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Autore: Vampiresroads    06/10/2012    2 recensioni
-Che tu lo voglia o no, qualsiasi cosa tu faccia per impedirlo, ci sono sempre giorni, mesi, anni negativi.
Per fortuna hanno deciso di darci anche dei momenti positivi, ed è quello il momento più giusto per vivere! Son quelli i momenti in cui puoi rischiare, perché sei felice, perché un errore non guasterebbe l’allegria, ma una mossa azzeccata la triplicherebbe.
E…indovina un po’? siamo esattamente in mezzo a questi momenti! È ora di lasciarti andare, l’hai fatto così tante volte!-
-Questa volta non sto parlando solo del gruppo, parlo in generale.
So che è buono rischiare, so che è buono provare ad affrontare cose nuove, è sempre positivo avere il coraggio di guardare in faccia qualsiasi cosa, ma un rapporto non è qualcosa che puoi “lasciare andare”.
Il rapporto è qualcosa che devi custodire, è qualcosa che non puoi mai mettere nel fuoco per vedere se brucia o no: perché se è davvero un rapporto a cui tieni non lo metteresti mai a rischio.-
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I know there’s a life under your eyes,
And I know there’s a soul under your skin.
I do know that there are feelings into your soul.
And yes, there’s a story behind these eyes, under this soul, hidden in these feelings. Your story.
And I’m listening, won’t  you tell me something ‘bout your fears?
No, it’s not easy to control ourself,
So it’s not easy to found yourself.
Cause nobody knows how to win.
Boy, you’re maybe winning this battle,
But  losing your war.                 

 
Questo intonava un ragazzo talentuoso e spensierato. Il vento spettinava il giovane musicista di strada  e  rendeva sempre più difficoltoso suonare, ma la sua passione era sicuramente più forte e più decisa di qualsiasi tramontana.
La sua voce ti trascinava via e le sue note originali e perfettamente architettate rallegravano l’atmosfera della fredda Vienna in qualsiasi suo aspetto.
Aveva dei capelli lunghi e neri, folti e luminosi, uno sguardo sereno e spensierato, il fisico magro e povero. Era un tipo strano, ma aveva il suo fascino.
La piazza era piena di artisti di strada, nonostante le nuvole non simboleggiassero un gran bel tempo, e quella poca gente si fermava per lui, solo per lui.
“Hey ragazzo, come ti chiami?” Recitò un signore alto e robusto, in uno strano accento, forse tedesco.
“Mi chiamo Myles, sogno ancora un futuro migliore di questo, mi permetta di scusarmi delle mie improvvisazioni, la musica è la mia sola compagna.”
“Non preoccuparti, non ti devi scusare, sei davvero bravo!” si congratulò lui, concedendogli un sorriso prima di tornare alla sua pipa e al suo lavoro.
“Myles, giusto? Lasciami un autografo! Un giorno varrà tantissimo!” lo implorò un’altra bambina biondina, mentre gentilmente il ragazzo firmava e l’abbracciava.
Chissà perché non ha ancora fatto strada.
Alex si avvicinò, continuava ad aver paura di ritrovarsi uno dei ragazzi del gruppo dietro, paura che da un momento all’altro un aereo guidato da Jack o da Marc sarebbe venuto a prenderlo, paura di ritornare a casa.
In tutta quella paura, però, Alex nascondeva un desiderio costante. Voleva che apperissero, voleva davvero tornare con loro. Scuse o non scuse, sbagli o non sbagli, Alex voleva tornare a casa.
“Ti posso fare i miei complimenti?” Esordì finalmente Gaskarth, mentre la poca Vienna che lo conosceva stringeva gli occhi domandandosi se si trattasse davvero del cantante degli All Time Low o no.
In realtà il suo cambio d’aspetto, i capelli ricci, l’abbigliamento serio, la perdita della sua espressione lo cambiò notevolmente. 
Il resto del gruppo, dopo tre giorni dalla scomparsa dell’amico non avevano ancora fatto alcuna denuncia alla scomparsa del ragazzo, nessuno aveva ancora trovato il coraggio, quindi nessuno pensava si trovasse lì.
Per ora avevano solo annullato i primi giorni del tour, mentre i fans protestavano e loro cercavano la forza d’ammettere che se l’erano lasciato scappare davvero.
“I tuoi complimenti? Alex Gaskarth mi sta facendo dei complimenti?” rispose allibito, riconoscendo il ragazzo.
“Bella battuta amico, molti notano la somiglianza, ma ora Alex è in America, a casa, ad aspettare il tour.” Cercò di imitare un accento austriaco, ma con scarsissimi risultati.
Myles posò la chitarra acustica e si allontanò verso il ragazzo, trascinandolo da parte.
“Di solito la gente quando somiglia così tanto ad una star tenta di atteggiarsi come quella per rendersi identici, per sentirsi fighi, tu sembri nasconderlo in ogni modo possibile.
…La tua voce, tu sei Gaskarth.”
“Suppongo che negare all’infinito non servirebbe, giusto?”
“Suppongo di no.”
Alex si spinse ancora più indietro per non far sentire nessun altro, sentiva di fidarsi di quel cantore così sbandato e talentuoso, così gli concesse l’onore di sapere la sua identità.
“Che onore! Ho ricevuto dei complimenti da Gaskarth, cavolo!”
“Cazzo.”
“Uh?”
“Cavolo? Come parli? Usa un fottuto cazzo. Fa più effetto.”
“Posso dire quello che cazzo voglio?”
“Così va meglio!” Intonò, scoppiando in una goduta risata accompagnata da quella del nuovo amico.
“Com’è che faceva quel pezzo?”
“Che pezzo?”
“Dell’ultima canzone, il pezzo intermedio.”
And yes, there’s a story behind these eyes, under this soul, hidden in these feelings. Your story.
And I’m listening, won’t  you tell me something ‘bout your fears?” canticchiò lui, consapevole dall’inizio di cosa Alex intendesse.

“Quel pezzo, bravo.  Ho sognato una frase simile ieri notte.”
“Davvero?  Mi fa piacere.”
“Anche a me.”
“Allora, won’t you tell me something about your fears?”
“Vuoi che ti parli di me?”
“Voglio riuscire a conoscerti.”
“Dovresti sapere qualcosa di me prima di conoscermi.”
“Esattamente.”
“Quindi dovrei parlarti di me, giusto?”
“Forse. Ti sto ascoltando.”
  
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