Intervista col botto
Il
mostro di Frankenstein
- Mi
scorta al tavolo? -
Un
baffo perfettamente pettinato vibrò impercettibilmente mentre l’uomo
sollevava lo sguardo:
-
Prego? - domandò arricciando le labbra e poggiando delicatamente la penna sul leggio
che aveva di fronte.
- Devo arrivare a quel tavolo laggiù – specificò il
ragazzo, soffiando via un ciuffo biondo di capelli che gli era ricaduto sugli
occhi – Potrebbe scortarmi lei? –
- Ha una prenotazione? – fu la successiva richiesta
dell’altro, l’espressione che si andava facendo sempre più
sospettosa.
- No che non ho una prenotazione – borbottò quello
– O meglio, ho un appuntamento con il signore lì e quindi forse sì, ecco,
ho anche una prenotazione… non saprei, davvero. E’ la prima volta
che entro in un posto così… -
- Il suo nome? –
- Paul Mitchell –
Il dito indice dell’uomo baffuto prese a scorrere
una lunga lista di nomi scritta rigorosamente e precisamente in nero, poi
improvvisamente si fermò. Gli occhi intercettarono fulmineamente quelli di Paul
e le labbra si piegarono in un sorriso:
- Ha ragione -
- Ah, sì? – fece lui, il nervosismo che cresceva
minuto dopo minuto.
- Ha una prenotazione: il signor Reynolds la sta
aspettando –
- Sì, ecco… è quello che le sto dicendo
dall’inizio, no? Ora, cortesemente, mi scorterebbe fino a… -
- Non ha la cravatta –
- Come? –
- Perché non indossa una cravatta? –
- Io… era prevista un’uniforme? –
- Un completo, signor Mitchell. Dovrebbe indossare un
completo – sospirò l’uomo, schioccando rapidamente le dita.
Pochi secondi dopo, come per magia, nelle sue mani erano
comparse una camicia e una cravatta.
- Niente giacca? – mormorò Paul, osservando
incredulo il gioco di prestigio appena compiuto – Io… -
- Non mi sembrava il caso di forzare troppo, non crede?
–
- E ora cosa dovrei fare? –
- Indossarle –
- Qui? –
- Non vedo il problema –
- Vuole… vuole che mi spogli qui davanti a lei?! – sbottò Paul, scandalizzato.
- La cravatta è d’obbligo, signor Mitchell –
scandì placido l’altro.
- Va bene – ringhiò il ragazzo, fulminandolo con lo
sguardo – Non mi spoglio, però, eh! Non gliela do vinta! –
Gli strappò la cravatta dalle mani e con pochi, confusi
gesti se la strinse attorno al collo:
- Ecco fatto -
- Ha messo la cravatta sopra la felpa – fu il
commento incolore dell’altro.
- Ma ho messo la cravatta – puntualizzò Paul,
l’aria vittoriosa.
Il baffo fremette di nuovo, in maniera meno impercettibile:
- Come vuole – disse – La accompagno al tavolo
-
- Oh, grazie! –
- Abbassi la voce, per cortesia –
- Certo, certo, mi scusi. Io… ecco… -
sussurrò, avvicinandosi all’orecchio dell’altro - … mi
presenta lei? –
- Prego? –
- Sì, al signor Reynolds –
- Perché dovrei? –
- Già che mi sta scortando al tavolo… -
- Non la sto scortando al tavolo, signor Mitchell.
Io la sto accompagnando. Sono due cose diverse, sa? –
- Quindi non mi presenterà? –
- Signor Reynolds, ecco il giornalista che stava
aspettando –
Paul quasi inciampò nei suoi stessi piedi, le dita che
rapide si ancoravano alla sedia.
- Mi scuso per il ritardo ma abbiamo avuto qualche
incomprensione -
- Voleva che gli facessi uno spogliarello – sibilò
Paul, mettendosi a sedere con fare stanco.
- Per qualsiasi cosa non esitate a chiamarmi –
terminò l’uomo, allontanandosi con passo felpato.
- Grazie, Gerald –
Ryan sorrise, porgendo la mano al ragazzo e
stringendogliela con forza:
- E’ un piacere, signor… -
- Mitchell. Paul Mitchell –
- E’ un piacere, signor Mitchell. Che genere di
incomprensione avete avuto, se posso chiedere? –
- Le sembrerà una sciocchezza, ma… -
- La cravatta? –
Paul sussultò, abbozzando un sorriso che sembrava più una
smorfia:
- Sì, sì, la cravatta. Non sapevo che fosse
d’obbligo e non ero preparato a… come lo ha capito? -
- La indossa su una felpa, se ne rende conto? E poi
– ridacchiò, inclinando il capo – Sembra più un cappio che altro –
- Oh, sì… è che non sono molto pratico nei nodi
e… lasciamo stare –
- Prende qualcosa da bere, signor Mitchell? –
- La prego, mi chiami Pop –
- Pop? Qualcosa a che vedere con i pop corn?
–
- Non esattamente –
- Prende qualcosa, allora? –
- Se possibile delle zollette di zucchero –
Ryan inarcò un sopracciglio scuro, squadrandolo incerto:
- Quelle per i cavalli? -
- Mi servono per i cali di zuccheri – spiegò
l’altro, imbarazzato.
- Certo – annuì Ryan, sollevando un dito.
E la magia si ripeté: come d’incanto, sul tavolo,
comparve una ciotola bianca ricolma di zollette di zucchero.
- Oh, che carine – approvò Paul, afferrandone una e
portandola alle labbra.
- Ora – si sfregò le mani Ryan – Cominciamo?
–
- Certamente! –
Il ragazzo si piegò sulla borsa che portava a tracolla e
ne estrasse un registratore, apparentemente tenuto assieme solo da del nastro adesivo
colorato: lo poggiò al centro del tavolo e premette il bottone
d’accensione.
Poi prese a fissare il bottone:
- Sembra acceso anche a lei? – domandò,
assottigliando lo sguardo.
- Scusi? –
- Concorda con me che è acceso? Sa com’è,
l’ultima volta non lo era e… -
- Sì, mi sembra acceso – sogghignò Ryan, scuotendo
appena la testa – Mi perdoni la domanda, ma questa non sarà la sua prima
intervista, vero? –
- Come? Oh, no, si figuri! Certo che non è la prima: è la
seconda! – esultò quasi, aggiungendo subito dopo – Vede? –
E nel domandarlo sollevò il piede destro, mostrandogli la
scarpetta da ginnastica con l’autografo di Andrew Garfield e di Emma
Stone. Ryan si sporse in avanti per osservare la scarpa e annuì, arricciando le
labbra:
- Ci vuole anche la mia di firma, là sopra? –
- Lo farebbe? – guaì di gioia Paul, porgendogli la
penna in meno di un secondo – Grazie, grazie, grazie! –
- Nulla – si strinse nelle spalle l’altro,
restituendogliela poco dopo.
- Fatto ciò – mormorò il ragazzo, riabbassando la
gamba con fare reverenziale – Cominciamo con le domande –
Aprì un quadernetto sdrucito e schioccò la lingua,
l’espressione assorta:
- E’ vero che il tatuaggio a forma di cannone che ha
è in realtà un’allusione al suo membro? -
Ryan schiuse le labbra, fissandolo con gli occhi sgranati:
- Come, scusi? -
- Ho detto: è vero che… -
- Ho sentito la domanda! – sbottò quello – Le
stavo dando una possibilità per ritrattarla! –
- Oh, va bene, allora ritratto – mugugnò Paul,
l’espressione rattristata.
- Non sono domande da farsi,
ragazzo! – lo redarguì Ryan.
- Era una curiosità lecita –
- Dissento –
Paul roteò gli occhi e afferrò un’altra zolletta,
risentito:
- E’ vero che ha paura di volare? -
- Sì, purtroppo è vero – annuì Ryan, ringraziando il
cameriere che gli stava riempiendo nuovamente il bicchiere d’acqua.
- E’ una paura abbastanza recente, non è vero?
– continuò il ragazzo, imperterrito – Sembra che ne soffra da
quando una volta, mentre faceva skydiving, il paracadute non le si è aperto al
primo tentativo –
- Esattamente – bevendo un sorso d’acqua.
- E’ vero che in quell’occasione, per la
paura, non è riuscito a trattenere la vescica? –
Ryan scoppiò a ridere, sputando involontariamente davanti a
sé il liquido appena ingurgitato. Paul arretrò di scatto, preso in contropiede;
con un fazzoletto si asciugò velocemente il viso e le mani, ma non poté fare a
meno di accorgersene:
- Ommiodio – balbettò, piegandosi in avanti e
riducendo la voce a un sussurro – E’ vodka, signor Reynolds, vodka!
-
- Lo so – rispose quello, cercando invano di
trattenere la ridarella.
- Come sarebbe a dire che lo sa? Sono le due del
pomeriggio, signor Reynolds! –
La risata si andò lentamente spegnendo mentre quello si
piegava a sua volta sul tavolo, bisbigliando:
- Sono le due del pomeriggio e questa è la mia
ventiduesima intervista della giornata – sibilò – Come se non
bastasse, ho a che fare con un giornalista al suo secondo lavoro che insiste a
farmi domande riguardanti il mio pene. Credo di avere il diritto e il dovere di
ubriacarmi, non crede? -
Paul aggrottò le sopracciglia, ponderando la situazione:
- Sì, credo di sì – commentò – Ha mai provato
una zolletta alla vodka? -
- Come? –
- Guardi – mormorò il biondino, afferrando una
zolletta e immergendola delicatamente nel liquido trasparente per pochi secondi
– Ora assaggi – fece poi, porgendola a Ryan.
- Sta tentando di avvelenarmi? –
- Assaggi –
Ryan la prese con fare recalcitrante e la poggiò sulla
punta della lingua.
- Oh -
- Buona, vero? –
- Ottima – annuì quello, affrettandosi a chiamare un
cameriere – Una ciotola di zuccherini per me e una vodka per lui –
- No, io non posso – tentò Paul.
- Perché? –
- Sono in servizio – balbettò il ragazzo –
Cioè… non posso bere, io. Rischio di… -
- Peggiorare le cose? – fece spallucce Ryan –
Mi sembra difficile –
- Sto andando tanto male? –
- Manca solo che mi chieda se sono impotente –
Paul sgranò gli occhi, sporgendosi in avanti con fare
cospiratorio:
- Lo è? -
- No – sospirò,
l’espressione esasperata – Beva, per cortesia –
- Mi dia del tu, su – borbottò Paul, immergendo una
zolletta nella vodka – Ormai siamo intimi –
- E’ gay, per caso? –
- Non sono domande che dovrebbe fare –
s’incupì il ragazzino, guardandolo storto.
- Oh, senti chi parla –
- E poi sono io quello che fa le domande –
ridacchiò, bevendo un sorso – La sa una cosa? Lei è veramente molto,
molto alto. Proprio molto, però. Li raggiunge i due metri? –
- Ah, no. A stento gli uno e novanta –
- Mah. Sembra più alto –
- E’ un bene? –
- Mi ricorda il mostro di Frankenstein –
Ryan aggrottò le sopracciglia, sorseggiando il suo drink
con espressione pensosa:
- Questo non mi sembra un bene – biascicò,
carezzandosi il collo.
- Non mi fraintenda, per carità – scattò Paul
– Lei è un uomo bellissimo, molto affascinante. La rivista People
l’ha anche classificata come uomo più sexy del 2010, no? –
- Sì, ecco, ora sembra proprio dell’altra sponda,
sa? –
- A me, però, ricorda il mostro di Frankenstein –
- La smette di offendermi? –
- Non la sto offendendo! Le sto dicendo che è sexy!
–
- Sei già ubriaco, per caso? –
- Siamo passati al tu? –
- Le inibizioni stanno sparendo –
- Ti ammiro, sai? E ti invidio
anche. Cioè: sei stato con Rachael Leigh Cook, con Alanis Morissette, con
Parker Posey! Ti sei sposato con Scarlett Johansson! E ora sei sposato con
Blake Lively! Tutte cose di cui andare estremamente fiero, no? Che poi…
me lo devi spiegare –
- Cosa? –
- Come hai fatto a lasciare Scarlett? –
- Tu non lo avresti fatto? –
- Io non avrei lasciato nessuna delle donne con cui sei
stato! Non una, per l’amor del Cielo! –
- Perché? Solo perché sono belle? –
- Non capisco il solo –
- La bellezza non è tutto, sai? –
- No, non lo so. Temo ci voglia ancora del tempo prima che
io riesca ad appurarlo –
- E poi… Scarlett non era una grande amante dei cani
–
Paul si sporse in avanti, il bicchiere ormai vuoto
lasciato incustodito:
- L’hai lasciata perché non le piacevano i cani?
–
- Una volta ha sgridato Baxter – sussurrò
cospiratorio Ryan.
- E chi è Baxter? – borbottò Paul – Il tuo
gingillo? –
- Ma che gingillo e gingillo! – sbottò l’altro
– E’ il mio labrador! –
- Oh… oh! –
- Capisci? –
Paul scosse il capo, chiudendo gli occhi:
- No, mi dispiace. Credo sia al di là della mia
comprensione -
- Come fai a non capire? –
- E’ colpa sua –
- Di chi? –
- Di Scarlett – sospirò il biondino – Mi
ispira sesso, non ci posso fare niente –
- Eh, su questo ti comprendo –
- Voi Ryan ve lo potete permettere, comunque –
- Cosa? –
- Lasciare una donna perché vi ha sgridato il cane –
- Non ho detto che l’ho lasciata per questo –
borbottò Ryan – E perché usi il plurale? –
- Perché a quanto pare basta chiamarsi Ryan per essere
fighi –
- Non ti seguo –
- Trovami un Ryan brutto, ti sfido – sogghignò Paul
– Ci sei tu, c’è Ryan Gosling, Ryan… -
- Ryan Hansen non è granché –
- Non è da buttare nemmeno lui –
- Sai cosa? – sospirò Ryan, carezzandosi i capelli
– Hai troppa poca considerazione di te stesso –
- Dici? –
- Sei biondo, hai gli occhi azzurri e quando sorridi ti si
formano le fossette ai lati della bocca; dov’è il tuo problema? Non
dovrebbe esserti difficile trovarti una ragazza… o un ragazzo. Non ho
ancora capito che genere preferisci –
- Ho sentito che si è pentita, sai? –
- Chi? –
- Scarlett – fece Paul, l’espressione
maliziosa – Si vocifera che tu le manchi –
- Niente meno? – ridacchiò Ryan, inarcando un
sopracciglio.
- La prossima volta, forse, non ti sgriderà il cane
–
- Non ci sarà una prossima volta –
- Perché? – piagnucolò il ragazzo,
l’espressione afflitta.
- Perché sono sposato, Pop –
Paul annuì, rigirandosi il bicchiere vuoto fra le dita e
facendo tintinnare il ghiaccio contro il vetro:
- Perché non sei diventato poliziotto? -
- Ah – sospirò Ryan, sgranchendosi la schiena
– Diventa sempre più difficile seguirti –
- Sei l’ultimo di quattro fratelli e sono tutti
poliziotti, no? –
- Sì –
- Come ti è venuto, allora, di fare l’attore?
–
- Stai dicendo che ho sbagliato? –
- No, certo che no – scosse il capo Paul – Ma
saresti stato un grande poliziotto: non ti ci vedi con la divisa tutta lustra,
il cappellino in mano e la pistola? Sai che carino? –
- Ci feci un pensierino a suo tempo, sai? Era l’idea
delle manette che mi attraeva, però –
- Già… anche come spogliarellista versione
poliziotto non saresti stato male –
- Mi sa che ci siamo allontanati dalla strada principale
– mormorò Ryan, facendo per alzarsi in piedi.
- No, che fai?! – scattò
Paul, colto di sorpresa.
- Devo andare –
- Non ho finito l’intervista! –
- Ah, è così che la chiami, adesso? – ridacchiò
l’altro, indossando la giacca e chiudendone i primi bottoni.
- Dai – lo pregò il ragazzino – Ancora qualche
domanda –
- Devo portare fuori il cane, Pop –
- Ti posso accompagnare? –
- No – negò Ryan dandogli una pacca sulla spalla
– Però puoi farmi un favore –
- Quale? – mugugnò afflitto Paul, sollevando il viso
per riuscire ad incontrare il suo sguardo.
- Contatta Scarlett a nome mio – sorrise Ryan, passandogli
un bigliettino di carta – E raccontale la tua teoria del cane, della
sgridata e del mostro di Frankenstein –
Paul sbatté le palpebre, l’espressione persa:
- Perché? – balbettò, confuso.
- Abbiamo tutti bisogno di una
sana risata, ogni tanto –
§§§
*
C’è un fondo di verità in tutto ciò che ho scritto, ma non prendete
niente per oro colato: ho allegramente ricamato su tutto ^^
Allora.
Questa
è stata la seconda intervista del nostro Pop, cosa ve ne è parso?
Andiamo peggiorando, non è vero? :D
Se
anche fosse, spero di aver almeno strappato una sana risata anche a voi.
Qui, invece, trovate il link della serie: Intervista col
botto
Un bacio
e alla prossima intervista col botto,
Sara