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Autore: Fuuma    21/04/2007    17 recensioni
Che cosa ho fatto...?
Che cosa... ho fatto...?
Mi dispiace, perdonami, ti prego, perdonami... oppure no, non perdonarmi ma ti prego... Non morire!
Genere: Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Quindici minuti per morire

Raiting: Death, Nc-14

Characters: Roy Mustang, Edward Elric

Pairing: RoyxEdward ma solo alla fine perchè senza un'unica frase che compare sarebbe da leggere in chiave non yaoi...
Note: Non so come e da dove mi sia uscita l'ispirazione per questa fic, so solo che mentre buttavo giù le prime righe nella mente si è formata una scena e, pensandoci mi ha talmente commosso che ho voluto provare a descriverla, ma non so quanto e se ci sia riuscita. Sarà che sono sadica, sarà che volevo far piangere anche voi, sarà che ascoltare Iglesias & Huston mi fa male al cervello, sarà che ultimamente mi sto appassionando agli "amori non corrisposti" (che in questa fic non è proprio non corrisposto ma per me è pure peggio^^), ma io lo sapevo che prima o poi avrei scritto una Deathfic. Chi mi conosce saprà che con me non c'è scampo XD, sono le mie preferite, forse perchè sono l'esasperazione dell'Angst -genere che io amo- e, chi invece ancora non mi conosce bene... bè, ora lo sa XD!


++Quindici minuti per morire++

C'erano proiettili che schizzavano in ogni direzione.
Scoppi che rompevano la notte e urla di dolore che piangevano insieme alla pioggia.
C'erano corpi distesi ed insanguinati, membra mutilate e visi deturpati, odore ferruginoso e odore di zolfo.
E poi c'erano loro.
Lui.
Principalmente lui.
Coperto da forti braccia che volevano nasconderlo al mondo intero, possessive e protettive lo stringevano al petto usando il proprio corpo come uno scudo.
Ma c'era solo carne e solo ossa a formare quello scudo. Ma era umano quello scudo e presto o tardi sarebbe diventato inutilizzabile.
Sarebbe morto.
Anche lui.
Quando aveva visto la sua ombra, imponente in confronto al suo esile corpo che aveva smesso di crescere troppo presto, piombare su di sè con la velocità di un predatore aveva pensato di essere morto, non aveva avuto il tempo di immagazzinare le informazioni e analizzarle, non aveva capito...
Aveva chiuso gli occhi.
Stupido.
Mai chiudere gli occhi durante un combattimento!
Quante volte Izumi-sensei glielo aveva detto, fino alla nausea, colpendolo e ricolpendolo con violenza su quella testolina bacata.
Ed ogni volta lui sbuffava e brontolava con il fratello.
Non aveva bisogno di sentirselo ripetere, lo sapeva benissimo.
Ma non aveva capito.
Non aveva mai Davvero capito.
Doveva tenere aperti quegli occhi, doveva soltanto tenerli aperti dannazione!
Invece li aveva chiusi.
Per paura.
Per la sorpresa.
Per istinto.
E proprio per istinto il suo braccio destro si era mosso.
Istinto di conservazione.
Quel braccio che di umano non aveva nulla, che somigliava invece ad un'arma e come tale spesso veniva usato, aveva affondato la sua lama nella carne, in quello stesso corpo che aveva voluto fargli da scudo per proteggerlo.
Povero scudo umano, non aveva pensato di proteggere anche sè stesso.
Ma anche così, con il fianco squarciato dalla lama di metallo imbrattata di liquido cremisi, le braccia circondarono le sue spalle trascinandolo a terra, lontano dagli sguardi crudeli di nemici armati che non avevano smesso di affluire dall'unica via di fuga che era rimasta loro, sbarrando anche quella, togliendogli ogni speranza di sopravvivenza.
Si udirono esplosioni e altre scariche di proiettili volare intorno a loro annunciando l'Apocalisse.
Una mitragliata di colpi giunse tanto vicino che fu come se la loro testa fosse stata trapanata a causa del rumore assordante e l'aria sfrigolò calda, attraversata da quelle schegge di piombo.
Qualcuno urlò, parole incomprensibili, forse insulti al nemico, forse semplicemente suoni senza senso che si persero in una notte che li aveva inghiottini e spediti in un inferno di scoppi e spari.
E lui cercò di svicolarsi dall'abbraccio di quel corpo caldo di cui poteva sentire così bene il profumo di acqua di colonia mischiato a quello della polvere da sparo e, più intenso, a quello del sangue.
- Smettila! -
Al di sopra degli spari, oltre le grida e le imprecazioni, superando gli ordini di alleati e nemici, la sua voce fu come il tuono, come il rombare del motore di un caccia americano in una pista vuota: un Mustang. Identico al suo nome. Mustang. Roy Mustang.
(1)
- Ma lei... -
- Ti ho detto di tacere, è un ordine! -
Non potè ribattere, nemmeno quando lo sentì sputare sangue e irrigidirsi mentre il corpo veniva attraversato da una fitta che si dipanava dalla profonda ferita al fianco.
Aveva sentito dire che ci volevano quindici lunghissimi minuti di agonia prima di morire a causa di una ferita allo stomaco. Il tempo per sentire il sangue sgorgare dal taglio mentre le forze venivano meno, la vita passava davanti agli occhi come un film muto in bianco e nero e il dolore aumentava fino all'inverosimile occupando il cervello di un solo pensiero: "Voglio che smetta. Voglio che smetta. Voglio che smetta.". E poi, alla fine, tutto smetteva. Di colpo.
Imprecò mentalmente pregando che quello non fosse stato il dipinto della sua morte.
Tra le sue braccia il corpo minuto del ragazzo sembrava sprofondare nel suo tepore, aveva smesso di agitarsi ma gli occhi erano sbarrati e colmi di un insano terrore. Entrambe le mani stringevano convulsamente la divisa del militare, con la consapevolezza che, una volta abbandonata quella stoffa blu sarebbe stata la fine.
- Taisa... -
- Non parlare. -
- Che cosa ho... -
- Non parlare. - ripetè mentre rivoli cremisi colavano dall'angolo di una bocca sempre dischiusa in sorrisi beffardi che ora invece si piegava al contrario e, serrata, tratteneva gemiti di dolore.
- Che cosa ho fatto...? - bisbigliò il ragazzo aggrappandosi più forte a lui macchiandosi a sua volta del suo sangue, che formò una chiazza umida e rossa sulla giacca di una divisa che era stato costretto dalla guerra a portare.
Ma quella non era la guerra.
Era solo una battaglia.
E la stavano perdendo.
Colpi di pistola fischiarono ancora dalle canne dei suoi compagni, dei pochi rimasti che cercavano di prendere tempo nella vana attesa di rinforzi che non erano mai arrivati nè, probabilmente, erano mai stati avvisati.
Erano rimasti inesorabilmente da soli, tagliati fuori dal mondo. Messi davanti alle loro azioni buone o cattive che fossero state era arrivato per loro il Giorno del Giudizio Finale perchè, in quel giorno, in quella notte, in quel momento, si stava decidendo per il Paradiso o l'Inferno.
- Taisa... -
Fu un sussurro spezzato.
La gola aveva iniziato a fare male perchè stava con tutte le forze cercando di trattenere i singhiozzi che invece grattavano con prepotenza per uscire.
- Smettila... di parlare. - avrebbe dovuto seguire anch'egli il proprio consiglio invece di tossire sangue dopo ogni frase pronunciata a fatica - O ti... troveranno. -
Ad ogni respiro una fitta al petto.
Ad ogni parola il respiro mozzato.
Bloccato nel circolo vizioso della morsa della Morte.
- Io... glielo giuro... -
Disobbediva in continuazione agli ordini del suo superiore.
Era sempre stato così quel marmocchio petulante. Era da sempre stato un ribelle.
- Non volevo... non volevo... glielo giuro... io... non... non volevo... -
Era diventata una cantilena, una di quelle nenie che le balie cantano ai bambini per farli addormentare prima che l'uomo nero li trovi ancora svegli e li rapisca dalle madri portandoli in un Mondo Buio e Spaventoso.
- E' tutto ok. -
Non lo era, ma lui per primo si sentì rassicurato dal fatto che potesse ancora mentire con tanta facilità ed il pensiero gli strappò un sorriso autoironico.
- No, non lo è invece! -
Lo aveva urlato d'impulso e se ne pentì all'istante.
Un'altra sciocchezza.
Rimasero entrambi in silenzio per i dieci secondi a venire.
Dieci secondi lunghi come secoli.
Dieci secondi che durarono un'eternità e poi il tempo riprese a scorrere troppo in fretta.
- L'ho colpita! - tornò a parlare il ragazzo, la mancina era scesa al fianco dell'uomo e premeva come meglio poteva sulla ferita cercando di marginare l'emorragia.
Ma la sua mano sembrava così piccola e così inutile.
- Io l'ho colpita... - ripetè, perchè aveva bisogno di sentirlo per essere sicuro di averlo davvero fatto, perchè era troppo inaccettabile il solo pensiero che lui... lui... LUI! avesse potuto colpire Mustang Taisa. E non perchè era il suo superiore, non perchè era un Colonnello, non perchè era un suo compagno. No. No. NO!!!
Era Mustang Taisa dannazione!
Era Mustang Taisa! Quel Mustang Taisa bastardo, donnaiolo, stronzo e narcisista!
Quello stesso Taisa che non si tirava indietro dal fornigli informazioni sottobanco mettendo a rischio una cariera per cui aveva dato tutto e che ora lo stava proteggendo a rischio della propria vita perchè, a dirla tutta, ormai la sua vita era agli sgoccioli.
Per colpa sua.
Soltanto sua.
Avrebbe potuto vivere ancora venti, trenta, cent'anni!
Perchè cazzo non aveva tenuto quei fottuti occhi aperti?!?
Perchè dannazione!!!
- Io... Lei... Non morirà. -
- Hn. -
Era stato un modo per annuire alle parole del ragazzo ma non per questo ci doveva anche credere.
- Lei non morirà. -
E nemmeno l'altro alchimista ci credeva, ma doveva convincersene, in questo modo forse, credendoci davvero, Mustang non sarebbe morto e lui... lui non ne sarebbe diventato l'assassino.
Oh no, no, no, no!
Dio ti prego... ti prego... Non fargli questo.
Trascina quel ragazzo nell'Averno ma non far di lui un assassino.
Plase my God. Please!
- Lei non morirà... -
- FullMetal... -
- Non deve morire... -
- FullMetal... -
- Non può mor... -
- Edward. -
Il suo nome tra le labbra di Roy ruggì nella notte sebbene non lo avesse che sussurrato all'orecchio del biondo, eppure lo sentì pronunciare così forte che nemmeno il frastuono di una bomba sarebbe riuscito a coprirlo.
Bastò per calmarlo.
Come il suo sguardo quando Edward alzò il capo alla ricerca degli occhi del Colonnello e ne incontrò le iridi corvine e l'espressione di assoluta, assurda sicurezza.
- Va tutto bene. -
Avrebbe anche sorriso se non fosse che perfino dischiudere le labbra gli costava fatica.
Ma avrebbe sorriso pur di non vedere gocce d'argento bagnare il volto del ragazzo e mischiarsi con la pioggia che colpiva i loro corpi.
- Non morirò. - continuò con voce ferma, e quanto fu difficile nascondere il dolore da quel volto - Ma tu ora devi fare come ti dico. -
- Sì, ma lei prometta. Prometta di non morire. -
Si piegò maggiormente sul corpicino del FullMetal, incurvando la schiena e poggiando la mano destra ai biondissimi capelli sulla nuca, bagnati e scompigliati.
- Fai come ti dico. -
Disse questo ma non promise.
Perchè Roy Mustang manteneva sempre le promesse fatte.
Perchè quella che Edward Elric gli chiedeva di fare era una promessa che non avrebbe mai potuto mantenere.
- Non parlare più. Non ti muovere e... - prese respiro quando una fitta più forte gli mozzò il fiato e rischiò di collassare - e... e soprattutto... non fiatare. -
- Ma lei... -
L'indice affusolato si fermò alle labbra del ragazzo, obbligandolo a tacere.
La stoffa dei guanti gli solleticava la bocca, era bianca, immacolata, anche in tutto quel fango in cui stavano sprofondando e dopo tutto quel sangue versato. L'indice ne carezzò piano le labbra ed il FullMetal vide il viso del Flame Alchemist sfiorare il suo, mentre la voce era diventata tanto sottile che faticò ad udirla.
- Cosa ti ho appena detto? - bisbigliò severo - Non fiatare. -
Si distese e nel farlo costrinse a stendersi anche il ragazzo che rimase sotto di sè, nascosto completamente da quel corpo atletico e caldo che andava perdendo calore e veniva bagnato in continuazione dalla pioggia.
- Sta buono per una volta. -
Che strano, non sentiva più il rumore del combattimento che intorno a loro stava andando avanti incurante di quello che accadeva ad un colonnello e al suo sciocco subordinato.
Forse era un bene, in questo modo poteva fingere di sapere che presto tutto sarebbe finito, magari in meglio. Loro avrebbero vinto, lui avrebbe ricevuto una nuova promozione, l'ennesima medaglia da appuntare al petto, avrebbe fatto una bella strigliata al FullMetal includendo una lezione gratuita sull'Arte della Guerra e poi... e poi... e...
Maledizione!
Aveva la vista appannata.
Aveva sentito che ci volevano quindici minuti per morire per una ferita allo stomaco...
(2)
...Ne erano passati dieci...
Cazzo.
- FullMetal... -
- Mhm... - bofonchiò piano il ragazzo soffiando il proprio respiro sulla divisa di Mustang Taisa, giusto per fargli notare che ancora era lì, tra le sue braccia, al sicuro. Salvo. Almeno lui.
- Smetteranno di sparare prima o poi. - era un dato di fatto, anche la peggiore delle battaglie prima o poi finisce - E... a quel punto... tu... tu... -
Tu...?
La mente pareva un palloncino vuoto che fluttuava in un cielo attraversato da tuoni, fulmini e saette.
Doveva completare la frase.
- Tu... - cercò di riprendere il filo conduttore dei propri pensieri - Tu dovrai continuare a rimanere nascosto... Aspetta un'ora... un'ora e poi esci e dirigiti a... a nord... -
Aveva la bocca secca.
Acqua. Acqua. Stava morendo di sete. Cazzo, stava morendo e basta.
E sulla sua testa si stava squagliando il cielo.
- Ce la puoi fare... vero...? -
Edward non rispose.
Non sentì nemmeno il suo capo annuire contro il proprio petto.
Non si mosse affatto.
La mancina ancora impegnata a tamponare la ferita del Flame Alchemist.
- FullMetal? -
Cercò il suo sguardo.
Polle d'oro fuso si stavano sciogliendo.
Edward piangeva in silenzio per non farsi sentire da Mustang Taisa, non parlò perchè aprire la bocca avrebbe significato lasciar liberi i singhiozzi, non si mosse perchè l'unica cosa che voleva fare era stringersi più forte a quell'uomo che lo aveva protetto e che lui stava uccidendo e chiedergli perdono e supplicarlo di non morire, di non lasciarlo da solo perso tra i boati della guerra, di vivere per sempre, in eterno, fino a che il Mondo per primo non fosse finito.
- Ok. Non importa... -
Sì che importava invece. Importava eccome!
- So che ce la farai. -
No, no, non è vero!
Perchè non faceva altro che mentire?!
- Devi farlo per tuo fratello... Devi... vivere... per lui... giusto? -
Vivere.
Era solo una parola.
Vivere.
Era diventato privo di significato.
Vivere.
E Mustang Taisa invece? Non doveva vivere anche lui?!
- Io... mi fido di te. -
Si fidava del ragazzo che lo aveva colpito credendolo un nemico, del suo assassino!
Si fidava di quel piccolo traditore che aveva affondato la sua lama nel suo corpo ancora così giovane, aveva solo ventinove anni, ventinove cazzo! e tutta una vita davanti! Che senso aveva morire così?!
- Taisa... - pronunciò piano, tra le lacrime.
Roy poggiò il capo sul terreno e la guancia pallida si sporcò di fango che ricoprì anche parte dei nerissimi capelli.
- Mi chiami... mi chiami ancora per nome... per favore... -
Il Flame Alchemist sorrise.
Era la prima volta che quel ragazzino figlio dell'orgoglio e del capriccio gli chiedeva per favore, pensava non conoscesse affatto le buone maniere.
Chiuse gli occhi, le labbra ancora piegate nella parvenza di un sorriso.
- Edward... - sussurrò stancamente.
- Taisa... - singhiozzò il più piccolo.
- Mhm... - rispose soltanto l'altro.
- Mi dispiace... -
- ...mhm... -
- Taisa... -
- ... -
- La amo... -
Ci vogliono quindici maledettissimi e lunghissimi minuti per morire a causa di una ferita allo stomaco.
Ne erano passati sedici.
Ci furono spari quella notte che squarciarono l'oscurità.
Ci furono proiettili che ferirono soltanto e altri che uccisero crudelmente.
Ci furono esplosioni assordanti e grida rantolate.
E poi ci furono morti.
Tanti.
Finchè tutto non si concluse nel silenzio e la battaglia decise di tacere.
Non si udì più nulla a parte passi pesanti di anfibi che sprofondavano nel fango e camminavano tra i cadaveri pungolando i morti con fucili ancora caldi e carichi e, di volta in volta, qualche sparuto sparo per esser sicuri che quelli a terra fossero davvero morti e ci rimanessero.
Infine la Vecchia Signora si ritirò nel suo Antro Buio con la fidata falce e la pioggia fu l'unica compagna dei soppravvissuti e dei caduti.
Non rimase più nessuno sul campo di battaglia.
Soltanto corpi senza linfa.
Cadaveri.
Una volta chiamati compagni.
Amici.
Morti.
Ed un corpo che più degli altri pesava su di lui e sulla sua coscienza, e lo copriva nascondendolo alla notte come una coperta blu che profumava di tristezza.
- Taisa... -
Rimase il suo pianto di bambino abbandonato.
- Taisa... -
Rimasero i singhiozzi di chi solo si salvò immerso nel fango e nel sangue, protetto da forti braccia di uno scudo fatto di carne, pelle e ossa.
- Taisa... mi chiami ancora per nome... per favore... la prego... Taisa... -
Da qualche parte aveva sentito, o gli avevano detto, che per una ferita allo stomaco ci vogliono quindici dannati minuti per morire tra atroci sofferenze. Aveva pensato che fosse una schifosa eternità.
Era passata un'ora da quando la sua lama squarciò il fianco di Roy Mustang.
Ed il suo tempo era scaduto.


++THE END++


-Note *super-extra-mega-lungamente-in-ritardo* dell'Autore-

1. Ok, è dalla prima volta che ho sentito il nome di Mustang che riflettevo su come mai avesse il nome di un aereo o di una razza di cavalli e, finalmente dopo cinque anni sono riuscita a darmi un perchè XD! Bè, effettivamente me lo sono inventato ma poco importa v_v... per di più ho controllato le date e il primo volo del Mustang viene almeno trent'anni dopo l'ambientazione temporale di FMA=_=... ma ho pensato che magari, essendo ambientato in un mondo parallelo al nostro si poteva fare una piccolissima eccezione*_*"""...

2. La frase più giusta probabilmente sarebbe "Aveva letto che ci volevano quindici minuti per blablabla..." XD perchè effettivamente sta cosa della morte lunga e dolorosa mi era rimasta impressa dopo la lettura de Il Codice Da Vinci^^, purtroppo me l'avevano prestato tempo fa e l'ho restituito per cui non sono sicura della cosa, ho cercato anche su internet qualche info al riguardo ma non ho trovato nulla per cui spero di non aver scritto una cazzata. Soprattutto perchè la fic ruota proprio intorno a questo dettaglio^^""".


Detto questo... Spero che si capisca una cosa della fic a cui tengo particolarmente, giusto per aumentare la drammaticità della scena XD: quando Mame-chan dice quel suo "Ti amo" Mustang Taisa è già morto... Oddio, è crudele, vero? Mi piacerebbe così tanto creare una doujinshi basata su questa fic, non tanto perchè l'ho scritta io (anche perchè purtroppo non riesco mai ad essere pienamente soddisfatta di quello che scrivo^^"") ma proprio perchè adorerei una scena come questa, peccato soltanto che io faccia schifo nel disegno XD e che mia sore, che invece è un mito *O* non la farebbe mai perchè è occupatissima con la scuola e altre mille scuse>_>! Non è che qualche genio del disegno la farebbe per me*_*? Le sarei tanto grata*_*, la amerei per sempre*_* e in cambio farei -fare a qualcun altro XD- tutto quello che vuole*_*! Nessuno eh>_>? Bè, io continuo a sperare>.< !

   
 
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