Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold
Segui la storia  |       
Autore: The Cactus Incident    08/10/2012    5 recensioni
Stavo suonando con tutta me stessa per scaricarmi e non pensare a per quale cazzo di motivo non mi parlava se era stato lui a cominciare, quando la mano bianca e ossuta di Jimmy si posò sul mio polso che si muoveva freneticamente.
Alzai di scatto la testa, nervosa e lo trovai a mostrarmi un sorriso tranquillo che contagiava anche quelle iridi così azzurre nascoste dietro gli occhiali.
“Faccio troppo rumore?” “Non abbastanza da coprire quello del tuo cuore che si spezza e sanguina”
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Matthew Shadows, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zacky Vengeance
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
sch chapter 23


Stacey P.O.V.
Tutto sommato, il resto del tour procedette alla grande.
Vinsero anche l’ultimo concorso e tornammo a casa più squattrinati di prima, ma con un minimo di fondo cassa sevenfold e con un bel po’ di fans in più. Era stata una bella esperienza e finalmente io potevo cominciare a fare quello per cui avevo studiato: tatuaggi. Per ora avevo inciso la mia gamba, un pezzetto prestato da Meg e innumerevoli pezzi di pelle sintetica e di maiale. Matt si era rifiutato, procurandosi un’astinenza prolungata e il ritorno in auge di “Federica la mano amica”.
Solo Jim, di tutta la band, mi aveva concesso di tatuarlo.
Fra l’altro era il suo primo tatuaggio e, beh, era bello grosso. Prendeva dalla spalla al gomito il braccio destro e mi aveva chiesto una Madonna zombie. Avevo fatto diversi bozzetti e poi avevo scelto il più adatto.
Jim si fidava, io un po’ meno.
“Cazzo Sty, su quel fottutissimo maiale hai fatto dei lavori fantastici, perché adesso dovresti sgarrarmi il braccio?”
“Bella domanda” dissi mentre mi mettevo i guanti in lattice.
“Dai, ce la puoi fare”
“Si cazzo, faccio finta che tu sia il maiale!” feci per convincermi, provocando la sua ilarità.
“Uhm… come preferisci” fece ridendo.
Applicato lo stencil si guardò allo specchio e mi mostrò un sorrisone sussurrandomi un “Vai, cazzo” e inchiostro, ago nuovo e gel anti arrossamento sul fazzoletto, cominciai.
Dopo un po’, l’ansia sparì e cominciai a tracciare le linee con molta più tranquillità.
“Ti faccio male?”
“E’ sopportabile, da come frignava Haner credevo peggio”
“Haner è una dannata checca isterica”
“Oh, poco ma sicuro. Tanto il prossimo che dovrai tatuare sarà lui”
“E chi te lo dice?” dissi divertita.
“Aspetta che gli altri vedano questo capolavoro e vedi come si ricrederanno”
“Se Matt prova a fare battute, gli tatuo un cazzo”
“Ahahahaha! Ma è stato così cattivo?” Sbuffai.
“Pessimo, davvero pessimo” dissi mogia.
“Che bestia” Strofinai con la carta imbevuta e mi allontanai appena, osservando le linee già fatte, per poi ricominciare.
“Se n’è venuto fuori con una cosa del tipo ‘Ti amo, ma queste cose lasciale fare agli altri’ oppure altri discorsi maschilisti che mi hanno fatto incazzare”
“Ma è vero che l’hai lasciato al fai da te?”
“Si, fin quando non mi chiede scusa, sta bene con la sua mano” scoppiò a ridere.
“Sei una stronza!”
“Stronzo lui!”

Fine dei conti: il tatuaggio venne davvero una figata assurda. Avevo usato un sacco di colori e la madonna col trucco da Misfits era stupenda.
“Mio Dio…. sei un genio! E’ fantastico, cazzo!” continuava ad esclamare Jim osservandosi il braccio.
“Oh, infatti sono stata proprio brava! Adesso che ne pensi anche di un altro cambiamento?” inarcò un sopracciglio, spaventato.
“Ovvero?”
“Non sei stanco di essere così…. biondo?” si passò distrattamente una mano fra i capelli biondo stupido con quattro dita di ricrescita di biondo scuro.
“Uhm…. perché dovrei?”
“Non sarebbe meglio un bel nero intenso?”
“Ripeto: perchè dovrei?”
“Dai Jim, lentine e capelli neri, ci staresti bene” le sopracciglia assunsero una forma strana, poi si passò una mano sul viso. Dopo un sospirò spalancò le braccia con gli occhi chiusi (strizzati) e voltò il viso di lato.
“Ok, torturami, sono tuo”
“Eh, magari non farti sentire dal segaiolo”
“Cazzo, da quando gli hai chiuso i “viveri” e fottutamente irascibile”
“Ben gli stà”
Non è che mi divertissi tanto a fare guerra a Matt, per di più non si divertiva solo lui ad “utilizzare” quelli che Jim aveva chiamato “viveri” ma non avrebbe dovuto fare quelle sparate sessiste che mi davano sui nervi.
“Allora? Tintura?”
“Tintura sia”

Rimisi completamente a nuovo Jim: capelli nuovi, nuovo tattoo.
“Se casomai volessi anche un piercing…” avevo fatto anche quel corso.
“Per oggi ho sofferto abbastanza, grazie. Facciamo un’altra volta, eh?”
“Come vuoi”
Mi pagò (dehehhehe primi soldi!) e se ne andò tutto saltellante con un braccio fasciato di plastica.

Meg P.O.V.
Tre… Due… Uno…..
SPLASH. Secchio d’acqua, andato.
“Vai!” SPAT. Farina, andata.
“SIETE DELLE MERDEEE!”
“Corri cazzo, corri!”
“Tanto vi ho visto! Haner quando torni qua sei mortooo!”
“Sto cazzo, Shad, stocazzooooo!” urlò il bruno al mio fianco.
“Pedala babbuino!” lo ribeccai io.
“Pensa a te, Loch Ness”
“Vorrei ricordarti i biglietti del concerto, love”
Avevamo fatto uno scherzo a Shad. Un classico. Una bella secchiata d’acqua sulla porta del garage e poi una di farina, giusto per incollargliela fin dentro le mutande.
Ora, il motivo era uno: Shad era un dittatore. Da quando lui e Stacey avevano litigato era diventato una sorta di Hitler tatuato e senza baffetti.
Di questo, quelli che ne risentivano di più erano i ragazzi della band e io che avevo deciso di dare la mia canzone a loro. Io di certo non avrei potuto farci granché, vi pare?
Così Second Heartbeath era finita in mano loro. Non vi dico la faccia di Zack quando l’avevo fatta sentire a tutti o quella di Jim mentre guardava il suo chitarrista con un’espressione da “Sei una grandissima merda”.
Beh, comunque com’era più che logico, Matt voleva apportare delle modifiche, ma Zack era ancora parzialmente fuori uso e quindi dovevano sfruttare me.
Da qui, questa rivolta dei chitarristi.
Jim se ne fotteva e Justin era scomparso. Da quando eravamo tornati dal tour, Justin non si era fatto più vedere. Dameon che era suo grande amico ci aveva spiegato più o meno come stava la situazione.
Giusy, la ragazzi di Justin, era rimasta incinta prima della partenza per il tour e i suoi genitori, che l’avevano saputo forse un paio di giorni dopo il nostro ritorno, non l’avevano presa per niente bene.
Justin intanto stava sempre peggio, era stressato, nevrotico e probabilmente sempre più bucomane. Già in tour tendeva a degli sbalzi d’umore che rasentavano il bipolarismo e ne avevamo tutti le palle piene, ma non ci aveva mai spiegato il perché di tutto quello.
Comunque, tornando a noi, io e Haner avevamo fatto questo cazzo di gavettone + infarinata a Shad e adesso pedalavamo spediti sulle nostre BMX (in verità tutte e due di Haner) diretti al molo.
Per muoversi ad Huntington, d’estate, erano decisamente più comode le bici. Con tutta la folla di turisti, muoversi in auto diventava un supplizio, a piedi faceva troppo caldo, mentre con la BMX (o una bici qualsiasi) passavamo pure sui marciapiedi, per non parlare delle piste ciclabili che correvano in lungo e in largo per tutta la città.
Arrivati al molo, ci fermammo al bar per prendere due birre, mollammo le bici sul legno e ci sedemmo, le gambe penzoloni e il tramonto davanti a noi.
“Huntington è dannatamente suggestiva” disse Brian mentre mi passava una birra, già stappata.
“Si, stupenda. Proprio da cartolina” asserii io, osservando il tramonto.
“Senti un po’, Bri, ma tu l’hai più sentito Juss?” feci io e il mio amico si strinse nelle spalle, guardando l’acqua.  
“Ieri sono andato anche a casa sua, ma i genitori mi hanno detto che sono due giorni che non si fa vedere. Allora sono passato alla capanna, e l’ho trovato addormentato sul divano. Ho provato a parlargli e mi ha tirato dietro delle bottiglie di birra vuote. L’ho detto a Dameon che è il suo migliore amico e mi ha detto che anche lui a provato a parlarci e per risposta si è ritrovato un sopracciglio spaccato. Credo abbia bisogno di stare un po’ da solo a riflettere. Cioè, cazzo, avrà un figlio! Ti rendi conto?” Diamine…..
“Cazzo… non credevo che la situazione fosse così tragica…”
“Tu piuttosto, hai visto Giusy?” mi chiese dopo un po’.
“Scomparsa dalla circolazione. Comincio a pensare anche che si siano trasferiti, la casa sembra vuota”  Brian sgranò gli occhi.
“Addirittura?”
“Non so, può essere che hanno semplicemente cambiato casa, ma al cellulare non risponde e non saprei proprio dove andare a cercarla”
“Cazzo…. credo si metta male per Juss”
“Già…”
“In tutto questo sai Shad cos’è stato in grado di dire? ‘Vabbè tanto c’è Dameon’” la brutta imitazione della voce di Shad mi fece fare un sorrisetto sarcastico.
“Ma ti rendi conto?! Quello è in crisi, si spara in vena pure il succo di frutta e tu ti fotti solo che per un po’ stiamo senza bassista?!” Fece Haner, sempre più incazzato. Se c’era una cosa che gli dava su i nervi, ma proprio che lo faceva incazzare come una belva, era quando non si rispettavano i momenti critici degli altri.
Si, Haner non ha un senso, lo so, ma è fatto così, che ci volete fare.
“Ma che cazzo, Matt peggiora di giorno in giorno, eh” commentai.
“E’ diventato completamente insopportabile da quando ha litigato con Stacey per la storia dei tatuaggi e lei ha smesso di dargliela” mi bloccai.
Momento.
“Aspetta… coooosa!?!??!” dissi scandalizzata.
“Non lo sapevi?”
“No!” Scrollò distrattamente le spalle.
“A me lo ha detto Jim che glielo ha detto Matt. A quanto ho capito, con la storia dei tatuaggi, Matt ha cominciato a fare discorsi sessisti come suo solito e sparare minchiate sul ‘potere agli uomini’ e Stacey ha deciso di dimostrargli che senza le donne il suo potere se lo può anche ficcare in culo”
“Certo che quel ragazzo diventa davvero insopportabile quando fa così” Haner annuì.
“Nemmeno io so tutta sta delicatezza ed eleganza, poi con le donne… vabbè, ma almeno evito di fare sti discorsi, se poi davanti alla mia ragazza o addirittura con la mia ragazza…” Ecco.
“Ma con Michelle?” chiesi di getto e lui rispose ancora più rapidamente.
“Scopiamo”
“Contento te”
“Contento lui” fece indicandosi il pacco.
“Eh beh, contento lui, contento tutto, no?”
“Si, più o meno” Aggrottai le sopracciglia, incuriosita dal tono triste che aveva usato il ragazzo.
“Come come come…. che succede?” scrollò le spalle e si grattò distrattamente la nuca.
“Niente di nuovo…. non sarebbe male innamorarsi, almeno una cazzo di volta. Andiamo, non mi è mai capitato”
“Mai?” dissi sgranando gli occhi.
“Mai…. altrimenti lo sapresti, ti pare?” fece sorridendo e io annuii.
“Giusto”
“Si insomma, una ragazza con cui ridere e scherzare, con interessi comuni, con cui uscire. Un po’ come te, ma in più attraente e che me la dia” schioccai la lingua.
“Grazie eh. Praticamente mi ha appena detto che sono uno scafandro” dissi secca.
“Ma no! Con te è diverso. Non sei brutta, figurati, ma sarebbe come scoparmi mia sorella o mia madre, cazzo!” feci una faccia allucinata.
“Cosa ti assicura che io te la darei?”
“Fra l’altro. Vedi? Ci conosciamo troppo per avere anche la remota possibilità di stare insieme”
“E meno male. Senza offesa, ma ho visto tutte le fasi della tua crescita e non ci tengo a fare parte di questa ‘evoluzione’” dissi con una faccia schifata.
“Perché poi io di te alle elementari non mi ricordo, vero?”
“Ecco, evitiamo di fare questi discorsi raccapriccianti” rise divertito.
“Forse è meglio”
“Dicevamo? Comunque la bastardata a Shad è venuta alla grande”
“Si, anche se ce la farà pagare con gli interessi”
“Io quanto finiamo di sistemare Second Heartbeath e poi levo le tende, cazzi tuoi”
“Ma che gentile” fece sarcastico e io gli diedi una mezza pacca sulla spalla.
“Come sempre, bro, come sempre”
Ci fu un momento di buio completo, ognuno perso nei suoi pensieri, poi fui io ad interrompere.
Era una cosa che volevo fare da un paio di giorni, ovvero quando era successa una cosa abbastanza singolare.
“Comunque…. hai mai pensato che forse, sotto sotto, Michelle abbia un cervello?” Sul viso di Gates si dipinse l’espressione più allucinata che io abbia mai visto in tutta la mia vita.
“Momento momento momento momento….. TU, Margareth Window, nel pieno delle tue facoltà mentali e fisiche, stai mettendo una buona parola per Michelle diBenedetto, oca bona che me la dà da parecchi anni a questa parte senza obbiettare?!?!”
“Uhm… si” Mi afferrò per le spalle e cominciò a scuotermi.
“Mio Dio Meg! Cosa ti hanno fatto?!?!?!”
“Ma ti dai una calmata?! Sto bene!” Ma lui continuò imperterrito, tastandomi un po’ ovunque per accertarsi delle mie condizioni.
“No, non stai bene! Hai al febbre? La mononucleosi? La brucellosi? Cosa?! Cosaaaa?!?! Rispondimi! Stai morendo? Hai il cancro?!?!” Gli tirai un ceffone e la smise di blaterare a vanvera.
Si mise la mano sulla guancia offesa, massaggiandola distrattamente.
“Aia” fece atono, guardandomi con una smorfia.
“Ecco. Adesso mi fai parlare?”
“Ok” disse mogio.
“L’altra sera ho parlato con Michelle”
“Ma proprio parlato parlato o parlato alla Shad?” Feci una faccia scocciata e afflitta.
“Ti pare che Mich sia all’ospedale con le ossa rotte e io in carcere?”
“In effetti no, però con te non si può mai sapere”
“Dicevo.. le ho parlato, come parlano le persone normali, e sinceramente non credo si meriti di essere trattata come fai, non è cattiva”
“E chi ha mai detto il contrario” disse scrollando le spalle.
“E allora….?”
“Meg, Mich è un buco, intensi? Un beeel buco tanto carino e ospitale”
“Ma non pensi che questo buco meriti un minimo di possibilità?”
“Meg, in anni di conoscenza non ha mai dato un cazzo di motivo per far nascere qualcosa di più a parte le sue capacit…. a parte cose di cui con te non posso parlare” si corresse. Mio Dio, forse era meglio non sapere.
“Perdonami. Tu hai detto che vuoi innamorarti, lei è un caro buco completamente andato per te, perchè non provarci?” Rimase un po’ a torturarsi il labbro, le birre ormai vuote mollate sul legno del molo e le gambe che si muovevano avanti e dietro penzoloni sull’acqua cristallina.
Avrei mai imparato a nuotare? Penso di no.
“Tu dici?” scrollai le spalle.
“Non so, bro, non mi sembra tanto male come ragazza. Alla fine mi pare che potreste andare d’accordo, magari le fai ascoltare un po’ di musica decente, eh, però infondo siete fatti della stessa pasta”
Annuì distrattamente. “Se lo dici tu…..” Rimase un po’ in silenzio, per poi voltarsi verso di me con un mezzo sorriso.
“E tu?”
“E io che? Se voglio mettermi con Michelle?”
“Ma che! Intendo a livello sentimentale”
“Mah, ultimamente la mia voglia di cavarmi il cuore dal petto e seppellirlo infondo al mare aumenta sempre di più, ma che ci vuoi fare, andiamo avanti”
“Ma in tour non ti sentivi con un tipo?” Lui probabilmente non l’aveva nemmeno visto.
“Nah, è finita con la fine del festival”
“Oh, capisco. Avete scopato?”
“Yess” risposi istintivamente, rendendomi conto solo troppo tardi che la sua domanda era sarcastica.
“Coooosa?!?!” fece, forse più allucinato di prima. Mi credeva vergine o cosa?
“Sai com’è….. pure io sono un buco, che ci vuoi fare”

Stacey P.O.V.
Ormai vivevo da sola.
Avevo questo piccolo appartamento in un condominio, in una palazzina poco distante da quella in cui vivevano anche Jim e Meg e almeno quello me lo pagavano ancora i miei genitori che, intanto, se n’erano andati a Seattle.
Dicevo, vivevo da sola e vivere da sola implica dover pulire, lavare, cucinare e tutta questa roba e, appunto, vivere soli. Mi piaceva la mia piccola indipendenza e solitudine, col mio lavoro in un locale che mi permetteva di camparmi, oltre che andare a chiedere favori ai macellai ed esercitarmi a casa con i tatuaggi.
Miglioravo in maniera spaventosa, davvero.
Il corso per tatuatori che avevo fatto era stato fantastico e utilissimo, da sola non avrei mai raggiunto quei risultati, ma adesso stavo un po’ sperimentando e in più c’era l’annuncio della mia “attività” anche nel locale e mi era capitato di fare qualche tatuaggio dopo Jim ed era andata alla grande.
Tatuavo a casa mia certo, ma comunque cominciava a girare la voce. Quel giorno avrei dovuto tatuare anche Dameon e un suo amico. Il mio più grande pregio era che costavo meno di un tatuatore vero, ma che facevo un lavoro di una certa qualità, cosa che di solito non avviene con i tatuatori alle prime armi.
Merito di un buon corso, gente, niente da fare.
Comunque, ero a casa, da sola. Avevo dato una ripulita al bagno e anche alla cucina, lavato un paio di piatti e stavo caricando la lavatrice, quando mi ritrovai in mano una maglietta di Matt.
Uhm…. diamine.
Avere una casa mia e un ragazzo giovane e aitante implicava che il secondo passasse parecchio tempo con me ed era una cosa che mi piaceva, avere finalmente il nostro spazio dopo mesi di convivenza forzata con decisamente troppe persone.
Questo fino a quando non avevamo litigato, s’intende.
Mi mancava averlo in mutande in giro per casa, quando per merito della sua grazia elefantina accorciava la vita a tazze e bicchieri, quando provava a cucinare con risultati pessimi, migliori solo di quelli di Meg o quando mi svegliavo sul suo petto o con la sua testa sul mio.
In sostanza, mi mancava.
In fondo erano otto giorni che quasi non ci parlavamo e che lui non passava per casa mia.
Buttai la sua maglietta nella lavatrice, avviai il lavaggio e tornai in cucina, desiderosa di fare un ciambellone al cioccolato.
Non so perché, ero in vena di cioccolato, sarà la sindrome premestruale anticipata o boh. Ero dannatamente iperattiva e non riuscivo a stare ferma. Forse mi stava venendo la febbre, chi lo sa.
Dopo aver constatato che avevo tutti gli ingredienti, ficcai nello stereo un cd degli HIM e accompagnata dalla voce di Ville Valo mi misi a fare il ciambellone.
Mentre quell’affare venuto alla grande era in forno, andai a tirare fuori i panni dalla lavatrice e li misi ad asciugare. Col caldo che faceva, tempo mezz’ora e sarebbero stato asciutti.
Mi persi ad osservare ancora un po’ la maglietta di Matt, quella dei Guns n Roses a cui teneva tanto e poi appesi pure quella. Arrivò Dameon, cominciai a fare lo stencil, estrassi il ciambellone dal forno e mentre quello si raffreddava tatuai il ragazzo, tatuai pure l’amico, incassai i soldi e li sistemai al loro posto, nascosti nel frigo dentro al miniripiano del cassetto di sotto, sempre pieno di birre.
Dopo la fine del terzo giro completo, cambiai il cd con uno dei Korn e andai a controllare i panni, asciutti, li estrassi e ripiegai visto che proprio non ero tipa da stirare le magliette di cotone e i jeans.
Diamine, ero in preda all’iperattività più pura.
Altri due minuti ad osservare la consunta maglietta di Matt che adesso odorava di pulito e non più di lui e risistemai tutti i miei vestiti nell’armadio.
Lasciai la maglietta sul mio letto e andai ad assaggiare il ciambellone. Uhm buono.
Afferrai un piatto, ci schiaffai dentro una parte del ciambellone, decisamente troppo per una sola persona e lo imballai con la pellicola, per poi schiaffarlo in una busta di carta. In un’altra busta ci misi la maglietta, pronta alla mia proposta di tregua.
Non ce la facevo più, senza di lui ero schizofrenica e paranoica e non era da me, porca puttana.
I primi giorni ce l’avevo fatta, ma adesso proprio no. Ancora un po’ e avrei consumato il pavimento a furia di pulirlo così come anche i bicchieri e le posate.
In quella settimana la mia casa era diventata talmente pulita da poter mangiare su qualsiasi centimetro quadrato di qualsiasi stanza. Non era da me, non era decisamente da me.
Occhiali da sole sul naso, busta con ciambellone, busta con la maglietta e biglietto dell’autobus.
Autobus numero B26 (ahimé non potevo proprio permettermi una macchina), quarta fermata.
Villetta bianca col garage adibito a sala prove, chiuso. Strano.
Attraversai il vialetto e dal piano superiore sentivo la musica rombare potentemente. Era una chitarra elettrica con dei toni bassi o un basso abbastanza acuto. Non erano né Gates né Zack e nemmeno Justin, loro non suonavano così e soprattutto non lo facevano nel piano superiore di casa Sanders.
Era lui, per forza, Amy non sapeva suonare e al momento era ancora impegnata con i campionati di basket della squadra dell’università.
Presi un respiro profondo, mi decisi a suonare alla porta e aspettai. Il vuoto.
Suonai una seconda volta, aspettai ancora e niente.
A quel punto mi attaccai al campanello come una forsennata e dopo due minuti, il suono animalesco del piano superiore s’interruppe e continuai a suonare fin quando la porta non si spalancò di botto e io feci un passo indietro, quasi spaventata.
Matt col fiatone, la barba incolta e senza maglietta, mi guardava sorpreso e con la bocca leggermente aperta.
Io lo guardavo con una faccia certamente stupida/stupita. Dopo un po’ mi rimisi diritta dalla mia posa semi terrorizzata per via dell’irruenza con cui era stata aperta la porta e mi schiarii la voce.
“Stacey…” Mio Dio….. ma come ho fatto a litigare con te?
“Ho fatto il ciambellone” Frase intelligente Sty, complimenti.
“Mi stai parlando” Nemmeno tu scherzi, eh Matt?
“Vuoi una fetta?” Siamo due decerebrati, ammettiamolo.
Visto che continuava a guardarmi ancora con quella faccia sorpresa e da bambino (per niente influenzata dalla leggera barba incolta), scivolai dentro la casa e aspettai che lui chiudesse la porta e si voltasse verso di me.
Detto fatto. Si voltò e io presi a tirarmi distrattamente la chiavetta del Monroe, a disagio.
“Ho portato anche la tua maglietta, quella dei Guns che ti piace tanto, l’avevi lasciata a casa mia”
“Hai tagliato i capelli”
“Si, un po’” Un po’ dieci centimetri. In quella famosa settimana di iperattività avevo fatto anche quello.
Ehi, l’aveva notato. Wooah.
“Ci stai bene” fece un mezzo sorriso colpevole e io risposi nello stesso modo. Mollai il ciambellone su un tavolino vicino al divano e mi guardai distrattamente attorno.
“Beh, tieni la maglietta, io andrei…” Gli mollai la busta in mano e gli passai davanti.
“Sty..”
“Uhm?” Mi guardò prima per un secondo, quasi indeciso sul da farsi, ma poi sembrò trovare la scelta più saggia.
Fece cadere la busta con la maglietta e si buttò in avanti, bofonchiando un “Fanculo l’orgoglio” mentre mi stringeva contro di sé e mi baciava.
L’“Alleluia!” di tutti i miei neuroni probabilmente lo sentì anche Meg dall’altro lato della città.
Amavo queste scene da film che erano comuni e innumerevoli nella nostra storia. Sarà che lui era dannatamente impulsivo e passionale o boh, ma erano fantastiche. Mi correggo, lui era fantastico.
Continuava a baciarmi freneticamente e senza sosta come se non ci fosse un domani, dandomi a stento il tempo di respirare e continuando a sussurrare “Scusami” “Sono un’idiota” e “Sei bellissima”.
Niente, è l’uomo perfetto. O forse aveva bisogno di scopare, più probabile.
Beh, al momento non era importante il perché delle sue azioni, ma esse nel complesso.
Persi completamente la testa quando gemette uno “Sty…” roco sulle mie labbra, mentre le sue mani si stringevano sul mio sedere, avvicinandomi a qualcosa di decisamente sveglio nei suoi pantaloni che si scontrava col mio fianco.
“Dovrei lasciarti venire nelle mutande, lo sai?” Le sue labbra scivolarono sul mio collo languide, mentre continuava a gemere con voce bassa e roca quel maledetto diminutivo di tre lettere facendo scivolare le sue mani sotto la mia maglietta e oltre l’orlo dei jeans. Oooh Cristo.
Gliela do (eheheh, birichini, subito a pensare male) vinta? Daai, un ultimo tentativo.
“Ho il ciclo”
“Non è vero, me lo ricordo quando ti viene e manca una settimana abbondante”
E vabbè dai, andata.
Saltai con le gambe intorno alla sua vita e presi sul suo viso fra le mani, mentre salivamo al piano di sopra, in camera sua e lui bofonchiava un “bentornata”, soddisfatto.

“Lo ammetto, hai vinto tu e io avevo torto. Mi dispiace, non avrei dovuto dire quelle cose e fare commenti affrettati e stupidi. Ero nervoso per la storia di Justin e niente…. Perdonami”
Oooooh, musica per le mie orecchie. Avrei dovuto registrarlo e usarlo come suoneria, diamine. Sanders post scopata è dannatamente gestibile e di buon umore.
Misi una mano sul suo mento per avvicinarlo leggermente e lo baciai di nuovo.
Ero completamente stesa su di lui, sotto le lenzuola dopo una serie di numeri da capogiro che non salterebbero fuori nemmeno con la tombola (o col kamasutra, come preferite).
Lui si era scusato, io avevo interrotto la faida e il mondo era tornato felice, sereno e animato da tanto sano sesso. Ah, un bene per entrambi non c’è che dire. Ne guadagnavamo in salute e dolcezza.
Il leggero bacio che gli avevo dato, diventò in breve una limonata in piena regola e Matt ribaltò le posizioni, schiacciandomi sul materasso mentre scendeva sul mio collo, famelico.
“Ancora non sei soddisfatto?” feci sorridendo, mentre le sue labbra scendevano sempre di più e le sue mani salivano.
“Ho avuto una settimana d’inferno in cui l’unica cosa che mi avrebbe aiutato saresti stata tu e una casa libera e per via della mia idiozia non ho potuto averti, permetti se recupero il tempo perso?”
Le sue labbra arrivarono a torturare i miei seni e in un sospiro riuscii a dire “accomodati pure”, proprio prima che la sua lingua non cominciasse a torturare i miei capezzoli, insieme alle sue mani che già facevano il loro.
Persa nel piacere che mi provocava, il suo cellulare con quella suoneria dannatamente stupida fu una mazzata.
“Non rispondere, ti prego” Riuscii a dire trattenendo la sua mano e il suo viso sul mio seno.
“Non ne avevo la minima intenzione” sospirò con voce bassa e roca lasciando poi una grossa leccata che mi provocò un gemito acuto molto mal celato.
Quando il cellulare sembrò arrendersi, le mie mani si spostarono su altri lidi, ben più giù rispetto a spalle o testa e Matt gemette sonoramente una volta arrivata fra le sue gambe.
Poggiò la mano sulla mia, provando a forzare l’andatura sul suo membro duro e io gli addentai il collo, facendogli emettere un sibilo.

Il cellulare continuò per tutto il tempo, ma noi eravamo ben impegnati in altro e quando un bel po’ di tempo dopo, ormai in tarda serata, decidemmo che era giunto il momento di darsi una sistemata, ci ficcammo nella doccia.
Oh, anche quello mi era mancato parecchio. Le sue mani sul mio corpo, l’acqua calda, la schiuma profumata, il suo di corpo…. Cazzo, ero dipendente da lui e dai suoi comportamenti, atteggiamenti e abitudini.
Una volta fuori dalla doccia, asciutti, puliti e saltellanti ci rivestimmo e solo allora Matt si decise a vedere chi cazzo era stato a chiamarlo per tutto il tempo dell’ennesimo amplesso del pomeriggio.
Mi stavo asciugando i capelli in camera sua con un asciugamano, quando si mise a telefono.
Vidi la curiosità iniziale passare a un leggerissimo nervosismo, per poi sfociare in una sorpresa per niente gradita e tendente al terrore, accompagnato da un colorito tendente al Dracula/Zack.
Il suo cambio di espressione mi distrasse da quello che rispondeva al tipo a telefono e non capii un cazzo tranne sul finale, abbastanza inutile.
“Ok, arriviamo subito” Pausa “Si, c’è anche Stacey qui con me” chiuse il cellulare e lo ficcò in tasca.
Si passò una mano sul viso improvvisamente pallido e si sedette vicino a me sul suo letto ancora sfatto.
Mollai l’asciugamano e mi avvicinai a lui, circondandogli le spalle con un braccio.
“Ohi, che succede?” disse con voce tremante.
“Justin è… in ospedale”
“Come in ospedale? Perché?”
“L’hanno trovato qualche ora fa in fin di vita. Ha… lui ha…. provato a suicidarsi”
Sgranai gli occhi.
“Ti prego…. Ti prego dimmi che non c’è riuscito”
“Fortunatamente no, ma è ancora in pericolo di vita…. No…… non si sa nemmeno se supererà la notte” Lo strinsi forte e poi mi tirai in piedi.
Lui alzò il viso e mi guardò, mentre gli offrivo una mano per tirarsi su.
“Forza, tu non vieni? Vorrei solo ricordarti che non sono un granché a guidare quel carro funebre che ti ritrovi al posto di un’auto”
Fece una sorta di verso felicemente sorpreso e mi prese la mano. Intrecciò le dita alle mie mentre si metteva in piedi e lasciò la mia mano solo quando s’infilò nell’auto.
Guidò con abbastanza calma fino all’ospedale.
Una volta parcheggiato, camminavamo uno di fianco all’altra e dopo aver fatto distrattamente toccare le nostre falangi, le intrecciò di nuovo.
Attraversammo l’ingresso fottutamente pallido e ci facemmo spiegare dove si trovava.
“Il Signor Justin Sane, ricoverato questo pomeriggio” Chiese Matt poggiandosi al bancone dell’accettazione, la mano sempre intrecciata alla mia.
Alla parola “Rianimazione” le sue dita si contrassero e la mia mano strinse istintivamente di più la sua, sciogliendo la posa rigida in cui si trovavano le sue falangi.
“Stanza 207”
“G-grazie” E cominciammo quasi a correre per i corridoi fino a ché non arrivammo all’ingresso di rianimazione. All’ingresso perchè è qui che trovammo i restanti sevenfold più Valary, quelli che dovevano essere i genitori di Justin, la sorella più piccola e Dameon.
Giusy non c’era e nemmeno Meg.
“Matt” fece la chitarra solista, alzando la testa.
“Brian” Lo sguardo di Haner scivolò per un secondo su di me, ma poi tornò all’amico. Io feci per allontanarmi, ma il pollice di Matt carezzò il mio palmo e le falangi tennero gioco distrattamente con le mie, convincendomi ad abbracciare il suo braccio mentre lui parlava con Brian.
“Allora?” Il chitarrista ci venne incontro e si allontanò dal gruppetto, forse per via dei genitori, arrivando un po’ più avanti nell’ingresso.
“Si è tagliato le vene nella capanna. Gli stanno facendo delle trasfusioni, ma quando è arrivato il battito era quasi inesistente, dipende tutto da come và la nottata, non si sa”
Matt si mordicchiò il labbro, annuendo e giocando col piercing. Io poggiai la fronte contro la spalla sinistra, ancora non tatuata, di Matt.
Dopo un po’ di delucidazioni sulle condizioni del bassista, mi venne in mente una cosuccia da chiedere a cui Brian mi rispose con un sorrisetto sarcastico e tornandosene al gruppetto in attesa di notizie.
“Ehi, ma Meg?”

Meg P.O.V.
“Tesoro sono così felice di vederti!” “Si papà, pure io. Oh, buon compleanno”






Eh-ehm v.v
Guai in paradiso, eeeeh?
Lia bbiamo risolti subito v.v
Una cosa per quanto riguarda Justin: la storia della gravidanza della sua ragazza e del suo tentativo di suicidio sono entrambe vere.
Non so come si chiamasse la ragazza, né come avesse provato a suicidarsi, ma ne parlò una volta Matt, parlando delle due I Want See You Tonight.
In pratica una vede la storia dal punto ti vista di Justin, l’altra dal punto di vista degli amici v.v
Ok, avevo da dire solo questo v.v
Ragazzi, da oggi contate dieci giorni, dopo di ché sparirò per ben tre settimane v.v
Non vogliatemene, ma la Regina chiama e il Cactus risponde :D
Le anime sante che continuano a recensire: vi amo, davvero, e voglio ringraziare Charlie per i suoi consigli riguardo ai Muffin :D
Un beso
The Cactus Incident

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Avenged Sevenfold / Vai alla pagina dell'autore: The Cactus Incident