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Autore: Allyii    11/10/2012    12 recensioni
Il piccino, dopo qualche attimo di esitazione, afferrò la mano dell’uomo, lasciandosi trascinare al centro della stanza quadrata, dove la luna spuntava dalla finestrella e illuminava pallidamente una porzione di pavimento.
Arthur lo posizionò proprio li, e lo fissò per alcuni istanti.
Poi spalancò gli occhi e la sua mascella si destreggiò nella caduta libera, mentre il piccolo di accucciava su se stesso, impaurito.
Capelli neri.
Occhi blu.
Pelle diafana.
Ossatura sottile e minuta.
E le orecchie.
Furono proprio quelle a confermare i sospetti di Arthur.
Quel bambino era Merlin.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
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Salve popolo di EFP!

Oggi, per onorare il 29° compleanno di Bradley James,  ecco postato il primo capitolo di una piccola long molto leggera e molto soft, adatta soprattutto a chi desidera rilassarsi, con tanta dolcezza e un pizzico di ilarità.

Sono nuova di questo Fandom, e spero tanto che non ci siano storie come la mia qui, nel caso contrario, ciò è un avvenimento casuale!

Spero tanto nel riuscire ad intrattenervi piacevolmente, e spero in un vostro commento, che sia di critiche, di consigli o di complimenti, è tutto ben accetto!

Ecco a voi un piccolo prologo!

 

 

 

 

Gli occhi neri dello stregone lo fissarono maligni, prima di diventare dorati e provocare un’esplosione.

“Arthur!”  sentì chiamare da lontano. Merlin.

Merlin lo stava chiamando, stava andando in suo soccorso.

Ecco, aveva messo in pericolo pure lui. Non bastavano Sir Leon e Sir Parsifal, ora anche Merlin sarebbe stato ferito a causa di quell’insulso attacco contro quegli stregoni che suo padre odiava tanto.

Arthur mosse le labbra, forse per ordinargli di stare indietro, o forse solo per pronunciare il suo nome, ma non ci fu tempo.

Urlando qualcosa che il Principe non capì, Merlin si parò davanti al suo padrone, un istante prima che l’incantesimo lo investisse in pieno.

Per svariati minuti fu tutto buio e silenzioso, ma poi il cavaliere aprì gli occhi, intontito.

Merlin fu il suo primo pensiero.

“Merlin!” chiamò, cercando di rialzarsi dal polveroso pavimento, ora  semidistrutto.
Nessuno gli rispose, ma vide un corpo disteso non molto lontano da lui, nell’oscurità del luogo.
Per un attimo il cuore gli si fermò, ma poi capì che non potevano essere le membra del suo servitore.. erano troppo muscolose. Doveva essere lo Stregone.

Di Merlin, però, non vi era traccia.

“Merlin!” urlò ancora, girando su se stesso.

Un singhiozzo ruppe il silenzio desolante che regnava in quel momento, e Arthur scattò sull’attenti, portando una mano all’elsa.

“Chi è la?” chiese, pronto ad attaccare, con l’arma alzata.

Tutto nella stanza sembrava immobile, ma poi il Principe notò, in un angolo, degli straccetti, sotto ai quali qualcosa si dimenava.

Cautamente, e tenendo la spada tesa davanti a se, si avvicinò al mucchietto di stracci.

I suoi occhi, che  si stavano abituando al buio presente, riconobbero in essi gli abiti del suo servitore. Che si muovevano.

Senza abbassare la guardia, li punzecchiò con la punta della lama, e quelli si spostarono, lanciando un flebile gridolino.

Sempre più sconcertato, l’erede al trono si fece coraggio e alzò le vesta, curioso di sapere cosa vi si nascondesse sotto.

Due occhioni lucidi e blu lo fissarono, terrorizzati.

Arthur, che non se lo spettava, cadde all’indietro, spaventato.

Era un bambino. Nudo.

Ma come diamine ci era arrivato li? E perché si trovava sotto gli abiti di Merlin?

Il piccolo, che non doveva avere più di quattro o cinque anni, tremava come una foglia, e si guardava intorno, con sguardo spaventato.

“Ehi, piccolo. Tranquillo, non voglio farti del male” tentò di rassicurarlo Arthur “vieni qui” gli intimò, allungandogli una mano, ma il bambino non la prese, anzi, tentò di schiacciarsi contro la parete, forse con la speranza di fondercisi e sparire.

“Dai, voglio aiutarti. Per piacere, vieni qui!” ripeté Arthur, col tono più dolce che era riuscito a trovare, tenendo la mano tesa.

Il piccino, dopo qualche attimo di esitazione, afferrò la mano dell’uomo, lasciandosi trascinare al centro della stanza quadrata, dove la luna spuntava dalla finestrella e illuminava pallidamente una porzione di pavimento.

Arthur lo posizionò proprio li, e lo fissò per alcuni istanti.

Poi spalancò gli occhi e la sua mascella si destreggiò nella caduta libera, mentre il piccolo di accucciava su se stesso, impaurito.

Capelli neri.

Occhi blu.

Pelle diafana.

Ossatura sottile e minuta.

E le orecchie.

Furono proprio quelle a confermare i sospetti di Arthur.

Le orecchie erano davvero troppo grandi, quasi sproporzionate rispetto al resto dell’esile corpicino.

Quel bambino era Merlin.

“…Merlin?” chiese, senza troppa convinzione, ma, quando il piccolo lo squadrò meravigliato, capì di averci visto giusto.

“Piccolo, ti chiami Merlin, per caso?” domandò di nuovo, dolcemente, siccome il piccolo sembrava spaurito e restio ad aprir bocca.

La creaturina innanzi a lui annuì.

Arthur sbuffò. DI sicuro era opera dello stregone, ma ora come poteva farlo tornare normale? Non poteva di certo farlo lui, Merlin era stato vittima di un incantesimo e solo un incantesimo avrebbe potuto risolvere quel problema.

Decise, allora, di riportarlo al castello di Camelot, dove forse Gaius avrebbe saputo cosa fare.

“Beh, Merlin, tu ora vieni con me” gli disse, slacciandosi il mantello rosso e coprendo il silenzioso bambino “ora ti porto al mio castello, dove potrai ricevere delle cure appropriate… vieni.”

Il bambino, però non si mosse.

“Io non ci vado con gli sconosciuti” soffiò, a voce bassissima, ma risoluta.

“Beh, credo che in questo caso verrai, con le buone o con le cattive!” borbottò, di rimando, Arthur.

Decisamente, non sapeva parlare ai bambini.

Gli occhioni cerulei di Merlin si inumidirono “Voglio la mia mamma” piagnucolò.

Il principe di Camelot roteò gli occhi. Merlin era un piantagrane da adulto, e lo era anche da bambino.

Anzi, ora lo era maggiormente, siccome non aveva neanche la soddisfazione di poterlo spedire alla gogna.

“Beh, qui la tua mamma non c’è” lo informò, burbero “e tu ora fai quello che ti dico senza frignare, o sarà peggio per te!”

A quelle parole, il piccolo maghetto gonfiò le guance e lo guardò male, con una risolutezza tale che era in perfetto contrasto con i lacrimoni che intanto gli scendevano sugli zigomi.

“Perché devo venire con te? Perché non posso andare dalla mia mamma? Devo aiutarla a raccogliere il grano!” protestò, puntando i piedini in terra.

Ok, Arthur già non lo sopportava più, per cui gli si parò davanti, minaccioso, con le mani sui fianchi.

“Senti, piccoletto” sibilò, cercando di impaurirlo, “ora vieni con me, che tu lo voglia o no. Non posso lasciarti qui da solo, e non ho idea di dove sia la tua mamma."

“No!” si impuntò Merlin “ io non…”

Non fece in tempo a finire la frase che il principe, spazientito, si chinò sul piccolo piantagrane e se lo issò su una spalla, mentre quello si dimenava e scalciava.

“Lasciami!” gridava, mentre Arthur lo ignorava e lo sistemava sulla sella del cavallo bianco, posto al di fuori del monumento ormai distrutto. Poi salì anche lui – dietro al piccolo - e mandò l’equino al galoppo.

Davanti a lui sentiva il bambino piagnucolare, ma fece finta di niente finché egli non si calmò, una mezzoretta più tardi.

“Allora, ti sei quietato un po’, piccolo mostriciattolo?” gli domandò, cercando di mettere un po’ di affetto nella voce, per rassicurarlo. Merlin non gli rispose.

“Andiamo, parlami, dimmi qualcosa” disse il principe “mi piace chiacchierare mentre sono in viaggio.”

“Chi sei tu?” chiese allora Merlin “perché mi hai portato con te? Dove stiamo andando? Dov’è la mia mamma?”

“Ehi, ehi, vacci piano. Una domanda alla volta. A quale vuoi che io rispondi per prima?”

“Chi sei? Cosa vuoi da me?” ripeté Merlin

“Sono Arthur Pendragon” rispose il principe “e…”

“Attù Pendragon?” esclamò Merlin,  meravigliato “il principe di Camelot?”

“Si” confermò Arthur, sorpreso che Merlin già sapesse chi egli era.

“Ma la mamma mi ha detto che eri grande come me!” si stupì il bambino “ma tu sei più grande!”

“Emh… si, è una storia complicata…” tentennò Arthur “te la spiegheremo quando arriveremo a Camelot.”

“Oh, stiamo andando a Camelot!” chiese Merlin, girandosi a guardare il principe, con gli occhi pieni di felicità “ho sempre voluto andare a Camelot!”

“Beh, ora il tuo desiderio è esaudito” disse il principe, contento di avere trovato una distrazione per il bambino.

Merlin, forse per la prima volta, gli sorrise.

Un sorrisone, carico di gioia e ingenuità.

Effettivamente, lo stesso che aveva anche il Merlin adulto. Rifletté Arthur, osservando i piccoli dentini da latte e i tratti del volto non ancora ben definiti.

“Sai, Attù, secondo me tu sei buono” gli rivelò Merlino, così, di punto in bianco, sorprendendo l’erede al trono “hai gli occhi sinceri, e buoni”

“Emh... grazie, piccoletto” disse Arthur, quasi imbarazzato, non sapendo che altro aggiungere.

Merlin gli fece un altro sorrisone, ma poi tornò serio “dov’è la mia mamma?” chiese.

“È a casa tua, a Eldor” rispose Arthur.

“E perché io non sono con lei? Perché sono qui con te?”

Ok, Arthur non sapeva più come rispondergli, non era bravo a dire bugie, specialmente se doveva farlo al momento.

Specialmente se doveva dirle a Merlin.

Così optò per la verità almeno per una parte.

“È stata la magia” gli rivelò “non so se tu sai cos’è, ma sei in questa situazione a causa della magia…”

Merlin si corrucciò “si, lo so cos’è la magia” disse, rabbuiato “e so che tutti pensano che sia una cosa brutta e cattiva… ma secondo me non lo è. Secondo me dipende dalle persone, come per tutte le cose. Se una persona è cattiva, è cattiva anche la magia,  ma se una è buona, è buona anche la magia.”

Arthur si stupì molto nel sentir fare un discorso del genere da un bambino così piccolo, come se a lui interessasse in prima persona, come se Merlin stesso fosse un mago.

“E tu come le sai queste cose?” gli chiese, curioso.

Merlin non sapeva se rispondere o no, ma poi, guardando di nuovo gli occhi azzurri del principe – non troppo diversi dai suoi – decise che poteva fidarsi.

“Oh, lo so perché io sono…”

Un raggio di luce lo colpì in piena faccia, e il maghetto si interruppe per affondare il volto nel petto del principe.
Quando riaprì gli occhi, un enorme castello in pietra occupò il suo campo visivo e Merlin trattenne il respiro.

“Camelot!” esalò, con una nota di venerazione nella voce “come è bella!”

“Ti piace eh, piccoletto?” sorrise Arthur, scompigliando i capelli il giovane compagno.

“Io vivo qui. E pure tu.”

 

 

Note della storia:

-          La storia è ambientata fra la terza e la quarta stagione

-          In questa storia Arthur non è assolutamente innamorato di Gwen e, parallela alla vicenda con il Merlin Bambino, ci saranno alcuni pensieri di Arthur pre-slash, più avanti capirete perché. Ovviamente saranno riferimenti al Merlin adulto.

-          Spesso farò riferimento ad alcuni spunti presi dalla serie, e ogni volta mi premurerò di segnalarveli.

-          La difficoltà di Merlin di pronunciare male il nome di Arthur mi è venuta in mente riferendomi proprio a me, che ho uno zio di nome Arturo e che ho chiamato ‘Attuo’ fino a 6 anni compiuti (di sicuro la mia ‘Erre Moscia’ ha aiutato xD

-          Se siete dei grandi appassionati di Merlin, e se avete Facebook, passate di qui  à http://www.facebook.com/pages/Merlin-the-worlds-most-beautiful-show/220937017927084

 

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