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Autore: BigEyes    09/10/2012    2 recensioni
James rimase per un attimo intontito da quel sorriso, dai suoi occhi castani e da quei capelli ondulati, che mossi dal vento autunnale le conferivano un fascino celestiale.
“ Piacere, mi chiamo Angie” disse lei melliflua, alzandosi e porgendogli la mano. James la osservò dal basso, e scuotendo la testa come per svegliarsi da un sogno si drizzò grattandosi la nuca e tendendogli la mano si presentò mentre l’angolo del labbro si alzò leggermente per disegnare un mezzo sorriso “ io sono James.”
Genere: Fluff, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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OUR LOVE IS MAD

 

Come to me, just in a dream
Come on and rescue me
Yes I know, I can’t be wrong
And maybe all too have strong
Our love is…m-m-m-m-m mad

(Muse  -Madness)

 
“No, così non va bene” disse, mentre cancellava quella frase così banale e fin troppo sdolcinata. Impugnò di nuovo la sua chitarra,  e continuò a provare e riprovare, seduto sul letto con la matita tra le labbra e  i capelli neri ancora arruffati, con indosso solo dei jeans stretti, neri.
 
La sua stanza rispecchiava il suo animo scapestrato, ribelle e drogato di musica rock.
Magliette e scarpe erano sparse disordinatamente attorno al letto disfatto.
 Le pareti erano tappezzate di poster dei suoi idoli musicali: sopra il poggia testa del letto c’era una gigantografia di Matthew Bellamy raffigurato mentre suona il piano; dietro la porta si ergeva un poster dell’album degli U2, The Joshua Tree; sopra la scrivania  uno con i componenti del gruppo dei The Cure, mentre altri piccoli poster dei The Clash, dei Greenday e dei Linking Park, ricoprivano l’armadio.
Sulle mensole impolverate vi erano dischi in vinile tra cui si scorgevano alcuni album dei Queen e degli Scorpions e tra questi un paio di quarantacinque giri dei Bon Jovi.
 
“Basta così!” sospirò, sdraiandosi sul letto con le mani dietro la nuca, fissando il soffitto bianco su cui rifletteva la luce soffusa dell’alba dei primi di ottobre.
Chiuse gli occhi cerulei e iniziò a sognare: si immaginò su un palco con i suoi due migliori amici Peter e Larry , rispettivamente il suonatore del basso e della batteria della sua band “The devils”.
La folla acclamava i loro nomi, le ragazze tendevano la mano per toccare il loro mito, il cantante e leader del gruppo, il suonatore della tagliente chitarra elettrica: James Colins. 
 
 
“Sveglia fratello!”
 L’esclamazione seguita dal battito dei pugni alla porta, lo fecero sobbalzare con gli occhi sbarrati dallo spavento improvviso.
“Avanti!”urlò, mettendosi svogliatamente il braccio sugli occhi.
“Sei ancora in questo stato?” lo redarguì il giovane Larry, entrato sbattendo la porta  contro l’armadio, con le mani sui fianchi, con una tracolla nera in spalla.
“  Maledizione! contieni la tua forza Larry!” gli ringhiò il moro sedutosi a bordo letto, poggiando i gomiti sulle gambe, coprendosi il viso con entrambe le mani. “Risparmia la tua straordinaria potenza alle braccia per quando avremo il concerto” concluse sfilandosi la chitarra, strofinandosi gli occhi.
 
Sbuffando prese la maglietta bianca, riposta malamente ai piedi del letto la sera prima, e la  indossò. Riprese la chitarra, si alzò e accovacciandosi la ripose religiosamente nella custodia, sussurrando “ torno tra un po’ piccola” rivolgendosi allo strumento.
“ Certo che sei lento” commentò Peter affacciandosi alla camera di James con le braccia incrociate. Il bassista indossava una camicia e, a differenza degli altri due, amava avere i capelli ordinati e arrivare in tempo a scuola. 
“ A volte mi sembra di vivere con una ragazza” mormorò James.
“ Una ragazza molto sexy” ghignò l’altro, alzandosi il colletto della camicia bianca.”Muoviti!” esclamò andandosene.
 
Dopo che James prese lo zaino semivuoto, deposto sotto la scrivania, i due scesero di corsa verso l’ingresso.  Il cantante si fermò a guardarsi allo specchio posto vicino all’entrata, si scompigliò i capelli corvini e ammiccò, uscì per ultimo. Peter sbuffando prese le chiavi e andò a chiudere il portone, dimenticato aperto dall’amico superficiale.
 Ma mentre stava per infilare la chiave nella serratura James gli urlò:  
“ aspetta!”
 “Cosa c’è ancora?” domandò il biondo aprendo le braccia, visibilmente seccato. “L’anello, l’anello…” disse canticchiando e passando oltre l’entrata, mentre Larry inclinava la testa all’indietro sbuffando, aspettando al posto di guida con un braccio fuori dal finestrino e la mano sul volante. James trovò l’anello, su cui era inciso un teschio, sul tavolino davanti al divano, lo infilò nell’anulare e si diresse velocemente fuori dalla porta.
 
Sulla macchina risuonavano le note di Sultan of swing dei Dire Straits.
“ Prima o poi la farò perfettamente” intervenne James, mentre mimava l’assolo di chitarra.
“Cosa?” domandò Peter seduto accanto al conducente, mentre fissando l’orologio tamburellava le dita sulla gamba, ansioso per il ritardo. 
“ L’assolo, l’ultimo pezzo di sultan of swing” rispose sorridendo, aprendo le braccia e mettendole dietro i poggia testa dei sedili posteriori.
 
“A me piacerebbe imparare bene Like a song” intervenne Larry,guardandolo dallo specchietto retrovisore.
 
Peter e James si guardarono e il loro scroscio di risa rattristò il compagno, facendogli corrugare la fronte.
“ Scusaci Larry” si ricompose Peter “ è che per arrivare a quel livello ce ne vuole e poi è abbastanza difficile dal punto di vista del batterista, lo sai vero? Gli U2 non li raggiungi mica da un giorno all’altro.”
“ Certo che lo so” rispose con sguardo torvo, il castano dagli occhi color nocciola, “nemmeno i Dire Straits se è per questo”bisbigliò. 
“Dai fratello!” iniziò James avvicinandosi  al conducente “ sei un grande lo stesso” concluse scompigliandogli i capelli, tirandolo verso di sé per schioccargli un bacio sulla guancia, distraendolo dalla guida. La macchina frenò di colpo a pochi centimetri dal corpo di una ragazza che attraversava la strada sulle strisce pedonali per dirigersi verso l’entrata della scuola.
La giovane, dai lunghi capelli castani e ondulati, trasalì, facendo cadere i libri sull’asfalto. Era  impallidita senza muovere un muscolo davanti all’auto. Le gambe non riuscivano a fare un altro passo, l’adrenalina correva lungo le vene e il cuore le  batteva violento contro lo sterno, facendola respirare spasmodicamente.
“Oh Cristo!” esclamò Peter, bianco in viso“Larry stai più attento!”
“Non è colpa mia se James è un bambino fin troppo cresciuto” si discolpò Larry girando il volto accigliato verso il chitarrista.
“ Ok , ok ragazzi, mi dispiace!” rispose.
“ Non è a noi che devi chiedere scusa, ma  a quella povera ragazza, che si è vista la morte davanti agli occhi!” lo redarguì il bassista.
“ Va bene, va bene” ripeté, scendendo dall’auto e dirigendosi verso la giovane, con le mani infilate nelle tasche.
 
Il cuore le palpitava e, alla vista degli occhi di James, le guance le si arrossarono e   abbassò lo sguardo.
 Per lo spavento i libri, che teneva in mano, le erano caduti sull’asfalto e James mordendosi le labbra si accovacciò per prenderglieli “ci dispiace,” iniziò “ anzi mi dispiace” si corresse, mentre tra i libri scorse la locandina del loro concerto.
“ N…non devi preoccuparti” balbettò imbarazzata, accovacciandosi accanto a lui per recuperare i fogli sparsi “ è..t..tutto apposto. Grazie a Dio non mi sono fatta nulla” gli sorrise timidamente portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
 
James rimase per un attimo intontito da quel sorriso, dai suoi occhi castani e da quei capelli ondulati, che mossi dal vento autunnale le conferivano un fascino celestiale.
 
“ Piacere, mi chiamo Angie” disse lei melliflua, alzandosi e porgendogli la mano. James la osservò dal basso, e scuotendo la testa come per svegliarsi da un sogno si drizzò grattandosi la nuca e tendendogli la mano si presentò mentre l’angolo del labbro si alzò leggermente per disegnare un mezzo sorriso “ io sono James.” 
  
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