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Autore: Himechan    08/10/2012    1 recensioni
Asso è un egoista.
Asso è nato solo, vive solo e morirà solo.
Solo con il suo cielo infinito.
Lontano dalla terra che tanto ti aveva fatto del male.
Ti rinchiudevi in quel tuo guscio volante, e scappavi via, lontano dai sentimenti, da chi ti aveva ferito, ma anche da chi ti aveva amato e continuava a farlo in silenzio.
§Capitoli I-II: terza classificata e vincitrice Premio giuria al "Le fleurs du Mal contest", indetto da Pagliaccio di Dio§
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
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James e gli altri ufficiali rientrarono a Londra dopo qualche giorno, e la cosa che gli risultò più strana fu il ritrovarsi a pensare più del dovuto alla ragazza dello Swan Hart: quella era una cosa che lo rendeva ancora più inquieto e insofferente. Non riusciva a togliersi dal cuore quegli occhi grigi, e il problema più urgente e preoccupante sembrava proprio che quella sensazione non gli risultava affatto sgradita, anzi gli pareva persino piacevole.
A quanto ricordava lei gli aveva detto che si sarebbe esibita per tutto il mese, per cui propose al suo amico Keith di andare a prendere qualcosa in un posto un po' diverso dal solito. Voleva rivederla; non sapeva esattamente per fare cosa, ma voleva farlo.
Il suo amico accettò, così non appena ebbero entrambi la libera uscita andarono a prendersi un tavolo e una birra proprio allo Swan Hart.
James rimase gradevolmente colpito quando la ritrovò di nuovo, seduta al piano su quel palchetto fumoso, circondata da una luce soffusa che la faceva apparire ancora più inavvicinabile. Si accomodarono allo stesso posto da dove l’aveva vista la prima volta, e cominciò a fissarla con insistenza. Non poteva farci niente, lei lo catturava in un modo speciale, che lo trascinava in mondi lontani e sconosciuti, facendogli quasi dimenticare chi era, dove si trovava e perché era lì. Vedeva solo quelle mani lunghe, aggraziate muoversi rapide e sfuggenti come acqua che scorre e comporre una melodia struggente, viva, ardente, proprio come l’espressione dei suoi occhi totalmente rapiti da quella sua musica meravigliosa, quegli occhi pieni di passione, di brio e di fuoco impressi nella sua mente come un segno indelebile. Keith se ne accorse e dovette dargli una gomitata sul braccio per farlo ritornare sulla terra.
-Maggiore sei ridicolo- bofonchiò Ombra sorseggiando la sua pinta e fissando con aria scettica la pianista -Ha l'aria della professoressa, si vede lontano un miglio. Quella ti bacchetta anche a letto-
James gli lanciò un'occhiata sorniona, mascherando con le parole ciò che nell'intimo provava -Ho i miei modi per farle stare zitte tutte, comprese le professoressine del cazzo-
-Dieci a zero che non riesci a scopartela neanche stasera- ghignò Allbright.
-Come sei indelicato Ombra. Non vedi che è un'artista?-
-Ti conosco, tu punti solo a quello-
-Shhh!- Asso lo zittì con la mano -Fammi ascoltare la soave melodia di Chopin- borbottò chiudendo gli occhi e fingendo di essere rapito dalla melodia.
In realtà, nonostante le sue parole da spaccone, continuò mentalmente a darsi dello sciocco, del sentimentale, del debole, eppure non riusciva a distogliere lo sguardo da lei; aveva qualcosa di indecifrabile, qualcosa che lo attirava irrimediabilmente. Forse era semplice attrazione fisica, forse voleva solamente conquistarla e scaricarla non appena lei ci fosse stata, eppure questo non gli bastava. Non del tutto almeno. Sentiva che sotto c'era qualcos altro, qualcosa che non riusciva a spiegarsi pienamente. Questo strano pensiero lo perseguitò intimamente per tutto il tempo,  e quando il suo concerto terminò fu estremamente naturale avvicinarsi e presentarsi di nuovo.
Lei, che non si aspettava minimamente di ritrovarselo davanti, anche se lo aveva segretamente sperato, rimase davvero colpita e sbalordita: in quei giorni non si era minimamente azzardata a pensare che lui potesse davvero tornare, e invece i fatti le dicevano che i suoi pensieri più nascosti si erano trasformati in una piacevolissima realtà. E questa realtà aveva gli occhi azzurri e lo sguardo severo di quel bellissimo ufficiale di poche parole.
James abbozzò un pallido sorriso mentre con l’indice e il medio si sfiorava la tempia in un vago gesto di saluto, presentandole il suo amico e Lee, come se nel cuore avesse sempre capito che quell’uomo sarebbe tornato da lei, gli sorrise a sua volta, dimenticandosi di tutto ciò che la circondava intorno, sentendosi come una bambola senza più volontà. Quel profumo speziato, maschio, inebriante le ricordava delle sensazioni piacevoli, che avrebbe rivissuto molto volentieri.
Il maggiore Railey lanciò un’occhiata dietro di lei al cappotto e ai numerosi spartiti raccolti ordinatamente in un’elegante cartella di cuoio -Posso accompagnarla di nuovo? O devo ancora fare i conti con qualche fidanzato geloso?- Lei rise, lusingata per quelle attenzioni. Mai si sarebbe aspettata che un uomo tanto bello si ricordasse di lei.
-Nessun fidanzato geloso, e sì se vuole…- gli lanciò un’occhiata divertita -Le do il permesso ufficiale di riaccompagnarmi a casa-
Allora lui, senza farselo ripetere una seconda volta, l’aiutò educatamente ad infilarsi il cappotto prima di uscire nella gelida serata del West End.
-Lei non mangia mai?- le chiese lui non appena furono fuori, con aria seria e tesa. Non riusciva a spiegarsi il perché ma il suo comportamento gli risultava affettato ed eccessivamente cerimonioso. Troppo per un uomo come lui che non voleva compromettersi in alcun modo, soprattutto con lei.
Lee alzò le spalle con aria scanzonata -Uhm…beh…ecco talvolta riesco a suonare per ore senza avere alcuno stimolo famelico. Però ora che mi ci fa pensare, credo che mi farebbe davvero piacere mettere qualcosa sotto i denti-
Così era tutto molto più semplice.
Lui non le avrebbe mai chiesto esplicitamente di uscire a cena assieme, ma, se lo avesse invitato lei, probabilmente le cose sarebbero andate in modo diverso, e così fu Lee a proporgli di andare in un posto che conosceva molto bene e dove si mangiava il miglior bacon del West End.
James dapprima sembrò riluttante ad accettare, anche perché c'era anche Keith, ma poi non riuscì a non farsi coinvolgere dall’entusiasmo genuino e puro di quella ragazza e si fece trascinare in un pub dove suonavano dal vivo musica irlandese e tutti si scatenavano in vivacissime danze Ceili accompagnate da fiumi di Guinness.
Lee lo prese per un braccio conducendolo dentro nella bolgia -Vieni con me!- esclamò a lui che sembrava riluttante, cercando di sovrastare il frastuono della musica.
Evidentemente lei conosceva un po’ tutti perché si metteva a salutare a destra e a sinistra quasi tutte le persone che incontrava, mentre James, in mezzo a quel caos si sentiva vagamente imbarazzato e fuori posto.
O forse no?
Poi Lee salutò calorosamente una ragazza snella dai lunghissimi capelli rossi e il  viso cosparso di lentiggini che trovò per loro tre un posto per sedersi e mangiare qualcosa.
-Lee ma quale dei due è il tuo nuovo ragazzo?- le chiese Blaine, prendendola per un braccio da una parte e fissando con malizia quei due uomini incredibilmente attraenti che mettendosi a sedere scambiavano qualche parola fra loro.
Lee rise mentre scoccava un bacio sulla guancia alla sua amica -Blaine io non ho un ragazzo. Comunque il fascinoso di cui ti parlavo è quello più alto. E’ un bel tipo vero?!-
-Non farmi dire cose sconce dannata ragazza, che Dio mi perdoni, ma quello è un pezzo raro bella mia. Se te lo fai scappare giuro che me lo prendo io!- le disse all’orecchio con espressione eloquente.
-Credo sia troppo serio per te. Il suo amico sembra più simpatico! - le rispose Lee di rimando strizzandole l’occhio. Non lo conosceva ma il solo averci scambiato qualche parola le aveva fatto intendere che fosse un tipo molto meno incavolato con il mondo rispetto a James ed estremamente più cordiale.
Blaine lanciò una lunga occhiata a Keith -Il suo amico ha la faccia da furbo. Probabilmente è un tizio abituato a spezzare i cuori delle giovani pulzelle- le disse con aria melodrammatica.
Non che James avesse un'aria meno irriverente, ma Keith sembrava proprio il suo degno compare, uno che sa il fatto suo, che piace e ne è perfettamente consapevole.
-Se vuoi te lo presento-
-Chi? Quel tipo? No bella mia, preferisco stare alla larga da certa gente. Si vede lontano un miglio che è un soggetto poco affidabile, e credo che sotto sotto anche il tuo damerino non sia da meno. Profuma troppo di acqua di colonia e tabacco per i miei gusti-
-Uhm, secondo me andreste d'accordo-
Keith era più basso e meno elegante di James ma aveva due occhi verdi magnetici che restavano impressi e un fascino più rude, da canaglia oltre che una voce roca estremamente seducente.
-Secondo me no- tagliò corto lei, ma il modo in cui lo disse, e il secondo di più che restò a fissarlo, le fecero intuire che forse c'era qualcosa che Blaine non le aveva detto completamente.
Alla fine il discorso cadde così ordinarono del bacon rosolato e tre piatti di uova fritte, e quando Blaine portò loro i boccali di Guinness la giovane cameriera le pestò di proposito il piede -Go raibh maith agat!- esclamò solamente guardando entrambi con l’aria di chi la sa lunga, e quando se ne fu andata James fissò incuriosito Lee mentre si dividevano la porzione di bacon appollaiati su una sorta di trespolo.
Lei rise a bocca piena, immaginando già cosa stesse pensando, buttando giù un sorso di birra, e poi tornò a guardarlo.
-Uhm…vediamo, non chiedermi niente, credo ci abbia augurato solamente una buona cena!- mentì in tono vago.
James le lanciò di rimando un’occhiata poco convinta ma ugualmente divertita: le piaceva quel suo aspetto così fresco, sbarazzino, vivace, appassionato, così diverso da come l’aveva conosciuta inizialmente.
Non si faceva problemi a scolarsi un intero boccale di Guinness e a mangiare poco elegantemente come uno dei suoi soldati e quando finito il pasto, circondati dall’allegro frastuono, lei lo trascinò sulla pista, in una scatenatissima Virginia Reel, non poté fare a meno di sorridere.
Fu praticamente impossibile tirarsi indietro di fronte a tanta energia, e nonostante fosse una cosa totalmente nuova e inaspettata per lui, sempre così impassibile e distaccato,  si ritrovò a muovere una serie di passi sconnessi, trascinato dalla gente che gli stava intorno al suono dei fiddles e delle cornamuse e a quella ragazza che ora gli pareva così diversa dall’angelica creatura dello Swan Hart con i capelli tirati su, la camicetta generosamente sbottonata, a piedi scalzi, le guance rosee per il caldo e la Guinness che cominciava a fare effetto.
-Ehi gente! Vaffanculo agli inglesi, viva l'Irlanda libera!- urlò ad un certo punto, dal centro della sala un uomo dalla stazza enorme, levando in alto il boccale di Guinness.
-Viva l'Irlanda libera!- gli urlarono dietro tutti gli avventori del pub in preda a sentimenti patriottici e ai fumi dell'alcool, mentre i musicisti attaccavano a suonare “The Foggy Dew” e tutti si mettevano la mano sul cuore.
Lee lanciò a James e Keith un'occhiata quasi di scuse mentre continuavano gli improperi contro l'Inghilterra e sua Maestà.
-Fossi in loro non insulterei così tanto la patria che gli dà da mangiare e per la quale molto presto combatteranno contro i crucchi- commentò James ad alta voce, volutamente, fissando in cagnesco gli irlandesi che si sa, se vengono provocati reagiscono molto male, dato il loro carattere fumantino.
James Railey non era da meno.
-Ehi dì un po' si può sapere che cazzo ci sei venuto a fare qui, damerino di sua Maestà?- lo provocò un ragazzo alto e imponente, venendogli sotto con fare intimidatorio.
-A farmi quattro grasse risate alle tue spalle, roscio- ghignò James faccia a faccia con l'altro, senza paura.
-Brutto figlio di putt...- ma prima che potesse anche solo colpirlo, James lo aveva già reso inoffensivo prendendogli il braccio e girandoglielo dietro la schiena in un movimento secco e preciso che gli fece uscire l'osso della spalla, facendolo urlare dal dolore e contorcere su se stesso.
Un secondo dopo, tre uomini gli furono praticamente addosso, in una zuffa clamorosa, seguita da urla spintoni, sputi e imprecazioni varie.
Lee urlava di smetterla, un paio di altri avventori si misero in mezzo per sedare la rissa tra inglesi e irlandesi. James e Keith davano e ricevevano pugni con la stessa meticolosità, spalleggiandosi a vicenda, e alla fine dovette arrivare il gestore del pub per cacciare tutti i protagonisti della rissa che ormai se le stavano dando di santa ragione.
Riconobbe i due ufficiali della Raf per cui non chiamò la polizia, ma li minacciò severamente a brutto muso, e li buttò fuori entrambi senza troppe cerimonie.
Lee salutò rapidamente Blaine scusandosi profondamente per la figura fatta con quei due personaggi, e uscì assieme ai due uomini, mezzi barcollanti che ridacchiavano per la bravata appena compiuta.
-Figlio di puttana allora sai ancora boxare come un vero pugile- sogghignò Allbright appoggiandosi alla spalla di James. -Oh certo, soprattutto quando c'è da fare a botte con chi non mi va giù- gli rispose Railey passandosi la punta delle dita sotto il naso e accorgendosi che sanguinava copiosamente.
-Scusaci miss per questo piccolo...uhm...imprevisto!- esclamò Keith.
Erano sbronzi e si vedeva.
Le birre ordinate allo Swan Hart e all'irlandese cominciavano a dare i loro effetti.
Lee rimase disgustata dalla scena e stava quasi per andarsene, mollandoli entrambi lì, quando si accorse che James aveva cominciato a perdere sangue, così ci ripensò.
-Siediti, avanti- lo rimproverò in tono sbrigativo, infischiandosene di trovarsi davanti ad un alto ufficiale. Per quanto la riguardava, quella sera, lui aveva perso ai suoi occhi tutta la sua aura romantica, facendo, assieme al suo compare di bisboccia, la figura dell'imbecille.
-Sei carina quando ti arrabbi, miss lo sai- biascicò lui sedendosi pesantemente sulla panchina, accanto al suo amico.
-Asso, non vale, anch'io voglio l'infermiera di fiducia- protestò Allbright mentre Lee prendeva dalla borsetta un fazzoletto e gli tamponava la narice picchiettandola con decisione.
-Grazie, mammina- sorrise lui, mentre senza accorgersene, faceva salire una mano, lungo la coscia di lei, a sfiorarla con delicatezza, e quando Lee se ne accorse e lui fece per baciarla gli mollò un violento ceffone in piena faccia, infischiandosene della ferita al naso e tutto il resto.
-Sei uno stronzo!- gli urlò sentendosi profondamente offesa.
-E dai quanto la fai tragica, che sarà mai un bacetto- ridacchiò James che rivolse un'occhiata da perfetto idiota al suo compare, massaggiandosi la guancia.
-C'è che sei un vero e proprio imbecille, mio caro- disse lei alzandosi di scatto a lisciarsi la gonna -Un pervertito, un mascalzone, maleducato e zotico. Oltretutto mi avete fatto fare una figuraccia con la mia amica. Beh vi saluto, e tu arrangiati per conto tuo- e detto questo, gli gettò in grembo il fazzoletto insanguinato e girò i tacchi, allontanandosi il più in fretta possibile nonostante i patetici tentativi di lui di scusarsi, richiamandola a sé.
Ma come aveva fatto a fidarsi di un essere del genere?
Nel ritorno a casa si diede della perfetta cretina.
Era chiaro il piano di quell'uomo.
Fare all'inizio la parte dell'ufficiale distinto e tutto d'un pezzo, per rivelare poi la sua natura bieca e meschina.
Non c'era niente da fare, gli uomini erano tutti uguali, esseri dagli istinti bestiali ed elementari. Quel bell'ufficiale -di cui tra l'altro non conosceva neanche il nome- e il suo amico di bisboccia non erano affatto da meno.
Si decise che era meglio se cominciava a toglierselo dalla testa, e soprattutto dal cuore, prima che fosse troppo tardi.



Braunshweig


Lei aprì lentamente la porta e, ritrovandoselo davanti, sorrise sorpresa.
-Non credevo che saresti venuto- mormorò, fissandolo dritto negli occhi.
-Volevo vederti. Beh, mi fai entrare o devo rimanere sulla porta ancora per molto?-
Eva si sporse leggermente fuori dall'uscio a guardare con aria circospetta a destra e a sinistra per vedere se in corridoio passasse qualcuno, e poi gli fece cenno di entrare, aprendo un po' di più la porta. Non era l'orario di visita dei clienti quello, ma tutte lì sapevano chi fosse l'amante di Eva, per cui avevano sempre un occhio di riguardo. Joachim non se lo fece ripetere e un secondo dopo la prese tra le braccia, baciandola appassionatamente.
-Mi sei mancata- le sussurrò sulle labbra.
Lei lo scostò con un risolino malizioso, richiudendosi la porta a chiave alle proprie spalle, poi gli prese il cappello e il soprabito e lo appoggiò sulla sedia.
Joachim si accomodò sul piccolo sofà, accavallando le lunghe gambe snelle e allungando le braccia dietro lo schienale, e la fissò con uno sguardo colmo d'amore e di desiderio.
-Ciao, capitano-
-Ciao, Janka. Come sei bella-
Eva indossava un delizioso corpetto di pizzo nero sotto ad una camicia di seta rosa antico che le svolazzava sui fianchi snelli e flessuosi, e con i capelli color rame, sciolti sulle spalle le pareva ancora più bella dell'ultima volta che l'aveva vista. Sapeva di rosa, di buono, d'amore.
Lei si era seduta davanti lo specchio e aveva cominciato a struccarsi lentamente, togliendo quella maschera che la faceva sembrare molto più adulta e sofisticata dei suoi ventun anni. Ed ecco che tornava Janka. Semplicemente, solo tra le braccia del suo capitano. Gli rivolse un sorriso rilassato dallo specchio, ma, dall'espressione tesa del viso di lui, capì subito che c'era qualcosa che lo turbava.
Come lo capiva bene, ormai!
Lo amava da quando aveva diciotto anni, da quando Eva aveva rubato la vita e i sogni di Janka. Era stato il primo cliente gentile e attento a lei e ai suoi sentimenti. L'aveva fatta sentire protetta in un certo senso, e amata, in un modo del tutto particolare, come solo lui sapeva fare. Joachim, nonostante quei clienti che andavano e venivano, trattandola come un oggetto, rimaneva il suo amore più grande. Lui era il primo che l'aveva fatta sentire donna e desiderata sinceramente.
-Vieni qui, da me- mormorò lui arricciando il labbro come un bambino e battendo una mano accanto a sé.
Lei finì di passarsi una salviettina di cotone sulle gote e, a piedi nudi, lo raggiunse con un piccolo salto, gli circondò la vita con le braccia e gli scoccò un bacio sul collo.
-Che c'è Cloche? Oggi non stai bene?- mormorò accarezzandogli una guancia con la punta delle dita e scrutandolo con attenzione. Capiva molte cose di lui solamente da come la salutava o dal modo in cui la stringeva quando si rivedevano. Joachim ormai era un po' un libro aperto per lei nonostante la maggior parte delle volte mostrasse la sua parte dura ed enigmatica e lei era l'unica a saper toccare sapientemente i tasti giusti del suo cuore, facendolo fremere di tenerezza e passione.
-Non molto. Ma non ho voglia di parlarne- si girò a rivolgerle un sorriso un po' triste mentre la prendeva tra le braccia e le accarezzava il seno morbido. Il capitano non era uomo di tante parole, e ora come non mai le parole sembravano non servire a molto.
Janka lo capì, e, senza dire una parola lo prese per mano e lo fece stendere sul letto.
Poi come un rito che ormai faceva parte di loro, gli tolse in silenzio, lentamente gli abiti di dosso, cominciò ad accarezzarlo con la lingua e con le dita, facendolo gemere sommessamente, infine, lui la prese per i fianchi e l'attirò a sé, impaziente.
L'amore fu rapido e violento, e lasciò ad entrambi quella sensazione di appagamento che riuscivano a trovare solamente l'uno nelle braccia dell' altra. Janka aveva per lui una dedizione e una cura che non aveva mai trovato in nessuna donna prima di allora. Era la sua amante, la sua confidente, la sua amica  e lui la amava con tutto se stesso. O perlomeno nel modo con cui lui concepiva la parola amore.
Dopo aver fatto l'amore rimasero in silenzio, nella penombra della stanza illuminata solamente da un pallido abat jour, i corpi nudi ancora intrecciati. Joachim fissava il soffitto, senza dire una parola mentre lei gli disegnava dei piccoli cerchi regolari sul petto.
-Sei distante capitano- mormorò Janka ad un certo punto osservando il suo profilo forte e perfetto.
Lui tacque un momento, ripensando a quell’articolo su James Railey, ma scacciò subito il pensiero e quella faccia odiosa, poi si girò a guardarla con un sospiro profondo e le rivolse un sorriso pieno di dolcezza mentre le accarezzava il viso -Mai troppo da te- le rispose in un soffio.
-Ormai te lo leggo negli occhi cosa provi. Parlami, Cloche- gli disse lei schiettamente.
-Problemi a lavoro. Niente che non si possa risolvere- mormorò.
-Ti ostini a credere di poter risolvere sempre tutto, non è vero Herr Hauptmann?- lo schernì lei rivolgendogli un buffo saluto militare.
Lui le rivolse un'occhiata accigliata -Se c'è una soluzione al problema, questa prima o poi si trova, se non c'è soluzione alcuna allora non la troverò mai, quindi tanto vale evitare di preoccuparsi, non ti pare?-
-Direi che non fa una piega. Peccato che questo problema sembra preoccuparti lo stesso- continuò appoggiando il mento sul suo petto, ma lui parve non ascoltarla, perso nei suoi pensieri.
Allora allungò una mano nella tasca dei pantaloni e ne trasse una piccola scatola di velluto rosso, poi gliela porse, senza dire una parola.
-Per te, amore mio-
Lei fissò quel piccolo dono con aria profondamente stupita -Per...me?-
-Sì, avanti aprilo!- la esortò lui impaziente, allora lei, con aria impacciata, prese la scatolina e fece scattare il piccolo marchingegno, mostrando un paio di splendidi orecchini di zaffiro.
Brillavano nella semioscurità.
-Oh Joachim ma sono...sono- era senza parole mentre si portava una mano alla bocca per lo stupore.
-Non belli come te. Avanti indossali, fammi vedere come ti stanno- le sorrise e un secondo dopo si ritrovò travolto dall'entusiasmo di Janka che gli aveva già buttato le braccia al collo, lanciando gridolini deliziati come una bambina.
-Oh Joachim ti amo! Ti amo, grazie sono bellissimi!- esclamò tempestandogli il volto di baci. Lui l'aiutò ad indossarli, poi le scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e la ammirò con aria piena d'orgoglio.
-Come sto?- le domandò lei, civetta girando il capo prima a destra e poi a sinistra a mostrargli il profilo delicato e perfetto.
-Bellissima- rispose lui accarezzandole i morbidi capelli rossi, poi con un balzo, Janka scese dal letto e andò a rimirarsi felice allo specchio della toeletta. Si guardò e poi si girò a fissare il capitano con un sorriso a trentadue denti -Sembro una principessa, non ti pare?- esclamò cominciando a sfilare su e giù per la stanza, completamente nuda, davanti a lui, la mano su un fianco come una di quelle attrici di Hollywood che ammirava tanto. Era così buffa e tenera che Joachim si sentì inondare d'amore e di dolcezza per lei.
La sua piccola Janka.
E pensare che doveva dividerla con decine e decine di uomini che di lei conoscevano solo la parte sensuale.
Eva.
Il frutto proibito.
Nient'altro.
Janka era talmente diversa. Talmente adorabile senza quel mascara e quel rossetto rosso, e quel fard troppo calcato sulle gote. Più vecchia e più esperta rispetto a quella ragazzina sorridente e vivace che si ammirava tutta contenta per un paio di orecchini nuovi regalati dal suo principe azzurro. Che poi di azzurro Cloche non aveva neanche gli occhi, ma per lei era l'uomo migliore del mondo, anche se non la sposava, anche se l'amava di nascosto, anche se non l'aveva mai portata a mangiare il gelato a Charlottenburg. Quanto le sarebbe piaciuto passeggiare per la Kurfusterdamm a Berlino sottobraccio a lui, come le signore per bene la domenica pomeriggio, e invece Joachim non voleva mai farle conoscere il mondo, la sua vita. Per loro il mondo finiva nelle quattro pareti di boiserie della sua stanza in un bordello d'alto rango del centro di Braunshweig.     
Si ostinava a credere che non fosse solamente il sesso ad unirli: a volte immaginava un'esistenza completamente diversa, immaginava un bambino che assomigliasse a Joachim, immaginava di essere sua moglie, di legittimare la loro unione. Come sarebbe stata felice sua madre se gli avesse fatto conoscere una persona gentile e rispettabile come lui.
Come avrebbe voluto dirle -Mamma sai non faccio più la prostituta per vivere. Joachim vuole sposarmi, ora non ho più bisogno di fare quella vita orribile. Sono Janka, mamma-
Invece no. Queste rimanevano solo le sue pure illusioni  e i suoi sogni di ragazzina, ma lo amava talmente tanto che per lei andavano bene anche le briciole della sua vita, del suo tempo. Lei era la sua confidente, con lei il capitano Von Scherner tornava ad essere Joachim, il ragazzo fragile di cui lei si era innamorata per caso durante un incontro fugace e appassionato, tre anni prima.
Gli si accoccolò di nuovo vicino, completamente nuda, addosso solo gli zaffiri -Mi piacerebbe farli vedere in giro, lo sai?
Lui sospirò a guardarla -Lo faremo prima o poi. Te lo prometto meine kleine blume-          
-Quando?- gli chiese ansiosa e impaziente.
-Quando questa brutta situazione sarà finita-
-Una guerra intendi?- gli chiese trattenendo quasi il fiato.
Lui annuì gravemente.
-E finita la guerra ci sposeremo?-
Le sorrise sorpreso -Ti piacerebbe?-
-Con tutta l'anima, capitano- mormorò mentre le parole le sgorgavano spontaneamente dal cuore.  
-E sia. Ci sposeremo. Sarai Janka Von Scherner- ribadì lui solennemente.
-E avremo due bambini?- incalzò sempre più estasiata.
-Certamente-
-E anche un cane?-
-Anche un cane-
-E lo chiameremo Pietr?-
-Come vuoi tu amore mio. Sarai la mia signora e la mia regina e avrai tutto quello che desideri-

-Spero allora che questa guerra finisca molto presto- mormorò Janka tra sé sognando come faceva sempre quelle parole mentre gli fissava, accarezzandolo, il profilo nobile e il suo viso disteso e già profondamente addormentato.


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Angoletto Hime: Fa una stranissima sensazione riprendere una storia interrotta più di due anni fa, ma rileggendola, correggendola e modificando alcune parti, mi era venuta voglia di continuare a dare vita a Jamie e Lee e a tutti gli altri personaggi che ruotano intorno a loro. In questo capitolo James non ha fatto una bellissima figura; volevo farlo apparire un po' più umano, meno impostato e serio, anche se le conseguenze per lui sono state abbastanza disastrose. Joachim il tedesco invece, sembra essere rimasto particolarmente turbato dall'articolo sul suo rivale aviatore. Vedremo un po' come si evolverà la questione. Ho introdotto anche due nuove figure femminili che sono Blaine e Janka e che avranno un ruolo importante all'interno dell'intreccio. Spero di non avere più pause così lunghe anche perché vorrei dedicarmi ad un progetto per volta, quindi speriamo che il tempo e l'ispirazione mi supportino : )
Passiamo ora a qualche piccola nota linguistica:

Go raibh maith agat: è un'esclamazione in lingua gaelica che letteralmente dovrebbe significare "Possa esserci del bene per te". Diciamo che è una specie di augurio che Blaine fa alla sua amica.

Meine kleine blume: in tedesco significa "Mio piccolo fiore". Anche quel pezzo di ghiaccio di Joachim ha un suo lato tenero, evviva : )

Bene, credo che sia tutto per il momento!
Un abbraccio a chi leggerà e a chi vorrà commentare!

Hime






   
 
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