Trecentosessantaquattro
Postcards who
nobody reads
Cartoline che nessuno legge
Почему так жесток снег, оставляет твои следы?
Počemu tak
žestok sneg, ostavlyayet tvoi sledy?
Perché la neve è
così crudele, lasciando le tue impronte?
Beati i poveri di spirito...
Beati quelli che piangono...
Beati quelli che hanno fame e sete di
giustizia...
Lara camminava, ma a un tratto
trasalì e si fermò.
Era per lei, quest’ultima.
Egli diceva: invidiabile è la sorte
dei calpestati;
essi hanno qualcosa da raccontare di
sé.
Essi hanno tutto davanti a loro.
Così pensava lui.
Era questa l’opinione di Cristo.
Lara andava sempre più in fretta.
Come una forza la spingeva, quasi
incedesse nell’aria, una forza fiera, esaltante.
“Oh, come schioccano allegri gli
spari”, pensava.
“Beati i perseguitati, beati gli
ingannati.
Dio vi benedica, spari!
Spari, spari, voi volete quello che
voglio io!”
(Il Dottor Živago, Boris Pasternàk)
Sparta, 11 Giugno 1843
Erano gli anni fatati di miti cantati
e di contestazioni
Erano i giorni passati a discutere e
a tessere le belle illusioni
(Stagioni, Francesco Guccini)
L’intestazione era scritta
in russo, ma la lettera in ungherese.
Quel maledetto Jànos Desztor...
Sapeva che lui un po’ di
russo l’aveva imparato, e per impedirgli d’intercettare le sue lettere a
Natal’ja, le scriveva nella sua lingua assurda con tante consonanti da far
girare la testa, la stessa lingua del
Capitano.
Avrebbe potuto chiedere a
Lys, ma lei era sconvolta, stringeva convulsamente il lenzuolo tra le dita
tremanti e le lacrime le scorrevano ininterrottamente sul viso da quando aveva
cominciato a leggere.
Cosa diavolo le aveva
scritto suo fratello?
Quando si erano salutati
era stato quasi gentile, ma lui non si fidava di quell’infame ungherese.
Forse non era pazzo e
crudele quanto Feri, e a Natal’ja giurava di voler bene, del resto era sua
sorella, la sua sorellina adottiva, ma quella lettera, allora?
Non poteva trattarsi
d’Isaakij: era guarito, no?
Dentro di sé, George
sperava che l’uomo che aveva quasi ucciso sua moglie fosse morto nel modo più
atroce, e che fosse quello a far piangere Lys, ma quant’era stupida lei a
piangere ancora per il Capitano!
Come se si fosse dimenticata quei quattro colpi di
pistola, e le cicatrici.
Solo il Capitano avrebbe
potuto farle così male.
In tutto il mondo, solo lui.
E lo zar, ma lo zar era a
San Pietroburgo, e...
San Pietroburgo, appunto.
Che fosse successo
qualcosa nella Capitale?
-Che c’è? L’hanno
arrestato?- domandò allora a Lys, cupo, molto più scostante di quanto avrebbe
voluto, e la Siberiana alzò su di lui i suoi lucidi occhi grigiazzurri, quasi
spaventati.
-No... Stavolta non ce la
faranno... Lui sta... Sta facendo tutto da solo... Ma è fantastico-
-Fantastico? Immagino. Ogni tanto, però,
ricordati anche che ti ha sparato-
-Ma lui non...-
-Non azzardarti a difenderlo! Mio Dio, Natal’ja, non ti rendi minimamente conto
che mi hai tradito con un malato mentale?
E adesso spiegami perché
piangi, se lui è vivo! Quale miracolo ti
ha dedicato stavolta, il tuo Capitano?-
-A un ricevimento nei
pressi del Palazzo d’Inverno... Nessuno se l’aspettava...
Ha massacrato tutti i
nobili presenti... Tutti. Per rappresaglia, li ha uccisi-
-Per te?-
-Per me e per la
Rivoluzione!-
-Ma lui la sta facendo per te, la Rivoluzione-
-Jàn l’ha saputo dai
giornali... Non sa a che indirizzo scrivergli, e lui non manda più sue notizie
a Forradalom... Non ne manda da quando è
arrivato a San Pietroburgo, per la verità-
-Non è né un bravo amante
né un bravo fratello. Un bravo criminale
però sì, questo non posso negarlo-
-Gee, è tutta la mia vita.
La Rivoluzione è tutta la mia vita-
-E io?-
-Anche tu!-
-Sei con me, adesso. Non
pensarci, né a lui né alla Rivoluzione.
Te lo giuro, un giorno ti
riporterò a casa... Ma adesso, ti prego, stai
con me-
Alja annuì, posando la testa
sul suo petto.
Piangeva ancora, ma quelle
lacrime Gee non gliele asciugò, si limitò a stringerla forte e a trattenere le
sue.
-Non lo so perché piango,
sai... In fondo è una cosa bella, quella che mi ha scritto Jàn...
È una cosa bella, quella
che ha fatto il mio Capitano. Bellissima-
Gee le rivolse uno sguardo
scettico.
-Oh, sì, è una cosa bella,
massacrare così tante persone...-
-Non erano persone, Gee. Erano Zaristi. Quelli che mi hanno fatto
questo-
Natal'ja scoprì il polso
destro, e gli mostrò il marchio di Omsk, che campeggiava come una ferita
mortale sulla sua pelle nivea.
-Non m'importa niente, di quanta
gente ha ucciso e ucciderà... Avremo la
libertà!-
-L'hai imparato da lui, a
non avere pietà...-
-Gee, chi torna da Omsk muore
dal dolore dei ricordi o prova a riprendersi tutto.
E uccide per riprendersi tutto. L'hai fatto anche tu! Ti sei ripreso tutto... Anche me!-
Gee sorrise,
accarezzandole una spalla.
Non era del tutto vero, e
lei lo sapeva.
Un conto in sospeso con i
Turchi lui ce l'aveva ancora...
Ma per adesso aveva vinto.
Per adesso.
La sua Lys se l'era ripresa.
Per sempre.
Le lasciò un lieve bacio
sulla fronte e poi si rimise sdraiato, tenendole stretta la mano e sfidando le
stelle sul soffitto, una ad una.
Krasnojarsk, Dicembre
1833, l’anno dei quattordici anni di Feri e degli otto di Natal’ja, nel cuore
dell’inverno siberiano.
Ecco, lì sembrava quasi un
ragazzo normale, il Capitano.
Era seduto sui gradini di
casa -Forradalom, 11 Perspektíva Szabadság-, innevati come sempre, con la sua
copia appena rubata di Evgenij Onegin
di Puškin sulle ginocchia e nei begli occhi neri uno sguardo sognante rivolto
forse a Natal'ja o al pensiero di lei, come se la tempesta di neve che gli
vorticava intorno altro non fosse che una manifestazione divina del suo amore e
della sua Rivoluzione.
Aveva un'aria vagamente
angelica e un sorriso astratto da poeta, come un filosofo del Romanticismo, un
dolcissimo ragazzino dei vicoli che non aveva nulla a che vedere con il
brigante delle stragi e dei massacri per le strade e delle risse in Osteria
ch'era in realtà Feri Desztor per la maggior parte del tempo.
Faceva tenerezza, non
paura, il Capitano, in quel ritratto, ed era per questo che Alja lo amava
tanto, più di quelli in cui era riprodotto fedelmente spavaldo e fiero come
pochi uomini al mondo.
Era vero anche il Feri di
quel ritratto, le emozioni suggerite dal contrasto del bianco abbagliante della
neve del paesaggio con l'altrettanto luminoso nero dei capelli e degli occhi di
Feri, erano tutte state trasposte sulla carta con il tratto ed i colori
esattamente com'erano in quel momento sul viso e nel cuore del Capitano: niente
era stato lasciato alla fantasia del pittore, che poi pittore non era, perché
quel ritratto l'aveva dipinto il loro caro Lörinc Csarabàs, e pochi conoscevano
il terzogenito dei Desztor meglio di lui.
Qualsiasi altro anche
bravissimo ritrattista, di lui avrebbe memorizzato prima di tutto la ferocia,
la determinazione, sia fuori che dentro, e non sarebbe risultato certo né meno
credibile e veritiero né meno suggestivo, ma incompleto sì, perché Feri non era
solo l'implacabile terrorista ungherese-siberiano di cui tutti i giornali russi
ricordavano la spaventosa, totale mancanza di pietà.
Parlare del suo amore senza nominare la follia era
davvero troppo difficile.
Ma Lys lo conosceva.
Sapeva tutto di lui, e
soprattutto sapeva la verità.
Quella verità che spesso
era più facile ignorare, perché se la gente avesse smesso d'ignorarla si sarebbe
interrogata sulle sue ragioni, scoprendone la giustizia avrebbe smesso di
credere nello zar, e la Rivoluzione sarebbe stata non più solo per le strade,
ma anche nei cuori del popolo.
Era una prospettiva troppo
grave, troppo spaventosa, meglio continuare a consegnare alla rotativa i
ritratti in cui lui sembrava solo un criminale, e stampare sui giornali
articoli che facevano da didascalia a quello sguardo terrificante, che
pietrificava e terrorizzava i lettori quanto bastava a convincerli che Feri
Desztor era solo un nemico nazionale, uno da vedere impiccato nella Piazza del
Senato di San Pietroburgo e nulla più.
Natal'ja baciò il ritratto
di Feri come se fosse stata l'immagine di un santo, e Gee scosse la testa, con
un sorriso triste.
-Lui non è un eroe, Lys. È un assassino. Tu confondi gli eroi con
gli assassini...
E forse lo sai, ma non
credo che t'importi. Non nel suo caso.
Tu non ragioni, quando c'è
di mezzo lui... Non ragioni più-
-Allora non leggere mai la
prima parte del mio quaderno...Tutto quello che ho scritto quando ero
innamorata di lui... Quando io e lui eravamo promessi sposi... Non leggerlo mai-
-Dio, se solo riuscissi a
scoprire che incantesimo ti ha fatto...-
Lys non riuscì a
trattenere un sorriso, a quelle parole.
-Lui legge il destino, non
li sa fare, gl'incantesimi...-
-Ma tu...-
-Io ho perso la testa per
conto mio-
-Ma lui ci ha messo del suo-
-Beh...-
Lo Spartano scosse la
testa, con un mezzo sorriso.
-Ma te la ricordi la
nostra prima volta? Io ti stavo accarezzando i piedi, le cicatrici di Omsk, non
ci pensavo davvero, a quello...
Poi però sono salito un
po' con la mano e... Non erano più i
piedi, ecco-
-Sì, ma tu l'hai fatto
inavvertitamente, è stato un riflesso
condizionato...-
-Vabbé, non è il caso di
stare a sottilizzare. Ti ho guardata negli occhi, e allora sì, ci ho pensato, a tutto quanto... Tu mi hai sorriso e
hai annuito, e a me non sembrava vero...
Ero relativamente
tranquillo, perché era la prima volta e potevo anche permettermi di sbagliare
qualcosa, tanto ne avremmo avute molte altre per migliorarci... Era la prima,
mica l'ultima.
Non dovevo necessariamente
farmi prendere dal panico-
-Il panico l'hai fatto
venire a me quando ho capito che ti eri dimenticato che per me era proprio la primissima
volta... Ma non ti ho fermato, chissà perché. Non ti ho più fermato...-
-Mi amavi... E sapevi che
ti amavo. Lo sapevi, e ti fidavi. Come
adesso, del resto-
-E tu ti fidi di me?-
-Mmh... Non mi fidavo già
allora... Sei sempre stata troppo bella
per meritare fiducia-
-Ma cosa c'entra?!-
-Era un complimento
travestito da insulto- spiegò Gee, ovvio.
-Oh, certo..-
-Non tradirmi più, però, Lys,
ti prego... Mai più, stellina. Mai più-
-Mai più...- ripeté lei, sulle sue labbra, e Gee le credette.
Prima di baciarla, però,
infilò una mano sotto il cuscino, dove Lys aveva messo la lettera di Jàn, la
prese, la accartocciò e la gettò ai piedi del letto.
Alja non disse niente,
forse nemmeno se ne accorse.
Al diavolo Feri Desztor e la sua Rivoluzione.
Non gli sarebbe bastato uccidere lo zar, per
prendersi sua moglie.
Quel giorno è arrivato, sorellina.
O lo ammazza o si fa ammazzare.
Он
сделал это
только для
тебя.
Он
сделал это
чтобы
вернуть тебя,
Лис.
On sdelal eto tol’ko dlya
tebya.
On sdelal eto čtoby
vernut’ tebya, Lys.
L’ha fatto solo per te.
L’ha fatto per farti tornare, Lys.
Io ti vorrò sempre un bene dell’anima, anche se lo ucciderai.
Tuo,
Jànos
Come il sole brucia in faccia e
lascia cenere
Come neve sciolta al sole posso
cedere
Negli anni ho creduto di sapere tutto
Ma
ora no
(Sembra Impossibile, Giorgia)
Note
Postcards who nobody reads - Cartoline che nessuno legge, The Sadies.
Почему так жесток снег, оставляет твои следы? - Počemu tak žestok
sneg, ostavlyayet tvoi sledy? - Perché la neve è
così crudele, lasciando le tue impronte? - Снег, Филипп
Киркоров.
Riferito ad Alja e Feri.
Questo capitolo non è
stato facile da scrivere, affatto, ma qui vediamo indirettamente cosa sta
facendo Feri a San Pietroburgo.
Le ultime parole di Jàn -è
per quelle che Lys piange- mi sono costate la vita, e anche la reazione di Lys
e le lacrime trattenute di Gee.
Non dico altro, presto
sapremo tutto direttamente dal punto di vista di Feri, e forse leggeremo anche
qualche stralcio del quaderno di Natal’ja prima di conoscere Gee e dopo Omsk,
quando era ancora fidanzata e promessa sposa di Feri.
Spero che vi sia piaciuto
;)
A presto!
Marty