La donna di Harry
Lui è tutto ciò in cui hai cercato di cambiarmi?
«Harry, pensi che i miei capelli
siano troppo lunghi?»
Harry tira su il capo dalla chitarra che vuole imparare a suonare. Vorrebbe
essere bravo quanto Niall ed essere capace di fare
qualche serenata. Smette di strimpellare la versione acustica di Sweet Disposition e guarda la sua
donna che si liscia i capelli color ebano davanti allo specchio in camera da
letto.
«Sì,» risponde per poi tornare con gli occhi sulla chitarra. «Dovresti farli
corti. Stanno meglio su un viso come il tuo. E poi potresti…»
«Che cosa…?» lo sprona lei puntando i suoi occhi color
del ghiaccio sul riflesso del ragazzo.
«Potresti farli di un colore diverso. Un castano chiaro, magari,» propone
Harry, inevitabilmente rapito da quegli occhi che si costringe a non guardare
per non farsi prendere dalla morsa della nostalgia.
«Dici che mi starebbero meglio?»
Harry appoggia la chitarra sul letto e si alza fino ad arrivare dietro di lei;
poi le carezza i capelli con le mani che tremano.
«Ne sono sicuro. Ti amerei di più. E, mi raccomando, lascia un ciuffo lungo qui
sulla fronte,» le dice spostandole una ciocca spessa di capelli sopra agli
occhi, e guarda il suo riflesso con gli occhi di un bambino, umidi e pronti a piangere,
quasi quell’immagine gli ricordasse qualcosa di bellissimo e doloroso allo
stesso tempo. Poi le lascia andare i capelli ed esce dalla stanza a testa
bassa, il polso che strofina sugli occhi bagnati.
---
«Sono indecisa tra questo e questo,» dice la donna di Harry alzando la gruccia
con un vestito bianco a pois alla sua destra e una con un tubino rosso col
pizzo nero alla sua sinistra. Harry le sta accanto, le mani affondate nelle
tasche dei jeans, gli occhi fissi su un paio di pantaloni.
«Ti preferisco con i pantaloni,» ammette alzando leggermente le spalle. «Quelli
mi piacciono,» e indica i jeans rosso acceso, dicendo che quel particolare
colore si addice al suo nuovo taglio e alla sua nuova tinta.
«Ma ci dovrei abbinare una maglia, e non so se…»
inizia lei, ma il fidanzato la interrompe.
«Penso che quella ci stia bene, sopra,» le consiglia Harry puntando il dito su
una semplice t-shirt a maniche corte, bianca a strisce orizzontali blu. La sua
donna posa gli occhi sui capi d’abbigliamento che Harry desidera che lei
indossi, e sospira per poi guardare in basso a destra, quasi vergognandosi di
se stessa.
«Se ti piacciono, li prendo. Devo solo più cercare una cintura…»
«Perché non usi le bretelle? Trovo che siano attraenti,» la interrompe nuovamente
Harry, le mani di nuovo affondate nelle tasche, anche se non sa esattamente
dove andrà a trovare un paio di bretelle in quel negozio. Delle ragazzine lo
hanno riconosciuto e gli stanno scattando foto con il cellulare, a lui e alla
sua donna, perché è così che deve essere. Sono stati spediti a fare spese in
giro apposta per farsi immortalare; fila tutto liscio come l’olio. Harry non ha
neanche più la forza, o la voglia, per opporsi ai loro voleri e doveri: se ne
sta lì, passivo, a ricordare il passato, a immaginarlo nel presente, a sognarlo
nel futuro.
---
«Mi hanno detto che dovrei iniziare a darti un soprannome,» dice la donna di
Harry mentre si sistema i capelli corti
con delle forcine prima di infilarsi nel letto. «Non siamo credibili».
«Devo deciderlo io?» chiede Harry, e intanto sfoglia un giornaletto di musica
rock, appoggiato su un fianco con l’aiuto del braccio, che regge il capo.
«Mi risparmi la fatica,» sorride lei, le gambe incrociate. Harry non alza gli
occhi dal giornale, e fa un suono con le labbra, quasi a farle capire che ci
sta pensando.
«Mi piace Hazza.
Anzi, Babycakes.
Anche Sunshine va bene».
«Un soprannome che non ti dava lui,»
puntualizza lei, il tono malinconico e aggressivo allo stesso tempo, la voce
che vibra. Harry smette di sfogliare il giornale ma ne tasta le pagine, e
intanto respira pesantemente, sentendosi profondamente osservato da un paio di
spilli azzurri come il ghiaccio. «Mi dispiace, Harry,» aggiunge la voce di lei,
delicata e consapevole, il tono che sa di rassegnazione e reale dispiacere. «Io
sto facendo il possibile».
«Lo so,» ammette l’altro annuendo col capo.
«E posso fare di più, se ti farà stare meglio». La ragazza prende gli occhiali rettangolari
col bordo nero non graduati dal comodino e se li poggia sul naso, poi si
stropiccia con le mani la maglietta a righe e in seguito si sposta il ciuffo
ingombrante sulla fronte. «Posso vestirmi come lui tutte le volte che vorrai, e
chiamarti con quei soprannomi, e parlare col suo accento. Posso essere il tuo
Louis. Mi fa male vederti stare così».
Harry sorride ironico e scuote la testa dopo che s’è messo a sedere, gli occhi
ancora sul giornaletto che non ha mai avuto davvero voglia di leggere.
«No,» dice a voce rauca. «Non può essere rimpiazzato in alcun modo,» conclude,
e quando s’alza dal letto con gli occhi nuovamente bagnati, decide che dormirà
un’altra volta sul divano, immaginando le volte in cui ci ha dormito
abbracciato a lui.
---
«La tua ragazza ha tagliato i capelli?»
Il tono tagliente di Louis si fa strada nell’animo di Harry, fino a toccare
corde sensibili, responsabili dei brividi che vengono a crearsi sulle sue
braccia e lungo la spina dorsale.
«Sì. Anche la tua, vedo. Oltre ad essersi fatta la permanente,» risponde Harry
a tono, seppur con difficoltà, lanciando un’occhiata veloce ad Eleanor, che è lì che ordina da bere insieme alla sua
donna.
«Le sono sempre piaciuti i capelli ricci,» dice Louis con tono duro fingendo di
dare un’occhiata ai biscotti col cioccolato in vetrina. «Mi piacciono i
mocassini della tua ragazza. Uguali ai miei,» aggiunge poi, quasi con sfida.
«A me piace il cappello della tua. Ne indosso uno uguale anche io, hai notato?»
gli fa notare l’altro mentre sfilava una cannuccia dalla sua carta. Louis non
risponde e si limita ad aspettare il suo turno dietro la schiena di Harry, i
soldi già stretti in una mano.
«Non so più cosa fare per illudermi di vederti tutti i giorni, sdraiato nel mio
letto, nudo e con i capelli mossi appiccicati sulla fronte,» dice
improvvisamente, la voce ridotta a un sussurro, ma certo che Harry riesca a
sentirlo, al di sopra del rumore attorno a loro.
«Pensavo che sarebbe bastato farle tagliare i capelli e indossare i tuoi
vestiti,» ribatte Harry a sua volta, il capo basso, mentre avverte la mano di
Louis stringersi sulla giacca dietro di lui. «ma ho sempre saputo che tu non puoi…»
«…essere sostituito,» Louis conclude la frase per
lui, ed entrambi tirano su col naso, ché ultimamente sono piuttosto sensibili a
improvvisi attacchi di pianto. Il più grande si guarda velocemente intorno, e
nota come alcune ragazze siano premute contro la parete in vetro di Starbucks e stiano scattando foto senza ritegno,
ininterrottamente. Qualcun altro sta facendo un video dal tavolo dietro di
loro, e Louis ha i brividi sulle braccia per quanto vorrebbe andare lì,
strappargli quel dannato cellulare dalle mani e schiacciarlo sotto il piede,
per poi urlare a pieni polmoni che è stufo, esausto, tanto che non trova
neanche più un motivo per litigare con Harry. Se ne stanno tutt’e due lì, senza
la forza di reagire, continuando ad amarsi di nascosto senza poterselo più
dimostrare.
«Guarda questa cheesecake,» dice Louis con la voce
che trema dopo aver trovato un banale pretesto per avvicinarsi ad Harry, e si
piega sulla vetrina facendo segno all’altro, che quindi si accosta a lui. «Ti
amo,» gli mormora quando sono abbastanza vicini, ma lontani da orecchie
indiscrete, la voce del tutto rotta.
«Ti amo anche io,» risponde Harry stancamente, ed è davvero tentato di
avvicinarsi ulteriormente e lasciare un bacio sulla tempia dell’altro. Ma non
si sbilancia, e si tira su con la schiena, gli occhi umidi come sempre, il
commesso adesso di fronte a lui che gli chiede cosa desidera. Harry gli
risponde che desidera morire, ma quello gli prepara un frappuccino
alla vaniglia, perché gli hanno detto di fare così, mentre la donna di Harry lo
guarda e vorrebbe salvarlo.
---
«Sembra che non potremo stare insieme, ma… me lo
prometti?»
«Di amarti per sempre?»
«E di tenermi ogni giorno nei tuoi pensieri, anche dall’altra parte».
«E’ scontato che lo farò ma, okay, lo prometto».
«Stringi il mignolo»
«Stai scherzando?»
«E’ solo per formalizzare la promessa…»
«E sia».
«…Louis?»
«Mm?»
«Sai che sei bellissimo anche tutto sporco di sangue?»
«Io preferisco lo sperma su di te, ma devo ammettere che il rosso ti dona».
«Grazie».
«Figurati».
«Cosa facciamo, adesso?»
«Aspettiamo».
«Non ti… fa male?»
«Fa più male non poter… non poter stare…
stare con te».
«Io… non respiro».
«Stringimi… la mano».
«Non respiro».
«Sta’… sta’ calmo».
«Non…»
Louis avverte la presa sulla propria mano indebolirsi fino a diventare nulla,
il respiro prima affannoso del ragazzo steso accanto a sé interrompersi
improvvisamente, il calore svanire lentamente, anche dal proprio corpo.
«…Buonanotte, Harry».
---
Io volevo farla finire bene, giuro che
avevo intenzione di farlo, ma credo di non esserne poi così capace D: Penso che
siano proprio questi due a ispirarmi certi finali. Quando scrivo di altre
coppie non mi viene mai di farli morire o di farli soffrire come dannati. Però
questi due mi costringono a farlo, okay? Okay.
La frase in corsivo all’inizio proviene dalla canzone “My
world” di SR-71.
Ah, volevo dire a Clara che, sì, si sono accoltellati. Sei contenta? *Saltella con i ponpon come una
cheerleader fatta e compiuta*
E grazie a Elena, che mi fa sentire speciale *_*
Mirokia