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Autore: _Marika_    10/10/2012    3 recensioni
Bicchieri rossi, lampadari distrutti, giocatori di football, champagne scadente, danze esotiche, vestitini leopardati, baci, risate, lacrime.
Nuovi incontri.
Cos'altro potrebbe accadere questo venerdì sera?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Blood and Tears

 

 

 

 

Liam tornò verso le sette di sera. Nessuno aveva notato la sua assenza.

L'atmosfera in casa era di pacifica indolenza. Era quel clima vacanziero quasi pigro, ma fittizio: era la calma tra due tempeste. E la festa di Donna era stata una tempesta piuttosto violenta, almeno dalle condizioni del nostro soggiorno.

Quella stronza di Jane mi ha rotto un tacco. Sono sicura che è stata lei. Quella befana si prova sempre la mia roba” stava borbottando Donna, scendendo dalle scale. Aveva un paio di scarpe in mano, delle decolleté beige.

Le riconobbi: erano quelle che volevo indossare per l'appuntamento con Brian.

Evitai di puntualizzare che cosa era realmente successo a quelle scarpe.

Che gente di merda che c'è in giro” mi disse Donna mentre mi passava accanto.

La voce Justin mi salvò da quell'ignobile situazione.

Non posso andare in giro con questa roba!” stava urlando. Era al piano di sopra. Aspettammo che scendesse le scale e scoppiammo a ridere: indossava i vestiti che suo padre gli aveva portato in un impulso di pietà.

Non era tanto la giacca blazer grigio fumo, né la camicia a quadretti blu, né i pantaloni con la piega. Era tutto l'insieme, era l'imbarazzo mostruoso di Justin di mostrarsi con quegli abiti... ridemmo per un quarto d'ora.

No... dai... in realtà non stai male...” gli dissi tra i singulti. Era vero. Pareva uno serio. Un giornalista, tipo.

Donna non era della mia opinione. “Sei terribile. Torna a vestirti da Eminem dei poveri, ti prego” sancì, scostando Justin di lato per salire le scale.

La testa di Jeremy fece capolino dal salotto. Guardò Justin.

Oh mio Dio”.

Già” rispose Justin incrociando le braccia al petto.

Jeremy scosse la testa “Non puoi andare in giro così, assolutamente”. Lo disse con un tono così da Enzo Miccio che mi fece ridere ancora. Ma come ti vesti?!

Domani ti porto io qualcosa di decente” concluse, eclissandosi dietro la porta.

Justin mi lanciò uno sguardo sconsolato. Io gli sorrisi stringendomi nelle spalle.

Lui si voltò e risalì le scale. Era ancora piuttosto scontroso e depresso da quando lo avevano sbattuto fuori di casa. Avevo come l'impressione che ci sarebbe voluto un bel po' prima di rivedere il Justin irriverente e spigliato che avevo conosciuto quel sabato sera al Bud's.

 

•••

 

Preparare la cena fu uno sforzo sovrumano. Non ero mai stata particolarmente abile in cucina, e tentare di preparare qualcosa di decente quando in frigo c'erano solo uova, sedano e burro era una vera presunzione. Alla fine andai al cinese più vicino e tornai a casa con sacchetti ricolmi di scatolette. Cominciavo a pensare che il cibo cinese fosse stato inventato proprio per le disgraziate come me che non riuscivano a cucinare nemmeno un uovo sodo.

Conclusione: io, Jeremy, Justin, Donna, Liam, Thomas (che avevo incontrato al take-away -le fatalità della vita) e il cane seduti sul tappeto del salotto a mangiare wasabi e involtini primavera.

Dovremmo dare un nome a questo cane” mugugnò Donna con la bocca piena di spaghetti mollicci.

Perché? E' un cane” replicò Justin, intento a litigare con le bacchette.

Donna inghiottì il suo boccone. “Non puoi chiamarlo sempre 'cane'! E' degradante”.

Lui mica si offende”.

Bè, a me non va. Dunque sarà battezzato”.

Come sai che è cristiano?” puntualizzò Thomas, in vena di spazientire Donna.

Che?”.

Se non aderisce alla religione cristiana magari non gli va di essere battezzato, che ne sai?”.

Magari è ebreo” buttai lì.

O shintoista” aggiunse Jeremy, serio.

O sikh” propose Justin.

Che rompicoglioni. Allora sarà una laica cerimonia di denominazione, ok?” sbottò Donna, suo malgrado divertita.

Propongo Ernie” disse subito Jeremy.

Jeremy, è un cane!” esclamò Donna. “Sei un pervertito”.

Jeremy la guardò male. “Non horny, cretina, Ernie!”.

Ah. Bé, no. Suona perverso lo stesso”.

Non è colpa mia se cogli malizia in ogni dove”.

Smettila. Io comunque lo chiamerei Aaron” affermò decisa Donna.

Che nome scemo”.

Ho un amico che si chiama Aaron. E' un coglione” disse Thomas.

Guardai il grosso golden retriver. Annusava il divano con un'espressione poco furba, la lingua molliccia penzolante fuori dalla bocca.

Diamogli un nome colto e britannico” suggerii “tipo Shakespeare”.

Sì, vabbè, Thomas Gray” sbuffò Jeremy.

Che c'è di male? Io dico Burke”.

Allora perché non Byron?” si intromise Justin.

Chaucer!”.

Shelley”.

Secondo me Oscar non sarebbe male” disse Jeremy. “Come Oscar Wilde”.

Allora tanto vale chiamarlo Ernest. Che suona come onest, ma è Ernest. In fondo i cani sono spesso migliori delle persone. Non fingono. Sono onesti”.

Ci fu un silenzio improvviso. Era stato Liam a parlare. Provammo tutti una sorta di disagio imbarazzato per la stronzata poetica che aveva sparato.

Ernest” ripeté Donna, scettica.

Sì, come L'importanza di chiamarsi Ernest, di Oscar Wilde” aggiunse Liam con lo sguardo basso, fisso sulla sua scatoletta di cibo cinese.

Dubitavo che Donna avesse così vaste conoscenze della letteratura inglese dell'ottocento da conoscere quel romanzo, ma io l'avevo portato ad un esame e mi era piaciuto molto. Mi dissi d'accordo con quel nome, e tutti gli altri si aggregarono.

Dopo il battesimo di Ernest, i discorsi virarono sul nostro nuovo ospite.

Ma quel tizio che abbiamo trovato nell'armadio?” si interessò Donna.

Sta dormendo di sopra” disse Justin. “Non mi sembra del tutto apposto”.

Nell'armadio? Di chi state parlando?” chiese Thomas salottiero.

Justin fece una smorfia. “C'era un ragazzo ammanettato praticamente nudo nell'armadio della stanza degli ospiti”.

Affascinante” commentò lui, addentando con indifferenza un involtino primavera.

Cominciano a esserci troppi uomini in questa casa” commentò Donna con leggerezza.

Lanciai un'occhiata a Justin. Aveva gli occhi incollati su Donna, e stava pensando a qualcosa molto intensamente. Qualcosa che non lo faceva stare troppo tranquillo.

Lei, ignara di tanta appassionata attenzione, posò a terra la vaschetta vuota e emise un sospiro soddisfatto.

Dunque. Riepiloghiamo. Da questa festa abbiamo ricavato: un ragazzino-bondage al piano di sopra; un cane shintoista di nome Ernest; un attore da strapazzo e un emo depresso con i capelli a scopa che prolungheranno la permanenza in questa dimora a tempo indeterminato;” -Justin e Liam guardarono il soffitto con nonchalance- “ un'iguana maledetta che non mi permette di fare il mio bagno ai sali di rosa; un ubriaco svenuto davanti casa...”

No, quello se n'è andato” interloquì Jeremy. “E' entrato a chiedere se avessimo visto il suo portafoglio e poi se n'è andato”.

Meraviglioso, uno in meno. Cosa ho dimenticato?”.

Un bacio” buttò lì Jeremy.

Ci fu un attimo di silenzio carico di tensione. Donna lanciò un'occhiata in tralice a Jeremy, come a dirgli: che cazzo stai dicendo?

Poi scoccò un'occhiata velocissima a Justin.

Giusto, un bacio” concesse, scandendo le parole. “Poi?”

La morte di Nemo, pace all'anima sua” dissi io per sciogliere la tensione. Tutti risero, più a loro agio, ma io non mi persi un solo scambio di occhiate. Io e Jeremy, senza esserci messi d'accordo, stavamo perseguendo lo stesso obiettivo.

Amen” concluse Donna, dopo aver smesso di ridere.

Seguì un silenzio placido e sonnacchioso, il silenzio tipico di chi ha appena concluso un lauto pasto. Justin si stiracchiò, nascondendo il disagio. “Film?”.

 

•••

 

Ma dai. Non è anatomicamente possibile”.

Forse solo un contorsionista”.

Ma uno bravo, però”.

Bè, ovvio. Mica uno sfigato”.

Donna e Justin si erano lanciati in una lunga discussione sull'improbabile scena di sesso del film che avevamo scelto.

Shhhhh! Sto cercando di seguire la trama!” si scocciò Jeremy.

Trama? C'è una trama?” chiesi io scettica.

Sì, e riuscirei a capire perché diavolo i mafioso stanno cercando quel tizio, se 'sti due smettessero di commentare ogni singolo fotogramma” borbottò Jeremy, incrociando le braccia al petto e affondando nel divano.

Macché commentare!” si difese Donna. “Dico solo che non è fisicamente...”

BASTA!” berciò Jeremy.

Donna si zittì. I gemiti e gli ansiti della coppia di amanti riempirono il silenzio del salotto.

Bè, ma secondo me...”

BASTA!!!” urlammo tutti.

Poi la scena hot si fece veramente indecente.

Questo voglio provarlo” rise Justin dopo un po'. “A casa voglio una cosa come quella”.

Donna fissava lo schermo affascinata. “Quando la compri chiamami, che vengo a provarla”.

Solo dopo sembrò accorgersi che quello che aveva detto avrebbe potuto suonare equivoco, e si girò a guardare Justin. Ma lui, da bravo XY, era troppo impegnato a osservare i dettagli anatomici della modella del film per cogliere sfumature erotiche della frase di Donna.

A me, però, non sfuggì quella manifestazione di imbarazzo, così atipica in lei. Guardai Jeremy; lui ricambiò con un occhiolino.

 

•••

 

Alla fine del film, eravamo rimaste solo io e Donna sul divano. Eravamo entrambe sdraiate con le gambe sopra i braccioli, quindi le nostre teste si sfioravano l'una accanto all'altra. Stavamo parlando del più e del meno, quando, neanche a farlo apposta, mi fece l'unica domanda che non avrei voluto che mi facesse.

Come va con Brian?”.

Non risposi subito, e questo insospettì il radar individua-problemi-con-gli-uomini di Donna.

Non va?”.

Non lo so. Diciamo che non lo sento da un po'”.

Da quanto, esattamente?”.

Feci un paio di conti mentali. “Da martedì, da quel messaggio alla festa della Milton. Sono...”

Sono tre giorni”.

E' grave?”.

Sinceramente?”.

No, guarda, per finta”.

Un po' grave lo è, sweetei. Se non ha voluto sentirti per così tanto tempo significa che il suo interesse per te è...”

Andato a farsi fottere?”

Volevo dire 'scemato', che è una parola molto più aulica, ma il succo è quello, sì”.

Schietta, concisa, diretta al punto. Mi piaceva quel lato di Donna.

Allora perché faceva così maledettamente male?

Dopotutto mi ero già fatta un'idea simile a quella. Dopo il primo appuntamento non ci eravamo più visti; conseguenza logica: non voleva più vedermi. Cosa c'è di più elementare in un ragionamento del genere?

Però...

Però bo. Non tutto si incastrava. Prima di tutto, ero quasi certa di piacergli. Una donna se le sente queste cose. E poi era stato lui a chiedermi un altro maledetto appuntamento. Se io fossi stata una rompiballe mostruosa non me l'avrebbe chiesto, no? Nemmeno per cortesia, no, no. Quel primo appuntamento era stato magnifico, coronato da un bacio da far vedere i fuochi d'artificio. E poi... quella dannata fossetta, il modo affettuoso con cui guardava quella sua sorella mezza matta, come mi aveva capita in un attimo, tradita da un sospiro.

Aveva detto che lo affascinavo.

Perfino il fatto che lavorasse in una pizzeria mi sembrava fosse un indizio inoppugnabile del suo interesse per me.

Quindi cos'era successo?

Certo che è proprio un cretino” stava dicendo Donna. “Non voler uscire con te! Certi ragazzi non capiscono proprio un cazzo della vita”.

Lo squillo del telefono fisso interruppe la sua arringa in mia difesa. La testa di Jeremy sbucò dalla cucina. “E' per te Donna. E' Anika”.

Donna si alzò, prese il cordless e uscì sul patio. Sentii solo un affettuoso “ciao, honey” prima che chiudesse la porta.

Anika era la sorella di Donna. Si sentivano per telefono almeno una volta a settimana, e Donna era sempre felicissima di parlare con lei. Anika aveva quindici anni, un sacco di treccine e un sorriso simpatico che ti faceva venir voglia di strapazzarla. L'avevo conosciuta due anni prima, quando lei, Donna e loro madre erano venute a trovarmi in Italia. Era un piccolo genietto già allora, quella ragazzina, altro che strapazzarla! Aveva i voti più alti di tutta la sua high school, soprattutto in matematica e fisica. Al 7th grade aveva risolto da sola un teorema insolubile, o che so io.

Donna una volta mi aveva detto: “Se non l'avessi personalmente vista uscire dalla pancia di mia madre, direi che è stata portata qui dagli alieni; non può avere il mio stesso patrimonio genetico!”.

Ma nonostante questa parentesi fantascientifica, Donna adorava sua sorella. Avevano un bellissimo rapporto, loro due e la madre.

Ok, ne ero invidiosa, sì.

Emma!”

Era stato Jeremy ad urlare. Sembrava spaventato.

Che cavolo vuoi?” gli urlai di rimando, alzandomi subito. Lo raggiunsi in cucina aspettandomi chissà quale catastrofe (tipo un pollo fritto con due teste. Era già capitato una volta), ma non notai nulla di strano. Poi Jeremy mi indicò il bicchiere sul tavolo.

E' vivo!” articolò, come posseduto.

E in effetti Nemo stava sguazzando in tondo nel bicchiere, fissando il vuoto con quei suoi occhi a palla.

Wow. E' una specie... di miracolo” dissi. “Anche se fa un po' schifo lo stesso”.

Già”.

In quel momento Liam entrò in cucina, aprì il primo cassetto, prese un lungo coltello e se ne andò.

Guardai Jeremy alzando un sopracciglio. “Pensi che voglia uccidersi?”.

Naaa”.

Poi sentimmo la voce di Justin al piano di sopra. “Porca puttana, Liam!! Metti giù quel coltello!! METTILO GIU'!!!”.

 

•••

 

Dopo aver salvato Liam da un tentativo di suicidio -aveva rischiato di amputarsi una mano- e averlo imbottito di camomilla, mi lasciai cadere, stremata, sugli scalini davanti casa.

Decisamente, quella convivenza si stava rivelando stressante.

Donna aveva urlato come un'ossessa fino a cinque minuti prima, dicendo che doveva essere impazzita ad ospitare in casa quel branco di squilibrati, e che per lei potevamo morire tutti.

Quindi aveva sbattuto la porta del bagno, chiudendosi dentro.

Per poi urlare di nuovo. Si era dimenticata dell'iguana che abitava la nostra vasca da bagno.

Ma vabbè.

Come darle torto.

Ernest -il cane- stava scavando una buca in giardino. Ansimava e guaiva come un dannato. Rimasi a guardarlo per un po', perdendo il filo dei pensieri.

Sentii un 'vaffanculo' dal piano di sopra, poi rumore di passi concitati. Justin uscì sbattendo la porta.

Si bloccò appena mi vide. “Oh. Non pensavo fossi qui”.

Sto tenendo a bada il segugio” mentii, indicando Ernest. In realtà, se fossi rimasta un altro minuto chiusa in quella casa, sarei uscita di senno. Non mi erano mai piaciute le urla.

Cosa sta succedendo adesso?”.

Il ragazzino -quello dell'armadio- si è svegliato. E ha visto Liam pieno di sangue e noi che cercavamo di togliergli il coltello di mano. Adesso è talmente terrorizzato che non spiccica parola. Io e Thomas stavamo cercando di tranquillizzarlo, ma Thomas ha poca pazienza e io in questo periodo meno di lui, quindi mi sa che stiamo solo peggiorando le cose”.

Sospirai. “Tra cinque minuti vado su io. Lasciami solo un attimo per smaltire il recente episodio splatter”.

Volevo essere ironica, e Justin sorrise. Si sedette accanto a me. “Ti capisco benissimo. Dividevo la stanza con Liam da nove mesi ormai, quindi sono abituato a certe scenate; però ricordo bene come mi sentivo le prime volte. Stai qui seduta e non pensarci”.

Sembrava un maledetto film dell'orrore!” mi agitai. “Hai visto quanto sangue?!”.

Lo so. Ma stai tranquilla adesso. Non succederà più”.

Come fai a saperlo?”.

Lo so e basta. Ora non pensarci”.

Rimasi zitta. Il cane intanto continuava tutto contento a sradicare le nostre aiuole.

Sto portando un sacco di casini nelle vostre vite” mi disse Justin. Aveva un sorriso triste in faccia.

Sapevo che si riferiva anche a quello che era successo con Ian.

Non sei tu” replicai decisa.

Prima che io piombassi qui sono sicuro che nessuno aveva mai tentato di stuprarti, né aveva cercato di tagliarsi via un braccio in camera da letto”.

No, in effetti no. Diciamo allora che forse dovresti riconsiderare le tue amicizie” scherzai, guardandolo in tralice. Indossava di nuovo maglietta e pantaloni della tuta.

Attiro le disgrazie, che vuoi farci” replicò lui, stringendosi nelle spalle.

Risi. “Pensavo di essere io, quella”.

Seguì un silenzio strano. “Come va con Brian?”.

Perché, perché tutti si intestardivano a fare quella domanda?!

Non va. Non ci sentiamo più” risposi, laconica.

Mi dispiace”.

Anche a me”.

Justin guardava fisso la strada. Ormai il cielo era buio; dovevano essere circa le dieci di sera.

E quell'altro ragazzo? Quel tizio che c'era ieri sera?”.

Chi, Sweet... ehm, Matt Dawson, intendi? Quello alto con i capelli neri?”.

Sì, lui”.

Ah. E'... un amico. Credo”.

Credi?”.

Sì. Cioè, non mi sembra nemmeno del tutto normale”.

Bè, proprio proprio tutto giusto non lo è”.

Lo conosci?!”

Sì che lo conosco. O almeno, lo conosco per sentito dire. Circolano un sacco di pettegolezzi su chiunque, in queste zone. Non hai chiesto a Jeremy, scusa?”.

In effetti era un'idea intelligente.

No, non ancora. Tu cosa sai di lui?”.

Non molto. Dovrebbe studiare medicina in Pennsylviana, se non è ancora stato buttato fuori. E tutti quelli che lo vedono in giro affermano che è perennemente ubriaco marcio. Ah, si dice anche che abbia passato una notte in prigione perché molestava la sua ex ragazza, ma questo me l'ha detto Alexis Johnson e non so quanto sia attendibile”.

Rimasi senza parole. “Lo disegni come un ottimo partito, davvero” dissi infine. “Questo sostiene la mia teoria. Sono io che attiro disgrazie”.

Sospirai e mi lascia cadere indietro. Mi sdraiai sull'ingresso, fregandomene dello schifo che c'era per terra.

Eppure lui c'era quando Ian... insomma, hai capito. Quando è successo, lui c'era; Brian invece no. Questo vorrà dire qualcosa”.

In che senso?”.

Non lo so. Qualcosa tipo karma, o destino, o che so io”.

Destino. Perché sentivo che quella parola fosse tanto importante nella mia vita?

Ah, stai zitta” mi smontò Justin. “Quello che so è che devi risolvere i problemi che hai nella tua testa, prima di caricarti dei problemi di un'altra persona, Matt, o Brian, o chi per loro”.

Cos...? Guarda che io non ho problemi”. Ma la mia voce suonò così falsa che nemmeno un bambino idiota ci avrebbe creduto.

Ti devo ricordare una conversazione avuta davanti ad un Widow Kiss, diverse sere fa?”.

Per l'appunto.

Tu non sai niente di me”. Non voleva essere un'accusa, questa. Era un semplice dato di fatto. Per quanto avessimo passato un sacco di tempo insieme negli ultimi giorni, non gli avevo mai detto granché della mia vita privata.

Lo riconosco. Ma non sempre serve sapere per comprendere”.

Aggrottai la fronte. “Una frase molto poetica, te lo concedo. Dove vuoi arrivare?”.

Justin sospirò e si appoggiò sulla mani, guardando fisso il cielo. “Tu sei naufragata qui per un qualche motivo, Emma, e ancora non riesci a trovare un appiglio solido a cui ancorarti. Donna ti trascina nel vortice della sua vita, piena di feste, sesso, alcol, ma tu non ci sei veramente dentro. Ti lasci trasportare solo perché non hai ancora capito cosa stai cercando veramente. Tu sei diversa da lei. E questa non vuole essere una critica, né per lei né per te. Siete semplicemente due persone che hanno bisogno di cose diverse per essere felici. E finché non saprai di cosa hai bisogno per essere felice, non starai bene con te stessa. E sarai destinata a rimanere qui; a lasciarti portare via dalle onde”.

Rimasi a bocca aperta. “Wow” sfiatai.

Non sarei riuscita a tracciare un'immagine più fedele di me stessa neanche pensandoci cent'anni. Quel ragazzo era proprio fuori dal comune.

Oh, Cristo Santo. Usciamo da questa casa, non ne posso più!”.

Io e Justin sobbalzammo. Donna era uscita come un uragano, sbattendo la porta e quasi investendoci. Justin mi lanciò un'occhiata, dubitando dell'equilibrio mentale della nostra amica. Donna scese i gradini del patio e raggiunse la macchina a grandi falcate. Continuava a borbottare tra sé, inferocita.

Aprì la portiera imprecando e salì al posto di guida. Mise in moto, facendo rombare il motore del fuoristrada; poi fece sbucare la testa dal finestrino. “Bè, che cazzo state aspettando? Muovetevi!”.

Guardai Justin sconcertata, per poi alzarmi e raggiungere la macchina. Justin mi seguì.

Vuoi che guidi io, Donna?” tentò Justin. “La mia Range Rover è proprio qui davanti, e tu non mi sembri in condizioni di...”

Sali e stai zitto, yokel”.

Justin alzò le mani e montò dietro. Io salii di fianco a Donna e mi misi subito la cintura di sicurezza. Avevo paura di quel che sarebbe potuto succedere.

 

•••

 

Dove stiamo andando?” chiese Justin dopo un po'.

Stavamo viaggiando da quasi mezz'ora. Mezz'ora in cui l'unico suono udibile era stato il mormorio del motore.

Da John Mitchell”.

Non avevo idea di chi fosse, anche se quel nome non mi era nuovo. Forse era stato Jeremy ad accennarmi qualcosa di quel tizio.

E cosa andiamo a fare da questo John Mitchell alle undici di sera?” chiesi, titubante. Avevo paura che Donna si infuriasse e mi urlasse addosso. Odiavo le persone che mi urlavano addosso.

Mi rispose invece con molta calma: “C'è un po' di gente, un po' di alcol...”.

Sospirai. Un festa. Perché la cosa non mi stupiva?

Proprio tipico di Donna: andare a far danni da qualche parte prima ancora di aver sistemato i danni in casa propria.

Un 'perché?' esasperato mi salì alle labbra, ma non lo lasciai uscire. Donna non avrebbe accettato obiezioni, non quella sera.

Quindi arrivammo a destinazione. Donna parcheggiò la macchina e scendemmo in silenzio.

Una musica rimbombava in lontananza.

 

•••

 

Tenni d'occhio Donna tutta la sera. Non mi piaceva in quelle condizioni. Era uno dei suoi tremendi sbalzi d'umore. L'episodio di Liam l'aveva scossa parecchio.

La era festa piuttosto figa, in verità: c'era un sacco di gente vestita bene, un dj con un'enorme consolle in giardino, una piscina piena di lanterne galleggianti. Una cosa di classe.

Scacciai un ubriaco che mi si stava strusciando addosso. Doveva essere proprio fuori di sé, poverino: struccata, con i capelli unti, con addosso tuta e ciabatte dovevo essere tutto fuorché arrapante. Donna non ci aveva lasciato il tempo per cambiarci, ci aveva trascinato via di casa così com'eravamo. Non che lei fosse messa meglio, comunque: indossava un paio di leggins grigi, una maglia da basket e una fascia per capelli con i gattini. Una cosa indecente. Però si stava limonando alla grande con un tizio piuttosto carino, quindi forse ero io ad avere un senso dell'estetica troppo sviluppato. Tipico italiano, sicuramente.

Justin era sparito.

Probabilmente era anche lui intento a dedicarsi all'altro sesso.

Così stavo lì da sola come una cretina, ad osservare Donna che placava i suoi ormoni inferociti e ad allontanare ragazzi allupati dal mio fondoschiena.

Alzai gli occhi al cielo, sperando che quella tortura finisse presto.

Poi vidi qualcosa che avrei preferito non vedere. O meglio, qualcuno che avrei preferito non vedere. Perché là in fondo, vicino al tavolo dei cocktail, Alexis Johnson rideva in tutto il suo splendore.

Merda.

E adesso? Se mi vedeva ero finita. Morta e sepolta, con tanto di crisantemi vicino alla foto sbiadita della mia lapide. Già mi figuravo l'epitaffio: Giovane coraggiosa, oltraggiata e perseguitata, è venuta meno nel tentativo di salvarsi la vita. Resterà sempre nei nostri cuori. Firmato, amici e parenti.

Dio, che tristezza.

Smisi di fissare quel mostro biondo e mi voltai, pronta a fuggire. Altro che giovane coraggiosa. Mi infilai in un gruppo di giocatori di football, che mi fischiarono dietro sghignazzando. Ma che avevano tutti?! Era la serata dell'ormone libero?!

Oltrepassai la soglia del soggiorno e mi ritrovai nel corridoio che portava nell'altra ala della casa, dove probabilmente si trovavano le camere da letto. Anche lì era pieno di gente, di rumore, di puzzo di alcol. Venni travolta da ragazzina con i capelli rossi che correva come una forsennata, che nemmeno si fermò per controllare se stavo bene. Svoltai l'angolo e mi ritrovai davanti ad una scena a cui mai avrei voluto assistere.

 

•••

 

Un flash.

Una porta spalancata.

Gemiti nell'aria.

Una schiena muscolosa. Unghie che graffiano in mezzo alle scapole.

Capelli di donna riversi sulla spalla.

Muscoli che si contraggono.

Un gemito.

Un flash.

 

Un senso di nausea mi fece barcollare. Quel deja-vu mi aveva aggredito come una cazzo di bestia.

Un ragazzo e una ragazza stavano pomiciando alla grande, avviluppati in un abbraccio intenso. Vedevo il ragazzo di spalle. Fissai quel punto tra le scapole dove la maglietta si tendeva sopra i muscoli. Era lui. Lo seppi, in quell'istante, senza nemmeno cercare di illudermi.

Brian.

Il mio Brian. Il Mr. Maybe di cui avevo favoleggiato per giorni, il cui sguardo mi aveva incatenata, ammaliata, stregata. Con quella meravigliosa fossetta che appariva solo con un sorriso, quella fossetta che avevo sognato di sfiorare con la punta delle dita. Con quel suo modo di essere, prestante, virile, e allo stesso tempo sensibile. Con quel primo e unico bacio che mi aveva infuocato mente e anima.

Quel Brian stava baciando un'altra. Lì, davanti a me. Premeva il corpo della ragazza contro la parete, mentre lei gli aveva allacciato le gambe attorno alla vita, in una posizione terribilmente intima.

Mi venne da svenire e da vomitare contemporaneamente.

Non poteva essere.

Il Brian pacato e sentimentale che avevo conosciuto quel giorno di sole al parco non esisteva più. Al suo posto c'era un animale da feste, ossessionato da sesso e alcol, che stava palpando in modo osceno una... puttana!

Probabilmente quel Brian era esistito solo nella mia testa. Era una proiezione della mia mente innamorata.

Le lacrime mi pizzicarono gli occhi.

Riconobbi quella sensazione: la delusione accecante di quando tutte le certezze riguardo ad una persona crollano. E la consapevolezza che la colpa non era sua; era mia. Perché non ero stata capace di vedere al di là delle mie sciocche illusioni, dei castelli dorati che mi ero costruita. Sciocca, sciocca ragazza. Caderci una volta, ci stava; ma due...

Brian infilò languidamente una mano sotto la maglietta della ragazza, e io dovetti andarmene.

Tremavo di rabbia e di delusione. Mi veniva da piangere.

Quanto tempo sprecato in seghe mentali! Vaneggiamenti, pensieri, illusioni per uno stronzo arrapato come quello!

Mi portai una mano al petto. Faceva malissimo, cazzo. Non ero mai riuscita a spiegarmi di come un dolore psicologico potesse procurare un così acuto dolore fisico. Di come una cosa così carnale e animalesca potesse essere condizionata da una cosa astratta e spirituale come i sentimenti.

Fatto sta, che faceva un male d'inferno.

Mi portai l'altra mano alla bocca, perché smettesse di tremare.

Mi veniva da vomitare.

Dovevo trovare Donna.

 

 

   
 
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