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Autore: lottieverdeen    09/10/2012    1 recensioni
Inutile Cato, oramai è tutto inutile, le tue suppliche sono parole buttate al vento, non vedi, che io, Clove, la ragazza più coraggiosa e più
crudele che sia mai esistita sto morendo? Non vedi che ormai è finita? Guardami ora Cato, perchè mi guarderai per l'ultima volta.
Guardami ora e non dimenticarmi mai, non quando tornerai al distretto, non quando riabbraccerai la tua famiglia.
Guardami ora. Non sembro innocente e senza peccati? Non sembro una ragazzina che non ha mai ucciso?
Guardami un'ultima volta e dimentica tutti i miei difetti, un'ultima volta, perchè presto sarò sotto terra. Dimenticata da tutti.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Clove
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Clove era seduta sul suo letto a pensare.
Aveva passato male la sua prima notta nell'accademia. Veniva tormentata da terribili incubi. Sognava un fuoco che la divorava, trasformandola in cenere.
Ricordi di una vità triste e inutile tormentavano la mora.



Clove si stava guardando allo specchio. Una ragazza mora con due codini e con gli occhi tristi la stava guardando.
Le guance rigate di lacrime, il cuore pesante dagli insulti ricevuti.
Suo padre era arrivato a casa con un topo in gabbia, lo aveva sbattuto davanti alla piccola ragazza che stava facendo i compiti.
-Uccidilo- le disse suo padre. Clove lo guardò. I suoi occhi erano innocenti e anche il suo cuore.
Lei scosse la testa. Il sorriso sparì dal volto dell'uomo. Sollevò Clove da terra per il colletto e le sussurò : - Cosa ho appena detto Clove?-
Le schiacciò in mano un coltello e la lasciò andare.
La ragazza guardò il topo, poi suo padre. Notava una certa somiglianza tra i due.
-No!- disse ancora una volta. Più decisa.
-NO?- chiese l'uomo freddo. Questa volta Clove annuì.
Il volto dell'uomo si fece scuro. 
Di nuovo afferò la piccola ragazzina per il colletto e la sbattè a terra con tutta la forza che aveva.
-Sei un mostro!- Urlò, divicolandosi dalla stretta e scappando in camera sua.
Girava e rigirava il coltello nelle sue mani.
Aveva deluso suo padre.
Presa dalla pazzia Clove uscì dalla sua stanza, il coltello in pugno.
Nel salotto c'era ancora il suo padre, ma lei lo ignorò.
Afferò il topo e li piantò il coltello nel cuore, che smise di battere all'istante.
Le mani macchiate di sangue, lasciò cadere il coltello e si chiuse in bagno.
Cosa aveva fatto? Dal bagno sentiva le risate di suo padre. Era diventata un mostro anche lei.



Clove affondò la testa nelle mani, cercando di trattenere le lacrime. Lei non era davvero cattiva. Almeno così credeva lei. 
Cosa pensavano gli altri, di quel essere che uccideva senza pentirsene?
Ma non è vero! Lei se ne pentiva. SEMPRE! La sua punizione erano le notti in bianco che passava ogni volta.
Sognava una vita priva di sangue, ma non avrebbe mai potuto realizzare quel sogno.
Ormai era sporca. Il sangue era ovunque. Quanti animali avevano perso la vita per mano sua?
Chiuse gli occhi e si immaginò su un prato. Da sola. Vestita di bianco. Un vestito pulito, senza macchie di sangue.
Scosse la testa. Non doveva perdersi in sogni impossibili.
Una vita senza sangue non rientrava nei piani della dodicenne.
Lei doveva partecipare agli Hunger games. Vincere e tornare a casa gloriosa.
Ma prima di buttarsi nell'arena doveva allenarsi, migliorare la sua tecnica e diventare invincibile.
Si. Doveva imparare mille modi diversi per uccidere una persona.
Ed eccoli di nuovo, i pensieri cattivi. I pensieri che non dovrebbero appartenere a una dodicenne.
Ma erano i pensieri di Clove e lei non era solo una dodicenne. Lei era un'assassina.
Ad un tratto i suoi pensieri vagarono lontano, dal ragazzo che aveva conosciuto il giorno precedente.
Cato si chiamava. Come avrebbe potuto dimenticare i suoi occhi celesti, il suo sorriso, perfido come quello della ragazza.
Clove non avrebbe mai voluto uno così per nemico nell'arena.
Uscì dalla sua stanza ancora assorta nei suoi pensieri.
Qualcuno la spinse, e Clove cadde violentemente per terra.
Un maschio che non conosceva le prese il coltello dalla tasca lanciandolo via.
-Vai a pettinare le bambole bambina.- Disse il primo tirandole una sberla.
-Preferisco sgozzarle.- Rispose lei con una smorfia.
Il raggazzo si mise a ridere. 
-Hai un bel caratterino. Ti passerà- La prese per i capelli per malo modo e la sbattè per terra.
Un dolore folle trapassò Clove. Chiuse gli occhi. Cercava di dimenarsi, ma le sue forze scarseggiavano.
-Lasciatela stare. Picchiatene una della vostra taglia se volete divertirvi.- disse ad un tratto qualcuno
-Ci si diverte anche con questa.-
-Lasciala stare ho detto-
Il colosso lasciò Clove che si dovette aggrapare al muro. Si misero a ridere e poi se ne andarono.
-Stai bene?- Le chiese Cato.
-Che sia chiaro: so difendermi anche da sola.- rispose gelida la ragazza.
-Non farmi ridere! Una pietra che ti sfonda la nuca e sei morta!- disse il ragazzo.
Clove si girò e raccogliendo il suo coltello se ne andò.
  
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