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Autore: Hika86    10/10/2012    1 recensioni
[50/50 capitoli COMPLETA][0/5 capitoli extra IN CORSO] Un filo ci lega alla persona cui siamo destinati: non importa il tempo che dovrà passare o le distanze che ci separano. Ma se questa persona fosse proprio davanti a noi e non riuscissimo a riconoscerla? Se la considerassimo antipatica tanto da non degnarla neanche di uno sguardo? E se l'avessimo trovata e noi stessimo vacillando nei dubbi? E ancora, cosa dice che non l'abbiamo già persa?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tomomi rimase lontana dal lavoro per ben due settimane e per un tipo sempre indaffarato come lei sembrò strano, ma si godette quell'inaspettata vacanza fino all'ultimo giorno: non era una di quelle donne nevrotiche che se non fanno qualcosa cominciano a spazientirsi.
Dormì per la maggior parte del tempo, anche perchè le venne la febbre il giorno subito dopo l'incidente e non le passò se non dopo sei giorni. In quelle notti i suoi sogni erano stati angoscianti. Continuava a rivivere l'incidente, a rivedere l'espressione di quello sconosciuto e a provare freddo per il furore con cui si era scagliato su di lei e in quelle visioni non riusciva a mantenere il sangue freddo che aveva avuto nella realtà pensando che, pur stando male, si trovava già in ospedale, circondata da professionisti esperti. La Tomomi che vedeva dietro le sue palpebre veniva assalita dal timore di essere violentata da quell'uomo dalla forza soverchiante o che le facesse del male e cadeva nel panico ogni volta che si accorgeva di non riuscire a respirare.
Alcuni giorni si era svegliata nel cuore della notte, terrorizzata dal buio e dal silenzio di un luogo in cui non era abituata a dormire. Nei periodi di febbre aveva vomitato, mettendo in allarme le infermiere del reparto. Le avevano detto però che quegli attacchi e la febbre non erano dovuti a problemi fisici, ma psicosomatici. Tomomi non era una psicologa, aveva studiato qualcosina ai tempi dell'università, cert, ma non poteva fare una diagnosi precisa. Forse il suo rigore l'aveva costretta a comportarsi in maniera decorosa nel momento del bisogno e ora la paura e il vero istinto di sopravvivenza si stavano sfogando sul suo subconscio? O magari era rimasta semplicemente spaventata da quell'attacco improvviso da parte di un paziente, qualcuno che era abituata ad avere docile nelle sue mani e che stavolta le si era inaspettatamente rivoltato contro?
Ricordava però che un paio di volte si era svegliata verso l'alba. Aveva avuto la sensazione che qualcuno le stesse tenendo la mano, così aveva aperto gli occhi e i sogni inquieti erano diventati solo un ricordo sbiadito alla prima luce del sole. Si era girata verso la finestra tutte le volte, sperando di vedere Jun, ma la sedia a fianco del letto era rimasta vuota.
Certo, era un pensiero romantico che il ricordo di quell'inaspettata sorpresa placasse il suo subconscio irrequieto e la riportasse alla realtà con dolcezza, ma avrebbe volentieri scambiato un risveglio tranquillo con la possibilità, almeno una volta, di ritrovarselo di nuovo al suo capezzale.
Invece non era più tornato, era uscito per prendere da bere e non era mai rientrato nella camera. Quel giorno gli era stato impossibile probabilmente, dato che appena un minuto dopo la sua uscita dalla stanza, sulla porta erano comparse tutte le compagne di squadra avvisate e scortate lì dall'allenatrice, ma Tomomi aveva sperato in una sua ricomparsa almeno nei giorni successivi. Niente da fare.

Quando finirono le due settimane di riposo in ospedale, Tomomi potè finalmente tornare a casa. La terapia antibiotica stava finendo, la ferita tramite la quale le era stato inserito il drenaggio al polmone si stava cicatrizzando, ma doveva ancora portare una salda fasciatura che le stringesse il petto dato che le costole si sarebbero saldate solo in un mese. Poteva tornare al lavoro, ma le avevano ordinato turni solo diurni e brevi, inoltre doveva seguire con frequenza delle sedute di magnetoterapia per aiutare la frattura a ricomporsi.
Dopo due settimane si assoluto riposo, la sera in cui la dimisero, Tomomi accettò la proposta di Erina di festeggiare l'evento. Dato che l'amica si era proposta di scarrozzarla ovunque, prima di tutto si fece accompagnare al locale dove fece un aperitivo con i colleghi di reparto: ognuno di loro, compreso il nuovo assunto, Sakai, era passato a trovarla tutti i giorni e anche più volte nell'arco di una giornata. Nessuno di loro fece domande sul ragazzo che era stato visto il primo giorno con lei, nè chiesero come mai non avesse un familiare come contatto in casi di emergenza. Furono solo allegri e spiritosi. Per ringraziarli pagò lei per tutti.
Dopo quel drink lei ed Erina andarono al karaoke dove la squadra le aspettava. Sarebbe stata serata di allenamenti, ma la coach aveva dato loro il permesso di divertirsi se era per festeggiare la dimissione di una delle giocatrici migliori in squadra. Senza di lei era dura vincere alle partite, ma in un modo o nell'altro erano riuscite a rimanere tra le squadre in lizza per il campionato. In quelle settimane, chi di giorno, chi la sera, erano passate tutte a trovarla almeno una volta.
Quando risalirono in macchina Tomomi era esausta. Aveva lasciato nell'abitacolo il mazzo di fiori dei colleghi, perchè le compagne non si offendessero o non facessero paragoni con quello che le avevano regalato loro. «Sembra un carro funebre di quelli che si vedono nei film americani» commentò guardando il sedile posteriore prima di sedersi al suo posto
«La mia macchina è troppo piccola. Quale morto trasporterei, un nano?» domandò Erina mettendo in moto
«Il piccolo cadavere di un kappa*» suggerì Tomomi rilassandosi sul sedile
«Per carità» rise la rossa «Piuttosto adesso allacciati la cintura perchè si va!»
«Si va dove? Non torniamo?» chiese cercando di non dare a vedere la sua stanchezza
«Lo so che è tardi» ammise l'amica «Ma ti ho preparato una sorpresa: è il mio regalo» rise.
Non le disse niente e lasciò che guidasse verso la loro nuova meta, qualsiasi fosse, ma decise almeno di stare in silenzio e concedersi un breve riposo mentre viaggiavano: si sentiva tutto il corpo pesante e da qualche minuto aveva un leggero ma costante dolore intercostale. Una volta arrivate dove stavano andando avrebbe cercato un bagno e si sarebbe fatta stringere la fasciatura.
Parcheggiarono in un quartiere che non conosceva e alla fine di un breve pezzo a piedi si fermarono davanti alla minuscola entrata di un locale. «Dopo una serata così mi porti in un'izakaya** a bere?» domandò sconcertata Tomomi
«E' di quelli con i tavoli nei séparé» le disse come se quello spiegasse tutto
«Non importa, entriamo così vado in bagno» sospirò, decisa a bere una cosa e poi a farsi riportare dritta a casa. Non avrebbe resistito a lungo.
Quando entrò Erina parlò con la cameriera perchè aveva prenotato il tavolo. Quella le scortò fino ai lunghi noren blu notte che separavano l'ambiente del tavolo dal resto del locale. Lì notò che c'erano tre paia di scarpe a fianco del gradino da salire per camminare sul tatami.
«Kōmō, so che vuoi farti perdonare di non essere potuta venire il primo giorno» disse bloccando l'amica prima che scostasse i noren. «Ma non ce la faccio. Un conto è bere qualcosa noi due, però io non riesco a sopportare un'altra festa: sono stanca» le spiegò con tutta la gentilezza che riuscì a trovare
«Capisco» annuì la rossa lanciando un'occhiata al noren ancora chiuso. «Fai almeno un saluto, per favore. Poi se vorrai tornare a casa ti ci porterò» le chiese. Tomomi alzò gli occhi al cielo e prese un profondo respiro, annuendo.
Erina l'aiutò a togliersi le scarpe ed infine entrò nello spazio del loro tavolo, con un sorriso stampato in faccia. «Eccoci, scusate il ritardo!» annunciò
«Hai trovato parcheggio?» chiesero dall'interno
«Sì, l'ho messa dove mi hai consigliato tu, Matsumoto san» rispose la rossa, tenendole aperte le due tende.
Tomomi rimase impietrita quando, abbassando lo sguardo sul tavolo, vide lì seduti due sconosciuti e Jun. «Sei Nomura san, vero? Eri chan ci ha parlato molto di te» disse il ragazzo seduto di fianco a lui
«Aiba chan, falla sedere prima. Sarà stanca» lo rimproverò Jun che si alzò in piedi e le allungò un mano. «Hai bisogno di aiuto per piegarti a sedere?» le domandò premuroso.
La donna scosse il capo, abbassando lo sguardo. In quel momento le era tornato in mente che quello era il ragazzo che ancora doveva dirle se era disposto ad interessarsi a lei per vedere cosa sarebbe potuto nascere tra loro. «Ce la fa, ce la fa» rispose Erina per lei, mettendole un braccio intorno ai fianchi e portandola a sedersi a capotavola: le sembrò di sfuggire alla mano che Jun le aveva gentilmente offerto.
Ordinarono subito, dopodichè i due sconosciuti si presentarono: erano Aiba Masaki, un altro membro del gruppo di Jun, e Hanayaka Kokoro, l'amica di cui Erina tanto le aveva parlato e attuale fidanzata di Aiba. Questo non glielo dissero chiaramente, ma lei lo sapeva dai racconti della rossa.
Erina e Masaki animarono la serata, riempiendola di chiacchiere. Non si stupiva che andassero d'accordo: erano fastidiosi in egual misura, anche se in buona fede. Kokoro era una ragazza molto gentile, silenziosa e ben educata: parlava con la cameriera che li serviva, distribuiva le bevande una volta che erano sul tavolo e parlava solo se interpellata. Jun era un tipo tranquillo, come si era dimostrato in altre occasioni, ma chiacchierava e trattava Aiba con grande informalità, mentre con le altre due ragazze si manteneva educato e prestava sempre attenzione alle loro parole.
Tomomi rimase in silenzio ad osservarli dalla sua posizione a capotavola, mentre cercava di sopportare il dolore al petto e di dominare le proprie emozioni.
In quei mesi c'era stato un continuo tira e molla tra lei e Jun. Prima si era lasciata affascinare da quell'uomo, ma poi si era imposta di dimenticarsene data la sua posizione e la scarsa probabilità di essere notata, poi però gli aveva comunque confessato i suoi sentimenti e poco dopo gli aveva chiesto di dimenticarli, di non badare alla sua dichiarazione, cosa che lui aveva invece rifiutato. Infine, confusa e rassegnata, Tomomi si era inaspettatamente trovata a stringergli la mano in un momento in cui avrebbe dovuto avere le persone più importanti della sua vita al suo fianco. Nonostante quei continui cambiamenti di rotta lei ancora non sapeva se aveva o meno qualche chance.
«Ti senti bene?» gli domandò improvvisamente Jun, piegandosi dalla sua parte, lasciando gli altri tre alla loro animata discussione. «Ti vedo un po' pallida»
«E' stata una serata stancante e temo si sia allentata un po' la fasciatura, quindi ho qualche dolore» spiegò con eccessiva sincerità
«Posso aiutarti?» chiese allarmato.
Tomomi gli sorrise lievemente. «Ti ringrazio, ma dovrei togliermi la camicia e rimanere mezza nuda per farlo: non mi sembra il caso, tu che dici?»
«Hai ragione, non è il caso» annuì lui guardando improvvisamente altrove. Si era resa conto che, quando era imbarazzato, Matsumoto Jun non arrossiva, ma sorrideva e guardava altrove.
«Parla avanti» diceva Erina in quel momento, incitando Kokoro. L'altra fissava il suo bicchiere e sgranocchiava emadame, pensierosa.
«Che succede?» domandava Aiba, preoccupato
«Non mi sembra il momento per affrontare questo discorso. Siamo qui per Nomura san» replicò la giovane. «E non voglio annoiare anche Matsumoto san»
«Ma magari possono aiutarti!» insistette Erina
«Puoi parlare. Le occasioni di incontrarsi sono così poche che penso vada bene parlare di qualsiasi cosa» annuì Jun, voltandosi verso il resto del tavolo.
A ben guardarla, quella Hanayaka Kokoro era veramente graziosa. Piccola e carina, l'ideale di donna. Tomomi si sentì a disagio: troppo alta, troppo adulta, troppo risoluta. Aveva sempre trovato insopportabile l'atteggiamento riservato, timido e civettuolo della maggior parte delle donne che incontrava, ma in quel momento l'avrebbe voluto anche lei se fosse servito.
«E' un problema con il negozio, o meglio, con i clienti» spiegò la giovane
«Non gli è piaciuto che tu abbia preso il tuo vecchio insegnante con te?» domandò Aiba
«No, anzi, riscuote un certo successo. Alcune clienti sono diventate una cosa come sue fan» spiegò confusa. «E' un bell'uomo, ma non pensavo reagissero così. comunque il problema è... beh, sono io» ammise arrossendo. Fece una pausa abbassando lo sguardo ed Erina la incitò a continuare dandole una gomitata. «Una signora che era molto amica della maestra, la precedente padrona del negozio, ha detto di volermi fare un favore nell'avvisarmi che alcune persone non vogliono più comprare da noi. Sembra che corrano delle voci sul fatto che io mi veda con un uomo» confessò infine.
Aiba e Jun si guardarono in faccia, sbalordito il primo e preoccupato il secondo. «Inizialmente pensavano che quella persona fosse Shimizu sensei quando lo hanno visto cominciare a lavorare in negozio, poi però hanno scoperto che ha moglie e figli e hanno capito che non poteva essere lui»
«Le ho detto di parlarne con te, non si può ignorare questa cosa» intervenne Erina, guardando Masaki. «Non puoi venire allo scoperto, ma non si può nemmeno lasciare che il negozio perda clienti per un motivo tanto stupido»
«Non capisco quale sia il problema» ammise Tomomi rigirandosi il bicchiere tra le mani
«Non possono fidanzarsi ufficialmente» rispose la rossa
«Almeno fino ai trent'anni» la corresse Jun. «Fino a quell'età non può venire fuori una notizia ufficiale circa un nostro coinvolgimento sentimentale. E' la politica dell'agenzia»
«Quindi se trovate qualcuno potete starci insieme, ma nessuno deve sapere niente?» chiese Tomomi
«Esatto. Quindi Aiba chan non può farsi avanti, anche se immagino che molte signore del quartiere sarebbero solo felici di sapere che ha una ragazza» concluse Kokoro. «Però devo risolvere in qualche modo la questione, senza che voi ci andiate di mezzo, quindi volevo sapere se avete dei suggerimenti» disse verso i due ragazzi.
Tomomi tacque. La situazione era più complessa del previsto: non aveva idea vi fosse un simile regolamento per quei ragazzi, eppure, si disse, essendosi innamorata di uno di loro avrebbe dovuto almeno informarsi.
«Perchè non indossi un anello?» domandò scuotendo il capo per togliersi quei pensieri dalla testa. Non aveva senso crucciarsi tanto se fino al mese prima era convinta di dover lasciar perdere ciò che provava.
«Ossia?» domandò confusa Kokoro
«Lui non può fidanzarsi ufficialmente, ma tu sì. Se per queste signore è tanto importante la moralità della persona che dovrebbe semplicemente cucinare bene la roba che comprano, allora accontentale. Ci tieni al tuo lavoro no?» le chiese
«Sì, ci tengo» annuì la giovane
«Se non ti ha fermato la perdita della padrona, nè il fatto di essere da sola a gestire tutto, perchè lasciare che ti blocchi una sciocchezza simile? Indossa un anello e se te lo chiedono dirai è del tuo fidanzato» spiegò svuotando il bicchiere. «Se dovessero arrivare a chiederti chi sia, dì pure che si chiama Masaki, è un nome comune. Dì che è del Chūgoku*** e sta aspettando di avere il trasferimento al lavoro per venire a stare a Tōkyō» concluse stringendosi nelle spalle.
Erina e Aiba la fissarono pieni di ammirazione. «L'avevi detto che è un genio» fece lui
«Hai visto?» gli disse la rossa orgogliosa. «E' una soluzione!»
«Sì, è fattibile» annuì Kokoro
«Potresti lasciare il negozio a Shimizu sensei per due giorni» propose Aiba. «Così impara anche a cavarsela da solo in quell'ambiente e tu puoi fingere di andare nel Chūgoku dal tuo finto fidanzato»
«E dove vado? Gli altri vedranno che sono a casa»
«Puoi stare da me» le disse lui
«Non è pericoloso se la gente la vedrà entrare e uscire dall'appartamento?» chiese Erina
«L'agenzia ha già parlato con gli inquilini quando mi sono trasferito lì. Non diranno nulla» scosse il capo Aiba
«Ma è pericoloso» la appoggiò Jun. «Non hai qualche amica qui a Tōkyō per stare da lei in quei due giorni?»
«Puoi stare con me e Ying!» esclamò la rossa «Per una notte ci stringeremo in stanza»
«Va bene, penserò a come sistemare la cosa e questo weekend mi farò ospitare» annuì Kokoro.
Anche se non erano seduti vicini, per Tomomi era chiaro che c'era qualcosa tra lei e Masaki. Nel modo in cui lui le sorrideva e nella premura che lei metteva in ogni gesto verso di lui. Inoltre nessuno dei due si chiamava per nome, ma si davano sempre del "tu".
Si scoprì ad invidiarli, ma quel pensiero durò poco perchè Jun si girò verso di lei, guardandola in viso e sorridendole. «Nomura san, come ti senti? Sei un po' pallida» chiese. Dovette notare con dispiacere che la temporanea informalità che aveva avuto con lei in ospedale era scomparsa.
«Sono solo stanca» spiegò piano, lanciando un'occhiata agli altri te al tavolo che si erano messi a discutere su chi avrebbe ospitato Kokoro. «Scusami ancora per l'inconveniente dell'ospedale» aggiunse
«Siamo passati dal "grazie" allo "scusa"? Cos'ho fatto per meritarmi una cosa del genere?» domandò a metà tra il divertito e il preoccupato
«Niente, hai ragione» scosse il capo
«E' perchè non sono tornato in stanza?»
«No, ho capito perchè non sei tornato e non posso biasimarti. Anzi, hai fatto bene» annuì
«Mi dispiace» ammise a testa bassa. «Sono molto impegnato in questo periodo, il 29 c'è il concerto a Osaka e... beh, sono passato altre due volte, ma la prima c'era altra gente con te e al mio secondo tentantivo stavi dormendo. Avevo poco tempo, quindi non ho voluto svegliarti».
Tomomi lo fissò. Era passato all'alba? Se fosse stata quella la volta in cui le aveva preso la mano?
Tomomi respirò profondamente e cercò di scacciare via ogni pensiero. Più passava il tempo, più sentiva di desiderare nuove cose quando invece avrebbe dovuto togliersi dalla testa ogni sentimento che riguardasse Matsumoto Jun degli Arashi. Non le bastava sapere cosa pensava, ma ormai si emozionava ad ogni sua gentilezza e guardava gli altri con la remota speranza di avere un giorno lo stesso rapporto che avevano loro. Doveva darsi una calmata, rimettere i piedi a terra e pensare a cose più concrete e reali, tipo rimettersi in sesto, smettere di fare incubi e riprendere a lavorare serenamente come una volta.
«Scusate, io devo andare in bagno» disse, ricordando che si era ripromessa di stringere la fasciatura una volta che fosse entrata nel locale. «Poi, se non vi offendete, io preferirei tornare a casa. Sono un po' stanca»
«Certo, vuoi che qualcuno ti accompagni?» domandò Aiba
«Ho solo qualche costola fuori posto, non sono invalida» gli rispose alzandosi in piedi a fatica e uscendo rapidamente da quell'ambiente.
Una volta in bagno fece per sciacquarsi la faccia, ma si ricordò del trucco e, ancora pensando a Jun, decise di non rischiare che sbavasse. Aprì la camicia e la appoggiò al bordo del lavandino, mentre con lentezza toglieva il gancetto della fascia elastica e la lasciava allentare per non dover muovere le braccia nel toglierla, cosa che le avrebbe fatto male.
Coprendosi il seno con la camicia si voltò per guardarsi la schiena nello specchio. Era una cosa che non aveva potuto fare in ospedale e quindi non aveva mai visto che segni avesse in quella parte del corpo. C'era un ematoma grande quanto la testa di un uomo e anche se ormai stava ingiallendo, segno che presto sarebbe scomparso, era ancora perfettamente evidente.
Si incantò a fissarlo, ripensando ancora una volta all'incidente che aveva dimenticato almeno per qualche ora quella sera. Ricordò di come aveva creduto che il dolore iniziale al petto fosse lo stesso della botta alla schiena che si stava ripercuotendo su tutto il busto.
Tossì, non sapendo se era vera tosse o solo uno riflesso dovuto allo shock, ma si girò subito per guardarsi la mano, terrorizzata all'idea di trovarvi del sangue, esattamente come le era successo quel giorno. Respirò affannosamente e sentì gli occhi riempirsi di lacrime: era al sicuro e si stava riprendendo, doveva convincersi di quella cosa; perchè invece continuava a spaventarsi e a farsi prendere dal panico?
«Nomura san? Nomura san va tutto bene?» sentì chiedere. Era la voce di Jun, ma non riuscì a rispondere. Se non avesse ripreso a respirare normalmente avrebbe rischiato di vomitare di nuovo. «Nomura san?» domandò ancora aprendo la porta, allarmato
«Matsumoto san, aspetta!» disse Erina, la cui voce era più lontana.
Tomomi diede le spalle all'ingresso, nonostante fosse perfettamente coperta, ma questo non fece che preoccuparlo ancora di più. «Cosa ti è successo?» fece entrando nel bagno quando vide il livido. «Te lo sei fatto adesso? Che succede?». Riuscì solo a scuotere il capo e a fargli segno di aspettare.
Quella situazione era assurda, stava facendo preoccupare qualcuno per nulla e si era creata una situazione facilmente equivocabile che chiunque avrebbe potuto vedere in quel bagno. «Insomma, aspetta!» disse Erina comparendo sulla porta. «Non puoi entrare qui. E' tutto a posto, quello se l'è fatto il giorno dell'incidente. Ora l'aiuto io, tu non lasciare da soli quegli altri due» lo incitò la rossa spingendolo fuori dal bagno.
Quando la rossa le si parò davanti, mettendole le mani sulle spalle e scrutandola negli occhi, Tomomi aveva già smesso di lacrimare per lo spavento e il respiro era quasi normale. «Scusami. L'allenatrice mi ha detto di questi tuoi attacchi e ho pensato che farti passare una bella serata avrebbe aiutato» spiegò dispiaciuta «Ma forse ho esagerato». La donna sorrise a stento e si appoggiò con la testa alla spalla dell'amica. «Ho invitato Matsumoto con una scusa, speravo ti avrebbe fatto piacere»
«Molto» bisbigliò
«Ti dirò, non è stato poi tanto difficile convincerlo a venire» ridacchiò. «Chissà perchè? Ahi!» esclamò subito dopo, quando Tomomi le diede un pizzicotto. «Va bene, la smetto. Ora ti aiuto a rimettere la fasciatura, non ce la puoi fare da sola e lo sai. Cosa ti passa per la testa stasera? Non sarà che la presenza di... ok, ok! Non dico niente» si corresse subito.


*I kappa sono animali mitologici giapponesi. Per saperne di più guardate QUI
**Locali tipici giapponesi dove i giapponesi si recano a bere e mangiare qualcosa. Alcuni izakaya a conduzione privata sono composti da piccole stanze separate, in ognuna delle quali si trova un tavolino per una maggior intimità
***Il Chūgoku è la regione più occidentale dell'Honshu, l'isola più grande dell'arcipelago del Giappone

  
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