Anime & Manga > Saint Seiya
Segui la storia  |       
Autore: DirtyWriter    09/10/2012    7 recensioni
Alternative Universe.
*Il potere dell’Athena incarnatasi in Saori Kido ha raggiunto il culmine permettendole di sigillare Hades e il suo esercito negli Inferi prima che la Guerra Santa iniziasse. Saga non ha mai ceduto al lato malvagio e con Mu, Rasgado, Deathmask, Aiolia, Shaka, Dohko, Milo, El Cid, Aiolos (Comandante dell'Esercito), Camus e Albafica vigila sul Santuario di cui Sage è il Gran Sacerdote.
Poseidon non ha mosso guerra alla Dea della Giustizia, concentrato a restaurare con i suoi Marines il regno di Atlantide. Kanon è rimasto il Marine di Seadragon ed è fedele al Signore delle Acque.
L’Anello del Nibelungo non è stato mai riesumato dall’oblio ed in una Asgard che vive in pace con il resto del mondo, Hilda ha abdicato in favore della sorella Flare rimanendo comunque Sacerdotessa di Odino*
In questa realtà June, Bronze Saint del Camaleonte, vive una vita da guerriera di Athena per cui ha lottato e sofferto.
Una vita che, comunque, non ritiene essere la sua perché sebbene serva devotamente la sua Dea la ragazza ode un Canto lontano che la invoca, al quale non può rimanere a lungo indifferente. Solo sulla scia di quel Canto, infatti, June potrà scoprire sè stessa...
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Chameleon June, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO 6
 
Disagio. Imbarazzo. Timidezza. Speranza. Terrore. Solitudine.
Non riusciva ad inquadrare neppure una delle sensazioni che stava provando in quel momento, in un angolo appartato della chiassosa sala dei ricevimenti.
Dal primo istante che aveva messo piede dentro la sala si era resa conto che forse partecipare a quell’evento non era stata affatto una buona idea. Forse si era lasciata prematuramente trasportare dall’entusiastico pensiero di rivedere le persone a cui voleva bene, oppure aveva temuto di mancare in modo eccessivo di rispetto alla sua regale ospite con un diniego, fatto sta che si era pentita di aver accettato l’invito non appena era sopraggiunta. Anzi, se possibile ciò era avvenuto ben prima, nella stanza che Flare le aveva di nuovo assegnato per prepararsi degnamente all’incontro diplomatico, in cui la regina si era preoccupata di farle trovare abiti ed accessori adeguati per l’occasione. Una tipologia di vestiario che, ovviamente, le era del tutto estranea. Abiti adatti ad un evento di corte. Abiti da donna, estremamente femminili ed elaborati. Per lei che tutta la vita era stata abituata ad indossare soltanto gli spartani capi da allenamento e combattimento, perciò, fu difficile e imbarazzante identificare sé stessa nella giovane donna fasciata dal sontuoso e lungo abito di broccato blu notte con fregi di raso turchese che le lasciava le spalle scoperte. E questo suo imbarazzo sarebbe stato palese a tutti a causa del  rossore del suo volto, se la sovrana non avesse avuto la delicatezza di farle pervenire un’elaborata maschera di foggia veneziana i cui colori si accordavano perfettamente con quelli dell’abito e che avrebbe sostituito la sua da amazzone, ormai logora e consunta.
Nel tragitto tra la stanza ed il salone dei ricevimenti era stata tentata di tornare indietro e non presentarsi almeno un centinaio di volte, l’ultima proprio mentre stava varcando la soglia ed un numero imprecisato di occhi curiosi circa la sua identità si era posato su di lei. Si era fermata di colpo, pietrificata dal terrore e dall’imbarazzo mentre stringeva convulsamente tra le mani il lungo lembo dello strascico, legato in modo frivolo e mondano al suo polso. Accennò un passo indietro con la chiara intenzione di darsi alla fuga, ma in quell’istante percepì un tocco gentile sulla schiena. Era trasalita e si era voltata subito alla sua sinistra, incontrando due occhi color del ghiaccio, che in quel momento trasudavano tutto fuorché gelo.
Si era rilassata immediatamente ed un sorriso nascosto le aveva increspato le labbra sotto la maschera, mentre Hagen le prendeva delicatamente la mano e la traeva in salvo da quel terribile imbarazzo conducendola al suo fianco dentro la sala gremita.
-Immagino che questa gente ti sembri più spaventosa di un nemico assetato di sangue vero? Ma stai tranquilla, saranno meno feroci di quanto credi: sei elegantissima, June, ed ineccepibile in questo contesto… Non dar loro peso- lo aveva udito mormorare, lievemente inclinato al suo indirizzo sebbene, come lei, guardasse davanti a sé.
Era avvampata, sia per il gesto di estrema cortesia che lui le aveva poco prima riservato che per quelle parole nelle quali, non voleva illudersi, aveva colto un accento casuale ma intenso in relazione alla sua eleganza.
Che sia un complimento? No, non può essere… L’avrà detto per mettermi a mio agio, tutto qui…
Aveva allontanato ogni sciocco pensiero dalla sua mente e si era lasciata condurre per il salone. Poi Hagen le aveva riservato un compito baciamano e sussurrato appena prima di congedarsi –Ora devo lasciarti, il mio posto è accanto alla sovrana almeno durante i colloqui ufficiali. Cerca di non agitarti, ti terrò d’occhio per tutto il tempo…-.
Ed ora era lì, da sola in un angolo appartato, cosciente dei molti sguardi curiosi che gli esponenti dell’altera nobiltà nordica le stavano riservando mentre si domandavano di certo chi potesse essere la misteriosa fanciulla mascherata. Dopo che il suo maestro l’aveva lasciata per raggiungere il palco d’onore dove era stato allestito il tavolo per la delegazione visitatrice e quella ospite, aveva vagato discretamente per la sala in cerca di qualche faccia nota. Tra la folla aveva scorto Mime e Alberiech, i quali le riservarono un sorriso ed un cortese gesto di saluto ma nulla più, essendo intenti a conversare con potenti membri dell’elite nobiliare di Asgard. Di Fenrir non scorse neanche l’ombra, supponendo che l’indole del God Warrior fosse fin troppo ferale per farlo sentire anche un minimo a suo agio in quel contesto. Thor, dal canto suo, non appena la scorse le voltò le spalle, preoccupandosi di lasciarle intendere che lo stesse facendo in via del tutto intenzionale. Perciò, avvilita e sempre più imbarazzata, aveva guadagnato un posto semi nascosto sul lato ovest della stanza e lì era rimasta, appoggiata al muro, troppo in preda a mille emozioni anche per poter solo pensare di fare qualcosa d’altro.
Dopo un tempo che le era sembrato eterno, però, la sua attenzione fu reclamata dalla squillante voce di un ciambellano di corte il quale annunciava cerimoniosamente l’ingresso in sala della delegazione del Grande Tempio di Grecia. Gli occhi di June erano volati all’entrata e subito, in un caldo scintillio dorato, era riuscita a scorgere l’alta e dignitosa figura di Aiolos nell’imponente splendore dell’armatura del Sagittario. Al braccio del cavaliere, abbigliata con sobria eleganza in una tunica rosata ed un mantello cremisi, camminava con compita regalità la bella Teano la quale quel giorno sembrava voler rivaleggiare in beltà e dignità con le dee tutte dell’Olimpo. Il cuore di June sentì un tuffo e l’emozione crebbe ancora di più quando, dietro l’Alta Sacerdotessa ed il Comandante, comparve Aiolia del Leone con l’elmo sotto il braccio ed il bel volto atteggiato in un’espressione seria e formale. Eccoli lì, gli unici che nella sua vita si erano maggiormente avvicinati al concetto di “famiglia”.
Stava per compiere un passo per cercare di avvicinarsi al gruppetto e farsi vedere prima che raggiungessero la delegazione di Asgard, quando notò qualcosa che la gelò sul posto come fosse una statua: Aiolia non era l'ultimo appartenente al gruppo ateniese che aveva raggiunto il regno del Nord. Di fatti, qualche passo dietro di lui come a volersi tenere in disparte, a chiudere il piccolo corteo diplomatico June riconobbe niente meno che Albafica dei Pesci, serio, altero e bellissimo come un fiore di brina. La ragazza sentì il respiro mozzarsi nella sua gola ed inconsciamente si portò una mano al petto, indecisa se sentirsi spaventata a morte, visto il pregresso che li legava, o irrimediabilmente attratta da quel simulacro di pericolo e splendore che il Saint della Dodicesima casa rappresentava.
Quasi le avesse letto nel pensiero, in quello stesso istante Albafica volse lo sguardo e la vide. June non ebbe il minimo dubbio che gli occhi adamantini di lui l'avessero catturata, sebbene l'espressione del suo volto fosse rimasta ferma e composta come se il vederla lì fosse la cosa più normale del mondo. La qual cosa avrebbe potuto anche essere normale, visto che probabilmente la notizia relativa il suo abbandono del Santuario ed al luogo dove si era insediata avrebbe dovuto essere di dominio pubblico al Grande Tempio, ma visto che tra loro due non vi era mai più stato un contatto dopo il violento dialogo risalente a due mesi prima, la ragazza aveva sempre immaginato che il giorno in cui si sarebbe imbattuta di nuovo in Albafica nello sguardo di lui avrebbe colto biasimo, ira e sospetto. Invece, nulla.
Inspirò a fondo e decise che, in fondo, a lei doveva importare ben poco di quella faccenda, dal momento che quel fattivo esilio autoimpostosi poteva essere considerato la più alta forma di espiazione per qualsiasi azione manchevole il Saint avesse giudicato di imputarle.
Comunque, a causa di quell'esitazione, aveva perso la sua occasione per offrire un gesto di saluto ai suoi amici ed ormai le due delegazioni avevano preso posto al tavolo dando il via ai colloqui diplomatici ufficiali, che si svolsero in concomitanza con la cena. La sala non era stata allestita per un vero banchetto, fatta eccezione che per il tavolo d'onore della regina, dell’officiante sua sorella, del suo Primo Cavaliere, della sua Guardia personale e dei suoi ospiti, mentre le libagioni erano state offerte agli altri invitati su lunghe tavolate a formare un succulento buffet dal quale nessuno sembrava farsi scrupolo a servirsi. Nessuno tranne una piccola amazzone che in mezzo a quella folla stava sentendosi più sola che mai, rintanata com'era in un angolo, appoggiata al muro con le mani dietro la schiena e lo sguardo fisso in terra.
Il tempo passava e June ne aveva perso ormai la cognizione. Si era resa conto che, probabilmente, per quella sera sarebbe stato impossibile parlare con i suoi amici, così prese l'estemporanea decisione di abbandonare la festa e dismettere quell'abbigliamento che la stava facendo sentire la protagonista di una ridicola farsa. Era in procinto di staccarsi dal muro ed incamminarsi fuori della sala quando, preceduta da un immane senso di avvolgente calore, una voce familiare le carezzò la coscienza.
-Buonasera, June. Finalmente riesco a ritagliare qualche istante dai miei doveri per venire a salutarvi...-.
Istintivamente la ragazza sollevò di scatto la testa ed io suoi occhi affondarono in uno sguardo di velluto castano. Sentì il bruciore delle lacrime di gioia premerle sulle pupille e, sebbene riuscì a dominarne la caduta, non riuscì ad impedire a quell'emozione di trapelarle dalla voce.
-Aiolos... Sono lieta di rivedervi, Comandante...-.
La voce le tremava di felicità per il fatto di rivederlo dopo tanto tempo e per il gesto di cavalleresca cortesia che il suo buon amico le aveva riservato, eppure era riuscita a mantenere una parvenza di formalità ad uso e consumo di chi li circondava, appellando il giovane con il suo ruolo. 
Quell'iniziativa sortì un effetto imprevisto nel Saint del Sagittario, che le riservò un fraterno sorriso conciliante e le disse -Credevo che avessimo superato questo livello di ufficialità, June... Rivedervi dopo tutto questo tempo, e consapevole di ciò che vi ha allontanata dal Santuario, rallegra ed alleggerisce il mio cuore, mia giovane amica... Mia amata sorella-.
E con quelle parole appena bisbigliate lui le prese la mano e gliela sfiorò con un bacio casto e denso di affetto fraterno. In quel momento June provò una sensazione di completezza e serenità che da tempo non le apparteneva più. Degli anni dell'infanzia passati al Grande Tempio come orfana della Fondazione Kido destinata all'addestramento da Saint ricordava ben poco, eppure una cosa le era rimasta scolpita nel cuore: l'affetto fraterno che aveva provato per Aiolia, di poco più grande di lei, che si era nuovamente saldato quando lei era tornata per l'investitura, nonché l'ammirazione e l'idolatria per il più grande Aiolos. Nel suo immaginario di bambina, il giovane prodigio Aiolos era l'uomo perfetto e l'idea che si era fatta di lui era quella del padre che non aveva mai avuto. Era per quel motivo che si era sempre sentita lusingata e fiera del fatto che il Comandante in capo dell'esercito di Athena l'avesse sempre guardata con occhi diversi e che, ai fatti, la considerasse come una vera consanguinea al pari di Aiolia.
Si perse, perciò, in quello sguardo buono e limpido quando lui tornò a guardarla. -Perdonatemi se non sono venuto prima a salutarvi ed a sincerarmi della vostra condizione di salute e di ciò che vi è accaduto in questo lungo tempo, ma come vedete il protocollo richiede che almeno finché il sovrano ospite non sciolga la seduta diplomatica ufficiale, la delegazione ospitata non lasci il tavolo d'onore. Ed anche ora che i colloqui sono terminati insieme alla cena, non ci si può allontanare tutti insieme. Teano ed Aiolia hanno mandato me a salutarvi anche da parte loro e reco un messaggio dalla nostra Sacerdotessa: vorrebbe incontrarvi nei suoi alloggi privati domattina, prima che riprendiamo la strada di casa-.
June fece guizzare uno sguardo verso il palco, cogliendo un fugace sguardo sia della sua amica Teano che del Saint del Leone, e poi garbatamente abbozzò un inchino marziale che male si sposava con il suo abbigliamento all'indirizzo del suo adorato interlocutore.
-Potete riferire che ci sarò, Aiolos... E a voi dico che anch'io sono estremamente felice nell'incontrarvi!-. Non riuscì a reprimere l'incrinazione di gioia nella voce.
Parlarono amabilmente per qualche minuto ancora. Il Grande Sacerdote le chiese come si trovasse in quel posto e se qualche spiraglio si fosse aperto nella ricerca della soluzione dei suoi problemi. La giovane si trovò a dover dare una mesta spiegazione di come ancora la sua situazione rappresentasse un mistero persino per sé stessa e di come il suo inserimento nel contesto nordico fosse complesso, soprattutto a causa del fattore umano rappresentato dagli abitanti di Asgard.
Proprio in quel momento l'attenzione della sala intera fu calamitata dalla voce cristallina della regina Flare, la quale si era alzata ed avvicinata alla gradinata discendente dal palco.
-Nobiluomini e nobildonne... Dame e cavalieri... Si dia inizio alle danze-.
E con quelle parole alzò il braccio destro al suo fianco. Per un istante non accadde nulla ed un baleno di gelo attraversò l'altrimenti serafico volto della sovrana, ma immediatamente le cose ripresero il corso del protocollo e la sua candida mano venne presa con tocco leggero da Hagen. Insieme i due scesero i pochi gradini che li separavano dalla sala seguiti immediatamente da Teano ed Aiolia e, serena lei e teso lui, iniziarono a ballare sulle note di un valzer.
June, a quella vista, non riuscì a controllare la reazione delle sue membra le quali si irrigidirono di colpo, mentre i suoi pugni si stringevano convulsamente. Senza volerlo si accorse di sentirsi terribilmente male, schiacciata tra un recondito senso di fastidio e la vergogna di provarlo.
Ma durò poco, perché subito una voce la distrasse da dissertazioni mentali che non avrebbe mai voluto fare sul motivo per cui si sentisse in quel modo. -A quanto pare tuttavia, sorella, non tutto il fattore umano è così discutibile in queste terre...-.
Quando spostò lo sguardo coperto dalla maschera dalla sala da ballo al suo fianco, ciò che incontrò furono i caldi ed indulgenti occhi sorridenti di Aiolos. Avvampò per essersi mostrata così limpida sebbene il suo volto fosse comunque nascosto.
-Io... Non capisco a cosa vi riferiate...- tentò, ma con scarso successo.
Il Saint del Sagittario le riservò il più amorevole dei suoi sorrisi e scosse la testa. -A nulla, mia cara. A nulla... Ora, però, gradirei danzare con una fanciulla leggiadra vostra pari, sorella mia. Mi farete questo onore?-.
Lei era lì per accettare con gioia, ma non ne ebbe il tempo. La sua mano sinistra venne catturata da una più grande e salda in una presa che la costrinse a girarsi appena. E lì il respiro le morì in petto.
-Chiedo venia, Comandante, ma il primo ballo della fanciulla è riservato-.
Due occhi azzurri e travolgentemente belli calarono su di lei come un rapace su una preda. -In realtà lo è da parecchio tempo...-.
Albafica non attese la risposta di Aiolos e, con quelle parole, trascinò delicatamente la ragazza con sé in mezzo alle altre coppie danzanti e, una volta al centro della sala, la strinse al suo petto fissandola seriamente negli occhi vacui della maschera. Erano talmente vicini che June poteva percepire il battito del cuore del Saint attraverso la scintillante Cloth che lui indossava... O forse era il proprio?
Fece fatica a realizzare che stavano danzando, con lui che la portava come fosse leggera al pari di una piuma. Era confusa, non riusciva a focalizzare cosa stesse accadendo e dove Albafica volesse arrivare. Di una cosa era certa, però: la presa salda della mano di lui sulla sua la terrorizzava e la ammaliava allo stesso tempo. Alla fine, però, l’irritazione ebbe la meglio sulla soggezione e quando parlò il tono di voce che le uscì non lasciava adito a quale fosse il suo stato d’animo.
-Ebbene, Cavaliere? Spiegatemi cosa significa questo teatrino e fatelo in fretta prima che decida di lasciarvi qui in mezzo da solo!-.
Nulla. Ci sarebbe voluto altro per scalfire quel blocco di meraviglioso marmo pregiato che lui rappresentava che una battuta tagliente, neppure supportata da uno sguardo della medesima risma. Di fatti i lineamenti perfetti di Albafica non si alterarono affatto mentre continuava a fissare la maschera.
-Non mi stupirei affatto se lo faceste, visto l’innato talento per la fuga che già quella volta al Santuario avete dimostrato di possedere, mia signora. Tuttavia desidero rammentarvi che abbiamo una conversazione in sospeso noi due ed ho reputato che questo fosse l’unico modo per terminarla. Non tentate di negare, June: se non vi avessi messa davanti al fatto compiuto trascinandovi qui, sareste fuggita come la scorsa volta se solo avessi provato ad avvicinarmi…- replicò secco.
Un attimo dopo le sue iridi cerulee ebbero un guizzo ed un sorriso beffardo gli piegò appena le belle labbra. –Siete una fonte continua di sorprese, fanciulla… Ed il fatto che non vi arrendiate neppure davanti alle evidenze più schiaccianti non fa altro che avvalorare la mia convinzione-.
-Che intendete?- sobbalzò lei, stupita da tale asserzione.
-Intendo che la minaccia di lasciarmi qui da solo in pista è chiaramente un bluff. Siete stata tutta la sera in disparte in un vano tentativo di non farvi notare da nessuno, fallendo miseramente visto che siamo in una corte in cui curiosità e pettegolezzo sono la regola quotidiana. Vi ho osservata per tutto il tempo, sapete? Ebbene, su questa base voi mi vorreste far credere che fareste una scenata come quella promessami, attirando così le attenzione di tutti? Guardatevi attorno June: già il fatto che stiate danzando con me non è passato indifferente a questa masnada di nobili annoiati…-.
La ragazza, con un gesto accennato della testa, lanciò uno sguardo attorno a sé e constatò che le parole di Albafica erano vere: i ballerini attorno a loro riservavano a lei ed al cavaliere occhiate eloquenti, seguite subito dopo da mormorii. Infine, senza volerlo, i suoi occhi incrociarono quelli di ghiaccio di un giovane uomo che, dall’altra parte della sala, danzava con la regina: anche Hagen la stava guardando e la cosa le fece mancare il fiato.
Tornò di colpo a guardare il viso del suo compagno di ballo, imponendosi di non lasciarsi colpire dal fatto di essere al centro di quell’indesiderata attenzione da parte della corte e di quella del suo maestro che la stava stordendo e confondendo allo stesso tempo. Così si arrese.
Stancamente alzò di nuovo il viso verso quello di lui e abbandonò ogni resistenza, lasciando finalmente che il loro danzare divenisse fluido ed armonico. -Cos'è che volete da me, Albafica? Volete sapere come sia possibile che sia sopravvissuta al vostro veleno quella notte? Ebbene, Cavaliere: io non lo so, non ne ho la più pallida idea! E' uno dei tanti motivi per cui mi sono vista costretta ad abbandonare il Santuario... Io non so più chi sono e cosa accada nella mia vita, quindi no: non ho risposte per placare i vostri dubbi e rendervi le cose più semplici!-.
Il valzer terminò il quell'istante e, compitamente, Albafica si profuse in un'elegante riverenza, spingendola a fare altrettanto. Eppure non lasciò la sua mano come June si era aspettata che avrebbe fatto, ma la tenne nella sua mentre con garbo la conduceva di nuovo al limitare del salone. Quando furono soli in un angolo il giovane si schiarì la voce e la fissò accigliato.
-Sapevo già le cose che poc'anzi mi avete detto. La vostra partenza dal Grande Tempio ha destato un grande stupore in tutti e molte congetture sono corse nelle fila dei cavalieri per cercare di indovinare quali potessero esserne i motivi, visto che né la venerabile Teano né il Grande Sacerdote Aiolos hanno dato spiegazioni a chicchessia- spiegò il Saint dei Pesci in un tono indecifrabile.
Grazie agli Dei! pensò June, in un moto di gratitudine verso la discrezione che aveva mosso la giovane celebrante ed il massimo portavoce del Santuario, a lei entrambi così cari.
Poi un dubbio la fece parlare. -E voi cosa avete pensato?-.
Albafica inspirò profondamente assumendo un'aria grave.
-Ho pensato che la vostra "fuga" fosse il chiaro sintomo di qualche macchinazione da parte vostra. Chiunque lo avrebbe fatto al mio posto: dopo il nostro affatto piacevole colloquio siete letteralmente scappata dal Grande Tempio... Anche qualcuno meno sveglio di me ci vedrebbe un'implicita ammissione di colpevolezza, soprattutto in virtù del fatto che vi ho detto che vi avrei potuta considerare una minaccia... Poi per due mesi più nessuna vostra notizia, almeno finchè non abbiamo messo piede in questa sala, vedendovi-.
La ragazza strinse convulsamente la stoffa della gonna tra le mani lasciando intravedere un certo nervosismo. Il cavaliere notò la cosa così si affrettò ad aggiungere -Sono certo che voi sapeste del nostro arrivo come delegazione diplomatica, ma nonostante ciò non siete fuggita. Ebbene, per me ciò è stato sufficiente per scagionarvi da ogni accusa-.
Lei abbassò lo sguardo in terra, titubante. -Forse se avessi saputo che anche voi avreste fatto parte della delegazione avrei evitato di farmi notare. Ma a questo punto, e ripeto forse, devo ammettere che è andata meglio così. Sono lieta che vi siate ricreduto su di me... Ora, se non vi dispiace, io andrei...-.
Albafica la interruppe mentre stava voltandosi per allontanarsi, prendendole di nuovo la mano. -C'è un'altra cosa che debbo dirvi, June, poi sarete libera di piantarmi in asso qui-.
La situazione si stava facendo esasperante e notevolmente fuori dalla portata del suo limite di sopportazione. Non solo il solitario, misantropo e taciturno Cavaliere dei Pesci quella sera era incredibilmente loquace, ma il fatto che la stesse toccando così frequentemente la stava mettendo in uno stato d'agitazione che sfuggiva al suo controllo. Ma il suo carattere, sebbene fragile e spesso impressionabile, non era poi così remissivo: infatti, dopo aver deglutito un paio di volte a vuoto, le era venuto spontaneo parlare al Saint con una franchezza smarrita che sapeva di disperazione.
-Albafica, io davvero non riesco a capire quale sia il vostro gioco... Cos'è che volete da me? Siete famoso per essere uomo solitario, schivo e distaccato, ma verso di me mostrate un interesse che non riesco a spiegarmi! Vi prego...-.
Il giovane aggrottò la fronte assumendo un'espressione sconcertata che mal si combinava con l'immagine che da sempre dava all'esterno. 
-Non riuscite a spiegarvelo? June, io sono velenoso! Il contatto fisico con me rischia di essere letale a causa del mio sangue! E' da quando venni investito Cavaliere che non ho mai più neppure sfiorato un essere umano e questo perchè l'ultima persona che ha subito il mio tocco è morta: era il mio maestro, Lugonis. E poi dopo tantissimi anni di isolamento… Ecco che sulla mia strada compare una ragazzina che inspiegabilmente è immune al siero letale delle mie rose e che non subisce il minimo influsso al mio tocco! June io… Io sono rimasto sconvolto! Capite cosa voglia dire dopo tanto tempo trovare un essere che in un modo contorto mi è complementare? Vuol dire non essere più solo…-.
Qualcosa si sciolse nell’anima della ragazza quando comprese che le parole di lui non avevano il sapore della minaccia, come aveva creduto in quell’incontro al Santuario che aveva scatenato la sua decisione di andarsene, bensì quello della speranza.
-Io non so cosa dire, Albafica…-.
-Non dovete dire niente, perché niente c’è da dire. Ma una cosa dovete saperla: quello che è accaduto quella mattina al Grande Tempio ha sancito tra noi un legame che trascende qualsiasi cosa, sacra o meno che sia. Voi mi avete reso la speranza e la fiducia nella vita e, per ciò, non mi sento più solo. Sono in debito con voi, fanciulla, e voglio che teniate a mente che in me avrete un leale amico e sostenitore. Sempre e comunque…- chiosò lui, fissando uno sguardo limpido ed intenso sugli occhi inespressivi della maschera.
Tacquero e June ebbe come l’impressione che in quell’istante, sebbene fossero circondati da decine di persone, loro due fossero soli. Si sentì boccheggiare per l’impetuosità di quella sensazione e le venne un’istintiva voglia di piangere per l’emozione e fuggire. E stava davvero per farlo, ma uno schianto provocato dallo spalancarsi improvviso delle porte ed un intenso vociare attirarono la sua attenzione sul fondo della sala.
Poi il tramestio fu interrotto dal suono squillante e nitido di una voce appena fuori l’entrata della stanza.
-Noto con piacere che state facendo festa, popolo di Asgard. Male, molto male. Molto poco riguardoso verso di me che ero in missione per far dormire a voi, opulenti smargiassi ingrati, sonni tranquilli. Vi perdono soltanto perché, a quanto pare, non vi state neppure un gran che divertendo… Tranquillizzatevi cortigiani, ospiti stranieri e Vostra Graziosissima e Leggiadrissima Maestà: sono tornato e tutto ora sarà decisamente migliore!-.
La voce maschile e profonda era risuonata di un tono irriverente, presuntuoso e tutt’altro che deferente. June fu subito colpita da ciò, dal momento che da quando viveva ad Asgard non aveva mai udito nessuno rivolgersi alla Regina ed alla corte in quella maniera. Curiosa, quindi, fece qualche passo verso il capannello che si era formato al centro della stanza e si alzò in punta di piedi.
La folla si era aperta formando un corridoio umano che congiungeva l’ingresso con il centro della pista da ballo dove Flare, Hilda, i God Warriors e la delegazione ateniese erano rimasti fermi ad assistere alla scena del nuovo arrivato. Dall’uscio, poi, June vide farsi avanti una figura scura, avvolta in un mantello cremisi che si spalancò di colpo rivelando un’intricata armatura verde cupo, sporca di quelli che parevano essere sangue e polvere, a fasciare le alte membra del guerriero che aveva appena fatto il suo ingresso.
L’uomo avanzava con andatura sicura, incurante del vociare della corte che lo circondava, fiero e sprezzante nella sua camminata marziale. Mentre procedeva si portò le mani alla testa e si sfilò l’elmo la cui foggia era inequivocabilmente quella della testa di una tigre dai denti a sciabola. La luce immediatamente si riflesse nel guizzo ammiccante e spregiudicato dei suoi occhi, due stille intense di miele scuro grondanti sagacia, ambizione e sfrontatezza. Come se fosse perfettamente a suo agio in quella situazione, poi, il cavaliere sorrise sornione mentre si passava una mano nei bizzarri capelli a spazzola che terminavano in un lungo ed insolito codino.
Giunto a pochi passi dalla Regina, infine, l’uomo si fermò e senza smettere di sogghignare disse –Grazie, Maestà, per aver omaggiato il ritorno dell’eroe con quest’inattesa festicciola. Non incontra molto il mio gusto personale, vista l’eccessiva quantità di maschi presenti, ma diciamo che in sostanza posso farmela andare bene… D’altro canto, in mezzo ad un branco di pecoroni un ariete finisce sempre per distinguersi…-.
Quasi non finì di proferire tali parole che il guerriero si voltò alla sua sinistra, prese il polso di una giovane cortigiana che lo fissava con estatica ammirazione e, senza preoccuparsi minimamente di dove fosse, la strinse a sé e la baciò sulle labbra.
June trasalì, sconvolta dalla visione di tanta sfrontatezza, mentre nella sala il brusio aumentò di colpo di intensità. Ma non durò molto, perché una seconda voce furente sovrastò il mormorio e lo azzerò.
-Questo è troppo, insolente bifolco! E’ l’ultima volta che infanghi l’onore della casa regnante e di questa corte con i tuoi comportamenti da bamboccio viziato. Se gli astanti una volta di più saranno disposti a passarci sopra, beh: io no e dovrai rendermene conto, qui e ora!-.
Era Hagen, il quale aveva raggiunto i due a poca distanza, aveva strattonato la giovane cortigiana dall’altro guerriero ed ora lo fronteggiava a pochissimi centimetri di distanza, contrapponendo un’espressione feroce a quella sprezzante dell’altro.
-Ed ecco a voi tutti il Ronzino Plurizampato, protettore dell’inesistente virtù di questa corte! Ci avrei giocato l’armatura che saresti scattato come una molla… Rilassati, equino: l’invidia è una brutta bestia, rischi di avere un travaso di bile. E sono certo che la nostra venerata Maestà non vorrebbe mai che tu ne avessi uno… Ops, o forse sì?!-.
La reazione di Hagen alla provocazione fu immediata, tanto che caricò il colpo con l’intenzione di fargli quanto più male avesse potuto. –Maledetto figlio di…-.
-Adesso basta-.
La voce calma e serafica di Siegfried richiamò immediatamente l’attenzione di tutti, anche dei due contendenti. Il comandante supremo impose la sua alta figura immettendosi tra i suoi subordinati e fissandoli entrambi con occhi glaciali. Hagen non disse niente e si limitò a lanciare prima al generale ed infine all’altro God Warrior un’occhiataccia gelida, per poi ritirarsi compostamente in direzione della Regina.
Dal canto suo, il nuovo arrivato si ricompose e, portandosi una mano al petto, abbozzò un saluto marziale a Siegfried, assumendo un tono completamente diverso da quello sino a quel momento tenuto. Si notò subito che, con grande probabilità, il suo generale era l’unica figura gerarchicamente superiore che egli riconoscesse, a discapito persino di quella della Regina che aveva sbeffeggiato fino a qualche istante prima.
-Salute, comandante. Sono ora di ritorno dalla missione e…-.
Siegfried lo interruppe con un gesto secco. –Non è questo il momento di fare rapporto, come vedi siamo nel pieno di un incontro diplomatico e di una festa. Perciò, ora, pensiamo solo a goderci la serata. Parleremo in seguito…-.
A quelle parole la festa riprese quasi come se nulla fosse accaduto.
June era interdetta mentre osservava attorno a sé qualcosa che davvero non capiva: Asgard era un luogo dove l’onore, il rispetto e la legge marziale prevalevano su tutto. Ed in virtù di questi motivi si sarebbe aspettata che l’irriverente guerriero fosse giustiziato su due piedi dallo stesso Siegfried solo per aver guardato in modo non consono la Regina e la Celebrante di Odino. Invece quel guerriero non solo non aveva subito l’ira funesta né del generale né della sovrana, ma ora si stava godendo la festa tracannando vino da grossi corni vichinghi che due prosperose e starnazzanti cortigiane gli porgevano di continuo, strusciandoglisi addosso in modo lascivo e permettendogli di palparle impunemente di fronte a tutti.
Sentì le gote bruciargli per l’imbarazzo e l’umiliazione oggettiva che una qualsiasi donna con un briciolo di dignità avrebbe provato assistendo a quell’infimo teatrino. E la sua indignazione crebbe quando pensò al modo in cui Hagen, l’unico che aveva provato a riportare un po’ di decoro e giustizia, era stato gelato e relegato ad un angolo. Sentì le unghie penetrarle nel palmo tanto stava stringendo i pugni.
Un movimento alla sua sinistra la distrasse e, quando si volse, incontrò di nuovo gli occhi di Albafica ora calmi ed interrogativi.
-Cos’avete, June?- le domandò perplesso.
-Cos’ho mi chiedete? Ma non avete visto cos’è appena accaduto?! E’ un’indecenza, Albafica! Neppure al Tempio, luogo notoriamente meno rigido rispetto a  questa corte, un episodio del genere sarebbe passato in sordina e sarebbe stato punito seduta stante! Quell’uomo è un… Un…-.
-E’ uno dei migliori combattenti che Asgard abbia mai annoverato nelle sue file, fanciulla-.
La risposta serafica eppure categorica del Gold Saint la lasciò senza fiato.
-Come potete elogiare un uomo dalla condotta tanto riprovevole?- domandò indignata.
Albafica stava guardando l’oggetto della loro conversazione ed un sorriso appena accennato gli incurvò le labbra. –Non lo sto elogiando, sto semplicemente esponendo un dato di fatto. La Tigre del Nord è tra i guerrieri più forti, feroci, efficienti e potenti di queste terre. Senza di lui Asgard accuserebbe una perdita notevole in ambito bellico e solo gli Dei sanno quanto debbano scongiurare un’eventualità simile, viste le dimensioni già esigue dei loro possedimenti. E’ per questo che il suo carattere eccentrico viene tollerato: sarà anche uno sbruffone presuntuoso, ma sul campo di battaglia è implacabile e letale. Ed anche se non sembra, possiede un senso dell’onore, dell’amicizia e del dovere profondissimi. E’ un guerriero implacabile ed un vero uomo-.
-Lo conoscete bene, a quanto vedo-.
-Io sono l’Ambasciatore del Grande Tempio costantemente inviato in questa terra, June. Conosco i God Warrior da molti anni e devo ammettere che tra tutti lui è quello che ho sempre preferito, con tutti i suoi limiti…-.
-Ma si può sapere chi è?- domandò infine lei, irritata.
Albafica sogghignò, notando il guerriero fracassare un corno contro un muro e prendere una fanciulla per i glutei, baciando selvaggiamente anche lei. –Lui è Cyd di Mizar, June. La Tigre del Nord-.
In quel preciso momento una voce alle loro spalle li distolse dal discorso.
-Perdonate se interrompo questa rimpatriata ma… Ho dei doveri verso la mia allieva che per troppo tempo questa sera ho trascurato. Permettete che la porti via, nobile Albafica?-.
June si volse per incontrare lo sguardo di Hagen che le porgeva galantemente una mano. Il cavaliere sembrava essere ancora irritato, ma nel suo tono la ragazza colse un disperato bisogno di abbandonare quella condizione, perciò gli concesse la mano e lo seguì verso la pista da ballo in preda ad un’incredibile emozione.
Albafica li osservò allontanarsi, accigliato, e non tolse loro per un attimo gli occhi di dosso anche mentre ballavano e poi chiacchieravano amabilmente dall’altra parte della stanza.
-Chi non muore si rivede, vero Albafica dei Pesci?-.
Trasalì quando si sentì appellare da una voce ormai familiare. Sorrise e, senza voltarsi, rispose.
-Di certo quello meno morto tra i due, qui, sono io quindi se proprio non avessimo dovuto rivederci non sarebbe stata certo colpa mia…-.
L’interlocutore rise veracemente e gli si accostò. Albafica si volse appena nella sua direzione, riservandogli uno sguardo obliquo.
-Se non date scandalo almeno una volta al giorno il vostro ego ne risentirebbe, Cyd? Ve lo chiedo perché, inesorabilmente, ogni volta che mi trovo qui ad Asgard assisto a qualche interessante scena che casualmente vi vede sempre come protagonista…-.
-C’è chi nasce per essere un vincente e chi è destinato all’oblio per tutta la sua esistenza, cavaliere. Nella fattispecie il sottoscritto appartiene alla prima categoria, quindi è inevitabile che io sia perennemente alla luce dei fuochi sacri! Al contrario c’è gente mia parigrado che, inesorabilmente, per quanto ci provi non riesce a tenere la scena per più di qualche misero secondo… Onde non l’aveste capito mi riferisco al caro cavallino. Povera anima infelice… Nemmeno mio fratello Bud che è un’Ombra vive più nell’ombra di lui! Mi fa quasi pena… Anzi no, non me ne fa-.
Albafica pensò che la Tigre del Nord non si smentiva mai: Cyd era proprio uno spaccone pieno di prosopopea, ma chissà per quale assurda alchimia lo trovava piacevolmente divertente. Fu per quel motivo che decise di provocarlo.
-Voi dite che vive nell’ombra, eh? Beh, amico mio, al momento direi che il cavaliere di Merak è l’uomo più chiacchierato della sala…-.
Gli occhi ambrati di Cyd si tuffarono nei suoi, colmi di sospetto e curiosità. –Che intendete?-.
Il Santo dei Pesci fece un gesto con la testa in direzione del lato opposto della sala, poi elucubrò –Intendo che in questo momento lui è in compagnia di una misteriosa e fascinosa fanciulla di cui tutti vorrebbero sapere di più. Voci di corte la vogliono come sua allieva, residente con lui nella Grotta del Meriggio… Vi lascio immaginare il fervore che circola intorno a quei due, probabilmente non si parlerà d’altro per un bel po’…-.
Lo vide fissare i suoi particolarissimi occhi su di loro e seguire i loro spostamenti per un po’. E notò anche che, quando Hagen si allontanò da lei per qualche motivo, gli occhi di Cyd rimasero però immobili sulla figura di June. Un insolito brivido gli corse lungo la schiena ma si riscosse subito quando il God Warrior parlò di nuovo.
–Niente male la bambina, quel vestito lascia intuire un corpicino davvero interessante. Ed il fatto che porti la maschera, poi, è seriamente stuzzicante… Tutte attrattive in più rispetto al fatto che lampantemente la piccola piace all’equino… Bene-.
Le parole uscirono dalla bocca di Albafica quasi senza che lui se ne accorgesse, intrise di una punta di velenoso monito. -Vi consiglio prudenza, Cyd, sebbene io sappia quanto amiate il rischio. La ragazza è un’ex Saint di Athena ed ora è sotto la protezione della Regina…-.
Cyd ghignò, fissandolo obliquamente. –Oh, ma io non ho nessuna cattiva intenzione, amico mio. Non temete… Sono un cavaliere e come tale, prima o poi, mi limiterò ad offrirle i miei omaggi-.
Albafica si rilassò, constatando che il tono di voce di Cyd non era beffardo, ma serio. Quello che non colse, invece, fu il lampo che attraversò i suoi occhi all’ultima occhiata che riservò a June prima di congedarsi da lui e tornare dalle rumorose cortigiane che lo reclamavano.
Certo che le offrirò i miei omaggi, pensava Cyd mentre beveva e camminava verso le impudiche ed appariscenti fanciulle.Può starne certa come altrettanto potrà esserlo il suo amato maestro… Ah, che bello essere a casa.

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Saint Seiya / Vai alla pagina dell'autore: DirtyWriter