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Autore: miseichan    07/10/2012    13 recensioni
[Ryan Reynolds]
- E’ vero che il tatuaggio a forma di cannone che ha è in realtà un’allusione al suo membro? -
Ryan schiuse le labbra, fissandolo con gli occhi sgranati:
- Come, scusi? -
- Ho detto: è vero che… -
- Ho sentito la domanda! – sbottò quello – Le stavo dando una possibilità per ritrattarla! –
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Intervista col botto'
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Intervista col botto

 

Il mostro di Frankenstein

 

- Mi scorta al tavolo? -

Un baffo perfettamente pettinato vibrò impercettibilmente mentre l’uomo sollevava lo sguardo:

- Prego? - domandò arricciando le labbra e poggiando delicatamente la penna sul leggio che aveva di fronte.

- Devo arrivare a quel tavolo laggiù – specificò il ragazzo, soffiando via un ciuffo biondo di capelli che gli era ricaduto sugli occhi – Potrebbe scortarmi lei? –

- Ha una prenotazione? – fu la successiva richiesta dell’altro, l’espressione che si andava facendo sempre più sospettosa.

- No che non ho una prenotazione – borbottò quello – O meglio, ho un appuntamento con il signore lì e quindi forse sì, ecco, ho anche una prenotazione… non saprei, davvero. E’ la prima volta che entro in un posto così… -

- Il suo nome? –

- Paul Mitchell –

Il dito indice dell’uomo baffuto prese a scorrere una lunga lista di nomi scritta rigorosamente e precisamente in nero, poi improvvisamente si fermò. Gli occhi intercettarono fulmineamente quelli di Paul e le labbra si piegarono in un sorriso:

- Ha ragione -

- Ah, sì? – fece lui, il nervosismo che cresceva minuto dopo minuto.

- Ha una prenotazione: il signor Reynolds la sta aspettando –

- Sì, ecco… è quello che le sto dicendo dall’inizio, no? Ora, cortesemente, mi scorterebbe fino a… -

- Non ha la cravatta –

- Come? –

- Perché non indossa una cravatta? –

- Io… era prevista un’uniforme? –

- Un completo, signor Mitchell. Dovrebbe indossare un completo – sospirò l’uomo, schioccando rapidamente le dita.

Pochi secondi dopo, come per magia, nelle sue mani erano comparse una camicia e una cravatta.

- Niente giacca? – mormorò Paul, osservando incredulo il gioco di prestigio appena compiuto – Io… -

- Non mi sembrava il caso di forzare troppo, non crede? –

- E ora cosa dovrei fare? –

- Indossarle –

- Qui? –

- Non vedo il problema –

- Vuole… vuole che mi spogli qui davanti a lei?! – sbottò Paul, scandalizzato.

- La cravatta è d’obbligo, signor Mitchell – scandì placido l’altro.

- Va bene – ringhiò il ragazzo, fulminandolo con lo sguardo – Non mi spoglio, però, eh! Non gliela do vinta! –

Gli strappò la cravatta dalle mani e con pochi, confusi gesti se la strinse attorno al collo:

- Ecco fatto -

- Ha messo la cravatta sopra la felpa – fu il commento incolore dell’altro.

- Ma ho messo la cravatta – puntualizzò Paul, l’aria vittoriosa.

Il baffo fremette di nuovo, in maniera meno impercettibile:

- Come vuole – disse – La accompagno al tavolo -

- Oh, grazie! –

- Abbassi la voce, per cortesia –

- Certo, certo, mi scusi. Io… ecco… - sussurrò, avvicinandosi all’orecchio dell’altro - … mi presenta lei? –

- Prego? –

- Sì, al signor Reynolds –

- Perché dovrei? –

- Già che mi sta scortando al tavolo… -

- Non la sto scortando al tavolo, signor Mitchell. Io la sto accompagnando. Sono due cose diverse, sa? –

- Quindi non mi presenterà? –

- Signor Reynolds, ecco il giornalista che stava aspettando –

Paul quasi inciampò nei suoi stessi piedi, le dita che rapide si ancoravano alla sedia.

- Mi scuso per il ritardo ma abbiamo avuto qualche incomprensione -

- Voleva che gli facessi uno spogliarello – sibilò Paul, mettendosi a sedere con fare stanco.

- Per qualsiasi cosa non esitate a chiamarmi – terminò l’uomo, allontanandosi con passo felpato.

- Grazie, Gerald –

Ryan sorrise, porgendo la mano al ragazzo e stringendogliela con forza:

- E’ un piacere, signor… -

- Mitchell. Paul Mitchell –

- E’ un piacere, signor Mitchell. Che genere di incomprensione avete avuto, se posso chiedere? –

- Le sembrerà una sciocchezza, ma… -

- La cravatta? –

Paul sussultò, abbozzando un sorriso che sembrava più una smorfia:

- Sì, sì, la cravatta. Non sapevo che fosse d’obbligo e non ero preparato a… come lo ha capito? -

- La indossa su una felpa, se ne rende conto? E poi – ridacchiò, inclinando il capo – Sembra più un cappio che altro

- Oh, sì… è che non sono molto pratico nei nodi e… lasciamo stare –

- Prende qualcosa da bere, signor Mitchell? –

- La prego, mi chiami Pop –

- Pop? Qualcosa a che vedere con i pop corn? –

- Non esattamente –

- Prende qualcosa, allora? –

- Se possibile delle zollette di zucchero –

Ryan inarcò un sopracciglio scuro, squadrandolo incerto:

- Quelle per i cavalli? -

- Mi servono per i cali di zuccheri – spiegò l’altro, imbarazzato.

- Certo – annuì Ryan, sollevando un dito.

E la magia si ripeté: come d’incanto, sul tavolo, comparve una ciotola bianca ricolma di zollette di zucchero.

- Oh, che carine – approvò Paul, afferrandone una e portandola alle labbra.

- Ora – si sfregò le mani Ryan – Cominciamo? –

- Certamente! –

Il ragazzo si piegò sulla borsa che portava a tracolla e ne estrasse un registratore, apparentemente tenuto assieme solo da del nastro adesivo colorato: lo poggiò al centro del tavolo e premette il bottone d’accensione.

Poi prese a fissare il bottone:

- Sembra acceso anche a lei? – domandò, assottigliando lo sguardo.

- Scusi? –

- Concorda con me che è acceso? Sa com’è, l’ultima volta non lo era e… -

- Sì, mi sembra acceso – sogghignò Ryan, scuotendo appena la testa – Mi perdoni la domanda, ma questa non sarà la sua prima intervista, vero? –

- Come? Oh, no, si figuri! Certo che non è la prima: è la seconda! – esultò quasi, aggiungendo subito dopo – Vede? –

E nel domandarlo sollevò il piede destro, mostrandogli la scarpetta da ginnastica con l’autografo di Andrew Garfield e di Emma Stone. Ryan si sporse in avanti per osservare la scarpa e annuì, arricciando le labbra:

- Ci vuole anche la mia di firma, là sopra? –

- Lo farebbe? – guaì di gioia Paul, porgendogli la penna in meno di un secondo – Grazie, grazie, grazie! –

- Nulla – si strinse nelle spalle l’altro, restituendogliela poco dopo.

- Fatto ciò – mormorò il ragazzo, riabbassando la gamba con fare reverenziale – Cominciamo con le domande –

Aprì un quadernetto sdrucito e schioccò la lingua, l’espressione assorta:

- E’ vero che il tatuaggio a forma di cannone che ha è in realtà un’allusione al suo membro? -

Ryan schiuse le labbra, fissandolo con gli occhi sgranati:

- Come, scusi? -

- Ho detto: è vero che… -

- Ho sentito la domanda! – sbottò quello – Le stavo dando una possibilità per ritrattarla! –

- Oh, va bene, allora ritratto – mugugnò Paul, l’espressione rattristata.

- Non sono domande da farsi, ragazzo! – lo redarguì Ryan.

- Era una curiosità lecita –

- Dissento –

Paul roteò gli occhi e afferrò un’altra zolletta, risentito:

- E’ vero che ha paura di volare? -

- Sì, purtroppo è vero – annuì Ryan, ringraziando il cameriere che gli stava riempiendo nuovamente il bicchiere d’acqua.

- E’ una paura abbastanza recente, non è vero? – continuò il ragazzo, imperterrito – Sembra che ne soffra da quando una volta, mentre faceva skydiving, il paracadute non le si è aperto al primo tentativo

- Esattamente – bevendo un sorso d’acqua.

- E’ vero che in quell’occasione, per la paura, non è riuscito a trattenere la vescica? –

Ryan scoppiò a ridere, sputando involontariamente davanti a sé il liquido appena ingurgitato. Paul arretrò di scatto, preso in contropiede; con un fazzoletto si asciugò velocemente il viso e le mani, ma non poté fare a meno di accorgersene:

- Ommiodio – balbettò, piegandosi in avanti e riducendo la voce a un sussurro – E’ vodka, signor Reynolds, vodka! -

- Lo so – rispose quello, cercando invano di trattenere la ridarella.

- Come sarebbe a dire che lo sa? Sono le due del pomeriggio, signor Reynolds! –

La risata si andò lentamente spegnendo mentre quello si piegava a sua volta sul tavolo, bisbigliando:

- Sono le due del pomeriggio e questa è la mia ventiduesima intervista della giornata – sibilò – Come se non bastasse, ho a che fare con un giornalista al suo secondo lavoro che insiste a farmi domande riguardanti il mio pene. Credo di avere il diritto e il dovere di ubriacarmi, non crede? -

Paul aggrottò le sopracciglia, ponderando la situazione:

- Sì, credo di sì – commentò – Ha mai provato una zolletta alla vodka? -

- Come? –

- Guardi – mormorò il biondino, afferrando una zolletta e immergendola delicatamente nel liquido trasparente per pochi secondi – Ora assaggi – fece poi, porgendola a Ryan.

- Sta tentando di avvelenarmi? –

- Assaggi –

Ryan la prese con fare recalcitrante e la poggiò sulla punta della lingua.

- Oh -

- Buona, vero? –

- Ottima – annuì quello, affrettandosi a chiamare un cameriere – Una ciotola di zuccherini per me e una vodka per lui –

- No, io non posso – tentò Paul.

- Perché? –

- Sono in servizio – balbettò il ragazzo – Cioè… non posso bere, io. Rischio di… -

- Peggiorare le cose? – fece spallucce Ryan – Mi sembra difficile

- Sto andando tanto male? –

- Manca solo che mi chieda se sono impotente –

Paul sgranò gli occhi, sporgendosi in avanti con fare cospiratorio:

- Lo è? -

- No – sospirò, l’espressione esasperata – Beva, per cortesia –

- Mi dia del tu, su – borbottò Paul, immergendo una zolletta nella vodka – Ormai siamo intimi –

- E’ gay, per caso? –

- Non sono domande che dovrebbe fare – s’incupì il ragazzino, guardandolo storto.

- Oh, senti chi parla –

- E poi sono io quello che fa le domande – ridacchiò, bevendo un sorso – La sa una cosa? Lei è veramente molto, molto alto. Proprio molto, però. Li raggiunge i due metri? –

- Ah, no. A stento gli uno e novanta –

- Mah. Sembra più alto –

- E’ un bene? –

- Mi ricorda il mostro di Frankenstein –

Ryan aggrottò le sopracciglia, sorseggiando il suo drink con espressione pensosa:

- Questo non mi sembra un bene – biascicò, carezzandosi il collo.

- Non mi fraintenda, per carità – scattò Paul – Lei è un uomo bellissimo, molto affascinante. La rivista People l’ha anche classificata come uomo più sexy del 2010, no? –

- Sì, ecco, ora sembra proprio dell’altra sponda, sa? –

- A me, però, ricorda il mostro di Frankenstein –

- La smette di offendermi? –

- Non la sto offendendo! Le sto dicendo che è sexy! –

- Sei già ubriaco, per caso? –

- Siamo passati al tu? –

- Le inibizioni stanno sparendo –

- Ti ammiro, sai? E ti invidio anche. Cioè: sei stato con Rachael Leigh Cook, con Alanis Morissette, con Parker Posey! Ti sei sposato con Scarlett Johansson! E ora sei sposato con Blake Lively! Tutte cose di cui andare estremamente fiero, no? Che poi… me lo devi spiegare –

- Cosa? –

- Come hai fatto a lasciare Scarlett? –

- Tu non lo avresti fatto? –

- Io non avrei lasciato nessuna delle donne con cui sei stato! Non una, per l’amor del Cielo! –

- Perché? Solo perché sono belle? –

- Non capisco il solo

- La bellezza non è tutto, sai? –

- No, non lo so. Temo ci voglia ancora del tempo prima che io riesca ad appurarlo

- E poi… Scarlett non era una grande amante dei cani –

Paul si sporse in avanti, il bicchiere ormai vuoto lasciato incustodito:

- L’hai lasciata perché non le piacevano i cani? –

- Una volta ha sgridato Baxter – sussurrò cospiratorio Ryan.

- E chi è Baxter? – borbottò Paul – Il tuo gingillo? –

- Ma che gingillo e gingillo! – sbottò l’altro – E’ il mio labrador! –

- Oh… oh! –

- Capisci? –

Paul scosse il capo, chiudendo gli occhi:

- No, mi dispiace. Credo sia al di là della mia comprensione -

- Come fai a non capire? –

- E’ colpa sua –

- Di chi? –

- Di Scarlett – sospirò il biondino – Mi ispira sesso, non ci posso fare niente –

- Eh, su questo ti comprendo –

- Voi Ryan ve lo potete permettere, comunque –

- Cosa? –

- Lasciare una donna perché vi ha sgridato il cane –

- Non ho detto che l’ho lasciata per questo – borbottò Ryan – E perché usi il plurale? –

- Perché a quanto pare basta chiamarsi Ryan per essere fighi –

- Non ti seguo –

- Trovami un Ryan brutto, ti sfido – sogghignò Paul – Ci sei tu, c’è Ryan Gosling, Ryan… -

- Ryan Hansen non è granché –

- Non è da buttare nemmeno lui –

- Sai cosa? – sospirò Ryan, carezzandosi i capelli – Hai troppa poca considerazione di te stesso

- Dici? –

- Sei biondo, hai gli occhi azzurri e quando sorridi ti si formano le fossette ai lati della bocca; dov’è il tuo problema? Non dovrebbe esserti difficile trovarti una ragazza… o un ragazzo. Non ho ancora capito che genere preferisci

- Ho sentito che si è pentita, sai? –

- Chi? –

- Scarlett – fece Paul, l’espressione maliziosa – Si vocifera che tu le manchi –

- Niente meno? – ridacchiò Ryan, inarcando un sopracciglio.

- La prossima volta, forse, non ti sgriderà il cane –

- Non ci sarà una prossima volta –

- Perché? – piagnucolò il ragazzo, l’espressione afflitta.

- Perché sono sposato, Pop –

Paul annuì, rigirandosi il bicchiere vuoto fra le dita e facendo tintinnare il ghiaccio contro il vetro:

- Perché non sei diventato poliziotto? -

- Ah – sospirò Ryan, sgranchendosi la schiena – Diventa sempre più difficile seguirti –

- Sei l’ultimo di quattro fratelli e sono tutti poliziotti, no? –

- Sì –

- Come ti è venuto, allora, di fare l’attore? –

- Stai dicendo che ho sbagliato? –

- No, certo che no – scosse il capo Paul – Ma saresti stato un grande poliziotto: non ti ci vedi con la divisa tutta lustra, il cappellino in mano e la pistola? Sai che carino? –

- Ci feci un pensierino a suo tempo, sai? Era l’idea delle manette che mi attraeva, però

- Già… anche come spogliarellista versione poliziotto non saresti stato male –

- Mi sa che ci siamo allontanati dalla strada principale – mormorò Ryan, facendo per alzarsi in piedi.

- No, che fai?! – scattò Paul, colto di sorpresa.

- Devo andare –

- Non ho finito l’intervista! –

- Ah, è così che la chiami, adesso? – ridacchiò l’altro, indossando la giacca e chiudendone i primi bottoni.

- Dai – lo pregò il ragazzino – Ancora qualche domanda –

- Devo portare fuori il cane, Pop –

- Ti posso accompagnare? –

- No – negò Ryan dandogli una pacca sulla spalla – Però puoi farmi un favore –

- Quale? – mugugnò afflitto Paul, sollevando il viso per riuscire ad incontrare il suo sguardo.

- Contatta Scarlett a nome mio – sorrise Ryan, passandogli un bigliettino di carta – E raccontale la tua teoria del cane, della sgridata e del mostro di Frankenstein –

Paul sbatté le palpebre, l’espressione persa:

- Perché? – balbettò, confuso.

- Abbiamo tutti bisogno di una sana risata, ogni tanto –

 

§§§

 

 

 

 

 

* C’è un fondo di verità in tutto ciò che ho scritto, ma non prendete niente per oro colato: ho allegramente ricamato su tutto ^^

 

Allora.

Questa è stata la seconda intervista del nostro Pop, cosa ve ne è parso?
Andiamo peggiorando, non è vero? :D

Se anche fosse, spero di aver almeno strappato una sana risata anche a voi.

Per leggere la prima intervista potete andare qui: Una vagonata di caffè
Qui, invece, trovate il link della serie: Intervista col botto

 

Un bacio e alla prossima intervista col botto,

Sara

 

 

 

 

 

 

   
 
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