Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: LadyMaya    10/10/2012    3 recensioni
Sei ragazzi, sei storie diverse... eppure per una bizzarra serie di coincidenze, le loro strade s'incontreranno e si sa, una volta incrociato, il filo rosso del destino non può più essere sciolto.
Non mancheranno risate, colpi di scena, intrecci in questa storia che mi auguro possa piacervi!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice
Mie care fanciulle! :D
Spero di non essere in ritardo con le "consegne" ma ahimè abbiate pazienza! L'università leva le forze -.-
Comunque, a parte le cavolate :D spero che questo capitolo vi piaccia! Cercate di sopportare/rmi (?) ancora per un po' e poi entreremo nel vivo della storia!
I capitoli iniziali sono "che barba che noia" lo so U_U
Ringrazio di cuore DolceSango91 e Serin88 per le recensioni! *_* Me felice!
E ringrazio di cuore chi legge e chi ha inserito la storia nelle liste! *_*
Sono onorata!
Fatemi sapere che ne pensate di questo cappy!
Vi mando un bacione! Alla prossima!
Maya







Do you believe in Destiny?





Capitolo 3.






Inuyasha camminava lentamente lungo il corridoio, diretto verso l’aula. Aveva fatto tutto di fretta, quella mattina era stato un continuo trambusto, per non parlare poi del risveglio. Menomale che aveva deciso di non andare a lezione! Al solo ripensarci gli arrivava il sangue al cervello.
Maledetto suo padre, lo detestava con tutto se stesso…

La luce del sole di metà mattina filtrava attraverso le fessure della finestra, ma fortunatamente non riusciva a penetrare violentemente nella stanza, creando così una sorta di penombra che gli avrebbe permesso di riposare ancora per un po’. Inuyasha si sentiva tutto intorpidito, non aveva la forza di muovere un muscolo e l’idea di alzarsi dal letto non gli passava nemmeno per l’anticamera del cervello.
Si rigirò lentamente sotto le coperte, lasciando correre un lungo sospiro. Sentiva la testa gonfia come un pallone e di colpo, cominciò a maledirsi per esserci andato giù pesante con l’alcool la sera prima.
“Tutta colpa di Miroku” pensò ad occhi chiusi.
Cercò nuovamente di addormentarsi, ma come stava per crollare tra le braccia di Morfeo, sentì qualcuno bussare lievemente alla porta.
-Signorino Inuyasha…Signorino Inuyasha!-
Una soave voce femminile sussurrò il suo nome. Sobbalzò un attimo e cercò di attivare quei pochi neuroni che gli erano rimasti. Midori, la colf sulla quarantina che la mamma aveva assunto da qualche mese, sostava sulla soglia della porta della sua camera, al buio.
-Uhm?!-
-Signorino Inuyasha sono desolata di doverla disturbare, ma vostro padre mi ha ordinato di venire a svegliarla. Dice che dovete muovervi e dovete raggiungerlo nel suo ufficio entro mezzogiorno: non un minuto di più, non un minuto di meno. Vuole parlarvi- annunciò lei, ripetendo a memoria le parole del padre.
Inuyasha accese l’abat-jour che aveva sul comodino e, ancora insonnolito, afferrò la radiosveglia.
-Ma sono le 11:35!- esclamò con la voce rauca, ancora impastata dal sonno.
Lei lo guardò dispiaciuta, poi girò intorno al letto, arrivò alla finestra e spalancò le persiane.
-Non so cosa dirle, ho riferito solo quanto mi è stato detto. Adesso se vuole scusarmi torno alle mie faccende-
Detto questo uscì dalla sua stanza lasciandolo solo.
Il mezzo-demone si alzò, imprecando tutti i Kami e corse in bagno a sciacquarsi. Lo stomaco gli brontolava ma non aveva tempo di fare colazione: conosceva suo padre e sapeva quali fossero i suoi subdoli giochetti.
Infilò a casaccio le prime cose che trovò nell’armadio per poi fiondarsi al piano di sotto.
-Midori! Le chiavi della macchina!- gridò, mentre indossava la giacca.
La donna corse da lui con un piattino d’argento in mano.
Inuyasha osservò tutte quelle chiavi e indugiò un attimo.
“Maledetto Sesshomaru, anche oggi mi ha fregato la BMW”
Sbuffando, prese l’Audi TT e uscì di casa velocemente.
L’orologio segnava le 11:48. Non sarebbe mai arrivato in tempo all’ufficio di suo padre, con tutto quel traffico.
Sfrecciò a più non posso per le strade affollate di Tokyo. Cercò scorciatoie ovunque fino a quando non riuscì a raggiungere la sua destinazione.
Scese dalla macchina, sbattendo la portiera violentemente e corse verso l’enorme grattacielo che aveva di fronte.
Cercò di farsi largo tra la folla e, senza sapere bene come, riuscì ad infilarsi nell’ascensore, pieno di gente. Pigiò il tasto dodici e contai i minuti. 11:59, non ce l’avrebbe mai fatta.
Settimo piano. Ottavo, nono, decimo, undicesimo.
DLIN DLON.
Si scaraventò fuori e come una furia, spalancò l’ultima porta, in fondo al corridoio.
-Sei in ritardo-
La voce profonda del signor Taisho ruppe il silenzio che regnava in quella stanza. Inuyasha non riusciva a parlare per il grande fiatone che aveva e, a stento, fu in grado di osservare nuovamente l’orario.
Le 12:03.
“Dannazione!! Lo sapevo!”
L’uomo continuava a firmare scartoffie, senza degnarlo di uno sguardo.
-C’era traffico- sibilò, infastidito il ragazzo.
Il grande demone cane continuò ad ignorarlo, come faceva sempre. Portò il dito alla bocca, lo inumidì un po’ e sfogliò altri moduli.
-Non è questione di traffico, Inuyasha. Tu sei sempre in ritardo in ogni cosa che fai- sentenziò lui, con tono autoritario.
Lo guardò indignato e non seppe cosa gli impedì di linciarlo con le sue stesse mani. Inspirò profondamente, senza raccogliere la provocazione.
-Midori mi ha detto che volevi parlarmi-
Inu No Taisho restò ancora un attimo in silenzio, mentre l’elegante stilografica che teneva tra le mani si muoveva velocemente. Subito dopo posò la penna e lo squadrò con aria di sufficienza.
-Sta per cominciare un nuovo anno accademico, giusto?-
-Sì-
Lui osservò Inuyasha torvo e riabbassò lo sguardo sulle carte che aveva sulla scrivania.
-Non ho intenzione, anche quest’anno, di pagare profumatamente i tuoi professori perché ti facciano passare ogni esame. Sono stufo della tua insolenza, delle tue mancanze, del tuo menefreghismo e della tua negligenza. Ti ho scelto quell’università perché entrambi sappiamo quale strada dovrai prendere, un giorno. Dovrai collaborare, insieme a tuo fratello, affinché questa azienda resti la più potente in tutto il Giappone. Voglio sistemare sia te, che Sesshomaru, ma se continuerai a essere così disattento, svogliato e fannullone non avrai niente da me. Ti lascerò al tuo destino. Sto cercando di costruire il tuo futuro, Inuyasha, ma se me lo impedirai ancora, beh non sono più affari miei-
Inuyasha rimase in silenzio a sentire le stesse parole che gli ripeteva da due anni a quella parte. Strinse i pugni talmente forte che le nocche si colorarono di bianco.
Chi gli aveva chiesto di organizzare la sua vita?! Non era autorizzato a scegliere cosa fosse giusto per lui! Non faceva altro che manipolarlo da quando era nato. Non aveva fatto altro che imporsi, fin da quando era piccolo, lo aveva sballottato di qua e di là, prima in America, poi di nuovo in Giappone, aveva sempre deciso tutto lui.
Lo detestava, come detestava anche Sesshomaru e sua madre era solo una povera succube del marito: non prendeva mai posizione, non faceva altro che pensare a sciocchezze e quant’altro. Non si era mai preoccupato veramente per lui, non come una mamma avrebbe dovuto fare per un figlio.
-Hai 21 anni, non credo che tu sia ancora un ragazzino o perlomeno lo spero- continuò lui – Che intenzioni hai?!-
La facoltà di Farmacia, in fondo, gli piaceva, ma stava finendo per ripudiarla. Inuyasha stava per rifilargli le solite risposte fatte, quando qualcuno bussò alla porta.
-Signor Taisho?!- domandò la segretaria, facendo capolino con la testa.
-Cosa c’è Ayumi?- rispose lui, freddamente.
-Ci sono quegli americani-
-Riferisci che sarò da loro tra 5 minuti contati. Intrattienili per favore-
Lei annuì con la testa e chiuse la porta dietro di sé.
-Allora siamo intesi?- riprese immediatamente lui.
Sospirò fortemente.
-Sì-
-Bene, ora vai. Ho delle persone da vedere, di’ a tua madre che non torno per il pranzo. Ho delle commissioni da sbrigare-
-D’accordo- affermò il ragazzo.
Fece per andarsene, quando improvvisamente si sentì chiamare di nuovo.
-Quasi dimenticavo… visto che sei arrivato in ritardo, questo pomeriggio darai una bella rinfrescata alle nostre macchine. Tutte e cinque- sentenziò, deciso e con un mezzo sorriso stampato sul volto.
“Bastardo. Di nuovo mi ha incastrato”
-Papà, ma oggi pomerig-
-Non mi interessa nulla. Domani devono essere come nuove. Ovviamente, dovrai pulirle sia dentro che fuori. Adesso vai che ho da fare-
Lo liquidò così, in un baleno. Uscì da quella stanza più infuriato di quando vi era entrato.

“Dannazione”
Inuyasha si rabbuiò ancora, ripensando ai fatti di quel mattino.
Proseguì lungo quell’edificio, fin quando non scorse una figura longilinea non appena svoltò l’angolo. Inuyasha imprecò ancora.
“Ci mancava anche questa, non è giornata”
Kikyo se ne stava appoggiata con le spalle al muro e quando lo vide, subito gli corse incontro.
-Dove diavolo sei stato?- tuonò lei, arrabbiata.
-Senti, non mi dar noia ok? Non è aria e non ho tempo per pensare anche a te!- cominciò lui, scocciato.
-Ah sì?! Però mi pare che quando vuoi scopare mi pensi abbastanza! Vero?-
A quelle parole, il mezzo-demone si infuriò. Che aveva fatto di male per meritarsi quelle continue torture?!
Era stufo di quelle chiacchiere, non erano impegnati, erano compagni, amanti quello che voleva, ma la cosa si limitava a quello per lui, non voleva altri vincoli. Non aveva il tempo, né la voglia di starci a pensare.
-Non ricominciare con la solita storia Kikyo! Non è come dici tu!-
-E allora com’è?-
Inuyasha stava per esplodere, non ne poteva più di prediche e paternali. Per quella mezza giornata gli erano bastate. Kikyo gli stava addosso peggio di suo padre. Avevano un modo tutto loro di dimostrarsi affetto, se così volevano chiamarlo. Che altro voleva da lui? Non si accontentava di quello?
-Ti ho già detto che non voglio discutere. Ci vediamo più tardi!-
Detto questo, girò i tacchi e se ne andò.
Entrò in aula e raggiunse i suoi amici, che non appena lo videro, gli fecero cenno di avvicinarsi. Inuyasha si sedette vicino a Koga e finse di cacciare dalla tracolla un block notes.
-Che fine avevi fatto? Kikyo ti cercava!- bisbigliò Miroku.
-Lo so. Io non volevo neanche venirci a lezione oggi, ma mio padre ha deciso che stamattina dovevo andare a fargli visita-
I due lasciarono sviare il discorso: sapevano quanto Inuyasha si innervosisse a parlare della sua famiglia e calò il silenzio.
-Piuttosto che mi sono perso stamattina?-
-A parte Koga che sbraitava contro quella ragazza Kimura ed io che ho trovato un nuovo oggetto dei desideri, niente di nuovo- cominciò Miroku, ridacchiando.
-Si può sapere che ti ha fatto quell’Ayame?- chiese Inuyasha a Koga.
-Non la reggo, chiaro?- sbraitò il demone lupo.
-Scusa tanto, ma a quanto pare ti brucia assai la questione!-
-Non impicciarti botolo!-
-A chi hai detto "botolo", brutto idiota?!- sghignazzò divertito Inuyasha, tirandogli un pugno alla spalla. Quanto amava far arrabbiare Koga! Era uno spasso.
-E tu Miroku, che hai ricombinato?-
-Ho conosciuto una ragazza di nome Sango. Tu l’avevi mai sentita prima d’ora?- disse lui, ammiccando.
Inuyasha stette lì a rifletterci un po’ per poi scuotere la testa.
-Non mi pare-
-Con lei sarà molto divertente me lo sento. Sarà la trentesima-
Inuyasha e Koga lo fissarono malamente. Miroku era senza ritegno, senza un minimo di pudore.
-Fai schifo- annunciarono in coro loro due.
Lui sghignazzò soddisfatto.
-Tutta invidia-

-Porta questi okonomiyaki al tavolo 3. Muoviti-
Sango afferrò al volo i piatti fumanti e filò dritta a consegnarli ai clienti del suo bar. Era esausta, doveva andare anche al supermercato e quando sarebbe salita su a casa, oltre alla cena da preparare, c’erano i libri ad aspettarla. Non poteva permettersi di rimanere indietro con il programma. Le lezioni erano ricominciate da una settimana ma i professori ci davano già dentro.
Si fermò un attimo al bancone, per riprendere fiato e si passò una mano sulla fronte, scompigliando un po’ la frangia.
Sospirò ancora una volta e si girò, pronta a ripartire, con altre ordinazioni.
-Sorellina vai via ci penso io qua-
Kohaku le sorrideva vistosamente, mentre le sfilava il taccuino dalle mani.
-Ma no, non preoccuparti! Non sono stanca- disse lei.
-Parlerò io a papà-
Sango gli stropicciò i capelli e lo ringraziò. In effetti era veramente stanca. Sfilò velocemente il grembiule dalla schiena, lo lanciò vicino la cassa e scappò fuori, afferrando la borsa al volo.
Si diresse con sveltezza verso il market che distava poco da casa sua. Nonostante fossero quasi le sette del pomeriggio, Tokyo brulicava ancora di gente e traffico. Attraversò la strada e proseguì dritto. Nel frattempo a mente, riepilogava la lista delle cose da comprare.
-Ti ho già detto di no!-
Sango si bloccò immediatamente al suono di quella voce cristallina e si fece indietro. Era inconfondibile. Proveniva da un vicolo là vicino e con passo felpato, si diresse verso quella stradina, facendo capolino ma non volle credere ai suoi occhi: era Shima e con lei c’era… Miroku.
Sbarrò gli occhi incredula e di colpo sentì una fitta allo stomaco. Non sapeva distinguere se fosse più per la delusione ricevuta da lui o per l’ennesimo “tradimento” da parte di lei.
“Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Vero cara Shima?”
Sentì la rabbia ribollirle dentro. Non le era bastato rubarle il ragazzo una volta, a quanto pareva.
-Dai piccola, perché non vieni a dormire da me stanotte?-
Miroku l’acchiappò e la strinse a sé, baciandola.
Quel pervertito. Era proprio vero che per lui una o l’altra non faceva differenza… o forse con Shima c’era qualcosa di più?
Sango si sentì un’idiota. Si era presa una sbandata per una persona schifosa e l’ombra della sua ex migliore amica che, dopo essersi presa il ragazzo di cui un tempo era innamorata l’aveva pure abbandonata, la perseguitava ancora, per giunta con la stessa storia.
“E’ ora che metto una bella croce su tutta questa gentaglia.”
Li guardò ancora una volta, mentre si scambiavano effusioni, per poi andarsene da lì, maledicendo suo padre, il bar, la spesa, lo studio e… se stessa.

-Stupida macchinetta!-
Kagome tirò un debole pugno a quell’affare “sgancia merendine”, come lo chiamava lei, che a come sembrava, le aveva rubato i soldi. Il suo snack era incastrato, provò e riprovò ancora a scuoterlo, ma niente, non c’era speranza.
Imprecò ancora, fino a quando quel coso non tremò tutto, accompagnato da un forte rumore metallico e come d’incanto, la merendina cadde giù.
-Sei riuscita a prenderla?-
Lei si accucciò per recuperare la barretta al cioccolato e poi si girò, sorridendo.
-Sì, ho fatto, grazie mi…!-
Di colpo, le parole le morirono sulle labbra.
Continuava a fissare il ragazzo che aveva di fronte, con la bocca semi aperta: non poteva essere vero. Quei capelli, quelle buffe orecchie, quel viso… quegli occhi.
“Inu…yasha”
Kagome sentì le gambe cedere e la testa girare fortemente.
Non poteva essere, era partito per l’America, non poteva stare lì, non poteva.
Lui d’altro canto la guardò storto, cercando di capire quale fosse il problema, visto che le aveva pure recuperato la merendina e si meritava un ringraziamento. Continuò a guardarla, come se fosse un’aliena venuta da Marte ma come ebbe la sensazione di averla già vista, lei fuggì via, non lasciandogli neanche il tempo di riflettere.
-Ehi aspetta!-
Chiamarla fu inutile. La vide scappare via, mentre lui restò con la mente offuscata, intenta a ricordare quel volto così familiare e, in un attimo, qualcosa si fece più nitido nella sua testa, come un sogno. Sgranò gli occhi.
Possibile che quella ragazza dall’aria strampalata fosse davvero… la piccola Kagome Higurashi?!

  
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