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Autore: GuessWhat    10/10/2012    1 recensioni
Dal capitolo 9:
«Vi attendevo» sentenziò Arais Aignée «Accomodatevi.» ed i due eseguirono. Anche Grell non osava fare parola, vuoi per la vista di un vecchio, vuoi per il senso di fermo rispetto che egli incuteva.
Fu William a rompere il ghiaccio.
«Siamo stati mandati qui per..»
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«Ora che il tuo padroncino dorme, ti andrebbe una partita a dadi?»
La Regina Vittoria manda il suo fidato Cane da Guardia lontano da Londra, in una sperduta colonia inglese situata su un'isola africana al largo della Costa d'Oro: misteriose sparizioni ed omicidi dai risvolti disgustosi stanno sconvolgendo l'isola.
Tra zanzare, serpenti velenosi, leopardi, tarantole, erbette magiche, pappagalli parlanti e nuovi personaggi che daranno filo da torcere al Conte e al suo seguito, è chiaro fin da subito ai nostri eroi di sempre che un alone di mistero circonda l'isola, non meno oscura, ingannatrice e sanguinosa della capitale inglese.
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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La donna infastidente (?) di questo ppppfffpfpfpfpfandom è tornata per perseguitarvi con un nuovo capitolo della longhissima long dell'Isola di Legun. Spero sia di vostro gradimento! Se leggete questa storia, sarei DAVVERO felice se mi lasciaste un commento. Anche breve. Anche di una riga. Ma a me piacerebbe avere la conferma che qualcuno legge... Ah, un avviso. Il capitolo non è molto lungo, essendo un interludio.
A presto e buona lettura!

 



- L'ultimo dessert -


«Hmm… Will… Questo posto non mi piace, Will!»
«Sutcliff, il tuo atteggiamento nei confronti del lavoro è ridicolo.»
«Ma, ma, Will. Ci hanno mandati qui all’improvviso e non è nemmeno nella nostra giurisdizione! Umpf! Questo postaccio pullula di puzze e gente rozza, che non capisce il mio essere una lady!»
«Non mi risulta che tu sia una lady.»
«William! E comunque…»
«Sbrigati Sutcliff, vorrei entrare.»
«Sento un odore molto forte qui… Oh! Il mio corpo lo sente! Di qua è passato… Il mio Sebastianuccio!»
«…»
«Quindi vuol dire che quell’aitante diavolo dai capelli neri come la notte è qui! Oh! Oh, non sto nella pelle! Oh, sono contenta di avere accettato il lavoro qui!»
«…Sutcliff. Non è decoroso che frequenti quei parassiti, lo sai.»
«Parassita! Ma William! Possibile che non te ne rendi conto! È così bello il mio Sebastianuccio! Ah, già ci sogno, stesi su una di queste spiagge africane, la notte che ci circonda, la Luna che accoglie i nostri sospiri! Oh, Sebastianuccio!»
«…Entriamo.»
«Lo cercherò per tutta l’isola! Non potrà sfuggirmi!»
«Padre Arais Aignée, è permesso?»
Il prete tamburellò le dita sulla scrivania impolverata. Aveva tutta l’aria di chi stesse chiedendo quando quei due si sarebbero decisi ad entrare. «Avanti» soffiò dalle labbra esangui.
La porta nera, ora aperta, non filtrava più le due voci, una miagolante e l’altra piatta, seria, atona ed apatica. Due uomini, uno alto e l’altro reso più alto da un paio di tacchi, gettavano lunghe ombre all’interno dell’obitorio. Entrambi si zittirono improvvisamente alla vista del prete dal volto marmoreo e dallo sguardo di pietra dietro alle lenti degli occhiali. La porta si richiuse sotto la mano di Grell e la stanza fu nuovamente buia. Ma tre paia di occhi brillavano.
«Vi attendevo» sentenziò Arais Aignée «Accomodatevi.» ed i due eseguirono. Anche Grell non osava fare parola, vuoi per la vista di un vecchio, vuoi per il senso di fermo rispetto che egli incuteva.
Fu William a rompere il ghiaccio.
«Siamo stati mandati qui per..»
Arais Aignée sollevò la mano solida e callosa davanti al viso, gli occhi bassi. «So già tutto. Quest’isola, come tutti i posti piccoli, non richiede un gran numero di personale. E per questo a volte risulta scoperta… Per non dire supervisionata da incapaci.»
William annuiva, serio, impettito. Apprezzava la durezza di Aignée, glielo si leggeva nel volto imperscrutabile, mentre invece Grell non tratteneva le smorfie. Poi agitò una mano, scuotendo i capelli rossi.
«Mi sembra logico che allora abbiano mandato noi!» miagolò, altezzoso, «Siamo i migliori del nostro dipartimento. Non è vero, Will?» e fece camminare le dita sottili sul braccio di William, immobile come una statua.
Il padre gettò uno sguardo poco simpatico nei confronti di Grell, il viso seminascosto dalle mani giunte. «Non si tratta della vostra bravura sul lavoro, shinigami Grell Sutcliff» e Grell, come punzecchiato, mise su un notevole broncio. Come osava quel vecchiaccio fare simili insinuazioni! «E anzi, tu sei troppo rumoroso, spargi troppo sangue, per non dire i tuoi desideri di frequentare la feccia della feccia» e William annuì un’altra volta. Sembravano padre e figlio, quei due. «Sono a dir poco riprovevoli. Disgustosi. Non ti stupire se un giorno o l’altro ti arriverà una sospensione definitiva dell’incarico, giovanotto. Tieni a bada quella tua impertinente testaccia rossa e nessuno si farà male.»
Grell ringhiò, mostrando i denti da squalo. E Arais Aignée, come a sfidarlo, incrociò le braccia al petto e poggiò le spalle alla sedia. Il suo atteggiamento era eloquente. Tentava di spaventare lui, massima autorità, gran voce in capitolo? Ancora una volta, fu lo shinigami in grigio ad intervenire.
«Padre, quali sono le direttive?»
«Ahm, sì. I giovani a volte mi distraggono, quando sono invadenti come lui» e Grell finse indifferenza stavolta. Era una lady. Era superiore. «Mi hanno detto che dovevate venire qui… Per quella faccenda delle anime…»
 
 

***
 

 

Molte ore dopo, qualche miglio più in là. Residenza africana del Conte Ciel Phantomhive.
Sebastian stava terminando di spignattare, mandato Bard ad occuparsi di sistemare alcune faccende di sua competenza. Non ci voleva, non ci voleva… Un’oretta prima era giunta dal villaggio una ragazzina sgambettante e veloce, che portava, insieme ai suoi piedi impolverati, la notizia che Alfred Nan Cee quella sera non sarebbe stato presente. Che diamine, che disdetta. Il suo ben costruito piano aveva appena perso una delle tessere principali. Doveva tenere d’occhio Nan Cee, ma ciò gli era impossibile dal momento che uno degli invitati di maggior spicco era Garth. L’uomo che, al mostrarsi della Luna piena, avrebbe potuto scatenare il pandemonio.
Si massaggiò appena una tempia, impiattando la cena. Fortunatamente, almeno lo sceriffo era arrivato: sedeva al tavolo da pranzo con il suo signorino, Lau e la sorella. Discorrevano di cose abbastanza comuni, piatte, poco interessanti a suo parere –ma d’altronde, per un essere dalla vita lunga, infinita… Cosa poteva essere ritenuto veramente degno di nota?-. Erano le otto di sera, come il Conte aveva deciso, e attendevano la cena.
«Quindi producete giocattoli?» chiedeva Garth, giocherellando con la forchetta d’argento. Era vestito elegante, per una volta non era coperto di polvere o piume, ma l’aspetto del suo abbigliamento era un po’ demodé.
«Esattamente. La Funtom Company ha installazioni in tutta l’Inghilterra, ma i nostri giocattoli sono richiesti anche oltremare. Presto o tardi presumiamo di aprire una fabbrica in America, e se il tempo ci sarà a favore, anche in Giappone» il Conte ricordava la visita dei tre giapponesi alla villa, poi risoltasi nel sangue; perlomeno ne aveva cavato informazioni interessanti sull’idea del giocattolo nel Paese del Sol Levante.
«In Giap.. Giappone? Dite Jipangu?»
Lau ridacchiò a malapena, mentre il Conte lanciava un’occhiata veloce fuori dalla stanza. Sebastian stava arrivando col carrellino della cena. «Jipangu è antiquato, signor Garth! Si usava nel Medioevo!»
«Ah.. Ah…» Garth abbassò il capo sulle mani raccolte in grembo, poi si grattò la nuca ad occhi bassi. Aveva l’atteggiamento di un povero contadino ignorante, col solo peccato di essere tale.
Intervenne Ciel, aggiustandosi sulla sedia mentre Sebastian si impegnava a servire i piatti. «Ma adesso credo non ci si debba pensare oltre. È arrivata la nostra cena.»
Garth, a differenza degli altri, continuava a mangiare con gli occhi bassi. Non fosse stato per il Conte e Lau che, ogni tanto, facevano blanda conversazione, Garth rimaneva in silenzio. Che strano atteggiamento…
«Signor Garth,» disse Ciel, una volta spazzolato per bene il suo piatto, «Qualcosa vi turba? Non gradite la cena? »
«Come, Conte? Ah, no. Ho mangiato molto bene e sono impaziente di assaggiare il secondo…» lo sceriffo si lasciò andare ad un debole sorriso, «..Non avevo mai mangiato così bene» sentenziò, toccandosi la pancia. C’era una sorta di sconfinata sincerità nel suo tono di voce e nei suoi tranquilli occhi nocciola. Una volta provata la deliziosa cucina di Sebastian, nessuno avrebbe potuto dire di avere mangiato meglio, ma non era quello il punto. A Ciel sembrò di conoscere quello sguardo, quell’espressione riconoscente nascosta dietro ad un volto duro.
«Sono lieto che la nostra cucina sia di vostro gradimento.»
«Devo fare io i complimenti al cuoco, Conte.»
«Se il mio padrone me lo permette, vi ringrazio» mormorò educatamente Sebastian alle sue spalle, con la destra sul cuore. Garth voltò il capo verso di lui: a quanto pareva, non l’aveva sentito arrivare.
«Mh..» strinse le labbra e tornò a fissare il suo piatto. Doveva avere ricordato gli eventi della centrale e la pessima figura fatta davanti al maggiordomo. «Complimenti.»
«Signor Garth,» esordì il Conte, «Avrei una curiosità.»
«Prego…» bisbigliò lo sceriffo, intrecciando le dita mentre il secondo di carne veniva servito dal maggiordomo in nero.
«Come mai vi trovate qui?» poi s’affrettò ad aggiungere, notando la sua aria sospettosa, mentre si versava da bere, «Non è mia intenzione scavare nel vostro passato, è una pura e semplice curiosità da conversazione. Sapete meglio di me che nessun inglese si trova su una colonia per puro caso.»
«Ehh, il Conte ha ragione!» fece Lau, dando affettuosi colpetti di mano in testa alla bella sorella inespressiva, «Vedi me per esempio, signor Garth. Guardami. Bloccato su quest’isola per un.. Banalissimo passaporto!» e ridacchiò sotto allo sguardo fulminante di Ciel.
«Ovviamente io.. Non intendevo questo, signor Garth.»
«Non c’è problema..» gli rispose Garth, con un lieve sorriso per l’atteggiamento di Lau, «A dire il vero la mia storia è molto lunga.»
All’improvviso tutte le orecchie erano concentrate su di lui, sebbene ognuno si sforzasse di apparire naturale ed interessato solamente ad una semplice conversazione. Forse Garth se la bevve, dato che dopo avere mandato giù un sorso d’acqua intraprese un breve discorso.
«Sono un trovatello. Sono stato cresciuto da una signora londinese ma poi, quando lei è morta, Lord Peverell mi ha preso sotto la sua ala. Non lo considero un padre, semmai un generoso amico di famiglia. Mi ha dato una sistemazione quando sono stato adolescente, ha gestito i miei beni diventando mio tutore, mi ha fornito un’educazione di base…» E qui riabbassò gli occhi: ah, lo Jipangu! «Mi ha anche avviato al mondo del lavoro. Ha detto una buona parola per me ai concorsi di Polizia a Scotland Yard. Piacevo molto come poliziotto, sapete, Conte? Riuscivo ad acciuffare tutti i criminali che tentavano di scappare! Questo mi ha conferito molti meriti. Ma venendo alla mia presenza qui… Ho sempre vissuto con lui, con Lord Peverell cioè, anche una volta diventato adulto e legalmente maggiorenne: così, quando si è trasferito in Africa per continuare le attività commerciali nell’isola, l’ho seguito. Ed è stato molto gentile a mettere un’altra buona parola per me in stazione di Polizia: lo sceriffo che stava per andare in pensione mi ha accettato come suo sostituto.»
«Oh, capisco..» Ciel annuì, tagliando la carne succulenta nel suo piatto, «Vi trovate bene su quest’isola? Siete stato accolto bene?»
«Discretamente. Ma le cose hanno iniziato a rovinare in fretta quando ho conosciuto Alfred Nan Cee… Cioè quasi subito.»
Ciel osservava il suo piatto, Sebastian faceva vagare lo sguardo, Lau imboccava sua sorella ma ogni singola fibra del corpo dei quattro si concentrò con forza su Garth, dopo quelle parole.
«Avete litigato?» Ciel domandò, dopo avere ingoiato il suo boccone.
«No, non esattamente. È una storia troppo lunga… Non voglio annoiarvi con le mie vicende personali» annuì deciso, ritrovando il suo carattere di sempre mentre affettava con aria  discretamente affamata la bistecca nel piatto.
Una storia troppo lunga. Quante volte lo stesso Ciel e il suo maggiordomo avevano usato quella scusa, che nascondeva fatti inenarrabili? Il Conte finse disinteresse, con un leggero colpetto di gola a significare il suo assenso a terminare il discorso.
«Badate. Non sto dicendo che sia una cattiva persona» precisò, guardando in alto… Sembrava improvvisamente distratto. «Ma io.. Non voglio averci più niente a che fare» concluse, tappandosi la bocca col mangiare.
«Ooooh, povero sceriffo!» si lagnò Lau, il gomito maleducato ancorato al tavolo –ciò attirò uno sguardo infastidito di Ciel-,  «Ma, dimmi dimmi, ma con quella Amanda? Eh? Dai dai!»
«…» il volto corrucciato di Garth divenne una fiamma, da fare invidia agli incidenti in cucina dell’americano cuoco maldestro. «Signor Tare, vi prego.»
Ciel sospirò. Amore, sentimenti, relazioni. Futilità. Ma li lasciò parlare, non gl’importava minimamente di ciò –spettegolassero quanto pareva a loro. Sollevò il capo verso il maggiordomo alle sue spalle e chiamò il suo nome, sottovoce.  «Sebastian.»
Tossicchiò. Dalla sua bocca si levò una lingua dolce e ariosa: il francese. «Nulla ancora, signorino.»
Lo stesso Conte rispose nella medesima lingua. «E’ troppo calmo.»
«Non ho potuto fare a meno di notarlo..» lo sguardo di Sebastian vagò fino alla finestra che dava sul giardino. Oltre il vetro e le tende drappeggiate era chiaramente visibile una fetta della Luna, tranciata dallo stipite, alta nel cielo.
«Porta il dessert. Poi ci sposteremo in giardino. Serve il contatto con la Luna piena per avere la certezza che non sia tutta una farsa.»
Un mezzo inchino. «Come desiderate. Lasciate che io stia davanti, signorino.»
«Ovviamente.»
Il maggiordomo s’inchinò profondamente un’ultima volta, in cenno di saluto. Ad ampi passi, sparì dalla porta della sala da pranzo, lasciandoli a terminare il loro pasto.
Quel dessert poteva essere l’ultimo di qualcuno di loro.

 
 
   
 
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