Oggi
è stata una
giornata no.
Proprio quelle dove premeresti rewind perché così
proprio non si può , quelle
che dici “cazzo, ma ce l’avete con me
lassù?” perché davvero non ti
è andata
UNA SOLA cosa giusta in tutta la giornata, quelle che sono
così brutte ma così
brutte che ti butti sul letto come in coma, vorresti uscirne ma come ti
alzi
per cercare di fare qualcosa ti accorgi che non hai la minima forza
fisica e
mentale per farla e quindi ti ributti sul letto e torni a quella odiata
catalessi.
Comincio col dire che il fatto che ha reso questa giornata una merda
totale è
la speranza. Eh sì, proprio lei. Uno potrebbe pensare
“Uh che bello la
speranza” e invece no : la speranza è la forma di
dolore più spietata secondo
me; la speranza è ciò che ci annienta di
più nell’animo. Ed ecco perché devo
ringraziare
questo stupido tentativo di allegria della mente umana se la mia
giornata di
oggi è stata così pietosa.
Mi sono un po’ persa… che volevo dire ? ah
sì.. la speranza! Ecco la speranza
era di trascorrere una giornata perfetta! E si prospettava proprio
così ieri
sera: come un giorno perfetto. Infatti oggi entravo alla seconda ora a
scuola =
dormivo un po’ di più e non facevo grammatica, e
uscivo alla quarta = arrivavo
prima a casa e non facevo storia. E già così
è meravigliosa. In più domani non andiamo
a scuola. E avevo nutrito la speranza di fare qualcosa, di uscire, di
stare con
i miei amici e con il mio ragazzo.
Che illusa, credevo che avrei potuto passare così questa
serata, credevo che
finalmente dopo aver passato un anno intero (il quarto ginnasio) senza
amici,
senza un ragazzo e a casa da sola ogni sabato sera, questo fosse il
principio
di una nuova vita dove finalmente mi sarei divertita e avrei avuto una
vita
sociale. Cretina idiota. Non avevo fatto i conti con la maledizione che
ho addosso
e che con molte probabilità mi porterò nella
tomba e cioè che anche se io sono
gentile con tutti, faccio sempre in modo che un mio gesto generi un
sorriso,
che dedico un pensiero a chiunque e mi faccio in quattro per
accontentare gli
altri, non avrò mai un cazzo, e dico proprio UN CAZZO, in
cambio. Ed è questo
il motivo per il quale questo è stato uno dei giorni
più brutti della mia vita.
Stamattina ho fatto tardi e ho perso il pullman, subito dopo ne passa
un altro,
non altrettanto utile ma non si può ancora dire che la
giornata è cominciata
male. Scendo e aspetto un altro pullman da sola perché
qualunque persona che io
possa conoscere in questo momento è già a scuola.
In pullman non riesco a
ripassare latino perché c’è folla,
“e vabbè che sarà mai” penso.
Arrivata a
scuola ripeto la lezione in cortile poi entro e di LUI nessuna traccia
a questo
punto vado in classe e mi convinco che sì la giornata
è cominciata male!
Matematica. Capirai! Con la nostra prof. è solo bordello che
non giova affatto
al mio mal di testa: mi avvolgo lo sciarpone fino al mento, mi appoggio
con la
schiena al muro e i piedi sulla sedia di Antonella e fisso il vuoto
aspettando
che finisca. Suona. Dio sia lodato. E adesso… Latino! Un
resoconto dettagliato
sull’accoppiamento delle mantidi religiose è molto
meno noioso .
Non ci credo, è suonata la campanella
dell’intervallo! Il mio mal di testa è
peggiorato. Mi costringo a uscire giusto per vederlo. Sembra
impossibile eppure
tra i 782 ragazzi che ci sono in corridoio proprio LUI non
c’è. Ma che cazzo!!
Saluto qualcuno, due chiacchiere con Miriam, ciondolo un po’
così e poi
costringo Antonella ad andare in cortile perché ho bisogno
di un po’ d’aria… Ci
sono Serena, Giusy, Antonio, Lorenzo, Nicoletta e Arianna a cui
l’anno scorso
ero molto legata e che quando mi vedeva emetteva suoni acuti e mi
abbracciava
adesso non sono più nessuno per lei come per tutti quanti
poi. Passa Elisa
della II C e mi saluta. Sono così presa a fissare tutti in
cortile per trovarlo
che non me ne accorgo. Allora mi scuote la spalla. Sono mortificata: le
do un
bacio e faccio una finta risatina a mo’ di scusa. Non lo
vedo, che rabbia! Me
ne torno in classe. Non importa a nessuno. Cammino svelta nel
corridoio. Io non
lo trovo e lui non mi cerca. Sono triste e arrabbiata allo stesso
tempo. In
classe mi rimetto nella mia posizione a ribelle depressa e mi
rimbacucco. Dai
miei occhi scendono tre lacrime. Non se ne accorge nessuno. Entrano in
classe
Antonella e Emily e vengono verso di me, non per me si capisce, solo
perché il
mio banco è attaccato a quello di Antonella. Stanno ridendo,
si abbracciano.
Emily mi guarda, nota le tre strisce sul mio viso. Aggrotta le
sopracciglia :
“Cosa c’è ?” chiede.
Ovviamente rispondo : “niente”. Mi fa un gran
sorriso e se
ne va. Se non ti importa di sapere il mio niente perché me
lo chiedi ? Tanto
sai bene che posso risponderti solo così se me lo chiedi
così! Perché me la
prendo con lei ? Non ha fatto niente…Antonella invece non si
gira nemmeno, esce
dalla classe e si appoggia alla porta. Aspetto qualche secondo poi la
seguo:
l’intervallo è quasi finito, avrò
un’altra ora per stare seduta con lo sguardo
nel vuoto. Mi appoggio alla libreria adiacente alla porta e socchiudo
gli occhi
concentrandomi sul tepore del mio sciarpone profumato. Arriva lui, fa
una
battuta e poi aspetta che io rida. Inutile, perché non
l’ho ascoltata. Mi
ricordo che prima di scendere da casa avevo incartato per lui con tanta
premura
un muffin fatto da me il giorno prima, ecco perché lo
cercavo. Vado in classe,
lo prendo e glielo metto in mano. Poi torno alla mia libreria. Non
è stupido,
ma non si è accorto che qualcosa non va. Prova a baciarmi
varie volte e ogni
volta lo scanso, lo prende come un giochino, sorride e riprova con
più
insistenza. Me ne vado.. Torna accanto a me e chiacchiera con le mie
amiche e
poi mi bacia. Basta. Mi ha rotto. Giro la testa. Dice qualcosa simile a
“che
c’è che non va oggi?” e se ne va. Se
solo mi avesse chiesto cosa c’era che non
andava gli avrei detto che negli ultimi giorni mi sento più
sola di quando lui
non c’era, probabilmente perché allora ero
abituata all’idea mentre adesso che
da parte sua ho delle attenzioni il fatto che non siano costanti mi fa
molto
male. Entro in classe e mi riaccoccolo nella mia
“tana” con la schiena al muro
e i piedi sulla sedia. La prof di Greco entra in classe pronta per
l’ora
imminente. Anche io sono pronta e già la fisso senza
guardarla, seguendo il
filo logico dei miei pensieri. Dopo circa 20 minuti ricomincio a vedere
il
mondo intorno ed è come se riaprissi gli occhi che non ho
chiuso, perché la
prof sta interrogando e sono cazzi se si accorge che non seguo. Non mi
interroga. Cominciamo a correggere le versioni. Se lo prenda in culo
quasi
nessuno ha il libro e non posso leggere. Interroga qualcun altro. Non
so chi.
Ho già ristaccato il cervello. Controllo il cellulare ogni
cinque minuti.
Finalmente mancano otto minuti. “..ed ecco perché
i Veneti usavano le vele di
pelle ” chi l’ha detto? La prof ? ah non lo so
proprio. Suona. Chiudiamo i
libri. Lui è già uscito a quest’ora.
Controllo il telefono ma non mi ha inviato
il messaggio che aveva detto che avrebbe mandato. Mi scendono delle
lacrime.
Ormai siamo rimaste io e Antonella in classe. E lei sta ascoltando una
canzone:
E non vedi che sto piangendo, chi se ne accorge non sei tu…
Tu sei troppo
distratto.
A quel punto mi abbandono al pianto.