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Autore: VaVa_95    07/10/2012    8 recensioni
<< Don't think, just Save Me >> Questo è quello che pensano tutti i protagonisti di questa storia. Non pensare, salvami. Perché forse è proprio questo di cui si ha bisogno: avere una persona da salvare, per sentirsi un vero eroe, più di quanto non lo si sia già. TRATTO DAL CAPITOLO UNO: - Ehi! Voi due! Spicciatevi che dovete andare a scuola! – strillò la voce potente di Jimmy, mentre prendeva le chiavi della macchina. Non capiva proprio le donne, perché dovevano prepararsi per così tanto tempo? Lui si svegliava dieci minuti prima del suono della campanella e, in cinque minuti, era già pronto per andare, doveva solo aspettare quei due uragani delle sue sorelle minori.
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, The Rev, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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CAP. 12



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28 – 12 – 2009






Jimmy era steso sul letto, fissando il soffitto, pensieroso. Si era appena svegliato e doveva dire di averlo fatto piuttosto presto, dato che erano le nove di mattina (per i suoi standard, avrebbero dovuto fargli i complimenti).
Vicino a lui, stesa sul letto ancora addormentata, c’era Cris. Si girò verso di lei, per poi carezzarle la guancia un paio di volte. Non lo avrebbe mai ammesso, ma quando dormiva quella ragazza sembrava un angelo.
Anzi, era un angelo.
Era strano perché solo ora, in quel momento, si rendeva conto di quanto fosse speciale. Aveva sempre detto che l’angelo era lui, ma anche lei lo aveva salvato. Non sapeva esattamente da cosa, ma lo aveva fatto. Era grazie a lei che ora poteva ancora fissare il soffitto e fare ragionamenti contorti come quelli, per lo meno.
Stava pensando a quella sera. A quel che sarebbe successo.
La sera di Natale Brian, Cris e Saya erano entrati in casa tranquilli, ma appena il chitarrista aveva visto Zacky aveva comunicato, con la grazia di un elefante che si ritrovava, che al concerto avrebbero avuto un’ospite speciale: Electra.
Ovviamente il ragazzo c’era rimasto male. Ecco, più che male proprio non aveva reagito. Si era pietrificato. Per poi sedersi sul divano e rimanere lì a pensare finché un Johnny mosso a compassione gli mise in mano un joystick per giocare alla play-station.
Non sapeva per certo se poteva considerarsi una reazione normale. Per tutti quegli anni non avevano mai parlato in modo serio di lei… la nominavano poco e, se lo facevano, era per scherzare un po’. Come se… se… se fosse morta, come se non ci fosse più, invece era solo andata a New York. Ed era proprio lì che avevano sbagliato, loro quattro. Avrebbero potuto fare tante cose: parlarne di più, convincere Zacky a chiamarla… invece non era successo niente di tutto questo.
E il tempo passava.
Erano davvero passati dieci anni. Dieci fottutissimi anni. Era strano come il tempo passasse in fretta. Quasi non ci si accorge dello scorrere delle lancette, ma… queste, inevitabilmente, continuano a funzionare.
Il suo sguardo si posò di nuovo su Cris, per poi spostarsi sul pancino che racchiudeva suo figlio, il suo bambino. Non si aspettava nemmeno quello. Non si aspettava tante cose, lui. Il tempo, inevitabilmente, scorreva anche per lui… o per lei. E sapeva già che presto lo avrebbe stretto fra le braccia e, in men che non si dica, lo avrebbe già trovato (o trovata) a partire per il college.
Perché il tempo scorreva veloce, ma soprattutto silenzioso. Tutti gli uomini inevitabilmente sono indifferenti a questo fattore… ma per lui era il più importante di tutti. Quello che, forse, determinava tutti gli altri.
E stava di nuovo precipitando nei suoi discorsi senza senso. Chiuse gli occhi, ricordando alcuni avvenimenti che senza dubbio gli avevano cambiato la vita.
 
- Mh… secondo me questo – esclamò Brian, indicando un anello in oro bianco con una grande (ma non troppo) pietra blu.
Gli Avenged Sevenfold si trovavano in una gioielleria di Los Angeles, intenti a guardare con aria assorta una dozzina di anelli. Lo sapevano tutti quanti che il primo a sposarsi sarebbe stato Jimmy.
E ora quella convinzione che aveva viaggiato indisturbata nei loro pensieri stava prendendo forma. Qualche sera dopo, il diciotto di ottobre (la data del compleanno di Cris), Jimmy avrebbe davvero dato una svolta alla sua vita. Beh, ormai poteva certo dire di esserci abituato.
Aveva chiesto a loro, alle quattro persone alle quali doveva tutto, senza le quali non avrebbe potuto respirare, di accompagnarlo in gioielleria per compiere anche quella scelta.
Insieme, come sempre.
- Dici? – domandò Matt, prendendolo in mano e cominciando a giocherellarci.
Anche lui da un po’ di tempo stava pensando di fare la stessa cosa con Valary. Certo, era passato poco tempo da quando si erano rimessi insieme (in realtà erano passati tre anni, ma quelli erano solo dettagli) e certamente la loro relazione non era sempre stata rose e fiori ma… cavolo, si amavano. Era quello che veramente importava. E se, come gli ricordava sempre Johnny, avevano deciso di riprovarci dopo anni da quel fatidico giorno che era meglio dimenticare, voleva dire che potevano affrontare tutto.
- Beh… si – rispose il chitarrista – la pietra è blu. Blu come gli occhi di Jimmy. E blu come il ciuffo di Cris -
- Vero – gli diede man forte Zacky – è tutto collegato. Sicuramente le piacerà. -
- Ha un altro… diciamo pezzo di te da portarsi dietro, quando magari siamo chiusi in studio registrazione per giornate intere o siamo in Europa per i concerti – concluse Johnny, annuendo convinto.
Era quello giusto, ovvio. E non avrebbe mai scelto un anello simile senza i loro consigli. Li amava davvero.
- Grazie, ragazzi – esclamò, ridacchiando – ma ora… non diventatemi esperti in materia, okay? Potrei preoccuparmi! -
 
Avevano come al solito avuto ragione. Cris era impazzita per l’anello. E senza che lui la informasse aveva subito capito il perché di quella pietra blu.
Era strano… ora che ci pensava, era partito tutto da Brian. Quel chitarrista svitato aveva sempre le idee migliori, accidenti a lui.
E… diceva sempre che era l’ultimo a capire le cose, ma era stato il primo a capire che Cris era incinta, qualche mese prima. E lui non gli aveva nemmeno creduto.
 
- Impossibile. -
- Come fai a dirlo? -
- Bri, andiamo… può essere di tutto, lo sai che gira l’influenza? -
- Ma te la ficco su per il culo, l’influenza! – strillò Brian, con la sua solita delicatezza – ci scommetto cinquanta dollari. -
- Alziamo la posta! – strillò Matt, dandogli manforte – cento dollari. -
Si, rockstar di fama internazionale al massimo scommettevano cento dollari, ma che ci potevano fare, erano comunque scommesse tra amici, nulla di serio.
Anche gli altri avevano capito tutto. Di quelle cose ne sapevano poco, ma si ricordavano perfettamente di quando era nata McKenna, la sorellina di Brian. Prima di rendersi conto di essere incinta, la signora Haner soffriva di una nausea costante, capogiri, mancamenti ed era addirittura dimagrita. Certo, potevano essere i sintomi dell’influenza (una bella influenza, anzi), ma erano già grandi quando era successo tutto quello e se lo ricordavano perfettamente, anche se erano passati quindici anni.
Ed erano sicuri che se lo ricordava anche Jimmy.
- Io ci scommetto anche il Grammy Awards – esclamò Zacky, convinto.
- Il basso – affermò Johnny – mi ci gioco il basso.-
Ed era una cosa dannatamente seria, quella. Si stava davvero giocando il suo prezioso basso.
- Ragazzi, non capite proprio niente. -
- Sei tu che non capisci, Sullivan. -
- Va bene, va bene. Accetto la scommessa, Haner. -
- Ricorda: cinquanta dollari a me, cento a Matt, un Grammy a Zacky e un basso nuovo a Johnny. -
- E io che vinco? -
- Ma tu non vinci, caro mio – esclamò Matt – non trattiamo nemmeno. -
- Concordo – continuò Johnny.
- Non vincerai mai. Siamo troppo forti, noi – concluse Zacky.
Nemmeno tre ore dopo, Jimmy si trovava da solo con Cris a preparare la cena. Aveva delle occhiaie a circondarle gli occhi nocciola, segno che nemmeno quella notte aveva dormito molto a causa della nausea. Avrebbe dovuto davvero accompagnarla dal medico, quella mattina… ma non aveva avuto tempo… e poi, si era offerta Lia al posto suo, sua sorella era la sua salvezza.
- Jimmy… devo dirti una cosa. -
- Dimmi – esclamò, allegro, scoccandole un bacio sulla guancia e sedendosi su uno degli sgabelli da bar che avevano fatto installare in casa.
- Rimani seduto, ti conviene… - mormorò.
- Andiamo, che sarà mai successo? Hai vinto la lotteria? Hai comprato un jet privato? Hai perso la carta di credito? Aspetta, non abbiamo la carta di credito e tu non giochi alla lotteria, lascia stare… -
- Ehm… no…  - lo interruppe, prima che potesse sparare altre cavolate - io… Jimmy, senza troppi giri di parole: sono incinta. -
Silenzio. E lui non era mai capace di stare zitto.
La ragazza abbassò lo sguardo, arrossendo improvvisamente. Forse non era stato il momento giusto per comunicarglielo, ma… cos’era quella gioia che aveva improvvisamente invaso il suo corpo? Cavolo, sarebbe diventato padre.
Lui. Padre. Era… si, era una sensazione meravigliosa.
- Sei arrabbiato? – domandò la moglie, sempre tenendo gli occhi puntati sul pavimento.
- Arrabbiato?! Stai scherzando? È uno dei giorni più belli della mia vita! – strillò, prendendola fra le braccia e stringendola forte, in quell’abbraccio che a lei era sempre piaciuto – però… sono nei guai con i ragazzi. Devo loro centocinquanta dollari, un Grammy e un basso. -
- Posso sapere come accidenti farai a dare loro un Grammy? – domandò la ragazza, scoppiando a ridere.
Il batterista alzò le spalle. Mal che andava, avrebbe dato a Zacky una statuina di cioccolato ricoperta di carta dorata. Doveva solo trovarla a forma di microfono.
 
- Sei sveglio? – domandò Cris, destandolo improvvisamente dai suoi pensieri.
Non si era accorto che fosse sveglia. E se era sveglia lei era probabile che fosse sveglio anche il bambino. Ormai avrebbe dovuto cominciare ad usare il plurale.
- Ehi – la salutò, sorridendo e dandole un bacio affettuoso – hai dormito bene o lì dentro qualcuno ti ha fatto disperare? -
- Ho dormito bene – esclamò, sorridendo – davvero bene. Ormai la notte dorme anche lui. -
Era strano pensare che da cinque mesi a quella parte non erano più solo loro due. Insomma… non erano più Jimmy e Cris, erano Jimmy, Cris e… il bambino o la bambina. Okay, era stato un errore madornale quello di non chiedere il sesso, la vita sarebbe stata meno complicata. Non avrebbe dovuto più usare “lui o lei” nelle frasi.
- Sai… penso di essere convinto del nome da dargli… se è maschio intendo, cosa che non sarà – esclamò, stuzzicandola.
Si riteneva più un tipo da bambine, ma anche un maschio gli sarebbe piaciuto. Era suo figlio, cavolo, non importava altro. Era un essere a dir poco meraviglioso.
- Davvero? E quale sarebbe? -
- Brian – rispose, semplicemente – se sarà maschio si chiamerà Brian. -
 



- Non voglio essere… diciamo cattiva, ma… chi mi aiuta a preparare la cena? Dai che lo sapete che se non mangiate al concerto non reggete! – strillò Lea dalla cucina, mettendo a bollire l’acqua per la pasta.
Durante l’ultimo anno di liceo aveva preso parte a un corso di cucina, di solito facoltativo, e da allora non faceva altro che cucinare. Ormai poteva benissimo essere considerata la cuoca di famiglia.
Perché in fondo quello erano: una famiglia. Ad Huntington Beach avevano preso casa nella stessa via, in modo da rimanere comunque vicini. Potevano addirittura vedersi tutti dalla finestra. Era bello, era proprio quello che volevano.
Lea era quella che poteva considerarsi una costante, per i membri degli Avenged Sevenfold. In tutti quegli anni non se ne era mai andata, li aveva sempre seguiti dappertutto, aveva quasi fatto da madre nonostante fosse la più piccola (insieme a Lia, ma quest’ultima era di cinque mesi più grande). Lei e Johnny non si erano mai lasciati, neanche per poco. E ancora i ragazzi non sapevano come facesse a sopportarlo da ben dieci anni. Insomma… dieci anni era un tempo infinito. E contando quanto era innamorata, lo avrebbe sopportato per il resto della vita.
Il nano malefico aveva davvero un tesoro prezioso che avrebbe fatto bene a tenersi stretto.
- Vengo io – esclamò Valary dal salotto della suite, alzandosi e andando verso la cucina.
La cosa brutta dell’essere famosi era che, in qualsiasi albergo (a parte in quelli europei, li si stava sempre bene), non si poteva scendere nemmeno in sala da pranzo, in quanto ci si poteva imbattere in fan invasati venuti da non si sapeva nemmeno dove per assistere al concerto.
Loro amavano i loro fan, con tutto il loro cuore, ma le cose si facevano complicate quando cercavano un po’ di tranquillità non solo ad Huntington Beach ma anche in altri posti, in quel caso a New York.
Non potendo scendere, il gestore dell’albergo aveva dato loro la possibilità di avere la suite con una piccola cucina, in modo da poter cucinare direttamente in camera. Era probabile che in quell’albergo ci fossero dei fan, altrimenti non avrebbe concesso quel lusso molto facilmente.
- Eccomi, in cosa ti aiuto? -
- Taglia le verdure, per favore – rispose la ragazza, sfoggiando un sorriso – io intanto butto la pasta. E mi preparo psicologicamente a costringere Zacky a mangiare. -
Val annuì, cominciando a tagliare le verdure, pensierosa. Il chitarrista a stento aveva aperto bocca per tutta la giornata. I giorni precedenti li aveva passati in modo tranquillo, ma quando quella mattina si era resto conto che era il ventotto di dicembre si era praticamente chiuso in sé stesso. E nemmeno Johnny e il suo joystick lo avevano fatto muovere dal divano.
Avrebbero potuto tranquillamente scambiarlo per una statua di cera, di quelle che c’erano al museo di Madame Tussauds.
Non che lei fosse più tranquilla. Si sentiva terribilmente in colpa per quel che avevano fatto sua sorella e Gena (erano ancora amiche, nonostante tutto) e si, anche di quel che aveva fatto lei. Non si era per niente comportata da brava persona. Era come… se avesse giocato a fare la cattiva, un ruolo che non era suo.
Certo, poteva dire che avevano chiarito al telefono, ma… come sarebbe stato il confronto nella vita reale? Si poteva davvero dire tutto e niente… ed era già stato parecchio imbarazzante il confronto con le altre ragazze che, nonostante tutto, l’avevano perdonata.
Altrimenti, nonostante fosse sposata con Matt, non le avrebbero rivolto la parola, nemmeno per un semplice “ciao”. E di certo non era essere vendicativi.
 
- Ascolta Matt, lo sai che sono la prima a volerle mollare un pugno in faccia per quel che ha fatto, ma si è ritirata dalle cheerleader, è sempre sola e… -
- Non. Me. Ne. Frega. Un. Cazzo. – sbottò il ragazzo interpellato, interrompendo Saya che stava parlando.
A Valary venne un colpo al cuore. Era appena arrivata a scuola e si era seduta sul muretto, senza volerlo (o forse si?) dietro all’albero dove, di solito, si appostavano le ragazze per chiacchierare.
Quella volta però, a sorpresa, le aveva raggiunte Matt e avevano parlato un po’, soprattutto del fatto che Zacky stava male e che, anche se apparentemente non sembrava, aveva davvero bisogno di loro. Voleva andarsene, ma poi aveva pensato che non poteva essere vista e, quindi, era rimasta lì.
E quelle parole le stavano facendo male. Erano dure, piene di disprezzo.
- Posso sapere cosa è successo tra te e Val quella sera? – domandò Lia – sono passati tre mesi, ormai è fine anno. Non puoi affrontare gli esami in questo stato, Matt. -
- Qualcosa mi inventerò – borbottò il ragazzo, scrollando le spalle – scriverò la tesina e boh, in qualsiasi modo va mi va bene. -
- Se tu fossi ancora insieme a Val… -
- Ma non lo sono, Lia – la interruppe il ragazzo con un gesto della mano – non lo sono. E non intendo esserlo ancora, okay? Non dopo tutto il casino che è successo. -
La ragazza sentì le lacrime pungere sulle palpebre, pronte a sgorgare di nuovo. Erano tre mesi che piangeva tutte le sere, per poi far finta di stare bene… ma se lo meritava, era giusto quel che aveva detto Matt. Si era comportata da stupida, aveva giocato ad essere la persona cattiva che non era…  e ne pagava le conseguenze.
- Matt, ci dici che ti ha detto quella sera? – questa volta era stata Cris a parlare (era strano, aveva parlato con loro pochissime volte ma sapeva benissimo riconoscere le loro voci), ripetendo la domanda che gli avevano fatto prima – quando sono salita al piano avevi un diavolo per capello. Le hai detto di andare a farsi fottere. Non è da te. -
- Infatti, sono stato troppo buono. -
- Matthew Charles Sanders – lo rimproverò Lea – non fare così. So che un minimo di rispetto per Val ce l’hai ancora. È comunque la tua ex. -
- Si si, come volete… vado in biblioteca. Si, in biblioteca, pensate un po’ come mi sono ridotto… ci vediamo questa sera. Forse. -
Anche Valary vide il ragazzo allontanarsi. Cercò di respirare a fondo. Non doveva piangere, non doveva proprio farlo. Non era il momento. Era comunque un posto isolato ma gli studenti di tutta la scuola erano nelle vicinanze.
- Non smetterà mai di amarla, vero? – domandò Cris, retoricamente.
- No – le rispose Lia – assolutamente no. -
- Finché non troverà un’altra ragazza speciale, almeno – la seguì a ruota Lea.
- Siamo sei miliardi di persone. La troverà. Il problema è sapere quando – concluse Saya.
Ed ecco che con quella frase l’aveva uccisa definitivamente.
Niente lacrime, niente lacrime, niente lacrime… le sfuggì un singhiozzo e immediatamente le lacrime cominciarono a sgorgare. E, ovviamente, si era fatta sentire. Complimenti Valary, bel colpo. Ora si che potevano odiarti ancora di più.
- Ma da quanto tempo sei qui dietro? – domandò Lea, cercando di incontrare lo sguardo sfuggente della giovane.
- … da un po’. -
- Il che vuol dire “ho sentito tutto” – esclamò Saya.
Non era per niente delicata come il fratello o la sorella, assolutamente. Lei era diretta: diceva le cose in faccia, andava dritta al sodo e ovviamente anche i suoi interlocutori dovevano essere tali. Ma in quel momento stava male, non voleva mettersi a discutere per la poca delicatezza.
- I-io… scusatemi. Sul serio… n-non… non lo sapevo – balbettò, fra le lacrime.
Si sentiva una bambina. Una bambina che aveva perso il suo peluche preferito per sempre.
Le ragazze si scambiarono uno sguardo d’intesa: occhio per occhio, dente per dente diceva un vecchio detto. Ma quello valeva per le persone cattive. Loro non lo erano e, nonostante tutto, nemmeno Val lo era. Era inutile comportarsi come aveva fatto lei. Era simbolo di immaturità.
- Che ne dici se andiamo a prendere un caffè? – domandò Cris, tendendole la mano per farla alzare – è presto per entrare a scuola… e così abbiamo occasione di parlare. -
- E poi – aggiunse Lia, sfoggiando un sorriso – Starbucks fa sempre tornare il buonumore. Niente è meglio di Starbucks. -
 
- Okay, teste di rapa, è pronta la cena! – strillò Lea, allegra come al solito, mentre scolava la pasta – tutti a tavola! E vedi di mangiare, Baker! -
- M-ma io non penso di aver… -
- Oh si che tu hai fame, caro mio – disse Cris, facendolo sedere al tavolo e lanciandogli uno sguardo minaccioso – e quindi mangerai. O questa sera non ci sali, sul palco. -
E quando Cris Sullivan minacciava, era meglio ascoltarla.
 
 


La gente urlava, il che era del tutto normale.
Era normale urlare, nei concerti.
Electra aveva sempre amato andarci, anche se non aveva mai desiderato andare ad un concerto degli Avenged Sevenfold. I ricordi erano troppi. O forse, come amava ricordarle il fratello, era solo una scusa per non affrontare quello che, prima o poi, si sarebbe comunque trovata a dover fare.
E aveva ragione. Aveva solo quindici anni, Alex era dannatamente maturo.
I due si fermarono davanti al cancello laterale dove Brian aveva detto loro di aspettarlo. Erano poco lontano dai cancelli dove i fan aspettavano di entrare e non erano stati notati. Ma loro erano stati notati da lei, ovvio. Non aveva mai visto tanta felicità, gioia, eccitazione e al contempo preoccupazione mischiate insieme. Non aveva mai visto sorrisi così luminosi, pianti così felici… era qualcosa di meraviglioso. Erano i Deathbat, erano felici perché da lì a poco avrebbero finalmente visto i loro idoli. E lei era in mezzo a loro, nonostante tutto. Quei cinque svitati erano i suoi idoli.
Beh… a parte Zacky. Lui era il suo angelo. Era strano come dieci anni fossero passati così in fretta. Non se ne era quasi accorta. Si era diplomata, laureata, aveva continuato la sua vita… ma tutto quel che aveva fatto lo aveva fatto a nome suo. Pensando a lui. Anche a chiedersi cosa lui avrebbe fatto se si fosse trovato in una determinata situazione. Era la sua costante. Era come se, con il pensiero, potesse tenerlo aggiornato su tutte le cose che faceva, anche se era dall’altra parte dello stato.
Ridicolo, semplicemente ridicolo.
Cosa le costava prendere quel telefono e digitare il numero?
Nulla. Però non l’aveva fatto.
“Beh, se è per questo neanche lui” bisbigliava una vocina sottile nella sua testa. Ormai la sua coscienza era diventata flebile, così tanto che per poco non la sentiva più. O forse non era mai esistita e lei era una schizofrenica che sentiva voci che non esistevano.
Il che era parecchio probabile.
- Ehi guarda, c’è Lia – esclamò il fratello ottenendo la sua attenzione e indicando una ragazza che si stava sbracciando per salutarla.
Electra scoppiò a ridere: era sempre rimasta la solita Lia. Era meglio andare ad abbracciarla prima che potesse commettere un omicidio per stritolamento. E ovviamente era lei il soggetto da stritolare.
 

- Zacky, calmati – borbottò Johnny, seguendo l’amico con lo sguardo.
Ormai era mezz’ora che faceva avanti e indietro nel dietro le quinte del concerto. Ormai il pavimento del backstage aveva impresse le impronte delle sue scarpe.
E il bassista poteva dire benissimo che, nel complesso, aveva fatto due o tre chilometri con tutto quell’andirivieni forsennato. Non era successo niente, cavolo. Era solo che la sua ex ragazza che non vedeva da dieci anni e con la quale si era lasciato in dubbio modo stava per varcare la porta alle loro spalle per (finalmente) rivederlo.
Beh, ora che la metteva su questo piano, capiva perfettamente perché era agitato. E insieme a lui ovviamente si metteva anche Valary. Era si una delle sue migliori amiche, ma se la meritava davvero un po’ di ansia. In fondo era lei che si era comportata da completa stronza, non c’erano altri modi per definirla.
Sospirò: donne, amori, queste cose sconosciute. A Zacky, ovvio.
- Mi stai facendo venire l’emicrania – lo avvisò Brian, facendosi cadere sul divano vicino a Jimmy che stava roteando le bacchette della batteria come faceva sempre prima dei concerti.
Aveva ragione, cavolo. Se continuava con quel movimento ossessivo avrebbe fatto venire il mal di testa a tutti.
- E prendi un’aspirina, che ne so – biascicò il giovane, senza fermarsi.
Quattro chilometri, aveva sfiorato la soglia dei quattro chilometri.
- Zacky, fermati! – esclamò Matt, mettendo le mani sulle spalle del ragazzo e cominciando a scuoterlo – non devi avere paura. Si tratta di Electra. -
- Ed è proprio di questo che ho paura! – strillò il chitarrista, scostandosi e riprendendo a camminare.
Ops. Furia di M. Shadows nonché Matthew Sanders fra tre…
- Zacky… -
Due…
- Ascoltami bene… -
Uno…
- SMETTILA DI ANDARE AVANTI E INDIETRO COME UN DEFICIENTE, NON CAMBIA LE COSE! – strillò, con tutta la sua potenza vocale, facendo sobbalzare tutti.
Erano abituati alla sua voce, ma quando si metteva ad urlare all’improvviso i presenti non potevano fare a meno di spaventarsi.
- Mi hai fatto prendere un infarto, Matt! – strillò a sua volta Zacky – ho perso dieci anni di vita! -
- E allora smettila di fare così! -
- No, tu smettila di fare così! -
- Ma io non ho fatto proprio un bel niente! -
- Ehm… ragazzi… - li interruppe Lia, tossicchiando.
I due si voltarono, trovando oltre alla ragazza altre due figure che a stento riconobbero. Soprattutto quella maschile.
Un ragazzo alto, dai capelli neri scompigliati, gli occhi oro profondi e la pelle chiara. Indossava dei jeans stracciati, delle scarpe da ginnastica nere, una maglietta quasi sfatta dei Metallica sotto la giacca di pelle. Un rocker, proprio come loro. Dov’era finito il piccolo e innocente bambino di dieci anni prima, che non lasciava la presa sul suo amato orsacchiotto nemmeno se lo si pagava?
- A… Alex? – boccheggiò Matt, appena il ragazzo fece un cenno di saluto.
- Ciao Matt, è un piacere rivederti – lo salutò, sfoggiando un mezzo sorriso.
- ELECTRA! – strillò la voce potente di Jimmy, che scattò in piedi e avvolse in un abbraccio la persona vicino al ragazzo, praticamente stritolandola.
Jeans strappati e maglietta dei Guns ‘N Roses, osservò Brian.
Quella maglietta, la stessa che aveva messo la prima volta che era venuta alle prove della band. E se non era quella era una simile. Si ricordava tutto anche lei, allora, in ogni singolo dettaglio.
- A… aiut… J…. Jimmy non… non respir… respiro – provò a dire.
- Oh… ehm… scusa – esclamò il batterista, lasciandola andare di botto – è così che succede quando non vedo una persona per tanto tempo. -
Aveva salutato tutti tranne lui. Zacky era imbarazzato e non riusciva a guardarla negli occhi, anche se si capiva che doveva parlarle. In fondo, avevano ancora un’ora buona da passare nel backstage, non poteva certo ignorarla.
- … ehi – lo salutò, timida.
Timida come la prima volta che si erano incontrati nel corridoio della scuola. il ragazzo alzò gli occhi su di lei e i loro sguardi si scontrarono di nuovo.
La resa dei conti.
Zacky tirò un respiro profondo: sapeva che quel momento sarebbe arrivato. Si era sentito impreparato fino a due secondi prima.
Ma ora sapeva cosa dire.
Forse l’aveva sempre saputo.



Note dell'autrice:
Buongiorno e buona domenica Deathbats! *la prendono a schiaffi*
Ahia ç___ç okay, va bene, scusatemi se questo è l'ultimo capitolo! *i lettori la guardano ad occhi spalancati, si guardano e poi cominciano a festeggiare* ... beh, vedo che siete contenti, ehm. Ma manca ancora l'epilogo e... *i lettori ricominciano a prenderla a schiaffi*
Sul serio l'epilogo e poi scompaio, lo giuro! ç________ç
Okay, dopo avervi ancora reso partecipi del mio livello di idiozia, eccomi qua con l'ultimo capitolo. Manca l'epilogo e poi è finita... io avrei iniziato a scrivere qualcosina per una LONG PREQUEL, ma dipende anche da cosa volete voi... quindi sotto con le opinioni!
Ringrazio Electra, Lia, Cris e Lea <3
Ringrazio coloro che hanno recensito:
_ Rosie Bongiovi
_ Electra_Gaunt
_ _Cris
_ _Leah
_ Dominil
_ Doripri
_ blueberryjuice (<3)
_ Strong Haze
_ Erica_A7X
_ Slyth
_ KobraKiller_Juice
_ LiaEchelon
_ alexxx_fire_inside (<3)
_ Katsura
_ AlisGee
Ringrazio coloro che la seguono:
_ alexxx_fire_inside
_ AlmostEasy
_ BlackArrow
_ blueberryjuice
_ dizzyreads
_ Emss
_ Erica_A7X
_ GheggoBH
_ GyspyRose 
_ Katsura
_ LiaEchelon
_ LizLoveSyn
_ Luri07
_ MaryDay
_ MyChemicalDay
_ Rosie Bongiovi
_ Saturday24
_ wade 
_ _Cris
_ _Leah
_ __MD 
Infine ringrazio quelli che l'hanno messa tra le preferite *sparge cuoricini e orsacchiotti*:
_ alexxx_fire_inside
_ AlmostEasy
_ Crow15
_ KobraKiller_Juice
_ Manganese
_ Motherofgod
_ mimi96
_ NinaAlways
_ Rachel_Ugo
_ Rosie Bongiovi
_ Slyth
_ Leah
E ringrazio chi l'ha messa fra le ricordate:
_ GatesAnne
_ Ronnie02
_ _Cris

Siete l'amore, sul serio. Allora, per contattarmi, a parte le recensioni (e spero davvero ci facciate un pensierino^^), c'è il mio account Twitter @SayaWood e il mio account di ask.fm, dove potete fare domande anche in anonimo e senza essere registrati se proprio siete timidi.
E boh, io vado via.
Alla prossima settimana per il prossimo capitolo, ultimo ultimo!
Kisses
Vava_95
  
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