi anche nel buio più pastoso. La punta del naso era dolce sinuosa, possedeva un profilo assolutamente perfetto  e per finire, le labbra parevano due boccioli di rosa, piene e fresche come accarezzate dalla rugiada mattutina. I capelli, a mio parere, rappresentavano il suo carattere ribelle e confusionario. Quelle ciocche di mandorle mature si arricciavano alle punte formando boccoli sinuosi e leggiadri, ma la col tempo frizzanti e ribelli.                                                                                                
–Ehi! Roger! Ti ho portato … - una volta varcata la soglia, la porta si richiuse a  scatto e lei rimase immobile, imbambolata a fissarci.
Più che altro fissava L, il quale notando la sua presenza si era girato in direzione della porta. Shiro aveva un bicchiere di latte in mano, ma continuava a mantenere la sua espressione accigliata e sbigottita.                                                                       
–Allora è vero quello che Margherita mi ha detto … - mormorò incredula – io all’inizio non ci ho creduto, ma adesso … adesso … - chiuse gli occhi inspirando. In seguito li riaprì espirando profondamente, ma alla fine fu più forte di lei:                                                                            
-Mmh.. mahhhahhhhh!! Ahhahaahahah!!! – scoppiò in una sonora risata, si mise una mano sulla pancia piegandosi leggermente per attutire i crampi nella parte addominale.                                                 
–Ahhah!! O mio Dio!!! Ti sei fatto beccare!!!- continuò così per qualche secondo, intanto L si era girato lentamente dalla’altra parte riprendendo a fissare un punto davanti a sé. Mi parve che si fosse offeso in qualche modo dall’uscita della castana.                                                                      
–Mamma mia!! Non finirai mai di stupirmi!!- e con l’ultimo commento sarcastico si avvicinò alla scrivania di Roger. Guardò prima l’indifferenza glaciale di L e poi la frustrazione del direttore, che con gli occhi supplicava una muta pietà. La ragazzina sorrise a quest’ultimo, e senza permesso alcuno si sedette alla scrivania e porse il bicchiere al direttore.                                                      
–Tieni, è per la gola. Ci ho messo un po’ di miele.- a l’ultima affermazione Ruvie la fulminò con un’occhiata scettica.                                                                                                                                                              
–Sta tranquillo!! Il miele me l’ha dato Margherita!! – commentò la ragazza, esasperata dalla scarsa fiducia nei suoi confronti. Roger bofonchiò qualcosa di incomprensibile, prima di bere un sorso di quel latte tiepido.                                                                                                                                                
– Va meglio? – domandò al direttore, il quale mugugnò con un cenno del capo. In seguito gli smeraldi accesi della ragazzina si posarono sulla figura di L. Era ancora seduta sulla scrivania e dondolava le gambe nel vuoto: oramai lei era di casa in direzione, ma quella volta la combinò grossa al direttore.
Notai una macchia nera che  spiccava sul rosso acceso della maglia, e solo in quel momento mi resi conto che le sue gambe erano a tratti annerite da chiazze di fuliggine.                                                                                                                                                                   
–Bene, bene , bene … - cominciò sardonica, abbozzando un sorriso di scherno – è così alla fine ci hai provato, ma ti hanno colto nel sacco.
- Era sempre stata particolarmente brava ad infierire. Dal canto suo, L le rivolse un’occhiata indagatrice scrutandola con i suoi profondi onici e soffermandosi sulla chiazza nera, che sporcava la maglietta:                                                          
-A quanto pare, nemmeno tu sei stata previdente.- commentò con il solito tono distaccato, indicando la macchia oleosa con lo sguardo. La ragazza aguzzò le iridi indispettita e distese le labbra morbide in una curva capricciosa: a volte era proprio una bambina! Anzi lei era una bambina!                                                                                                                                                  
-Per la cronaca questa volta non c’entro! – affermò sicura, ma poi sussultò notando lo sguardo torvo di Roger su di lei. Tossicchiò sommessa cercando di ignorare la presenza alle sue spalle – Beh, non  l’ho fatto volontariamente, ma … Insomma!! Come potevo immaginare che quel rottame lo usasse ancora qualcuno!?                                                                                                                 
-Ma … ma … Come sarebbe a dire rottame?!?- sbottò il direttore cercando di alzarsi, ma una fitta di dolore gli impedì qualsiasi movimento.                                                                                                          
–Stai calmo!! Non vedi che non riesci ancora a muoverti?- incalzò Shiro, cercando di non peggiorare la situazione, ottenendo però l’effetto di una truce occhiata da parte di Roger.                       
–Come potevo immaginare che fosse tuo! E poi ho visto che perdeva olio quindi ho pensato di intervenire! Non è stata poi una cattiva idea!!- concluse minimizzandola faccenda.                               
–Quella era la mia auto!!- riprese Roger, posando una mano sulla fronte disperato.                                   
–Che ingrato!! Dovresti essermi riconoscente per il mio operato!! Quella carriola perdeva olio, se tu l’avessi usata un’altra volta non saresti stato più in grado di frenare.                                                            
–Hai smontato l’auto, Shiro?!- intervenni sbalordito.                                                                                                         
–“Smontato”, che esagerazione! Ho giusto cambiato qualche bullone … aggiustato qualche  filo qua e là … - rispose vaga, grattandosi il capo per evitare lo sguardo severo che Roger le stava rivolgendo. Pareva che si sentisse bruciare la nuca per quanto era intenso.                                          
-Qualche bullone?! Qualche filo?! Ma se hai espiantato completamente il motore!!- ribatté il direttore, afflitto.                                                                                                                                                                    
– Oh!! Ma quante storie! Ero solo curiosa tutto qui! Tu piuttosto, dovresti darti una calmata.- rispose pronta, con una punta di sagacia.          
–Calmarmi io? – controbatté il direttore, intollerante all’impertinenza.                                                                        
–Sì, tu! Hai capito bene! Sembravi una gallina che si strozzava con un chicco di mais!! Urlare così forte da farti venire il mal di schiena!- pareva una madre che rimproverava il figlio, con lei era a dir poco incredibile come si capovolgessero i ruoli.                                            
La ragazzina e Ruvie si scrutarono in cagnesco, ma alla fine il vecchio abbassò lo sguardo esasperato, mentre Shiro sospirò pesantemente.
Era davvero un quadretto comico  ed il tutto si svolse sotto lo sguardo apparentemente indifferente di L, il quale non proferì nulla.   
–Sta tranquillo!! Ho dato giusto una ritoccatina al carburatole e ho sostituito le candele. Erano inservibili … Ah, e poi ho lubrificato i pedali, facevano un rumore stridulo e assordante. Per il resto è tutto a posto, se sono stata capace di smontalo non vedo perché debba essere così difficile rimontarlo!! – concluse balzando giù dalla scrivania.  Per quanto mi sforzassi, non riuscivo mai a capire quali fossero i reali limiti del suo genio, era esattamente come L: capace di apprendere in fretta. Non potevo che rimanere affascinato dalla sua stessa presenza: era semplicemente sbalorditiva.                                                                           
– Mmhh … - si stiracchiò a un certo punto, tendendo le braccia verso l’alto e incrociando le dita al di sopra del capo. Si voltò per dare un’ultima occhiata alla faccia del direttore: tra il sorpreso e l’incredulo. Ma poi,, come fece il sottoscritto, Roger distese quell’espressione sbigottita in una più rassegnata e consapevole: in fondo quello che avevamo fondato era un istituto per geni. Non c’era alcun motivo per stupirsi di una cosa del genere.                                            
–Oh ,su andiamo! Ti assicuro che trasformerò quella vecchia Morris Minor in un bel bolide da corsa!  Ne uscirà un vero capolavoro! Che ne dici!??- domandò con occhi luccicanti e speranzosi.                                                                                                                              
– Shiro!- riprese Roger, contraendo il viso in una smorfia sofferente: la schiena doleva ancora.                                                                 
–Ok, ok!  Ho capito, la rimetto a posto come prima! In  effetti è una pessima idea … - rispose sospirando.                                      
–Appunto … -  assentì il direttore, chinando il capo sollevato - non è il caso di esagerare.                      
Forse Shiro aveva compreso? Beh, la risposta venne subito dopo: no.                                                                                                                                        
–Già, con il mal di schiena che ti ritrovi, dubito fortemente che  tu possa partecipare a una corsa clandestina! – strizzò l’occhio nella mia direzione, mentre io serravo le labbra per trattenere le risa.                                                                                                              
–Impertinente … - sibilò il direttore a denti stretti, mentre un’altra fitta di dolore gli strozzo la voce in gola.                                      
–D’accordo penso che sia sufficiente così. – intervenni, per chiudere la questione e ritirare L dal suo “arresto”.
– Andiamo L - richiamai il ragazzino il quale scese pacato dalla sedia, infilando le dita in tasca. In generale il suo aspetto non era mutato molto da quando era piccolo. Era più alto, un po’ più ricurvo, le ore di veglia si erano praticamente moltiplicate e il suo sguardo era ancora più insondabile e cupo di prima. Tuttavia se c’era qualcosa che non era affatto cambiata con gli anni, quella era indubbiamente la sua passione per i dolci.                           
Ultimamente le sue richieste si erano fatte più forbite in ambito di pasticceria, ma non era un problema per me. Ecco perché ancora non comprendevo il motivo del suo gesto: qualcuno forse potrebbe dire che lo viziassi, ma per L i dolci erano fondamentali per il suo cervello.
La dimostrazione era che per quanti ne ingurgitasse non ingrassava nemmeno di un etto, pareva paradossalmente denutrito. Uscii dall’ufficio accompagnato dai ragazzi, i due si fermarono di fianco a me non appena si richiuse la porta. L fissò Shiro tormentandosi l’unghia del pollice, sollevando ritmicamente il labbro inferiore.
Shiro rivolse attenzione al suo sguardo, sbattendo più volte le palpebre accigliata:                                                                                                
-Beh? Adesso cos’hai da fissarmi a quel modo?- domandò mettendo le mani ai fianchi. Scene del genere si ripetevano oramai da quattro anni, mi domandai dove volessero andare a pare quella volta. L continuava a fissarla imperterrito: di solito Shiro andava in escandescenza quando il tredicenne cominciava a scrutarla con insistenza.                                                                         
–Se ti stai chiedendo se verrò a concludere la partita a scacchi che avevamo interrotto, allora la risposta è: sì. – rispose chinandosi in avanti, avvicinando il suo viso a quello di L, quest’ultimo si destò e face mezzo passo indietro. Il ragazzo smise di torturarsi l’unghia del pollice: lessi lieve stupore nelle sue pozze buie, ma poi il velo dell’imperscrutabilità si di distese su di esse, come sempre.                                 
– Ahhh … - sospirò seccata, l’altra - Certo che anche tu sei poco conciliante. Potresti spiccicare qualche parola ogni tanto, no?  Soprattutto quando è necessario.                                                          
La castana aveva un atteggiamento particolare nei suoi confronti, non che con altri fosse meno gentile e disponibile, ma era in grado di prendere L dalla parte giusta. Sentivo che lei riusciva a comprenderlo nel profondo, cosa che io ho sempre faticato a fare. Solo con il tempo appresi la tecnica che Shiro utilizzava con lui, così lampante e banale ma al col tempo estremamente efficace: la sincerità. Con questo non dico che io non fossi sincero con L, solo che come tutti gli altri mi contorcevo cercando di addentrarmi nella sua psiche complessa, quando in realtà bastava essere semplicemente spontanei, senza alcuno sforzo. Shiro stessa mi dimostrò che con L non erano necessari paroloni: bastava semplicemente essere se stessi, in questo modo il ragazzo riusciva a rapportarsi in modo trasparente con gli altri. Forse il fatto che fosse il primo della House e le varie aspettative riposte su di lui avevano contribuito, assieme alla sua natura solitaria e calcolatrice, ad estraniarsi dal mondo esterno  limitandosi a pochi contatti umani. Shiro, invece, lo guardava con gli occhi della purezza, privi di malizia e di qualsiasi meschinità nei suoi confronti: per lei era davvero un amico. Solo che questo concetto il ragazzino non l’aveva ancora compreso appieno.                                                
–Ti aspetto in sala comune.- rispose L, dopo una lunga digressione di silenzio. Shiro parve cadere dalle nuvole quando udii la sua voce ferma e atona. Scosse la testa scacciando il momentaneo stupore: - Ci puoi contare, solo devi pazientare un po’ … sai prima devo rimettere a posto l’auto di Roger … - sorrise impacciata, grattandosi la nuca.                                                                       
–Aspetterò. - si limitò a confermare L. Intimamente ero davvero felice che avesse rapporti con un’altra persona oltre me, e forse il gioco degli scacchi aveva fatto da collante a questo relazione.                                                                                                                               
–Ok! – rispose energica la ragazzina salutandolo, mentre il giovanotto si voltava e a passo pacato dirigendosi in sala comune. Io , invece , dovevo riordinare nuovi dolcetti e lasciare delle carte nel mio ufficio.                                                                                                                                          
–Tu non lo segui Wammy ? – chiese voltandosi verso di me. I suoi smeraldi erano incredibilmente limpidi, tanto che ogni volta che la si guardava era difficile distogliere l’attenzione da quelle magnifiche iridi ipnotiche. Per non parlare dei capelli castani che le incorniciavano il viso d’angelo.                                                                                                                           
–No, prima devo fare una cosa.  A questo punto credo che dovremmo fare un pezzo di strada insieme.– le sorrisi, e lei ricambiò assieme ad un cenno del capo. Ci incamminammo per il corridoio, apparentemente isolato mentre dal vetro delle finestre rimbombavano gli schiamazzi dei bambini che giocavano in giardino. Restammo qualche minuto in silenzio, lasciando echeggiare i nostri passi senza alcuna interruzione. A un certo punto nella mente mi balenò una domanda, un quesito che mi ero sempre posto e che mai ebbi l’occasione di rivolgerle, per lo meno fino a quel momento.
Mi parve il momento giusto per farlo, probabilmente avrei avuto altre occasioni, ma l’urgenza della curiosità fu impellente:                                         
- Shiro, posso farti una domanda? – proruppi il silenzio catturando la sua attenzione.                                                  
–Dimmi. – rispose voltando il capo verso di me.                                                                                                                 
–Tu cosa pensi di L? – proferii tutto d’un fiato, quasi temetti di bloccarmi a metà frase. Proseguii di qualche passo ma mi bloccai istantaneamente quando notai che Shiro si era fermata poco dietro di me. Fui sorpreso dalla sua reazione: che la domanda l’avesse sconvolta a tal punto?                                                                                                                          
Dapprima sbatté le palpebre accigliata, successivamente inarcò le sopracciglia e la sua espressione si fece improvvisamente seria:                                                                                                                           
-Cosa penso di lui?- un sussurro roco uscì inaspettatamente dalle sue labbra. Mi parve che l’avesse presa troppo sul serio.                                                                                                                         
–Sì, esatto … - confermai incitandola a proseguire – Cosa pensi di lui?                                                        
Le sue labbra si distesero in un sorriso tra il divertito e il serio: - Beh … Che posso dirti? Per me L … - cominciò sollevando lo sguardo in alto, in segno di riflessione.                                                          
–E’ lo stramaledetto incrocio tra una donna incinta ed una sedicenne depressa!!- buttò tutto d’un fiato, guardandomi fisso negli occhi: era estremamente seria. Dopo quella affermazione per poco non caddi a terra: ma  veramente pensava questo di lui??!                                                                                   
-Come dici ? – domandai flebilmente, come a convincermi di non aver udito nulla di simile.                          
–Hai capito bene! Insomma è davvero fuori dal comune!! Come si fa a mangiare così tanti dolci e non ingrassare nemmeno di un grammo??!
Anzi più ne mangia più pare denutrito!! Ma come è possibile?? E’ un caso unico!! E poi a furia di mangiarne così tanti non rischia un diabete cancerogeno??! E’ davvero strano! – concluse in fretta senza la minima pausa, e soprattutto senza scomporre la sua espressione seria e determinata!
Era davvero convinta di ciò che diceva. Io non potei fare a meno di ridere, lei invece mi guardò stranita.                                      
–Come mai ridi cosi? Guarda che è la verità!                                                                                                              
-Lo so, lo so. Scusami è che non mi aspettavo una simile risposta!- la mia voce era leggermente tremante a causa delle forti risa.
Trattenni il fiato con il dorso della mano davanti ai baffi bianchi: dovevo sedare quell’ilarità, altrimenti si sarebbe offesa.                                         
–Datti un contegno Wammy! Un gentil uomo inglese non dovrebbe ridere così sguaiatamente!– rimbeccò ironica.                                                                                                                  
–Hai ragione … Ma davvero è solo questo che pensi di lui? – continuai sperando di trovare una risposta diversa.                                                                                                                                                                                
–Certo, che no. Non è solo questo.- stavolta il tono non celava ironia o sarcasmo. Divenne improvvisamente atono, monocorde, direi quasi malinconico.                                                                                     
–Lui è solo.- rispose, volgendo lo sguardo fuori dalla finestra: un gruppo di bambini si rincorrevano felici e spensierati.                 
–Forse è il suo genio ad imporgli inconsciamente il distacco dagli altri, ma posso capire che non si senta in sintonia con il resto del mondo.
E il fatto che sia il primo della graduatoria ha probabilmente contribuito ad erigere questo muro tra lui e il mondo esterno. Con questo non voglio di certo farvene una colpa, però è pur vero che L preferisce schermarsi ed evitare il contatto altrui per timore di essere ferito o di trovarsi allo scoperto. La sua ragione lo obbliga a comportarsi con freddo distacco, con indifferenza analizzando e monopolizzando tutto ciò che gli circonda, questo lo so bene.- sulla superficie trasparente scorsi il riflesso di un sorriso, che stentava a trattenere amarezza.
– Adesso devo dire che è lievemente più espansivo rispetto a quando eravamo più piccoli, e mi sembra ancora incredibile che abbia allargato il confine per far passare sia te che me nel suo mondo. Eppure è paradossale da parte sua parlare di giustizia essendo completamente assente da tutto e da tutti, non trovi? Io credo che questo sia un suo tentativo di far capolino dal suo guscio e guardare il mondo esterno con i propri occhi, anziché dallo schermo di un computer o dal vetro di una finestra. Anche L è un bambino e in quanto tale anche lui merita affetto, non credi? Per esempio lui si fida ciecamente di te: questo dimostra quanto sia forte il suo desiderio di essere spontaneo.                    
– Shiro … - mormorai incredulo e spiazzato, mentre lei accennò ad un lieve sorriso dedicandomi uno sguardo amorevole e premuroso.                                                                                           
–Lo so perché mi rispecchio tantissimo in lui, sul serio. Entrambi cerchiamo disperatamente di recuperare e ricostruire la nostra infanzia, anche se in modo diverso. Vogliamo essere piccoli! Capisci?                                                                                                        
-Si, hai ragione.- abbassai il capo in segno di comprensione – Anche per te è la stessa cosa.                                  
–Te ne sarai accorto anche tu che io non sono come le altre bambine, no? – domandò ridestandomi dalla figura di L, la quale si delineò nella mia mente.
La fissai un attimo interdetto senza spiccicare parola.                                                                                                             
–Ma come?! Non ti sei mai chiesto perché io non giochi alle bambole? Sarebbe normale dopotutto. – la lucentezza delle sue iridi  si spense come la debole fiammella di una candela, lasciando posto a uno strato opaco di fumo.                       
–Ti basti sapere che la mia bambola preferita è finita in pasto ai cani. – questa affermazione mi riscosse totalmente, lei invece continuava a guardare fuori, assorta. – Si chiamava Mary, l’aveva fatta mia madre, ed io l’ho sacrificata  per sopravvivere. La mia infanzia è terminata quando sono morti i miei genitori e mio fratello.  Il resto lo puoi immaginare …                                                                  
Solo in quel momento mi resi conto che dietro quei magnifici sorrisi, Shiro nascondeva una profonda sofferenza. Non potei aggiungere altro, qualsiasi cosa avessi detto sarebbe risultata troppo scontata o inopportuna: in questo senso avevo le mani legate.                

Con un tonfo leggero su una scacchiera di legno, Shiro muove un altro pezzo. L osserva concentrato la sua mossa, contrapponendola con un’altra. Il loro era un rito abituale, giocavano assieme da parecchi anni oramai, a discapito delle miei previsioni L pareva non annoiarsi mai, il che era alquanto difficile. Non avrei mai immaginato che Shiro gli andasse a genio fino a questo punto.
L mosse l’alfiere accostandolo al cavallo, mentre ingurgitò un pasticcino intero. La ragazzina reclinò il capo perplessa, ma poi squarciò il silenzio lapidaria: -Se ti piacciono i dolci che ti compra Wammy, allora perché hai rubato dalla dispensa della cucina?- una domanda secca e lei lo guardò dritto negli occhi.                                                                                                           
Le dita di L si bloccarono a un millimetro dalla crine del cavallo bianco. Sollevò i suoi opali bui su di lei, scrutandola intensamente come se volesse persuaderla a non insistere, ma Shiro era irremovibile.                                                                                                            
–Perché lo vuoi sapere?-ricacciò la risposta con un’altra domanda, astutamente.                                                    
–Perché tu non fai mai niente a caso, L. Inoltre, a differenza di quello che tu pensi, mi importa eccome saperlo. Anche se può sembrare una sciocchezza.- l’ultima affermazione scosse sia me che il ragazzino, il quale stavolta la scrutava indagatore. La luce del tramonto filtrava dalla finestra della sala comune, gli occhi della ragazzina rispendevano di una luce eterea e i capelli assumevano calde sfumature rossastre.
Lo fissava senza proferire parola alcuna, io stesso rimasi con il fiato sospeso guardando i due.                                                                           –Perché volevo essere come te .- dopo una lunga pausa, L rispose monocorde senza troppi giri di parole. Shiro sgranò gli occhi dall’incredulità: che avrà voluto dire?                                                                
-In che senso scusa?-  domandò quasi stizzita, con voce strozzata dalla sorpresa.                                                      
–Volevo capire come avevi fatto l’altra volta a rubare quel panino per tornarlo al suo proprietario.- rispose semplicemente L. L’espressione aggrottata della ragazzina si distese lasciando spazio alla calma.                                                                                                            
–Non capisco che cosa ci trovi di interessante in me, ma comunque … - abbassò gli occhi e posò con un colpetto due dita sulla fronte di L.
Il ragazzino trasalì a quel contatto inaspettato, scivolando dalla sua posizione e puntellando i gomiti sul pavimento.                                         
–Che furbacchione!- commentò Shiro ironica – Immagino che non sia solo questo che ti interessava, non è vero L? In quattro anni cos’altro hai scoperto di interessante sul mio conto?       
-Stranamente … - cominciò lui accovacciandosi in posizione fetale – solo l’essenziale … Sarah Meynell.- sussurrò il suo nome impercettibilmente, mentre quel sibilo fu accompagnato da un ghigno di sardonica vittoria. Shiro non si scompose minimamente, anzi accennò un mezzo sorriso come a complimentarsi per la sua prodezza.                                                  
–Posso dirti lo stesso … L Lawliet – anche il suo fu poco più che un sussurro,che lasciò stuccato sia il sottoscritto che L stesso.
Lo rividi chiaramente trasalire una seconda volta.                                               
–Quanto tempo ci hai messo?- domandò visibilmente interessato, potandosi come sempre il pollice alle labbra.                                                                                                                                                             
–Circa un mese … ma non è stato così facile visto che dovevo ancora ambientarmi e mi stavi continuamente alle costole- rispose tranquillamente, con un non so che di pensoso, come se avesse voluto rimembrare un evento storico. 
–Io un mese e mezzo circa da quando ti ho conosciuta- informò L, sottolineando le ultime parole.                               
–Idem- confermò la ragazza. Dopo questo discorso, mi trattenni, ma la mascella stava letteralmente cadendo a terra dall’incredulità. In sintesi quei due appena conosciuti avevano incominciato ad indagare l’uno sul conto dell’altro in segreto. Incredibile ...
Dopo una pausa di silenzio, occhi negli occhi, ripresero a giocare come nulla fosse accaduto. Erano straordinari e sarebbero diventati dei grandi un giorno.
Le mosse a scacchi continuano a succedersi a ritmo estenuante e dopo un po’ tocca Shiro fare la sua mossa, ma si blocca bruscamente come se un corpo estraneo e invisibile l’avesse paralizzata. Aveva il capo leggermente chino rivolto alla scacchiera, ma era come se fosse stata risucchiata in un’altra realtà.
Anche L se ne accorse e posò i suoi onici sulla sua figura. Shiro aveva gli occhi sbarrati dallo sgomento, come se all’improvviso fosse stata colta da un’illuminazione.                                  
–Solo … L’essenziale … - mormorò impercettibile mete, con soffio fonetico.                                       
– Shiro?- la richiamai, irrequieto. Lei come risposta si alzò di scatto, urtando lievemente la scacchiera che si spostò bruscamente rovesciando qualche pezzo.  La ragazza aveva una mano tra i capelli e stringeva vigorosa le ciocche castane, stava rifletttaendo. Era giunta ad una qualche conclusione:                                                                                                                                                   
-Solo l’essenziale … ci vuole solo l’essenziale!!! – urlò infine convinta, dandosi un colpetto sulla tempia con il palmo.                                                                                                                                                      
– Shiro ma cosa … - cercai di ottenere una spiegazione esauriente, ma lei mi interruppe all’istante: - Wammy!! Ci sono arrivata!! Ci sono riuscita!!!
Stavolta ne sono sicura!! Il braccio meccanico … mi mancava solo … Oh! Ma come ho fatto a non pensarci prima!!!- era in preda all’euforia e non riusciva a terminare una frase di senso compiuto, ma dalle reminescenze si è capito subito: ci è arrivata!                                                                                                                                                      
-L!!- esclamò di colpo chinandosi e afferrandolo per le spalle – Tu sei un genio!!! – queste furono le sue parole prima di correre via dalla sala comune.
Ci riuscì davvero quella volta!! E andò lontano molto lontano …

 

22 marzo 1996, Wammy’s House [ Winchester ]

Una ragazzina appoggiata allo stipite della porta sbadigliò sonoramente, portandosi una mano davanti alla bocca. Poi incrociò le braccia al petto: osservava la figura rannicchiata, la quale era intenta a leggere un documento trattenuto con la punta delle dita.                            
Shiro faceva mulinare attorno all’indice sinistro la catenina dell’orologio da tasca, che lei si ostinava sempre a chiamare :”giocattolino”. Esattamente otto mesi dopo dalla sua illuminazione, la ragazza riuscì a completare il suo grande progetto. Ce l’aveva fatta davvero ed aveva dimostrato di possedere doti straordinarie, fuori dal comune. Eravamo nella camera di L, evento alquanto raro considerata la sua riservatezza. Il quindicenne teneva in mano l’attestato di riconoscimento ai nuovi inventori conferito alla ragazza, mentre lei giocherellava svogliata con l’orologio d’argento, simbolo e premio per i neo-inventori.                              
Proprio così : presentammo il progetto alla commissione, e lei stessa illustrò davanti  altolocati la sua teoria. Il braccio meccanico era ancora in via sperimentale, tuttavia fu riconosciuto come rivoluzione della medicina e della meccanica. Non mi sarei mai aspettato che sarebbe giunta a simili vette, ma sembrava che il suo obbiettivo fosse un altro.                            
“Io voglio scoprire cosa c’è sotto Wammy”, così mi disse prima che varcassimo la soglia della grande stanza delle conferenze.
Probabilmente si riferiva alla morte dei suoi genitori e suo fratello, in special modo a quella del padre dato che era anch’egli un inventore.
Forse sperava in qualche modo di ottenere qualche informazione dalla stessa commissione.                         
–Concratulazioni. – L spostò lo sguardo onice sulla ragazza, abbassando leggermente il foglio trattenuto dalla punta sottile delle dita.
–Beh … Ti ringrazio. Ma a mio parere avrebbero fatto prima a scrivere: “ Congratulazioni Shiro, sei ufficialmente diventata un cane del governo!!"                                                                                                         
Lei considerava delle quisquiglie simili elogi: era il succo della cosa che le interessava, ovvero il progetto.
–Piuttosto, vedo che hai trovato qualcosa di interessate da fare durante la mia assenza.- e con un cenno del capo, la ragazza indicò il  giornale ripiegato acconto a lui. Era da qualche giorno che L si stava interessando a risolvere il caso di un killer seriale riportato su un giornale.
La polizia lo stava ancora cercando, e non avevano trovato nessuna traccia sulle scene del crimine che riconducessero all’assassino.
L disse che era un enigma interessante da risolvere.                                                 
–Già.- si limitò a confermare il ragazzino, adocchiando il giornale ripiegato  con le sue pozze oscure.                          
–Bene! – esordì la ragazza – ti lascio alle tue elucubrazioni!! Io vado a farmi una bella dormita!- accennò ad un lieve sorriso prima di sparire dietro la porta. L si limitò ad osservare la sua figura allontanarsi. Il loro rapporto era così: semplice sé per sé, ma che racchiudeva accordi impliciti in sguardi e parole di sfida. Mai mi sarei aspettato che si legassero in questo modo. L la considerava una presenza che c’era, ma che allo stesso tempo  riempiva uno spazio, non aveva ben a mente l’idea di amicizia, neanche se avesse letto il miglior libro di sociologia. La teoria non sempre e semplice applicare nella pratica.                                                             
Tutto sembrava tranquillo: il successo di Shiro, il nuovo interesse di L. Tutto sembrava ma non lo era affatto. Chi avrebbe potuto immaginare che dopo quel giorno, quell’ultimo sguardo, quell’ultimo sorriso, si sarebbe abbattuto un destino avverso su Shiro? Io non lo pensavo ma era così. Un uomo, una semplice visita che ha sconvolto la vita di quella ragazza … per sempre.                                                                                                                                                      

Il 23 marzo 1996, Frederich Kindom, conoscente mio e di Ruvie, si presentò all’orfanotrofio.
L’intenzione iniziale era quella di congratularsi con il giovane inventore per la sua impresa.          
Nell’ufficio di Ruvie quasi non gli cadde la mascella quando vide quella ragazzina minuta che lo squadrava scettica. Come l’aveva visto aveva fatto messo passo indietro, diffidente, intimorita, con la guardia alta. Era strano, in effetti. Dopo che li presentammo, l’uomo le porse la mano con un  sorriso, le assottigliò lo sguardo smeraldo. C’era qualcosa di feroce nelle sue occhiate, e non sapevo spiegarmelo. Dopo qualche indugio lei strinse la mano, ma la ritrasse subito come colta da un senso di repulsione. Kindom era venuto alla House per una proposta alla ragazzina: far parte dell’equipe di scienziati della grande STERGON, il nuovissimo centro di ricerca e sviluppo delle tecnologie di Londra. La proposta pareva allettante, e quando Kindom  citò alcuni tra i grandi studiosi ingaggiati, lei sbattè le palpebre come colta da una improvvisa consapevolezza.
Da parte mia e di Ruvie non c’era alcun problema, si trattava di una grande opportunità per lei, tuttavia la decisione finale spettava a Shiro.   
–Ci penserò- disse con sguardo insolitamente basso. E dopo che Kindom se ne andò lei si rintanò in camera sua. Aspettava una risposta tra due giorni.                                                                                                 
La vidi così assente in quei due giorni, non mi sembrò manco lei. Alla fine accettò la proposta.




25 marzo 1996 [ davanti al cancello della 
House]                                                                                                                             
-Mi mancherai Wammy!! – disse affondando nel mio abbraccio.                                                                                            
–Anche tu- mi sentivo triste ormai era parte integrante dell’orfanotrofio, era come una figlia per me. Si udirono passi avanzare metri sul viottolo ciottolato del cortile. Io e la ragazza ci sciogliemmo dall’abbraccio quando scorgemmo la figura incurvata di L: lo sguardo fisso su Shiro, le mani in tasca e i piedi infilati in un paio di scarpe da ginnastica vecchie e slacciate.            
–Non ci siamo salutati prima noi? – domandò la ragazza, sorridendo dolcemente.                                                           
–Io sono un cane, dopotutto. E i cani seguono sempre i padroni, l’hai detto tu. – proferì monocorde e pacato, con studiata lentezza.                                                                                                               
–Già hai ragione – e così si avvicinò parandosi davanti a lui. Lo guardò un attimo reclinando buffamente il capo, poi gli mise una mano sulla chioma nera scompigliandola:                                          
– Comportati bene bastardino, intesi?- dopo di che il taxi aveva già terminato di caricare i bagagli. Salì in macchina e ci salutò con la mano dal finestrino. Partì. Quella fu l’ultima volta che vidi il suo sorriso.

 

Il carrello giunge acconto al detective. Watari versa l’Earl Grey nella tazza bianca e la accosta ai biscotti alla mandorla sotto lo sguardo abissale di L.
 


Fu davvero l’ultima volta che la vidi sorridere …

Wammy … ho…f-freddo…   
 

 
 
 
 
 
 
 










Ciauuuu a tutti!!! Perdonatemi miei cari lettori ma la scuola ha assorbito la maggior parte del mio tempo libero e ho tardato un bel po’!
Avrei voluto postare prima, ma non mi è stato possibile! Spero che il capitolo vi piaccia comunque, ho dovuto velocizzare un po’ quindi è lungo!!
Che ne pensate?
  
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