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Autore: Ema Penniman    07/10/2012    2 recensioni
Kurt ha un segreto. Quando entrerà a far parte della sua vita un tornado con i ricci riuscirà a mantenerlo tale?
Una storia idiota dove la pazzia dei Warblers ha contagiato anche il mondo dei fumetti.
Dalla storia
Erano già tre anni che Kurt andava avanti con questo tipo di vita, e ormai ci aveva fatto l’abitudine.
Aveva sempre avuto dei super poteri, fin da quando era un neonato
Una Klaine fluff, pochissimo angst e tanta Niff
Superhero!Kurt Bad Boys!Blaine+Warblers
Genere: Fantasy, Fluff, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Jeff Sterling, Kurt Hummel, Nick Duval, Sebastian Smythe | Coppie: Blaine/Kurt, Nick/Jeff
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Superheroes Parody'
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Hollywood




I can’t get over the way you love me, like you do
But I’ve to be sure, when I walk out the door
Oh how I want to be free, baby.
(Queen – I Want to Break Free)


Non potevano avere interrotto quella bellissima serata


Etero, Kurt. ETERO

per una cosa così stupida come un borseggiatore. E se ci fosse stata una rapina a mano armata che avrebbero fatto? Avrebbero chiamato le forze militari al completo?! Ma dai… la polizia di New York non può essere così mediocre, suvvia, anche un bambino avrebbe sap…

“Tesoro, ma non era un libro anonimo?” mi giro verso Kurt.
“Si, perché?”
“Beh, sai, hai appena scritto New York e di norma, nei libri anonimi, i luoghi sono inventati!”
“Cazz… giusto. Ma come dovrei chiamarla?”
“Non so… prova Glitterland” dice rivolgendomi un sorriso innocente.
“No, Kurt. Non è la tua città. Al limite Wanderland” inarca un sopracciglio con fare interrogativo.
“So che me ne pentirò, ma, di grazia, perché Wanderland?”
“Ovvio. Per l’assonanza tra Warbler e wander” sorrido mentre sbuffa esasperato.
“Tu sei malato”
“Ma dai” lo sto guardando praticamente con l’espressione da cucciolo bastonato, è impossibile che non ceda.
“Va bene – ecco. Infatti, ha ceduto - Chiamala come vuoi, basta che non proponi altre boiate come questa, perché preferirei di gran lunga fare un bagno nell’acido che abitare in una città con quel nome”
“Blurt Town” esclamo alzando un dito verso l’alto.
“Eh? Cosa sarebbe? Perché a me fa venire in mente il suono di quando qualcuno vomita”
“Blurt è l’unione dei nostri nomi, poi ho aggiunto town perché fa figo. Modestamente è un idea geniale”
“Blurt Town” se prova ad alzare un altro po’ il sopracciglio rischia che si attacchi ai capelli.
“Si. Blurt Town”
“Scusa, puoi ricordarmi perché non ti ho ancora lasciato?”
“Ovvio. Perché mi ami da morire” sospira.
“Purtroppo si”
Si avvicina e mi lascia un bacio a fior di labbra. Fa per allontanarsi, ma lo trattengo a me e inizio a passare la lingua sulle sue labbra. Appena sento la bocca di Kurt dischiudersi ne approfitto immediatamente per approfondire il bacio.
Diversi minuti dopo siamo costretti a staccarci a corto di ossigeno.
Sorridendo dice “A me comunque continua a non piacermi come nome”
“Allora chissenefrega. Io continuerò a chiamarla New York” annuisco più a me stesso.
“Fa come vuoi, ma ti avverto” dice puntandomi contro il dito indice “Se qualcuno viene a rompermi le palle, sappi che non ci metto un attimo ad affogarti”
“Lo sai che sei particolarmente eccitante quando mi minacci” faccio scorrere lo sguardo su tutto il suo corpo. Vedo che l’effetto di quell’ attenzione fa l’effetto desiderato.
“Vuoi vedere quanto riesco ad essere cattivo?” chiede con una finta innocenza che viene tradita dallo sguardo malizioso che la segue.
“No. Ora devo scrivere” e mi giro verso il computer di nuovo.
“Fottiti” sento il suo sguardo d’odio profondo su di me.
“Magari dopo passo. Grazie”

Non ci sarà mai verso di lasciarmi finire in pace…

Kurt ritornò nel vicolo in cui aveva lasciato i vestiti. Con il favore del buio riuscì a non farsi vedere, anche se non era molto facile visto e considerato che indossava uno sbrilluccicante mantello.

Si guardò intorno fin quando non individuò il sacchetto in cui aveva accuratamente conservato la sua mise. Fortuna volle che questa volta, non glieli avessero rubati. L’ultima volta era dovuto tornare a casa con il costume, e la vicina aveva iniziato a saltellare dalla gioia.

“Glitterman! Ommiodio Glitterman! Ti prego fammi un autografo!” ovviamente Kurt alla fine aveva ceduto e le aveva anche dovuto lasciare un laccio dello stivale come souvenir, per scrollarsela di dosso e potersene andare.

Una volta recuperati i vestiti, si rivestì in tutta fretta, facendo molta attenzione che nessuno passasse di lì. Sostituì gli stivali neri con quelli brillantinati, li ripose nel sacchetto e li mise con cura nella borsa; si infilò camicia e pantaloni, piegò il mantello e, lanciando un occhiata preoccupata intorno, levò la maschera. Ripresi i suoi panni, mise la borsa a tracolla sulla spalla ed uscì dal vicolo come se nulla fosse.

Erano già tre anni che Kurt andava avanti con questo tipo di vita, e ormai ci aveva fatto l’abitudine.

Aveva sempre avuto dei super poteri, fin da quando era un neonato.

Kurt veniva dal pianeta Astrea, che si trovava nella galassia, che sulla terra, è conosciuta come Whirpool. Aveva vissuto sul suo pianeta per circa quindici minuti, essendo Astrea un posto veramente molto piccolo, lui, anche se era raro che nascessero bambini, non avrebbe comunque avuto un posto dove vivere, poiché il luogo era già sovrappopolato. Infatti se malauguratamente nascevano dei bambini, questi venivano immediatamente spediti su qualche altro pianeta.

La razza di Kurt, gli astreani, erano esseri immortali, potevano scegliere se rimanere giovani per sempre o continuare ad invecchiare. Ovviamente nessuno aveva mai valutato la seconda opzione, poichè non c’era l’ alternativa ‘rewind’. Questa peculiarità era valida anche per Kurt, infatti, giunto all’età di vent’anni, un giorno guardandosi allo specchio aveva deciso che la sua bellezza non avrebbe mai potuto raggiungere livelli più alti, e aveva deciso di fermarsi.

Appena nato Kurt era subito stato messo su una capsula e spedito, sul primo mondo libero che avevano trovato, con condizioni di vita simili a quelle di Astrea, e fortuna volle che fosse proprio la Terra ad ospitare il piccolo Kurt.

Era atterrato in un campo, nei pressi di una cittadina chiamata Lima, in America, provvisto solo di una copertina, una foto di lui con sua madre che lo teneva tra le braccia e una collanina su cui era inciso il suo vero nome: Nebas.

Il piccolo, dopo l’atterraggio, era stato trovato da Burt Hummel, che viveva lì vicino, con la moglie Carole. La famiglia lo aveva ben accolto e considerato che Carole, aveva dato alla luce un bambino da qualche settimana, decisero di tenerlo con loro e dire a parenti ed amici che fossero gemelli, in modo da non dover spiegare l’origine di quella piccola creatura di cui loro avevano già capito la provenienza aliena.

L’unica falla in tutta la situazione era che, il piccolo, che decisero di chiamare Kurt, non assomigliava affatto ai due genitori, tranne per una vaga e lontana somiglianza al colore degli occhi di Burt. La mescolanza tra verde, blu e grigio, conferivano agli occhi del bambino una vago aspetto ultraterreno.

Con il passare degli anni, Kurt, aveva sviluppato i poteri della propria razza. Ad esempio verso i cinque anni aveva causato l’ incendio del capanno degli attrezzi di Burt e così, si erano trovati costretti a spiegare al figlio le origini della sua provenienza, ma poiché il bambino era ancora troppo piccolo, aveva appreso la notizia come una punizione per quanto aveva combinato ed era scappato in camera piangendo, pensando che i genitori lo volessero mandare via di casa.

Non avevano più toccato l’argomento, anche se gli incidenti erano continuati.

Verso i 15 anni, un giorno d’ estate mentre lui e suo fratello Finn, giocavano a frisbee in giardino, una folata di vento fece volare il disco sul tetto, e con un “Ci penso io” Kurt era saltato sulla sommità della casa con facilità.

Stupito con se stesso di quanto aveva appena fatto, e guardando l’espressione stupita di Finn, era subito corso a parlare con i genitori, che gli rivelarono tutto quello che sapevano; facendogli vedere la capsula sulla quale era arrivato, che era ben nascosta nel garage tra i pezzi di ricambi delle auto (Burt era un meccanico), la foto di quella che presumibilmente doveva essere sua madre e la catenina che, porta tuttora appesa al collo.

Durante gli anni del liceo aveva dovuto tenere i poteri ben nascosti e dal momento che non aveva mai avuto molti amici, se non il fratello, molto impegnato tra il football e le cheerleader, non era stato poi così difficile.

Durante il penultimo anno, il professore di spagnolo, Will Shuster, aveva fondato un Glee Club, al quale si era subito iscritto e lì aveva conosciuto i suoi attuali migliori amici, tra cui Rachel e Mercedes.

Dopo il liceo si era trasferito a New York deciso a tutti i costi ad entrare alla NYADA, l’ università Newyorkese per le arti drammatiche, ma al provino era stato scartato.

Fortunatamente Santana, una sua compagna del Glee, sapendo che il ragazzo aveva occhio per la moda, aveva mandato a sua insaputa una domanda d’iscrizione alla Parsons. Il giorno dopo il rovinoso provino alla NYADA, la ragazza gli aveva rivelato che la settimana seguente si sarebbe tenuto il suo colloquio per entrare alla scuola di design. Kurt entusiasta rimase sveglio tutta la settimana, disegnando modelli.

Una volta accettato alla scuola, durante il corso del primo anno, si era distinto in modo particolare, tanto che gli avevano proposto di entrare come stagista da Vogue. Ovviamente lui al colmo della felicità aveva subito accettato e l’anno successivo era diventato costumista.

Gli anni dell’università erano stati abbastanza duri, visto che doveva dividersi tra lo studio, il lavoro presso Vogue e il suo impiego a tempo pieno come supereroe impegnato a combattere il crimine e le ingiustizie.

Di solito sotto i vestiti indossava la tuta, per questo non aveva quasi mai problemi di arrivare in ritardo, se lo chiamavano per un super intervento mentre era fuori casa. Inoltre portava sempre con sé l’orologio da polso, che sindaco di New York in persona gli aveva donato, così da poter sempre contattarlo in caso di emergenze (ultimamente erano diventate davvero troppe), e una borsa a tracolla, nella quale teneva sempre pronti mantello, maschera e super stivali.

Per quanto riguarda la sua vita personale, Kurt aveva sempre saputo di essere gay. Aveva capito che in lui c’era qualcosa di diverso dagli altri bambini quando, da piccoli, ci si prende di solito delle cotte per alcuni compagni di gioco.

Una volta tutti i bimbi per san valentino avevano regalato un cuore disegnato alle bambine di cui in quel momento erano cotti; lui aveva disegnato un grande cuore rosso, l’aveva colorato con i pastelli a cera, ritagliato ed era andato da un bambino biondo e ricciolino a regalarglielo. Aveva pianto per tre giorni quando, quel bambino, dopo aver visto quello che aveva fatto, era scappato lasciandogli in mano il disegno.

Quando poi da grande aveva fatto coming-out con i suoi genitori, quelli non ne erano stati affatto sorpresi, anzi gli avevano detto che lo avevano capito già da parecchio tempo e per loro non era mai stato un problema. Anche Finn, che si era sorpreso solo un po’, perché si sa Finn non è certo una cima, l’aveva abbracciato commosso, e da quel momento era diventato ultra protettivo nei suoi confronti, non che prima non lo fosse, ma dal coming-out era diventato con una specie di body guard personale per Kurt.

Anche Glitterman era palesemente omosessuale, questo si notava dal fatto che portasse dei vestiti sbrilluccicanti e sul petto aveva i colori della bandiera gay*.

Kurt arrivò a casa, buttò la borsa sulla prima superfice disponibile e si tuffò sul divano, a mo’ di delfino, prese il telecomando e accese la Tv sintonizzandola sul programma delle notizie in tempo reale. Ovviamente stavano trasmettendo la sua meravigliosa e tempestiva apparizione nel momento in cui il borseggiatore scappava tra la folla. Lui lo aveva bloccato per il colletto della camicia, e si era girato verso la prima telecamera disponibile, che sfortunatamente quella volta era il cellulare di un ragazzino, aveva mostrato il suo smagliante sorriso, ammiccando verso l’obbiettivo.

Adoravaessere ripreso, e adorava autoglorificarsi ogni volta che Glitterman era felicemente circondato dalle telecamere, solitamente quelle delle reti newyorkesi, ma a volte, quando sventava qualcosa di grosso, era addirittura mandato in diretta nazionale, se non mondiale. Spesso e volentieri, quando lo fermavano concedeva che gli si rivolgesse qualche domanda, alle quali però rispondeva sempre in modo vago.

In pratica tutti erano adoravano il suo modo carismatico di parlare e lo veneravano.

Glitterman era la parte di Kurt che non era mai uscita veramente fuori durante tutta la sua vita, perché era sempre stato un ragazzo timido e riservato, che non si concedeva di legare con la gente, a meno che non fossero parenti o persone che facessero parte della sua ristretta cerchia di amici intimi. Glitterman invece incarnava quelle sfaccettature del carattere di Kurt meno evidenti. Lui era e sapeva di essere superiore a tutti. Tutti lo rispettavano e nessuno lo prendeva in giro per la sua sessualità.

Dopo aver guardato il notiziario, spense il televisore, e si sollevò dal divano, perché se fosse rimasto un altro po’ sdraiato, si sarebbe addormentato e non poteva permettersi di dormire vestito.

Sbottonò camicia e pantaloni centrando, in pieno stile giocatore di basket, il cesto della biancheria da lavare, e andando in bagno iniziò ad allargare la tuta dal collo facendola passare attraverso le spalle. Era fatta di un tessuto indistruttibile, elastico, indeformabile, super leggera e traspirante, sia che fosse estate o inverno, ed inoltre lavabile insieme a qualsiasi altro capo in lavatrice a 80 gradi con qualsiasi tipo di detersivo.

Davanti allo specchio del bagno, dopo essersi lavato i denti, si sistemò i capelli con una fascetta, in modo da non sporcarseli, e iniziò ad applicare una serie infinita di creme, non aveva bisogno di quelle anti-età o per le imperfezioni, ma odiava avere la pelle secca o opaca, quindi ogni sera prima di andare a letto aveva un complesso rituale di idratazione, così come pure la mattina.

Dopo aver terminato l’ operazione e aver appeso meticolosamente la super tuta nell’ armadio, si lanciò stravolto sul letto. Era un supereroe, si, ma anche lui sentiva la stanchezza. Eccome!

Sotto le lenzuola si concesse di ripensare alla splendida serata che aveva passato (eccezion fatta per quando era stato interrotto da quei rompiscatole dei poliziotti che non sapevano nemmeno fare il proprio mestiere) in compagnia di Blaine (e di altre quattro persone).
Quel ragazzo era veramente bello.

Kurt, ma sei ottuso o cosa?! È etero. ETERO.

Poteva sempre concedersi però di fantasticare su quel bellissimo ragazzo o no?

Si addormentò con un sorriso sulle labbra. Sognò tutta la notte un mondo diverso, in cui lui sarebbe potuto andare in giro con il suo bel ragazzo essendo se stesso senza doversi mascherare da Glitterman, e quel ragazzo aveva stranamente dei capelli gellati e un sorriso fantastico.

 


Uno strano ronzio lo riportò alla realtà. Kurt aprì gli occhi e cercò di mettere a fuoco la stanza inondata dal sole e di malavoglia guardò l’orologio e lesse che erano ancora le nove. Dannazione. Quale razza di svalvolato manda messaggi il sabato mattina alle nove?!

Si alzò dal letto barcollando come uno zombi e si diresse verso la sedia sulla quale, la sera prima aveva abbandonato il cellulare. Lo prese e controllò il numero. Sconosciuto. Ovviamente era Rachel che gli mandava il messaggino del ‘buon’ giorno dal telefono del suo ragazzo. Fece scorrere la slide per sbloccare il messaggio.

Lanciò un urlo e il cellulare per poco non gli cadde dalle mani.

Hey, Kurt. Sono Blaine, quello
di ieri sera, ricordi? Comunque scusa
se ti disturbo così presto, ma poi
sicuramente mi avrebbero appioppato
qualche cosa da fare. Volevo chiederti
se pomeriggio verso le cinque sei libero,
magari ti offro un caffè e ti
faccio qualche domanda per quell’intervista.

Fammi sapere (=
-B


Blaine gli aveva mandato un messaggio. Blaine l’aveva invitato a prendere un caffè. Blaine l’aveva invitato a prendere un caffè per lavoro. Blaine era etero. Ignorò bellamente le ultime due affermazioni e si affrettò a rispondere.

Certo che mi ricordo =)
ci vediamo allo Starbucks nella
14
ª nel Lower East Side?
-K


Contaci. Ci vediamo lì =)

Aprì la porta della cabina armadio, e rimase a guardarvi dentro per ben dieci minuti. Nonostante fosse grande quasi quanto la sua stanza da letto, e vi fossero più vestiti di un outlet, non riuscì a scegliere un outfit che lo soddisfasse appieno.

Bene. Aveva un appuntamento con Blaine. E non aveva la più pallida idea di cosa mettersi. Miseriaccia. Doveva andare a fare shopping. E anche in fretta, altrimenti non sarebbe mai tornato in tempo.

Proprio in quel momento venne distratto dal lampeggiare fastidioso dell’orologio da polso. Sul display apparve un messaggio del sindaco: Glitterman, abbiamo bisogno del tuo aiuto. Rapina in banca sulla 59ª, fa presto.

Kurt sbuffò sonoramente. Che palle. Era mai possibile che ci fosse sempre qualcosa che non andava bene?! Non potevano essere tutti buoni e gentili per una volta?

E ora come ci andava a fare shopping con quel contrattempo? Beh, si sarebbe inventato qualcosa.

Andò di corsa in bagno ad applicarsi almeno le tre creme fondamentali delle 7 che si spalmava tutte le mattine sul viso. Si guardò i capelli. Erano troppo in disordine. Perfetto. Più schifo di così non posso fare. Si mise la tuta in fretta e si allacciò gli stivali. Cercò il cellulare e le chiavi e li mise nella tasca posteriore.

Stava per uscire dalla porta sul retro, ma ovviamente si era dimenticato la maschera. Qualche giorno te la dimenticherai, e saranno cazzi…
Sbuffò sonoramente ed usci. Almeno l’aria fresca che gli sferzava sul viso mentre volava l’avrebbe fatto svegliare per benino.




Spazietto di Ema

Sono riuscita a completare il secondo capitolo, quindi penso che pubblicherò una volta a settimana.
I nomi alieni li ho inventati di sana pianta, per il resto esiste tutto quanto.
Per chi non lo sapesse la bandiera omosessuale è questa
Una mia amica Gulips the moony mi ha fatto un disegno
Ringrazio tutti quelli che seguono e leggono la storia C=

   
 
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