Era
morta. Era davvero morta.
Tutti
noi
novizi sapevamo che rischiavamo di fare la stessa fine da un momento
all’altro
e per questo i vampiri adulti volevano che superassimo la morte di un
nostro
compagno il più velocemente possibile e cercavano di non
farci pensare ad un
nostro possibile tragico destino, ma certo non era facile.
Elizabeth
era una delle migliori ragazze che avessi mai conosciuto: sempre dolce
e
gentile con tutti, aveva sempre una parola di conforto per chi stava
male. Di
certo non si meritava di morire.
Come
potevamo passare sopra ad una cosa simile?
Neferet,
veloce e indifferente come era arrivata, chiuse la porta senza
aggiungere null’altro
e ci lasciò soli con quel nuovo peso sul cuore.
Se
ci
fossimo pesati in quel momento, con tutto quel dolore ad opprimerci,
avremmo
raggiunto i massimi livelli di obesità.
“Mi
dispiace.” La voce del commissario mi fece trasalire mentre
Jack si stringeva
maggiormente a me, singhiozzando sommessamente: “La
conoscevate?”
Annuimmo
lentamente, tranne Jack, che spiegò: “Sono qui da
troppo poco per conoscere
tutti gli studenti…”
L’uomo
guardò le sue lacrime con un punto interrogativo stampato in
faccia e: “Percepisco
che Damien ritiene questa morte terribilmente ingiusta e, comunque,
nessuno,
nemmeno la stronza più stronza di questo pianeta, merita di
morire. E’ una cosa
tanto sbagliata.” Fece il mio ragazzo.
Il
mio
bellissimo, dolcissimo, splendido ragazzo. Come avrei fatto senza di
lui? Lo
strinsi maggiormente a me sfiorando con dita tremanti il suo Marchio
bicolore.
“Sei
davvero un bravo ragazzo, Jack. Troverò il modo di mettere
in scacco matto i
tuoi genitori. E’ una promessa.” Con queste parole
il poliziotto si congedò e
noi, dopo appena un attimo di esitazione, ci alzammo desiderando solo
di
dileguarci il più velocemente possibile: certo non sarebbe
stato bello se fosse
comparsa Neferet ed avesse deciso di chiudersi nel suo ufficio a fare
una “chiacchierata”
con noi.
Probabilmente,
in quel caso, i lutti alla Casa della Notte di Tulsa sarebbero
diventati
molteplici.
Sussultai
nel momento stesso in cui capii effettivamente ciò che avevo
pensato: sapevo
che Neferet era una stronza terribile e anche che, soprattutto da
quando avevo
un Imprinting con Jack, la mia valutazione di lei era scesa fin sotto i
piedi
del diavolo, ma era addirittura arrivato a ritenerla capace di
ucciderci?
“Se
non
ci avessero pensato i miei genitori, sarebbe senz’altro stata
lei ad
avvelenarmi.”
Mi
voltai
verso Jack incrociando il suo sguardo triste e contemporaneamente
arrabbiato: “Temo
che le tue emozioni m’influenzino troppo. Forse non ragiono
più lucidamente.”
Tutti
si
bloccarono e sentii chiaramente lo sguardo preoccupato delle gemelle
posarsi su
di noi.
All’inizio
non capii: cosa avevo fatto? Avevo forse detto qualcosa di sbagliato?
Poi,
nel
momento stesso in cui la mano di Jack si sfilò rabbiosa
dalla mia, tutti i
pezzi del puzzle andarono a posto: era un cretino. Un completo coglione.
“E’
così,
quindi? Pensi che io odi Neferet senza motivo? Dimmi, se non avessi un
Imprinting con me, cosa penseresti di lei?”
“Io…”
“Te
lo
dico io: penseresti che abbia momentaneamente perso la strada della
Dea, ma che
sicuramente è impossibile che arrivi a fare cose tanto
crudeli come uccidere
Mary e tenerla come soprammobile. Tu ti fidi ancora di lei. Almeno in
parte. E
questo significa che non ti fidi ancora completamente di me. Sai che ti
dico?
Fottiti, stronzo.” Con questo simpatico finale Jack si
voltò e si allontanò a
grandi passi, ma io, da bravo ragazzo pentito, gli corsi dietro
chiamandolo per
nome e afferrandolo per un braccio, seguito dai ragazzi.
Lo
avessi
mai fatto: quando lo costrinsi voltare mi scontrai con i suoi
bellissimi occhi blu
resi irriconoscibili dalla luce che li riempiva. Erano dello stesso
colore del
sangue.
Senza
avere la minima esitazione, Jack mi schiaffeggiò con tanta
forza da farmi
cadere a terra e: “Non mi toccare.” Mi
ringhiò contro. In senso letterale.
La
sua
voce, di solito così dolce e allegra era irriconoscibile
tanto quanto il suo
sguardo: suonava come un suono a metà fra il verso di un
cane furioso e un lupo
mannare affamato.
Ok,
so
che il paragone non è dei migliori, ma vi basti per capire
che faceva veramente
paura.
Ma
la mia
attenzione era concentrata soprattutto su altri due cose: il sangue che
gli
colava dai palmi delle mani in cui aveva conficcato le unghie e la
minacciosa
aurea scarlatta che lo circondava.
“No…”
sussurrai a me stesso rialzandomi veloce: “No, Jack, ora
calmati.” Parlai molto
lentamente, scandendo ogni singola parola per farle penetrare bene:
“Io so che
Neferet è una stronza. So che si merita le peggiori pene e
so che sei furioso
per quello che ha fatto a tua sorella.”
“Tu
non
sai niente!”
Ignorando
il fatto che la sua voce era salita di almeno tre ottave e che le ombre
intorno
a lui sembravano essere diventate improvvisamente vive, continuai, bene
attento
a non far trasparire minimamente la mia paura: “Quello che
intendevo prima è
che ho bisogno di pensare lucidamente per trovare le prove della sua
stronzaggine. Senza prove non si va da nessuna parte. Tutto
qui.” Non sapevo
nemmeno io se stessi dicendo la verità, ma, con una
capacità che non credevo di
avere, mi autoconvinsi al punto da riuscire a trasmettergli sicurezza.
“Tu…
mi
stai mentendo.” Le sue proteste si erano fatte di colpo
deboli, come la
sensazione di pericolosità che lo aveva circondato fino a
quel momento. L’aria
intorno a lui era di nuovo normale.
“Come
potrei mentirti?” risposi, per la prima volta sicuro di
ciò che dicevo, con un
sorriso dolce: “Io ti amo.” E questa era la
più assoluta e dannata verità.
Finalmente,
Jack mi corse incontro gettandomi le braccia al collo e mettendosi a
piangere
contro il mio collo: “Scusami. Sono tanto cretino da farmi
pena da solo. Devo
imparare a stare un po’ più calmo.”
“Tranquillo,
piccolo, va tutto bene.” Ma, mentre lo dicevo, cercai in
tutti i modi di
bloccare la mia mente e le mie emozioni: ero terrorizzato. Quelle ombre
si
erano davvero animate e si erano messe a vorticare fameliche intorno al
mio
ragazzo. Soprattutto intorno alle sue mani sanguinanti (che, fra
l’altro, in
quel momento mi rendevano veramente difficile concentrarmi, soprattutto
perché il
profumo del sangue di Jack mi faceva sentire
così… così… si. Beh,
insomma, si è
capito no?!)
Riordinando
i pensieri e continuando a stringere il corpicino del ragazzo biondo
che mi era
praticamente incollato addosso e non smetteva di singhiozzare, mi
voltai verso
i ragazzi e lessi nei loro occhi il più totale terrore.
Evidentemente
nemmeno a loro era sfuggita la presenza di quelle inquietanti ombre
viventi.
Quella non era di sicuro una manifestazione del potere di Nyx. Proprio
no.
Quello era male. Era davvero molto male.
“Ma
che
belle riunione di sfigati nerd. Oh, ma vedo che
c’è una nuova aggiunta. Ti sei
fatto il ragazzo, Damien.”
Oh,
no!
Tutti ma non lei.
“Vattene
Afrodite.” Zy fece un grande passo avanti fronteggiandola, ma
la stronzissima
bionda ribatte subito, con una scioltezza da brividi: “Tesoro
rilassati, non c’è
bisogno che mi sbrani. Anche se, beh, capisco che per te
l’idea non sarebbe poi
tanto male… è stata piuttosto evidente la tua
passione per il sangue. Sicura di
essere una matricola normale? Ho sentito di quei ragazzi umani morti.
Dissanguati, vero? Strano che tu non sia già accorsa a dare
una leccatina in
giro.”
Zoey
sbiancò e, per quanto avrebbe voluto trovare qualche
rispostaccia con cui
liquidarla, fu costretta ad incassare ed arretrare, sconfitta.
Ma
Jack,
che, quando voleva, sapeva essere stronzo come una vipera infuriata, si
allontanò da me raggiungendo a grandi passi quella bionda
platinata: “E tu,
Afrodite? Tu sei andata a dare una leccatina al sangue di quei poveri
ragazzi o
ti limiti al culo di Neferet?”
Fu
il turno
di Afrodite di sbiancare, ma fu solo un attimo: “Che
linguetta interessante… se
non fossi gay amico di sfigati saresti un buon candidato per entrare
nel mio
circolo. Certo, dovrei insegnarti le buone maniere, ma non saresti
male.”
“Preferisco
strapparmi i denti uno alla volta che passare un solo secondo con una
troia come
te. Ma, infondo, non ti meriti nemmeno che io sprechi il mio tempo con
te.
Evapora, spilungona bionda e rifatta.”
Giuro
che, difronte all’espressione furiosa e sconvolta di
Afrodite, dovetti trattenermi
dal ridere, cosa che invece le gemelle non si curaro minimamente di
fare
scoppiando in risatine evidentemente canzonatorie.
La
Font
se ne andò senza trovare niente da ribattere. Sculettava
persino meno del
solito.
“Cavolo,
Jack, l’hai stesa! Non è mica una cosa da tutti i
giorni zittire quella strega
infernale!” saltò su Stivie Rae mentre Erik quasi
si slogava il collo nella
foga di annuire.
Jackie
arrossì abbassando timidamente lo sguardo: “Ma,
non ho fatto niente di che.”
Quel
ragazzo era strano. Quel ragazzo aveva una molteplice
personalità.
Quel
ragazzo era il mio ragazzo e lo avrei tenuto il più stretto
possibile.
Visto
che
praticamente stavamo dormendo in piedi, decidemmo che era decisamente
ora di
andare a nanna, ma, prima che potessimo fare un solo passo, lo
strilletto semi
terrorizzato di Zy ci bloccò sul posto.
“Che
c’è!”
esclamarono contemporaneamente le gemelle, ma lei non rispose,
limitandosi ad
indicare la finestra alla nostra destra,
Una
davvero pessima copia di Elizabeth Niente Cognome ci stava fissando da
dietro
il vetro con la bava alla bocca e gli occhi spiritati.
“Che
cazzo!” sentii strillare Jack, che mi si appiccicò
addosso in stile cozza.
“Ah,
cavolo!” Ecco Zoey.
“Oh,
dea!”
Questo era Erik.
“Che
brutta cosa, che brutta cosa di merda…”
decisamente erano le voci delle
gemelle.
“Per
tutte le galline bollite!” Ok, ammetiamolo, chi avrebbe detto
una cosa simile
all’infuori di Stivie Rae.
E
così,
dopo che tutti avevano commentato più o meno volgarmente la
situazione, mi sentii
in dovere di aggiungere, a semplice scopo informativo:
“Questa è una cosa
strana.”